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Post n°2910 pubblicato il 13 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
pubblicato il 13 Maggio 2020 da ellistar2012 Fonte: articolo riportato dall'Internet Così i buchi neri forgiano le galassie Fonte: INAF/Università di Tor Vergata Rappresentazione artistica di un outflow prodotto da un buco nero supermassiccio. (ESA/ATG medialab) Analizzando i dati raccolti dal telescopio spaziale per raggi X XMM-Newton dell'ESA, un team di scienziati guidato da Roberto Serafinelli dell'Istituto Nazionale di Astrofisica ha mostrato come i buchi neri supermassicci modellino le loro galassie ospiti con venti potenti che spazzano via la materia interstellare rallentando il ritmo di formazione di nuove stelle Otto anni di osservazioni condotte con XMM-Newton sul buco nero che si trova nel cuore della galassia attiva PG 1114+445 hanno consentito di mostrare come i venti ultraveloci - outflows (deflussi) di gas emessi dal disco di accrescimento, nella regione prossima al buco nero stesso - interagiscano con la materia interstellare vicino al centro della galassia. Questi outflows erano già stati individuati in precedenza, ma il nuovo studio identifica chiaramente, per la prima volta, tre fasi della loro interazione con la galassia ospite. anni ma che gli scienziati ancora non sono riusciti a giustificare», dice il primo autore dello studio pubblicato su Astronomy & Astrophysics, Roberto Serafinelli dell'Istituto Nazionale di Astrofisica di Milano, che ha condotto la maggior parte della ricerca durante il suo dottorato all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. «Osserviamo, per esempio, una correlazione tra le masse di buchi neri super- massicci e la dispersione di velocità delle stelle presenti nelle regioni interne delle galassie ospiti. Questo però non può essere dovuto all'attrazione gravitazionale del buco nero, a causa dell'elevata distanza del gas dallo stesso. Il nostro studio, per la prima volta, mostra come i venti del buco nero abbiano sulla galassia un impatto su una scala più grande, fornendo probabilmente il collegamento mancante». X emessi dai nuclei galattici attivi, le dense regioni centrali delle galassie con buchi neri supermassicci al centro. I cosiddetti outflows ultraveloci (UFO, ultra-fast outflow), fatti di gas altamente ionizzato, viaggiano a velocità che possono raggiungere il 40 per cento di quella della luce, e si osservano in prossimità del buco nero centrale. Gli outflows più lenti, chiamati anche "assorbitori tiepidi" (warm absorbers), viaggiano invece a velocità assai più basse, nell'ordine delle centinaia di km/s, e mostrano caratteristiche fisiche - come la densità delle particelle, o la loro ionizzazione - simili a quelle della materia interstellare circostante. Questi outflows più lenti hanno una probabilità più elevata di essere rilevati a distanze maggiori dal centro della galassia. le caratteristiche dei due precedenti: la velocità di un UFO e le proprietà fisiche di un assorbitore tiepido. «Riteniamo che si tratti della zona in cui l'UFO entra in contatto la materia interstellare e la trascina via come fosse uno spazzaneve», spiega Serafinelli. «È ciò che chiamiamo un outflows ultraveloce "trascinato", perché l'UFO, in questa fase, sta penetrando nella materia interstellare. Un po' come il vento quando sospinge la vela di una barca». di anni luce. L'UFO sospinge gradualmente la materia interstellare allontanandola dalle regioni centrali della galassia, liberando queste zone dal gas e rallentando così l'accrescimento della materia attorno al buco nero supermassiccio. Un processo, questo, già previsto dai modelli, ma mai prima d'ora osservato nelle sue tre fasi. galassia - materia ancora indisturbata dall'UFO proveniente dell'interno», osserva Francesco Tombesi, dell'Università di Roma Tor Vergata e del Goddard Space Flight Center della NASA, secondo autore dello studio. «Possiamo vedere anche nubi di gas a minor distanza dal buco nero, vicino al nucleo della galassia, dove l'UFO ha iniziato a interagire con la materia interstellare». anni di distanza da quando l'UFO ha lasciato il buco nero. Ma l'energia dell'UFO consente al buco nero - un oggetto relativamente piccolo rispetto alla galassia - di estendere la sua influenza su materia che si trova ben oltre la portata della sua forza gravitazionale. trasferiscono la loro energia nell'ambiente circostante, spazzando via gradualmente il gas dalle regioni centrali della galassia, che potrebbe quindi arrestare la formazione stellare. E, in effetti, oggi le galassie producono stelle a un ritmo assai inferiore rispetto a quanto non facessero nelle prime fasi della loro evoluzione. «Dunque è tutta scienza nuovissima. Le fasi dell'outflows erano state osservate inprecedenza, ma separatamente: questa è la prima volta in cui si riesce a chiarire come siano collegate l'un l'altra».
energetica senza precedenti di XMM-Newton. In futuro, con nuovi e più potenti osservatori come Athena, l'Advanced Telescope for High ENergy Astrophysics dell'ESA, gli astronomi saranno in grado di osservare centinaia di migliaia di buchi neri supermassicci, rilevando gli outflows con grande facilità. Cento volte più sensibile di XMM-Newton, Athena dovrebbe essere lanciato nel 2030. fenomeno è comune nell'universo», dice Norbert Schartel, project scientist di XMM -Newton all'ESA. «Anche con XMM-Newton, nel prossimo decennio, potremmo essere in grado di trovare altre sorgenti come questa». complesse interazioni tra i buchi neri supermassicci e le loro galassie ospiti, e a capire le ragioni della riduzione - nel corso di miliardi di anni - del tasso di formazione stellare osservata dagli astronomi. pubblicato il 13 Maggio 2020 da ellistar2012 Fonte: articolo riportato dall'Internet Il collasso diretto dei buchi neri supermassicci (Scott Woods, Western University) Questi oggetti estremi del cosmo erano presenti già nell'epoca primordiale dell'universo: per spiegarne l'origine, un nuovo modello prevede che si siano formati con un processo molto rapido, e non dal collasso di stelle Non c'è bisogno di una stella che collassa per avere un buco nero supermassiccio. E questo spiega perché questo tipo di oggetti potevano essere presenti anche nell'epoca primordiale dell'universo. Lo afferma un nuovo studio pubblicato sulle "Astrophysical Journal Letters" da Shantanu Basu e Arpan Das della University of Western Ontario, in Canada. da una massa molto elevata, che arriva a milioni o miliardi di volte la massa del Sole. Malgrado le loro caratteristiche estreme però non sono oggetti rari: si stima che ogni galassia o quasi ospiti nel proprio nucleo un buco nero supermassiccio. Sulla loro origine non c'è accordo tra gli astrofisici. Una prima ipotesi è che derivino dall'accrescimento di buchi neri di dimensioni normali, che a loro volta sono l'esito ultimo del collasso di stelle giunte al termine del loro ciclo vitale. Quando infatti le reazioni di fusione nucleare all'interno della stella hanno trasformato quasi tutto l'idrogeno in elio, la pressione di radiazione verso l'esterno non è più in grado di contrastare la forza gravitazionale che agisce in senso opposto, e tutta la massa tende a concentrarsi nel nucleo. in seguito al collasso di particolari tipologie di stelle o di ammassi stellari. è arricchito di numerose osservazioni di buchi neri supermassicci estremamente lontani, che ci appaiono quindi com'erano poche centinaia di milioni di anni dopo l'origine dell'universo. Ciò depone a favore di una formazione molto rapida e diretta di questi oggetti. formazione dei buchi neri supermassicci basato su un'idea di base molto semplice: la loro origine è un collasso molto rapido. per formarsi e crescere, e a un certo punto la loro produzione nell'universo è cessata", ha spiegato Basu. "È questo lo scenario del collasso diretto". i dati sperimentali dei buchi neri supermassicci già presenti in un'epoca primordiale dell'universo sono compatibili con un accrescimento esponenziale del buco nero, che inizia la sua vita con una massa compresa tra 10.000 e 100.000 masse solari. (red) |
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