[El Cultural]
Lo scrittore italiano Leonardo Sciascia (1921-1989), che osò parlare senza riserve della mafia sfidando la legge del silenzio siciliana, viene ricordato questi giorni in Italia. E’ il ventesimo anniversario della morte di questo indiscutibile classico della letteratura del XX secolo. Anche a Siviglia, dove si celebra un congresso dedicato all’autore, si hanno dimostrazioni di stima nei suoi confronti che la figlia ha ringraziato considerando che queste manifestazioni “restituiscono” l’affetto che suo padre ha elargito quando era in vita.
Molto prima dei fenomeni editoriali dei suoi compatrioti Roberto Saviano o Andrea Camilleri, e che autori statunitensi come Mario Puzo rendessero famosa nel mondo la mafia italiana negli Stati Uniti, Sciascia ebbe il valore di ritrarre con minuzia una Sicilia in cui il crimine organizzato era un elemento imprescindibile. In un mondo, quello dell’Italia del miracolo economico, nel quale la mafia di Cosa Nostra ufficialmente non esisteva e nel quale molti politici e giornalisti si riferivano alla stessa come ad un mito inventato dai comunisti, racconti come Il giorno della civetta (1961) o A ciascuno il suo (1966) rappresentavano un’anomalia scomoda per molti.
Proprio Camilleri ha pubblicato lo scorso 9 novembre un libro che raccoglie i discorsi in parlamento di Sciascia quando era deputato dal titolo Un onorevole siciliano, una delle iniziative delle cerimonie di commemorazione dell’Anno Sciasciano in Italia. Lo stesso giorno, La Fondazione Leonardo Sciascia e l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, hanno organizzato giornate simili dedicate allo scrittore nella capitale francese e a Roma, quest’ultima inaugurata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale a maggio ha visitato la tomba di Sciascia a Recalmuto (Sicilia). Una tomba sulla quale Sciascia ha voluto che fosse inciso l’epitaffio Ci ricorderemo di questo pianeta, dello scrittore francese Auguste de Villiers de L’Isle-Adam (1838-1889).
Siciliano, originario della piccola località di Racalmuto, nell’entroterra dell’isola e non molto lontano da Corleone, Sciascia conosceva da vicino la realtà che l’allora mito di Cosa Nostra nascondeva e tutte le sue ramificazioni, specialmente fra la classe politica. Grande ammiratore del suo compaesano, il drammaturgo Luigi Pirandello (che sempre appare nella sua opera sotto diverse vesti), ha coltivato quasi tutti i generi letterari, ad eccezione del teatro.
Anche se arrivò al successo con le novelle poliziesche, Sciascia rinnegò sempre di essere classificato come scrittore di noir, attività che alternò durante tutta la vita a saggi (Feste religiose in Sicilia); poesia (La Sicilia, il suo cuore); novelle storiche (Il consiglio di Egitto) e perfino commedia (L’onorevole), oltre al suo incessante lavoro di giornalista e critico letterario.
Da grande amante della storia siciliana, Sciascia avvertiva un certo fascino per la Spagna e lo spagnolo, che si tradusse nella pubblicazione del libro Horas de España (1988), una raccolta di articoli nei quali Sciascia ripassa la cultura, la letteratura e la storia spagnole.
Di Blanca Berasátegui (Gente de palabra, Plaza y Janés)
Torniamo alla missione dello scrittore. Sciascia è d’accordo sul fatto che in Italia gli scrittori siano sempre più distanti dalla politica. Ma al tempo stesso considera che la politica è la vita di un paese e uno scrittore vive in paese. Pensa che nonostante le ideologie siano morte, è necessario continuare a fare politica. “Ora bene, lo scrittore deve sempre essere all’opposizione. La missione dello scrittore è quella di essere sempre contro il Potere”.
Voglio dire che deve criticare, molestare, denigrare, attaccare, insultare, denunciare il Potere. Deve agire come sentinella contro il Potere. Perché il Potere in sè è quasi sempre cattivo . È la manifestazione oggettiva del male. E che di me dicano che sono uno scrittore insopportabile per il Potere è una cosa di cui mi compiaccio molto. Credo inoltre che siavero: riesco ad irritarlo.
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La frase fatta e banale secondo cui uno scrittore scrive sempre lo stesso libro, nel caso di Leonardo Sciascia, invece, non è lontana dall’essere vera. Si potrebbe dire che tutta la sua opera – un’opera cominciata tardivamente, superati i 30 anni, costituisce un unico libro. Un libro impegnato, sempre di denuncia degli aspetti più dolorosi dello ieri e dell’oggi della gente e delle terre di Sicilia. Un’opera secondo Sciascia molto legata alla tradizione della letteratura siciliana.
“Lo scrittore siciliano è stato sempre realista, impegnato con i problemi del suo ambiente, sempre di ritorno sugli stessi temi. Anche Tomasi di Lampedusa, che cerca di giustificare la presenza dell’aristocrazia siciliana, si inserisce in questa tradizione, di questa specie di obbligo di rappresentare la realtà storica del momento e denunciare i mali siciliani”.
[Articolo originale "Italia recuerda a Sciascia 20 años después de su muerte "]
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il 08/04/2016 alle 12:24
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