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Messaggi del 05/02/2019

Misericordia di B.P.Galdos

Post n°1895 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

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Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
lla prima edizione
AutoreBenito Pérez Galdós
1ª ed. originale1897
1ª ed. italiana1929
Genereromanzo
Lingua originalespagnolo
Personaggi
  • Benina
  • Francisca Juárez de Zapata (Doña Paca)
  • Almudena
  • Frasquito Ponte Delgado
  • Obdulia
  • Antoñito
  • Juliana
  • Don Romualdo Cedrón
  • Carlos Moreno Trujillo

Misericordia (Misericordia) è un romanzo

dello scrittore spagnolo Benito Pérez Galdós

 pubblicato nel 1897.

Benito Pérez Galdós nel 1894, ritratto da

Joaquín Sorolla.

La storia è ambientata a Madrid, alla fine

del XIX secolo. Benina è l'anziana cameriera

di Doña Paca, vedova di un alto funzionario

governativo caduta nella miseria più nera.

Per sfamare Doña Paca e i figli di quest'ultima,

Antoñito e Obdulia, Benina si mette a mendicare,

fingendo con la padrona che le sue entrate

provengano dal mezzo servizio che compie in

casa di un prete immaginario, don Romualdo.

Benina estende la sua attività benefica anche

a Frasquito Ponte, un vecchio dandy caduto in

miseria, e ad Almudena, un marocchino cieco

suo collega di mendicità. Benina sopporta

pazientemente anche le bizze di Doña Paca,

ignara dei sacrifici compiuti dalla sua domestica,

e la gelosia di Almudena il quale vorrebbe che

Benina diventi sua moglie.

Doña Paca, i suoi figli e Frasquito Ponte ricevono

una ricca eredità da un lontano parente; latore

della buona notizia è don Romualdo, un prete con

lo stesso nome di quello inventato da Benigna.

La famiglia di Doña Paca è nuovamente ricca, il

sacrificio di Benina viene conosciuto, ma la ricompensa

per la vecchia domestica è l'ingratitudine: cacciata

dalla casa di Doña Paca, Benina andrà a vivere

dal cieco Almudena, bisognoso di assistenza.

Verso la fine del romanzo si accenna a un certo

ravvedimento da parte dei vecchi padroni:

don Frasquito ha un ictus e, nel delirio che precede

la morte, rimprovera a Doña Paca l'ingratitudine.

Juliana, moglie di Antoñito, crede che i propri figli

siano ammalati e che solo Benigna, sicuramente

santa per la propria bontà, possa guarirli: Juliana

si reca pertanto dalla vecchia domestica

accusandosi di ingratitudine («io ho peccato, io

sono cattiva») e invitandola a tornare; ma Benigna

non vuole abbandonare il povero Almudena e rivolge

a Juliana parole di perdono con cui il romanzo

si chiude: «Io non sono una santa. Ma i tuoi bambini

stanno bene e non hanno alcun male... Non piangere

... E adesso torna a casa, e non peccare più.».

Critica

Pérez Galdós (1845-1920), l'autore di Misericordia,

aderisce al programma artistico del Naturalismo,

attraverso la riproduzione totale e spietata della

realtà, ma non ne accetta i suoi presupposti

scientifici: il Fisiologismo e il Determinismo. 

Per studiare l'ambiente del suo romanzo, il mondo

della mendicità madrilena, Pérez Galdós visse a

lungo nei bassifondi madrileni, sotto le mentite

spoglie di un medico dell'Igiene municipale.

Oltre che romanziere, Pérez Galdós è stato

anche autore di teatro, portando sulla scena

i procedimenti del romanzo e viceversa.

InMisericordia troviamo, oltre alla frequenza

del dialogo, attribuibile a realismo stilistico,

addirittura un dialogo accompagnato da una

didascalia (alla fine del capitolo VI).

 
 
 

Il poema del mio CID

Post n°1894 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Biblioteca Olivelli

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è un poema epico anonimo risalente al 1140 circa ed è stato perIl Poema del mio Cid (in spagnolo Poema o Cantar de mio Cid)

molto tempo considerato impropriamente il primo documento

letterario in spagnolo.Racconta le gesta del condottiero Rodrigo

Díaz de Vivar, meglio conosciuto come El Cid. Fu diffuso da giullari 

e poeti erranti che si spostavano di luogo in luogo.

Il poema si conserva in un unico manoscritto del XIV secolo 

custodito attualmente a Madrid nella Biblioteca Nacional de España,

nel quale compare la data del 1207, che potrebbe essere quella del

manoscritto originale, e il nome di Per Abbat.

Ipotesi sull'origine

Le incertezze sull'identità del suo autore hanno dato vita ad

una vasta letteratura sulle origini del poema. Tra le varie ipotesi

succedutesi nel tempo si distinguono tre linee di pensiero

principali, di cui le prime due sono state avanzate in scritti

diversi da Ramón Menéndez Pidal, autore della prima edizione

critica del poema:

secondo la prima, la composizione risalirebbe a un periodo 

tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII per mano di un 

unico autore, forse un poeta colto, che potrebbe essere stato

un ecclesiastico originario della località di Burgos;

in base alla seconda, il Cantar sarebbe stato composto nel 

XII secolo da due anonimi giullari;

secondo i recenti studi di Dolores Oliver Pérez, il poema

risalirebbe al 1095 e sarebbe l'opera di propaganda politica

di un poeta ed esperto di diritto islamico,Abu l-Walid al-Waqqasi 

originario di Tolosa, appartenente alla corte valenciana.

Sul ruolo di Per Abbat si distinguono le ipotesi degli "individualisti",

secondo cui egli sarebbe l'autore originale del poema, e quelle dei

"neotradizionalisti", secondo cui sarebbe un semplice amanuense 

che ha copiato uno scritto dell'autore originale.

Tuttavia l'ipotesi ritenuta più probabile è che le gesta storiche

di Rodrigo Díaz de Vivar, soprannominato Cid Campeador nel

poema, e morto il 10 giugno del 1099, sarebbero state rielaborate

da giullari e poeti erranti tramutandosi in leggende, e che un primo

breve nucleo del poema si sia stato reso più corposo nel tempo

dalla tradizione orale fino a essere messo per iscritto nel 1207 da

Per Abbat, Nel Poema di Almería scritto tra il 1147 e il 1157,

si infatti parla di Rodrigo Díaz chiamandolo "Mio Cidi", il che

indica che già era vivo il racconto epico delle sue imprese.

Nel poema inoltre appare un verso, il 3726, che fa un riferimento

abbastanza preciso alla data della sua morte, parlando del giorno

"de Çinquaeesma", corrispondente alla fine di maggio: ciò ne fissa

con certezza l'origine a dopo il 1099.

Struttura e trama del poema

Il poema è composto da 3733 versi e manca di un foglio all'inizio e

di due fogli al centro. La trama si sviluppa attorno alle vicende del

Cid, al secolo Rodrigo Díaz de Vivar, un nobile castigliano che

conquistò Valencia nel 1094. È diviso in tre parti: l'esilio, le nozze

e l'oltraggio.

Il canto dell'esilio

«Il Cid volgeva il capo, lagrimando fortissimamente degli occhi,

e contemplava. Vide le porte delle sue case smantellate e gli usci

senza stanga e le pertiche da uccelli senza più falchi e astori di

muda e senza più le pelli e i manti per la caccia. E poiché aveva

un molto profondo dolore, il Cid sospirò.

"Il canto dell'esilio", dove sono raccontate le avventure dell'eroe

durante il periodo del suo esilio, in cui si ritrova obbligato ad

abbandonare la moglie e le figlie nel monastero di San Pedro per

dedicarsi alla battaglia contro i Mori e il conte di Barcellona.

Don Rodrigo Díaz viene accusato ingiustamente di essersi

appropriato dei tributi dovuti ad Alfonso VI re di Spagna e da

questi viene quindi inviato in esilio. Lasciata la sua terra e la sua

casa, il Cid parte con dolore insieme ad alcuni fidati compagni.

Arrivato a Burgos, dove non riesce ad ottenere ospitalità perché

tutti temono le rappresaglie del sovrano, il Cid si accampa presso

il torrente Arlanzón circondato da un gruppo di uomini decisi a

seguirlo. Per ottenere denaro egli invia un suo messo, Martin

Antolínez, da due ebrei che gli concedono il prestito in cambio di

due cofani che il Cid dichiara essere pieni d'oro come garanzia, ma

che sono invece pieni di sabbia.

Prosegue quindi il viaggio e si reca al monastero di San Pedro de Cardeña 

dove sono rifugiate, con la protezione dell'abate, la moglie Jimena e le figlie

Elvira e Sol. Congedatosi poi da loro con grande sofferenza, varca il

confine e comincia a guerreggiare contro i Mori conquistando moltissimi

territori da Teruel a Saragozza. Ottenuto un ricco bottino egli manda

al re la parte legittima "trenta cavalli tutti con sella e con bei finimenti

e con una spada ad ogni arcione". Il re accetta e, pur non revocando l

a condanna, consente che "i sudditi buoni e valorosi del regno che

volessero andare in aiuto al Cid vadano...". Il Cid continua la sua

marcia e, arrivato a Barcellona,dopo aver combattuto e vinto il Conte 

della città, lo fa prigioniero ma in seguito lo rimette cavallerescamente

in libertà

Il canto delle nozze

"Il canto delle nozze" che racconta la conquista di Valencia per merito

delle truppe del Cid e le nozze delle figlie con i principi di León, i

quali accettano la proposta del re Alfonso VI solo per arricchirsi con

i possedimenti del Cid, poiché le promesse spose non appartenevano

ad un alto rango sociale ma a una classe media, composta da "infanzones" o

"hidalgos".

Il Cid continua le sue conquiste e dopo aver sottomesso Valencia invia al re

una gran parte del bottino ottenuto chiedendogli di inviargli la moglie

Jimena con le figlie e il re accetta.

Grande è la gioia del Cid nell'avere con sé le sue donne alle quali mostra

orgoglioso, dall'alto dell'Alcazar, tutto il territorio conquistato.

Per riconoscenza egli dona duecento cavalli al re che accetta non potendo

fare a meno di ammirare le virtù del Cid.

Ma alla corte di Alfonso i Conti Don Diego e Don Fernando, infanti di

Carrion, e il Conte Don García, acerrimo nemico del Cid, provano una

grande invidia e molto rancore. Per poter ottenere fama e ricchezza, i due

infanti manifestano al re Alfonso il loro desiderio di sposare le figlie del Cid.

Il re approva e fissa un incontro con il Cid sulle rive del Tago per discutere.

Il Cid, pur non essendo molto convinto dei due pretendenti, per non

dispiacere al re concede la mano delle figlie che presto si sposano con

una grande cerimonia.

Il canto dell'oltraggio

"Il canto dell'affronto" inizia con l'episodio centrale del poema: i principi,

che si ritrovano ridicolizzati a Valencia a causa della loro codardia, del

disprezzo che provano nei confronti del Cid e delle sue figlie, arrivano

al punto di maltrattare e abbandonare le loro spose, dando l'ultima

dimostrazione della loro cattiveria e avidità. Il Cid si vendica di loro

vincendo un processo effettuato nella corte, ottiene l'annullamento dei

matrimoni e nuove nozze per le figlie con i re di Navarra eAragona.

In questo modo, l'eroe che parte da una situazione pessima a causa di

un esilio che lo disonorava, arriva ad essere famoso e ricco recuperando

l'onore perduto.

Alla corte del Cid, dove regna il valore del coraggio, i due conti, derisi

per la vigliaccheria dimostrata in varie situazioni, si rodono dalla rabbia

e meditano vendetta. Fingendo di voler far vedere i loro possedimenti

si mettono in viaggio con le loro spose per Carrion, ma, giunti in un

fitto bosco, le flagellano a sangue e le abbandonano seminude.

Grazie all'aiuto di un nipote del Cid, Felez Muñoz, esse riescono

a ritornare presso il padre che, addolorato e offeso, chiede giustizia

al re. Don Alfonso allora convoca le Cortes a Toledo e ordina che

abbia inizio il processo. Per prima cosa viene ordinato che i due

infanti restituiscano tutto quello che hanno ricevuto in regalo e in

dote dal Cid. Vengono in seguito ascoltate le accuse e alla fine

avviene il duello fra tre valorosi compagni del Cid da una parte e i

due infanti e Asur Gonzales, che si era presentato come il loro

campione, dall'altra. Il duello è vinto dai campioni del Cid con

grande umiliazione degli infanti.

Dopo il duello si presentano davanti alle Cortes due sconosciuti

cavalieri che chiedono per i loro signori, il principe di Navarra e il

principe di Aragona, la mano delle figlie del Cid. Il Cid accetta e

avviene così un nuovo matrimonio che fa di donna Elvira e donna

Sol due regine.

Poetica

Il poema ha un carattere realista che era poco comune nei poemi

epici: ad esempio, vengono citate le cifre dei morti in battaglia, una

caratteristica più da cronaca storica che da epica. Si riflette la necessità

di guadagnarsi la vita ogni giorno, non ci sono gli elementi magici tipici

della tradizione cavalleresca europea e solamente in una occasione

interviene la divinità. Si può notare anche un ritratto psicologico dei

personaggi, soprattutto per quel che riguarda il protagonista e i suoi

avversari, i principi di León, che appaiono sempre uniti.

Il Cid è un vassallo leale che incarna il massimo grado di civiltà nella

società del suo tempo, è generoso ed è un buon padre di famiglia.

Quest'ultimo aspetto di vita familiare gli conferisce un lato umano

che completa il suo ritratto e permette ai lettori d'identificarsi in lui.

Inoltre il tema principale del Poema del mio Cid è la Reconquista.

Stile e lingua

Il poema, primo eccezionale documento della letteratura spagnola,

testimonia la nascita di una nuova lingua romanza in Spagna,

all'epoca formata da un miscuglio di catalano, di galiziano-portoghese e

di castigliano, oltre che dell'epopea del popolo che combatte per la

patria e per la religione.

Esso venne pubblicato per la prima volta nel 1779 da

Tomás Antonio Sánchez, che ne scoprì il manoscritto.

L'edizione critica del manoscritto fu poi allestita da 

Ramón Menéndez Pidal nel 1908-1911.

Il Poema del mio Cid, insieme alla Chanson de Roland, testimoniano

la profonda differenza di cultura e civiltà in Europa tra le popolazioni

di derivazione latina e quelle di origine germanica. In contrapposizione

allo spirito barbarico dei Nibelunghi, ilCantar de mio Cid esprime i valori

cristiani della Castiglia del X secolo[senza fonte]. Il protagonista denota

la sua originecristiana e latina che si esprime nella fede in Dio, nella

devozione al proprio Signore, nell'affetto per la famiglia e in quei

sentimenti di giustizia e perseverante pazienza che gli fanno

affrontare stoicamente le difficoltà.

 
 
 

La vita è sogno di C. De La Barca

Post n°1893 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

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Dramma in tre atti
zo, dettaglio del monumento a Calderón a Madrid (J. Figueras1878).
AutorePedro Calderón de la Barca
Titolo originaleLa vida es sueño
Lingua originaleSpagnolo
Composto nel1635
Personaggi
  • Rosaura, dama
  • Sigismondo, principe
  • Clotaldo, vecchio
  • Stella, infanta
  • Soldati
  • Clarino, buffone
  • Basilio, re di Polonia
  • Astolfo, principe
  • Guardie
  • Musicanti
  • Cortigiani
  • Servi
  • Dame
 
Manuale

La vita è sogno (titolo originale: La vida es sueño

 è un dramma filosofico-teologico in tre atti e

in versi scritto nel 1635 da Pedro Calderón de

La Barca(1600-1681).

Soggetto

L'opera è stata definita dalla critica come una versione cristiana 

dell'Edipo re: al posto dell'incesto vi è la morte della madre del

principe Sigismondo, avvenuta durante il parto e quindi causata

indirettamente da lui stesso; all'assassinio del padre si sostituisce

una sconfitta in battaglia.

L'opera di Calderón ha come protagonista un personaggio che

avverte con sgomento la futilità di ogni esperienza umana.

L'intera esistenza è sogno, caratterizzata quindi da illusorietà,

fugacità del tempo, vanità delle cose terrene.

L'unica realtà possibile è la morte, che svela all'uomo la vera

natura dell'esistenza, cioè l'illusorietà, e quindi l'inconsistenza

del mondo. Per queste idee l'opera teatrale è emblematica del

clima culturale dell'età barocca ed è un'opera fondamentale

della letteratura barocca europea.

TramaPrimo Atto

In un'immaginaria Polonia, vive un verosimile re, Basilio,

esperto di astrologia. Egli, alla nascita del figlio Sigismondo,

prevede che questi diventi un principe sanguinario e tiranno.

Per evitare che ciò accada lo fa rinchiudere in unatorre.

Sigismondo è custodito da Clotaldo, il fido del re, dal quale

riceve la sua unica educazione sul mondo esterno che non

ha mai avuto modo di vedere con i suoi occhi.

All'inizio del dramma compaiono Rosaura, figlia di Clotaldo,

e il suo servo Clarino. Clotaldo non conosce la figlia in quanto

aveva abbandonato la moglie prima che la bambina nascesse.

Rosaura sarà riconosciuta dal padre per mezzo di una spada

che la giovane gli consegnerà.

Rosaura e Clarino si avvicinano alla torre, illuminata da una

fioca luce, dove è rinchiuso Sigismondo. Quest'ultimo,

inferocito per essere stato sorpreso, minaccia di ucciderla

ma interviene Clotaldo che chiama immediatamente le

guardie e fa arrestare i due intrusi. 

Intanto, il re Basilio decide di mettere il figlio alla prova

dandogli la possibilità di cambiare il suo destino.
Fa dunque somministrare a Sigismondo un sonnifero e

durante il sonno lo fa trasportare a corte.

Secondo Atto

Nel secondo atto si vede Sigismondo alla reggia, attonito tra

i musici che suonano, e i servi che lo vestono. Clotaldo intanto

gli racconta la verità e la necessità di afferrarsi a se stesso,

spinge Sigismondo a manifestare la sua natura di essere

non fondamentalmente cattivo, ma di individuo abbandonato

a se stesso, vissuto lontano dalla civiltà.

Così Sigismondo, che ora vuole vendicarsi di tutto e di tutti,

si comporta in modo superbo e tirannico. Solamente davanti a

Rosaura, che è stata condotta a corte dal padre, egli si calma

restando estasiato dalla sua bellezza.

Basilio deve prendere atto che Sigismondo è veramente

il mostro che gli astri avevano profetizzato, così lo addormenta

nuovamente e lo fa ricondurre in prigione.

Risvegliatosi nella prigione, Sigismondo deve ammettere che ha 

sognato, ma l'evidenza di quel sogno, tanto simile alla realtà, fa

nascere in lui una certa confusione tra il sogno e la realtà,

risolvendosi infine nella certezza d'una verità superiore che

diventerà regola per la sua vita futura: tutta la vita è un sogno.

Terzo Atto

Nel terzo atto, alla notizia che al trono sono stati designati Astolfo

e Stella, il popolo insorge in favore di Sigismondo e lo acclama re.

Sigismondo viene liberato dal popolo che lo vuole re e si oppone

al governo di Astolfo. Avviene una battaglia, Sigismondo vince,

cattura Astolfo, Clotaldo e suo padre Basilio.

Quest'ultimo decide di arrendersi al destino, ma Sigismondo lo

risparmia perché ha capito che né nella vita né nel sogno vale la

pena di rovinare la felicità dell'uomo tanto essa è sfuggente e labile.

Sposa Stella e prende le redini del regno. Astolfo sposerà Rosaura.

 
 
 

Lazarillo de Tormes

Post n°1892 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

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Lazarillo de Tormes, in italiano spesso scritto come Lazzarino da Tormes oLazzarino di Tormes, è un romanzo spagnolo di autore anonimo e di cui non si conosce con certezza la data di composizione.

Data di composizione

Se vaghi e scarsi sono i riferimenti storici in esso contenuti, qualche indizio potrebbe essere fornito dal presunto erasmismo che vi traspare (diffuso in Spagna tra il 1525 e il 1539) e che renderebbe ipotizzabile la composizione già nel 1525. Comunque la data di pubblicazione non è sicuramente posta oltre il1554.

Nel 1554 si hanno quattro edizioni pubblicate; una a Burgos, una ad Alcalá de Henares, una ad Anversa (queste ultime rimandano ad uno stesso testo e la versione di Alcalá presenta consistenti aggiunte) e infine quella scoperta più recentemente, nel 1992, a Medina del Campo.

Proibita dall'Inquisizione nel 1559, l'opera è di un autore colto che attinge alla tradizione popolare e realistica dei fabliau medievali e alla novellistica; essa è considerata il prototipo della letteraturapicaresca, sviluppatasi tra il XVI e XVII secolo.

Nel 1620 lo scrittore spagnolo Juan de Luna, pubblicò la seconda parte di Lazarillo de Tormes.

Struttura e trama

Il romanzo è scritto in forma autobiografica: è il protagonista che parla, narrando le proprie avventure in modo quasi cronachistico, senza commenti o riflessioni d'ordine morale. La figura di Lazarillo, antieroe per eccellenza, e le sue vicende sconclusionate riflettono l'incertezza che regnava nella Spagna di Carlo V, soggetta a una grave crisi economica e caratterizzata da squilibri sociali.

Il giovane è un vagabondo che si serve di mille espedienti per procurarsi da vivere; sempre in viaggio, sempre affamato, non disdegna di servirsi di mezzi illeciti pur di sbarcare il lunario. Di volta in volta, presta i suoi servizi a un mendicante cieco, a un prete avaro, a uno scudiero squattrinato, a un frate che commercia bolle papali, a un pittore di strada, a un capo sbirro, a un cappellano e alla fine a un arciprete, per cui fa il banditore di vini. Di quest'ultimo sposa la serva, le cui grazie continuerà a condividere con il padrone.

 
 
 

Gli uccelli di Bangkok

Post n°1891 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Biblioteca Olivelli

Gli uccelli di Bangkok

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Trama

Gli uccelli di Bangkok è un romanzo di 

Manuel Vázquez Montalbán del 1983,

pubblicato in Italia nel 1990 da Feltrinelli.

È uno dei libri della lunga e fortunata serie

che vede come protagonista il detective Pepe

Carvalho.

L'esperto detective deve stavolta far fronte

ad un caso molto misterioso: Teresa, una sua

vecchia amica, dalla Thailandia gli fa pervenire

una disperata richiesta di aiuto. Pepe, reduce

dal successo del caso Daurella, che lo ha visto

smascherare il genero di un anziano imprenditore

catalano come autore di ammanchi ai danni del

patrimonio di famiglia, si trova coinvolto, quasi

controvoglia, in questa intricata indagine, che

lo porta a fare i conti con un'ambigua polizia

locale e con una banda di malavitosi cinesi.

Nel frattempo Carvalho segue gli sviluppi di

un'altra storia intricata. Infatti, parallelamente

alla ricerca di Teresa, Pepe si trova ad indagare

su un efferato omicidio maturato nell'ambiente

radical-lesbo-chic di Barcellona.

In Thailandia Pepe si rapporta con la polizia locale,

ambiguamente contigua alla malavita locale, ed

ha a che fare, suo malgrado, con una banda di

cinesi che vogliono mettere le mani su Teresa,

che si è legata ad Archit, un trafficante di diamanti,

colpevole di uno sgarro nei loro confronti.

L'azione e l'ironia che contraddistinguono le

avventure di Pepe, in questo romanzo si stemperano

nella descrizione di un mondo esotico dove il

detective, ex membro del partito comunista

spagnolo ed ex-agente della CIA (due correzioni

ironiche dello schema chandleriano, autobiografica

la prima), non manca l'occasione per approfondire

le sue proverbiali ed eccessive esperienze gastronomiche

(importanti variazioni e alleggerimenti in linea con la

tendenza al pastiche)

Le minuziose descrizioni della città di Bangkok 

possono a volte apparire oziose: il lettore riesce

ad immaginare gli odori e i sapori dei piatti descritti

meticolosamente, le immense distese di bancarelle

di ogni sorta e la grande quantità di merce, in un

mondo in cui eros e thanatos, amore e morte,

sembrano impregnare con la loro presenza la vita

quotidiana. Rimangono defilati sullo sfondo

l'assistente-scudiero di Pepe, Biscuter (a presidiare

il suo ufficio vicino alle Ramblas nel cuore del Casco

Antiguo di Barcellona), e la "dama dei suoi pensieri"

Charo. L'epilogo della vicenda noir si chiude sulla

battigia di una spiaggia tra il Mar Menor e il Mar

Mediterraneo, dove Archit viene inseguito e

ucciso da un malavitoso venuto dall'oriente, prima

che l'intervento di Pepe consenta di salvare, almeno,

la vita di Teresa. L'ultima visione di Archit sono gli

uccelli che, spaventati dagli spari, volano nel cielo.

Le stesse rondini ("swallow") che si assiepavano

silenziose, come un fosco presagio, sui fili elettrici

a Bangkok.

 
 
 

Narciso e Boccadoro

Post n°1890 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli


Narciso e Boccadoro

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«Non è il nostro compito quello d'avvicinarci, così come non s'avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l'uno nell'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparare a vedere e a rispettare nell'altro ciò ch'egli è: il nostro opposto e il nostro complemento.»

(Narciso)

«Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre?»

(Boccadoro)
autoritratto diGiorgione)
AutoreHermann Hesse
1ª ed. originale1930
GenereRomanzo
Sottogeneredi formazione
Lingua originaletedesco
AmbientazioneMaulbronnLänder

Narciso e Boccadoro (Narziß und Goldmund1930)

è un romanzo del noto scrittore tedesco Hermann Hesse.

Presentazione

Narciso è un giovane monaco diligente e

contemplativo, amante della lingua greca

e delle scienze. È spirituale e si dedica

completamente alla religione. Nonostante

la sua giovane età, ha già l'incarico di assistente

di greco nella scuola del monastero, dove un

giorno arriva un nuovo allievo, Boccadoro.

Boccadoro è un artista, con il grande senso di

amare e di sentire le emozioni, che riesce con

un solo sguardo a conquistare il cuore di tutte

le donne. Ha lo spirito del vagabondo, ereditato

dalla madre, che cerca di ritrovare, e durante il

suo viaggio affronta varie avventure.

Trama

L'ascetico Narciso era destinato ad una brillante

carriera religiosa. In principio egli compare come

un giovane maestro nel convento di Mariabronn

(Maulbronn), temuto e assai stimato persino dai

suoi superiori per via delle sue conoscenze.

Aveva inoltre la capacità di leggere con straordinaria

precisione l'animo delle persone. La più clamorosa

applicazione di tale dote investì con violenza Boccadoro,

un giovane e talentuoso scolaro inviato al monastero

dall'arido padre al fine di espiare la congenita anima

peccaminosa ereditata dalla madre. La madre era

per Boccadoro una figura poco chiara, delineata

per lo più dai racconti del padre. Narciso, accortosi

di tale lacuna nel cuore dell'amico, rievoca i suoi

ricordi e gli rivela una sua profonda convinzione

secondo la quale egli non sarebbe mai potuto

diventare un erudito o un uomo religioso perché

ciò non corrispondeva alla sua natura. Il giovane

Boccadoro, fortemente scosso dalle parole dell'amico,

incontra una donna di nome Lisa, si congeda e lascia

il monastero. L'intrapresa vita di vagabondo insegna

al giovane ad amare, a soffrire, a gioire, a cercare: 

in poche parole gli insegna a vivere.

Dopo alcuni anni di disperata ricerca Boccadoro

scopre la sua natura di artista, così brillantemente

intuita dall'amico Narciso. Egli diventa allievo del

celebre maestro Nicola per poter raffigurare le

immagini createsi dentro di lui dall'esperienza sensibile

del mondo. Appresa l'arte e ottenuto prematuramente

il diploma di maestro (grazie alla realizzazione del suo

apostolo Giovanni, a immagine dell'amico Narciso),

rifiuta l'eredità della bottega del maestro Nicola e la

mano della bella figlia Elisabetta.

Boccadoro riprende così la sua vita errabonda.

Nel corso del suo pellegrinaggio Boccadoro conosce gli

orrori del mondo, ma conosce anche l'amore; ama

molte donne, ma solo alcune di esse resteranno per

sempre nel suo cuore: la zingara Lisa, Lidia, la figlia

del cavaliere che lo ospitò in cambio del suo latino,

Giulia, sua sorella, Lena, la fanciulla morta di peste

che lo amò più sinceramente di qualsiasi altra donna,

Agnese, la bella e glaciale amante del conte. Ma una

sola figura lo accompagnò per tutta la sua esistenza

dal momento dell'addio al monastero: l'Eva-Madre,

immagine vaga, sfuocata, eternamente in mutazione,

che alla fine risultò essere l'immagine di sua madre.

Per tutta la vita Boccadoro ricercò tale immagine.

La trovò solo in vecchiaia durante il suo ultimo

pellegrinaggio, in cui spezzatosi il cuore per il mancato

amore di Agnese, si ruppe alcune costole cadendo

da cavallo.

Per tutta la vita il sogno di Boccadoro fu quello di cogliere

con chiarezza l'immagine della Madre eterna e di rappresentarla;

ma una volta colta, il piacere derivante dalla pace interiore

che ne conseguì fece scemare in Boccadoro il desiderio di

rappresentarla. Ora può morire sereno, poiché ha ritrovato

sua madre, e ha scoperto l'amore, perché senza madre

non si può amare.

Personaggi

Narciso è il motore di tutta la vicenda. Egli si presenta

come un ragazzo dotato di straordinario talento, che

persino i suoi superiori temono. È un colosso, è il vero

detentore del potere nel monastero. Egli controlla e

governa tutto e tutti con le sue stupefacenti capacità.

Futili si rivelano alcuni provvedimenti che l'abate Daniele

prende nei confronti del giovane per rammentargli la sua

posizione nel monastero e il rispetto per la gerarchia.

Al termine della vicenda egli è abate del monastero.

Ma proprio quando le sue potenzialità sono finalmente

esplose trovando realizzazione nella figura dell'abate

(l'abate Giovanni, stupefacentemente profetizzato

dalla statua dell'apostolo Giovanni di Boccadoro),

egli lascia trapelare tutta la sua umanità e con essa

le sue incertezze e le sue debolezze. Egli è vittima

della filosofia, di cui si sentiva l'assoluto padrone,

e della verità. Grazie a Boccadoro si rende conto

che la ricerca della verità tramite il totale controllo

dello spirito non è l'unica via, e non è necessariamente

più efficace della via dei sensi.

Boccadoro è il mezzo di cui si serve l'autore per

esprimere il dissidio fra spiritualità e mondanità, fra

eros e logos. L'unico tratto del suo carattere che

emerge con energica chiarezza è la sua incertezza

psicologica che lo porta a condurre continuamente

una vita da vagabondo.

Tutti gli altri personaggi sono un semplice

condimento alla storia, senza il quale nulla avrebbe

senso e tutto resterebbe insapore. È elemento i

ndispensabile ma che non contiene in sé la sostanza

della storia.

Filosofia e morale

La morale è ben descritta negli ultimi due capitoli,

in cui Hermann Hesse può esporre (con la bocca di

Narciso) la suafilosofia dopo aver terminato di

raccontare i fatti.

Il contrasto fra natura e spirito, fulcro del romanzo,

consiste nella via per la ricerca della verità.

Tanto Narciso, che rappresenta lo spirito, quanto

Boccadoro, che rappresenta la natura, si sentono

insoddisfatti della loro ricerca perché adoperano

come mezzo solo lo spirito o solo i sensi, e ciò

si rivela insufficiente. Infatti Boccadoro perde

la sua spiritualità e la fede in Dio, mentre Narciso,

abate, perde la capacità di conoscere con i sensi;

ma dopotutto entrambi trovano la pace perché

imparano a vivere secondo la loro natura, e in

essa trovano la piena realizzazione. Narciso

con lo spirito e Boccadoro con i sensi spiegano

il mondo nella sua essenza: questo è ciò che

Hermann Hesse intende per "verità".

È altresì facile riscontrare in quest'opera l'influenza

su Hesse del Nietzsche della "Nascita della tragedia"

- con il suo contrasto di "Apollineo" (razionalità)

e "Dionisiaco" (istintualita'). Inoltre, l'autore mostra

una grande dimestichezza con la teoria degli

"archetipi"(inconscio collettivo) di C. G. Jung -

con il quale fu in contatto epistolare, e di un

allievo del quale fu paziente - in particolare

quelli relativi ad "Anima"(inconscio maschile)

e "Animus"(inconscio femminile).

 
 
 

Le ultime novità della scienza.

Post n°1889 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

La proliferazione delle cellule staminali

durante le primissime fasi dello sviluppo

embrionale è controllata da un meccanismo

di compattamento e dipanamento dei filamenti

di cromatina dei cromosomi che gli scienziati

stanno iniziando a comprendere solo ora(red)

biologia dello sviluppostaminali

L'elevato grado di condensazione della

cromatina (il complesso formato dal DNA

e dalle proteine di supporto che costituisce

i cromosomi) durante le prime fasi dello

sviluppo embrionale è funzionale alla possibilità

della cellula di "decidere" rapidamente quali

geni attivare in quel delicatissimo stadio.

A sostenerlo è un gruppo di ricercatori dell'Università

della Pennsylvania a Filadelfia, che firmano un

articolo su "Science".

Scelte rapide per il destino delle staminali embrionali

L'espressione di un gene richiede che la struttura

compatta del cromosoma sia opportunamente

dipanata, in modo da esporre il gene ai fattori

di trascrizione. (© BSIP / AGF)
I filamenti di DNA che conservano il patrimonio

genetico hanno uno spessore di una ventina di

atomi e una lunghezza di quasi due metri, ma

normalmente non sono del tutto dipanati e

presentano un diverso grado di condensazione,

che raggiunge il massimo durante la fase del

ciclo cellulare nota come metafase, quando

assumono la forma a X con cui sono rappresentati

di solito.

Tuttavia, per essere espressi e innescare la

produzione della proteina per cui codificano,

i geni devono essere esposti ai fattori di 

trascrizione che sintetizzano l'mRNA messaggero

(mRNA), grazie al quale i ribosomi della cellula

producono poi la proteina. Se un gene si trova

in una parte compattata della cromatina, i fattori

di trascrizione non possono raggiungerlo e

trascriverlo in mRNA.

I biologi cercano da tempo di capire perché

durante le prime fasi dello sviluppo embrionale -

quelle dello stadio "filotipico", durante cui viene

definita la struttura fondamentale dell'organismo,

e in cui tutti gli embrioni di un certo phylum

animale sono estremamente simili - i cromosomi

appaiono molto più compattati che nelle fasi

successive.

In una serie di esperimenti sui topi, Dario Nocetto

e colleghi hanno scoperto che le regioni compattate

sono contrassegnate dalla presenza in specifici

siti di legame di tre molecole di

metile, legate al filamento di cromatina da particolari enzimi.

Bloccando per tempo l'attività di questi enzimi, la

cromatina resta meno compatta e i fattori di trascrizione

possono raggiungere molti più geni.

Questa struttura meno compatta causa però

un sensibile aumento del tempo impiegato dai

fattori di trascrizione per individuare i geni che

vanno tradotti in quella fase dello sviluppo

embrionale, e anche in un maggior rischio di errori

di trascrizione e di danneggiamento del DNA, dato

che la forma compatta della cromatina garantisce

maggiore stabilità e maggiore protezione da

eventuali danni casuali.

In prospettiva la conoscenza di questo meccanismo,

che interessa cellule che si trovano allo stato

staminale, potrà essere d'aiuto per perfezionare

e rendere più sicure le terapie a base di cellule

staminali.

 
 
 

Hanif Kureishi

Post n°1888 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Dal portale GRISELDAONLINE

Home / Temi /  / ArticoloSusanna Ghazvinizadeh

"Un vero inglese dalla testa ai piedi, o quasi": 

L' "Altro ibrido" nell'Inghilterra di Hanif KureishiMi

chiamo Karim Amir e sono un vero inglese dalla

testa ai piedi, o quasi. La gente tende a 

considerarmi uno strano tipo di inglese, magari

di una nuova razza, dal momento che sono il

prodotto di due culture. Io però me ne frego,

sono inglese ( non che me ne vanti ), vengo

dalla periferia meridionale di Londra e voglio

arrivare da qualche parte. Forse é stata la

bizzarra mescolanza di sangue e continenti, 

di qui e là, di senso di appartenenza e non,

a rendermi irrequieto e facilmente annoiato

[.....]. E' sufficiente dire che ero in cerca di guai,

 della prima occasione di movimento, di azione 

e di curiosità sessuale e questo perché l'atmosfera 

in casa mia era così opprimente, tetra e noiosa; 

lo sa il cielo perché. Ad essere sincero tutto

questo mi buttava giù, ecco perché ero pronto

a tutto. Attraverso l'ormai famoso incipit del

romanzo Il Budda delle periferie, lo scittore

anglo-pakistano Hanif Kureishi dipinge il ritratto

di una nuova figura di inglese, frutto dell'ondata

di immigrazione iniziata dopo il 1947, anno in cui

l'India ottenne l'indipendenza dal dominio

britannico. Gli ex sudditi del subcontinente indiano

non avevano resistito al canto delle sirene della 

propaganda inglese che li invitava a trasferirsi

nell'isola. Esiste un romanzo, All About H. Hatter,

scritto nel 1948 dall' autore anglo-indiano G.V.

Desani, il quale fotografa perfettamente l'immigrato

della prima ora e il suo senso di solitudine. Desani

all'interno del libro "gioca" con un'icona della

tradizione letteraria inglese, il famoso inno

all'Inghilterra tratto dalRiccardo II di Shakespeare, 

facendone la parodia per mettere in scena un

nuovo avvenimento: l'arrivo dell'immigrato. Il nuovo

arrivato è salito sul palcoscenico che diventerà uno

spazio dove si potrà mettere in scena un nuovo

"spettacolo teatrale", uno spettacolo che parla di

immigrazione e di una nuova "conquista":

la "conquista" dell'Inghilterra.

La poetessa caraibica Louise Bennett ha parlato

a questo proposito di una "colonizzazione alla

rovescia", ma in realtà gli ex colonizzati si ritrovano

in quello che E.P. Thompson ha definito "l'ultima

colonia dell'Impero britannico". Scrive Salman Rushdie

nel saggio intitolato Il nuovo impero in Gran Bretagna:

Talvolta sembra che le autorità britanniche,

non più in grado di esportare il loro modo di

governare, abbiano scelto al contrario di importare

un nuovo impero, una nuova comunità di popoli

sottomessi che essi considerano e trattano nello

stesso modo in cui i loro predecessori consideravano

e trattavano "le genti agitate e selvagge", quei

"popoli scontrosi appena conquistati, per metà

demoni, per metà bambini", che costituivano, secondo

 Kipling,il fardello dell'uomo bianco

Scrittori anglo-indiani come Desani, ma anche 

caraibici come Sam Selvon o indo-caraibici come 

V.S.Naipaul, nei loro romanzi hanno messo in luce

le difficoltà di cui parla Rushdie nel saggio 

sopracitato, per loro si trattava infatti di avventurarsi 

in un territorio a conti fatti alieno.

Karim, il protagonista de Il Budda delle periferie,

invece fa parte della seconda generazione di 

immigranti, generazione appartenente alle

"nuove etnie" di cui parla Stuart Hall. Queste

nuove etnie danno vita ad una nuova Inghilterra, 

abitata da personaggi che fanno dell'ibridismo la

propria bandiera. Sostiene Kureishi a questo 

proposito nel saggio autobiografico "Il segno dell'arcobaleno":

Sono gli inglesi, gli inglesi bianchi, a dover 

imparare che essere inglesi non è più la stessa

cosa di prima. Ora è più complicato, e coinvolge

elementi nuovi. Per cui dev' esserci un modo nuovo

di vedere la Gran Bretagna e le scelte che si trova

a fronteggiare. E, dopo tutto questo tempo, deve

nascere un nuovo modo di essere inglese.

Per comprenderne la necessità ci vorranno molte

riflessioni, discussioni e autoanalisi, come per capire

che cosa implichi questo "nuovo modo di essere

inglesi " e quali difficoltà si possano incontrare per arrivarci.

 Karim è perfettamente cosciente di essere

un "elemento nuovo" all'interno della realtà

britannica e inizia il suo percorso esistenziale

all'insegna di un senso di smarrimento.

E' alla ricerca di un'identità che lo definisca e la sua

irrequietezza è un sintomo di questa ricerca.

Diciassettenne figlio di un pakistano e di una inglese,

Karim lascia la provincia inglese e si trasferisce

nel "centro delle cose", nella Londra degli anni

Settanta . Si avventura così nel cuore pulsante 

della città e comincia il suo viaggio in questo

"posto nella mente" ( "Londra sembrava una

casa con cinquemila stanze, tutte diverse.

Il trucco era di scoprire come si collegavano, e

alla fine attraversarle tutte." ).

Nel saggio DissemiNazione lo studioso indiano

Homi Bhabha afferma che attualmente la nazione

e la metropoli vengono raccontate da quanti ne

occupano le zone marginali: donne, immigrati,

soggetti coloniali. Gli scrittori come Kureishi,

soggetti ibridi e figli di una "nuova Inghilterra", 

concorrono, attraverso la propria scrittura, a

creare quelle che Bhabha chiama "contronarrazioni" ,

in grado di scardinare il discorso ideologico

sotteso alle narrazioni canoniche.

In questo modo l'Inghilterra e nel caso specifico

Londra, vengono narrate da un soggetto "altro"

che "disturba quelle manovre ideologiche 

attraverso cui alle 'comunità immaginate' sono 

attribuite identità di tipo essenzialista" . 

Londra, raccontata dall'"Altro", viene raffigurata 

come una città ambivalente, dai confini mobili, 

fluttuanti. E "fluttuante" è anche Karim, desideroso 

di attraversare tutte le cinquemila stanze di

questa metropoli . Karim passa da una casa

all'altra, dallanuova casa del padre a Kensington

alla casa dove vivono i suoi amici indiani Jamila

e Changez, ridefinendo così i confini di una città

sempre più ibridizzata. Mentre è alla ricerca di

una propria identità Karim si imbatte nel mondo

del teatro. E' sintomatico che una persona come

lui che appartiene a due culture arrivi alla decisione

di intraprendere la carriera di chi per mestiere

 impersona continuamente diversi ruoli.

Il vuoto di identità diventa un pieno di finzioni e

la decisione di interpretare ruoli "altri da sé" è

uno dei traguardi al quale il ragazzo approda

cercando una propria definizione.

Ma ci sono subito le prime difficoltà: entra in gioco

quello che Fanon ha chiamato "il problema nero"

 e gli inglesi (in questo caso l'inglese è il regista

finto progressista Shadwell), dall'alto del loro

colonialismo mentale hanno già posto dei limiti

ai ruoli che Karim dovrà interpretare, relegandolo

così ad un'identità stereotipata ed imposta.

Shadwell incasella Karim nel ruolo dell'eterno 

indiano e il primo ruolo che gli offre è quello

scontatissimo diMogli.

Nel romanzo Versi satanici di Salman Rushdie,

si legge a proposito degli inglesi: "Loro ci descrivono

[....]Loro hanno il potere della descrizione e noi

soccombiamo di fronte alle pitture che loro costruiscono.

 
 
 

Hanishi Kureishi

Post n°1887 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

A febbraio 2019, in libreria.

"Shadwell costruisce una pittura orientalistica

su Karim, descrivendolo secondo i parametri

con i quali gli occidentali hanno sempre definito

l'Altro, visione della quale parla ampiamente 

Edward Said nel suo volume Orientalismo.

Un riflesso deformato e ambiguo fa raccontare

l'Altro e lo imprigiona in stereotipi che

sopravviveranno all'epoca coloniale. Il Budda

delle periferie é ambientato negli anni Settanta 

e risale proprio a quegli anni ( 1971 ) un dibattito

girato per la BBC con protagonista Stuart Hall

dal titolo"Black Men, White Media" ( "Uomini neri,

media bianchi" ), nel quale Hall faceva notare come

i media rappresentassero i black  seguendo

proprio le categorie di cui parla Said e soprattutto

secondo la rappresentazione che si aspettava il

middle man, ovvero l'uomo medio, bianco e

borghese. E' esattamente la stessa

rappresentazione che il regista Shadwell

vuole dare dell'indiano, facendo sembrare Karim

ancora più scuro di quello che è e ordinandogli

di parlare con un accento dalle forti tinte indiane.

 Sarà l'amica Jamila, ragazza fortemente

politicizzata, a fare notare a Karim la rappresentazione

dell'indiano che egli ha contribuito ad avallare:

[...] La commedia è completamente neo-fascista. 

Ed era rivoltante, l'accento e la merda che ti eri 

spalmato addosso. Stavi solo arrendendoti ai

pregiudizi. [...] E i cliché sugli indiani. E l'accento-

mio Dio, come hai potuto farlo? Te ne vergognerai,

spero.

Alle prime timide resistenze del ragazzo il regista

gli rivela perché lo ha scelto: "Karim, tu sei

stato scritturato per l'autenticità e non per

l'esperienza"  . Come afferma Silvia Albertazzi:

"Questo concetto di autenticità é molto

importante nel mondo di Kureishi.

E' impiegato con un duplice significato, sia per

indicare valori indigeni positivi ed originali, sia

per indicare un'immagine negativa e

stereotipata dell'alterità . Ma autentico é un 

aggettivo che non si addice a Karim, frutto

dell'unione tra due culture e che viene ad

occupare uno spazio ibrido, non spazio

propriamente definito quanto piuttosto "territorio

concettuale, nel quale avviene uno scambio culturale".

Questo concetto di ibridismo é stato impiegato

anche da Homi Bhabha che parla di third space, 

( terzo spazio ), uno spazio in-between, che si

viene a collocare nel mezzo, tra colonizzato e

colonizzatore "all'interno del quale stanno il

significato, la traduzione e la negoziazione" .

Il regista Shadwell racconta in questo modo

l'ibridismo di Karim:

Che razza di individui sono nati da duecento

anni di imperialismo. Se ti potessero vedere

i pionieri della Compagnia delle Indie. Come

sarebbero disorientati. Scommetto che la gente

ti guarda e dice: "Un ragazzo indiano.

Com'è interessante. Com'è esotico. Chissà quante

storie di zie e di elefanti avrà da raccontarci."

 E invece tu sei di Orpington. [...] Oh Dio, che

strano mondo.

Il migrante è l'uomo qualunque del ventesimo secolo. 

Gli inglesi come Shadwell vorrebbero un mondo

diviso in due blocchi monolitici, l'oriente e

l'occidente e fanno fatica ad accettare l'esistenza

di figure che si pongono tra più territori e tra più

culture, rifiutano, in breve, quella che Paul Gilroy

ha definito la "controcultura della modernità .

In un saggio molto interessante intitolato

"Bradford", Kureishi ritrae la città inglese come

un simbolo di quella che egli chiama "un'Inghilterra

allargata" , formata da tassisti pakistani che parlano

con l'accento dello Yorkshire, da scuole musulmane

femminili o maschili e dove si intrecciano miriadi di

lingue "impure", fra cui l'inglese dello Yorkshire,

quello anglo-asiatico, l'urdu e il punjabi.

Ma molti inglesi rifiutano e ignorano queste

"città allargate", negazione del concetto monolitico 

di etnia ( Rushdie a proposito della Londra

multiculturale aveva parlato di "una città visibile

ma non vista"  ) e rimangono ancorati al concetto

di un' Inghilterra "pura", come quella descritta da

GeorgeOrwell e T.S. Eliot. A fare le spese della

diffidenza di certi inglesi nei confronti delle nuove

etnie é Chad, personaggio del romanzo di Kureishi 

The Black Album : ragazzo di origine pakistana

adottato da una coppia di inglesi, egli si sente

un perenne outsider proprio a causa della sua

"doppia coscienza". La sua storia viene raccontata

in questo modo da una sua insegnante:

Una volta si chiamava Trevor Buss [...]

E' stato adottato da una coppia bianca.

La madre era una razzista , ce l'aveva coi pakistani

e ripeteva sempre che erano loro a doversi

adattare [...]. Ha conosciuto le classiche case di

campagna inglesi e i loro ancora più tipici abitanti 

[...]. In ogni caso il senso di esclusione l'ha fatto

quasi impazzire [...]. A quattordici anni si è accorto

di non avere radici, di non avere nessun rapporto

coi pakistani, di non conoscere neanche la lingua.

Così è andato a lezione di urdu. Ma quando a

Southall chiedeva il sale, tutti scoppiavano a

ridere per il suo accento. In Inghilterra i bianchi

lo guardavano come se stesse perrubargli la

macchina [...]. Ma in Pakistan lo guardavano con

diffidenza ancora maggiore [...]. Una volta mi ha

detto: "Sono senza casa." E io: non hai un posto

dove dormire?" "No", rispose, "non ho una patria"

[...]. Così non so neanche

 cosa voglia dire essere un cittadino.

Chad non é accettato nemmeno dai pakistani,

poiché il suo urdu rivela un forte accento inglese,

il suo é un linguaggio ibrido che viene guardato

con sospetto anche da coloro i quali hanno le

sue stesse radici, ma che si rinchiudono in comunità

omogenee non accettando elementi ibridi come Chad.

Il romanzo The Black Album é ambientato alla fine

degli anni Ottanta, in seguito all'uscita dei Versi

satanici di Rushdie e durante la condanna del libro

da parte dei giovani fondamentalisti islamici che

vivevano in Inghilterra . Nel libro Kureishi racconta

come possa essere possibile che un ragazzo nato

in Inghilterra si converta all'Islam e accetti tutte le

restrizioni che questa religione impone. Chad é

l'esempio paradigmatico di quello che può "scattare"

nella testa di questi giovani: non sentendosi 

accettato né dagli inglesi né dai pakistani diventa

un fondamentalista islamico, assumendo un'identità

non nazionale, bensì transnazionale. In questa veste

egli si sente accettato, poiché nessuno gli chiederà

mai la sua nazionalità. Chad é semplicemente un 

"fratello", un "fratello islamico", ma la cosa più

importante é che egli non sarà più considerato un

"paki". "Non sono più un paki, io sono un musulmano"

 , afferma Chad con orgoglio, non più "paki",

appellativo di sapore razzista, ma orgogliosamente

"musulmano". Ma il suo é un atteggiamento

assolutista e separatista, allo stesso modo in cui

erano assolutisti e separatisti gli afro-americani

come Elijah Muhammad, l'uomo che si autoproclamava

"il messaggero dell'Islam" e che alla metà degli

anni Sessanta andava predicando che il potere

dei "diavoli bianchi" avrebbe avuto fine nell'arco

di quindici anni, nel nome di Allah e della Nazione

islamica. Al concetto di "transazione islamica" dei

fondamentalisti come Chad bisogna opporre una

convivenza definita post-nazionale dall'antropologo

indiano Arjun Appadurai , "fondata sulla solidarietà,

sulla reciprocità, sul riconoscimento e la valorizzazione

della differenza" . In questo modo anche la Bradford

ibrida descritta da Kureishi non verrebbe più ignorata

e il suo interculturalismo sarebbe valorizzato da

tutti i suoi abitanti.Concludo questo saggio

riportando un'affermazione che Hanif Kureishi

ama molto fare e che testimonia l'appartenenza,

sua e di molti personaggi dei suoi romanzi, ad una

Londra ibridizzata: "Sono cresciuto a Londra. E' la

mia città. Non sono inglese, ma londinese." 

Anche Kureishi, come Karim, è "un inglese dalla testa 

ai piedi, o quasi." 

 
 
 

Piove deserto di Auriemma e Troffa

Post n°1886 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

A febbraio 2019 in libreria..

Ha lasciato la Sardegna per rabbia e per paura.

Tornerà per scavare nel passato e

ricominciare a vivere.

Davide, operaio in una fabbrica di fronte a

Carloforte, è morto. È stato un incidente,

una disgrazia. O forse è stato ucciso, perché

aveva visto o saputo qualcosa che non

doveva, magari proprio sullo stabilimento

che da tempo rischia la chiusura. Anzi, è

ancora vivo, si è nascosto a Cagliari con una

donna... Molte voci e menzogne corrono, si

inseguono attorno alla sua presunta morte

bianca; presunta perché manca un corpo da

piangere: Davide è letteralmente sparito.

All'ombra di ciminiere che svettano come

cattedrali di metallo e cemento, Leo Mari,

ex poliziotto ed ex alcolista, una figlia sorda

che vede troppo poco e che a malapena

riesce a mantenere, torna sull'isola dove è

nato e dalla quale è fuggito molti anni prima.

Lo fa per affetto, perché Davide è stato il

suo migliore amico, ma anche come investigatore

per conto dell'assicurazione che dovrebbe

saldare il prezzo della sua scomparsa.

È un incarico come tanti, si dice, ma diventerà

una corsa contro il tempo, alla ricerca di segreti

che potrebbero non piacergli e che lo

trasformeranno nel bersaglio di chi si sente

minacciato dalla verità. Intense passioni civili

e private si mescolano in questo potente noir:

un'indagine coraggiosa sul dolore di una terra

che sa essere paradiso e inferno insieme, e

sulla ferocia di un tempo in cui perdere il lavoro

può rappresentare una disgrazia peggiore che

perdere la vita. 

 
 
 

Noi siamo tempesta di Michele Murgia

Post n°1885 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

A febbraio 2019 in libreria...

Storie senza eroe che hanno cambiato il mondo

Sventurata è la terra che ha bisogno di eroi,

scriveva Bertolt Brecht, ma è difficile credere

che avesse ragione se poi le storie degli eroi

sono le prime che sentiamo da bambini, le

sole che studiamo da ragazzi e le uniche che

ci ispirano da adulti. La figura del campione

solitario è esaltante, ma non appartiene alla

nostra norma: è l'eccezione. La vita quotidiana

è fatta invece di imprese mirabili compiute da

persone del tutto comuni che hanno saputo

mettersi insieme e fidarsi le une delle altre.

È così che è nata Wikipedia, che è stato svelato

il codice segreto dei nazisti in guerra e che la

lotta al razzismo è entrata in tutte le case di

chi nel '68 guardava le Olimpiadi. Michela Murgia

ha scelto sedici avventure collettive famosissime

o del tutto sconosciute e le ha raccontate come

imprese corali, perché l'eroismo è la strada di pochi,

ma la collaborazione creativa è un superpotere

che appartiene a tutti. Una tempesta alla fine

sono solo milioni di gocce d'acqua, ma col

giusto vento. 

 
 
 

La prigione della monaca senza volto

Post n°1884 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Anno del Signore 1625. A Roma governa

Urbano VIII, Milano è sotto il dominio spagnolo.

Girolamo Svampa, sempre piú deciso a chiudere

i conti con il suo nemico mortale, Gabriele da

Saluzzo, viene coinvolto nell'indagine piú

pericolosa della sua vita. Il rapimento di una

benedettina, figlia del fedele bravo Cagnolo

Alfieri, lo porta nella città ambrosiana, dove si

imbatte in due enigmi. Il primo riguarda il

cadavere pietrificato di una religiosa.

Il secondo una monaca murata in una cripta

per aver commesso crimini innominabili: suor

Virginia de Leyva, la celebre Monaca di Monza.

Quest'ultima sembra informata su particolari

che potrebbero svelare il mistero della

pietrificazione, e inizia a esercitare sull'inquisitore

un pericoloso ascendente. Vittima dopo vittima,

incalzato dal cardinale Federigo Borromeo - e

aiutato da Cagnolo, dall'enciclopedico padre

Capiferro, ma soprattutto dalla bella e audace

Margherita Basile - lo Svampa scoprirà che il

segreto della trasmutazione in pietra risale alle

avventure occorse a un pellegrino in Egitto. E

ritroverà sulla sua strada un rivale abilissimo

che potrebbe risultare impossibile da sconfiggere.

«La novizia era rivolta verso una finestrella

da cui penetrava una fioca luce solare.

Stava con le ginocchia a terra, il busto eretto e

le braccia aperte a formare una croce.

Non era piú una donna in carne e ossa.

Ma una statua di solida pietra».

 
 
 

appartamento 401

Post n°1883 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

A febbraio 2019 in libreria.

Ryosuke, Kotomi, Mirai, Naoki condividono

un appartamento nel quartiere di Setagaya

di Tokyo. La vita scorre tranquilla, senza

incidenti né particolari conflitti, come le auto

che si inseguono sulla tangenziale e non si

scontrano mai. Ma fuori dall'appartamento

401 i quattro giovani si confrontano con le

difficoltà del vivere, del comprendere se

stessi e individuare il proprio posto nel mondo.

Proprio quando un quinto ragazzo, Satoru,

va a vivere con loro, nel quartiere iniziano a

verificarsi strane aggressioni a giovani donne.

Tra forzata intimità e apatica estraneità,

la tensione è palpabile, persistente, e si fa strada

nel lettore il sospetto che uno dei ragazzi sia

coinvolto. Ma la domanda più inquietante è:

la vita vera è dentro o fuori dalle mura

dell'appartamento? 

 
 
 

La famiglia prima di tutto..

Post n°1882 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

A febbraio 2019 in libreria...

Fixie Farr è sempre stata fedele al motto

di suo padre: "La famiglia prima di tutto".

E, da quando lui è morto, lasciando nelle

mani della moglie e dei tre figli il delizioso

negozio di articoli per la casa che ha fondato

a West London, Fixie non fa che rimediare

ai pasticci che i suoi sfaticati fratelli combinano

invece di prendersi cura di sé.

D'altra parte, se non se ne occupa lei, chi altro

lo farà? Non è certo nella sua natura tirarsi

indietro e, soprattutto, non sa trattenersi dal

mettere ogni cosa a posto, anche se non la

riguarda. Così quando un giorno in un bar un

affascinante sconosciuto le chiede di tenere

d'occhio il suo portatile lei non solo accetta

ma, a rischio della sua incolumità, salva il prezioso

computer da un danno irreparabile.

Sebastian, questo il nome dell'uomo, è un

importante manager finanziario e, volendo a

tutti i costi sdebitarsi con lei, le scrive su un

pezzo di carta: "Ti devo un favore".

Sul momento Fixie non lo prende sul serio, abituata

com'è a trascurare i suoi bisogni, ma si sbaglia

di grosso. Riuscirà a trovare il coraggio di

cambiare e smettere per una volta di pensare

solo agli altri? "La famiglia prima di tutto!" è una

commedia romantica piena di humour, ma anche

un romanzo di formazione che racconta la rinascita

della sua protagonista finalmente pronta per il

futuro che si merita.

 
 
 

Non qui non altrove

Post n°1881 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

In libreria a febbraio 2019

«Essere indiano non ha mai significato il

ritorno alla terra. La terra è ovunque, o

in nessun luogo.» Ogni anno, a Oakland,

in California, gli indiani d'America organizzano

un raduno, una grande festa della nazione

perduta e impossibile da dimenticare.

Ogni anno, oltre le perline colorate, le penne

fra i capelli e il folklore turistico delle riserve,

migliaia di nativi del Nord America confluiscono

lì da altre città, dove vivono senza sentirsi

mai a casa. Si ritrovano per cercare l'uno

nell'altro una patria, per riavere un luogo che,

almeno per un giorno, sia di nuovo solo loro.

E ognuno lo fa a modo suo.

Il giovane Dene tiene viva la memoria dello

zio raccogliendo testimonianze per un documentario.

Edwin entra a far parte dell'organizzazione

del powwow, come i nativi chiamano l'evento,

per conciliare le sue origini miste.

Jacquie cerca di riprendere le fila della sua vita

disperata attraverso quella famiglia che non sa

più di avere. E così, insieme agli altri personaggi

che popolano il romanzo, con le loro storie

maledette e potenti che si intrecciano l'una

all'altra, quegli uomini e quelle donne si preparano

a vivere una giornata speciale, che si rivelerà

fatale per tutti. "Non qui, non altrove" è il ritratto

di un'America che quasi nessuno di noi conosce.

È memoria, spiritualità e bellezza. È identità,

violenza e riscatto. È la storia di una nazione e

del suo popolo. È la rabbia e la nostalgia per un

qui che abbiamo considerato nostro e custodiamo

nel cuore, ma che in qualche modo, portandocelo

via, altri ci hanno costretto a chiamare altrove. 

 
 
 

Ti rubo la vita di Cinzia Leone

Post n°1880 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

A febbraio 2019 in libreria

Vite rubate. Come quella di Miriam, moglie

di un turco musulmano che nel 1936 decide

di sostituirsi al mercante ebreo con cui è in

affari, costringendo anche lei a cambiare

nome e religione. A rubare la vita a Giuditta

nel 1938 sono le leggi razziali: cacciata dalla

scuola, con il padre in prigione e i fascisti alle

calcagna, può essere tradita, venduta e

comprata; deve imparare a nascondersi ovunque,

persino in un ospedale e in un bordello.

Nel 1991, a rubare la vita a Esther è invece un

misterioso pretendente che le propone un

matrimonio combinato, regolato da un contratto

perfetto... Ebree per forza, in fuga o a metà,

Miriam, Giuditta ed Esther sono donne capaci

di difendere la propria identità dalle scabrose

insidie degli uomini e della Storia. Strappando i

giorni alla ferocia dei tempi, imparano ad amare

e a scegliere il proprio destino. Una saga familiare

piena di inganni e segreti che si dipana da Istanbul

ad Ancona, da Giaffa a Basilea, da Roma a Miami,

dalla Turchia di Atatürk all'Italia di fine Novecento,

passando attraverso la Seconda guerra mondiale

e le persecuzioni antisemite, con un finale a

sorpresa. Un caleidoscopio di luoghi straordinari,

tre protagoniste indimenticabili e una folla di

personaggi che bucano la pagina e creano

un universo romanzesco da cui è impossibile

staccarsi. Cinzia Leone ha scritto un romanzo

unico, generoso e appassionante, di alta qualità

letteraria e innervato da un intreccio che fugge

in volata, rapendo l'immaginazione del lettore.

Un libro che, nella gioia della narrazione, riflette

sulla storia, l'identità, la tolleranza. 

 
 
 

Morto che cammina

Post n°1879 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

in libreria in questo mese.

Mark Renton ha fatto bingo: i deejay della sua

agenzia fanno ballare i ragazzi sulle due sponde

dell'oceano e un bel po' di soldi entrano in cassa,

ma non riesce a sentirsi davvero appagato di una

vita passata fra sale d'attesa e stanze d'albergo.

Seduto a bordo di un volo che lo riporta a casa,

butta giù un tranquillante dopo l'altro per smaltire

i postumi della serata precedente, quando

all'improvviso incrocia un paio di occhi impossibili da

dimenticare: quelli di Frank Begbie. L'ex psicopatico

di Leith ora è un artista famoso e sembra non nutrire

più alcun proposito di vendetta per quella brutta

storia della truffa sulla vendita dell'eroina.

Sono passati tanti anni, ma Renton non si fida,

vorrebbe saldare il suo debito e teme che Begbie

stia tramando qualcosa...

Nel frattempo alle orecchie di Sick Boy e Spud,

occupati in nuovi «progetti», giunge voce che i

vecchi amici bazzicano di nuovo Edimburgo:

prospettiva stuzzicante riunire i soci come ai bei

tempi. Ma quando i due si avvicinano all'oscuro

mondo del traffico di organi, le cose prendono

rapidamente una brutta piega per tutto il gruppo.

In balia ognuno delle proprie dipendenze,

costretti alla resa dei conti con un passato

che non può più aspettare, Renton, Begbie,

Sick Boy e Spud saranno travolti da un fiume

in piena di assurdi imprevisti. Uno di loro rischia

di non vedere l'ultima pagina del romanzo: chi è

il morto che cammina? 

 
 
 

A febbraio 2019 in libreria..

Post n°1878 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

"I cento pozzi di Salaga" di Ayesha Harruna Attah,

Traduzione di Monica Pareschi

"Questo romanzo elegge Ayesha Harruna Attah come

una delle voci più attraenti della narrativa africana

emergente".
The Mirror

Wurche è una principessa mascolina e selvatica,

abituata a comandare.

Aminah cucina per le carovane di passaggio, è

timida e sensuale.

Le loro strade si incrociano a Salaga, la città degli schiavi.

Sogni e destino di due donne come noi nell'Africa precoloniale.

TRAMA
Aminah vive in un villaggio sulla pista delle carovane,

le piace cucinare e creare cose con le mani; sogna di

cucire scarpe come suo padre e viaggiare per venderle.

Il viaggio che l'aspetta è ben diverso, ma rivela il suo

coraggio e la sua capacità di resistenza.

Wurche è la figlia di un re, una guerriera; sogna di

governare insieme al padre e ai fratelli, per risolvere

i conflitti interni e contrastare la rapacità degli europei.

Non immagina che le chiedano invece di sposarsi, per

cementare un'alleanza.

La guerra incombe, e nei villaggi imperversano i mercanti

di schiavi, che portano il loro bottino a Salaga, la

splendida città dai cento pozzi.

Uno di loro è Moro, cavaliere bellissimo e sensibile,

eppure implicato in quel traffico osceno.

Aminah e Wurche si incontrano grazie a lui: sono una

principessa e una schiava, ma entrambe devono conqui- starsi la libertà.

AYESHA HARRUNA ATTAH è nata ad Accra (Ghana)

nel 1983, sotto il regime militare, ma in una famiglia

di giornalisti molto aperta in cui le storie erano il pane

quotidiano. Ha studiato alla Columbia University e alla

New York University, per poi tornare in Africa, e

cominciare a scrivere nel 2012. I suoi primi due libri

sono stati finalisti di premi prestigiosi (Commonwealth

Writer's Prize, Kwani Manuscript Project) e suoi testi

sono stati pubblicati sul «New York Times Magazine».

La prima scintilla di I cento pozzi di Salaga è il ricordo

di una trisavola, venduta come schiava sul mercato di

Salaga nel Ghana precoloniale, negli anni cruciali

dell'aggressione europea. Celebrato in Africa per la

profondità della ricostruzione storica e per la forza delle

due protagoniste femminili, è in corso di

pubblicazione in nove paesi. 

Ayesha Harruna Attah vive in Senegal ed è considerata

una tra le voci più forti della narrativa africana di oggi.

 
 
 

A febbraio 2019, in libreria:

Post n°1877 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Christelle Dabos
Gli scomparsi di Chiardiluna. L'Attraversaspecchi - 2
Edizioni E/O

 

Secondo volume della saga dell'Attraversaspecchi

(dopo il primo, Fidanzati dell'inverno), 

Gli scomparsi di Chiardiluna trascina il

lettore in una girandola di emozioni lasciandolo,

alla fine, con una voglia matta di leggere

il terzo volume.

Sulla gelida arca del Polo, dove Ofelia è stata

sbattuta dalle Decane perché sposi suo malgrado

il nobile Thorn, il caldo è soffocante.

Ma è soltanto una delle illusioni provocate dalla

casta dominante dell'arca, i Miraggi, in grado di

produrre giungle sospese in aria, mari sconfinati

all'interno di palazzi e vestiti di farfalle svolazzanti.

A Città-cielo, capitale del Polo, Ofelia viene

presentata al sire Faruk, il gigantesco spirito di

famiglia bianco come la neve e completamente

privo di memoria, che spera nelle doti di lettrice di

Ofelia per svelare i misteri contenuti nel Libro, un

documento enigmatico che nei secoli ha causato la

pazzia o la morte degli incauti che si sono cimentati

a decifrarlo. Per Ofelia è l'inizio di una serie di

avventure e disavventure in cui, con il solo aiuto di

una guardia del corpo invisibile, dovrà difendersi

dagli attacchi a tradimento dei decaduti e dalle

trappole mortali dei Miraggi. È la prima a stupirsi

quando si rende conto che sta rischiando la pelle

e investendo tutte le sue energie nell'indagine solo

per amore di Thorn, l'uomo che credeva di odiare

più di chiunque al mondo. Sennonché Thorn è scomparso... 

Una saga per chi ha amato...

Philip Pullman, la sua fantasia e le sue atmosfere. 

Twilight per la storia d'amore tra un uomo misterioso

e tormentato, ma capace di profonde passioni, e una

ragazza apparentemente impacciata, ma piena di

risorse. Hunger Games per le incredibili avventure e

per l'azione politica dei protagonisti che vogliono

rovesciare un sistema di potere. Harry Potter per la

ricchezza e l'articolazione del suo magico mondo. 

Christelle Dabos
Christelle Dabos (Costa Azzurra-1980) è cresciuta

a Cannes in una famiglia di musicisti e artisti.

Scrive le prime storie all'università. Durante un periodo

di convalescenza si unisce al Silver Plume, una

comunità di scrittori su internet che la incoraggia a

partecipare a un concorso organizzato da Gallimard

Jeunesse. Dal 2005 vive e lavora in Belgio. Nel 2013

ha vinto il Prix du Premier Roman Jeunesse Gallimard-

RTL-Télérama per Fidanzati dell'inverno. Nel 2016 i

primi due libri della saga sono stati premiati con il

Grand Prix de l'Imaginaire. 

 
 
 

La musa degli incubi

Post n°1876 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

A febbraio 2019 in libreria

La peggiore paura degli abitanti di Pianto

si è concretizzata: nella minacciosa fortezza

di mesarzio i figli degli dèi sono ancora vivi.

Sarai è diventata un fantasma, mentre il

Sognatore ha appena scoperto di essere lui

stesso un dio dalla pelle blu, l'unico capace

di fronteggiare l'oscura Minya, animata

dall'implacabile desiderio di vendetta nei

confronti degli umani che massacrarono la

sua gente. Lazlo si troverà di fronte alla più

impensabile delle scelte: salvare la donna che

ama oppure tutti gli altri. Ma inquietanti misteri

dimenticati chiedono di essere risolti: da dove

sono arrivati, veramente, i Mesarthim, e cosa

ne è stato di tutti i bambini nati nella fortezza

durante il dominio di Skathis? Quando i portali

dimenticati si apriranno di nuovo, mondi lontani

diventeranno pericolosamente vicini e un inatteso,

potente nemico arriverà deciso a spazzare via le

fragili speranze di tutti, dèi e umani. Sarai, la Musa

degli Incubi, conoscitrice di ogni genere di paura

fin da quando aveva sei anni, sarà costretta ad

affrontare orrori che neanche immaginava e ad

andare oltre i suoi stessi limiti: l'esperienza le

ha insegnato che l'odio e il terrore sono sentimenti

facili da provocare. Ma come si fa a rovesciare l'odio,

a disinnescare la vendetta? È possibile salvare i

mostri, piuttosto che annientarli? In questo atteso

seguito del bestseller Il Sognatore va in scena lo

scontro tra distruzione e salvezza: La Musa degli

Incubi conclude in modo epico l'acclamata dilogia

di Laini Taylor. 

 
 
 

Elevation Sterphan King

Post n°1875 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

A febbraio 2019 in libreria.

Scott Carey sta percorrendo senza fretta

il tratto di strada che lo separa dal suo

appuntamento. Si è lasciato alle spalle la

casa di Castle Rock, troppo grande e solitaria

da quando la moglie se n'è andata, se non

fosse per Bill, il gattone pigro che gli tiene

compagnia. Non ha fretta, Scott, perché

quello che deve raccontare al dottor Bob,

amico di una vita, è davvero molto strano e

ha paura che il vecchio medico lo prenda per

matto. Infatti Scott sta perdendo peso, lo

dice la bilancia, ma il suo aspetto non è

cambiato di una virgola. Come se la forza

di gravità stesse progressivamente

dissolvendosi nel suo corpo. Eppure,

nonostante la preoccupazione, Scott si

sente felice, come non era da molto tempo,

tanto euforico da provare a rimettere le cose

a posto, a Castle Rock. Tanto, da provare a

riaffermare il potere della parola sull'ottusità

del pregiudizio. Tanto, da voler dimostrare

che l'amicizia è sempre a portata di mano.

In un racconto che è anche un omaggio ai

suoi maestri, King si prende la libertà, più

che legittima, di dare una possibile risposta

alle tristi derive del nostro tempo. 

 
 
 

Le novità in libreria a febbraio 2019...

Post n°1874 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

 

Fonte: Internet

Amore e amicizia, intrigo e mistero. Dalla penna di

un autore fenomeno mondiale, una suspense perfetta.

Una mattina di maggio Aurora Ríos viene

trovata morta nella palestra della scuola.

Qualcuno le ha inflitto un colpo fortissimo

sulla testa e ha abbandonato vicino al corpo

martoriato uno strano indizio: una bussola.

È forse questo il primo momento in cui i

compagni si accorgono veramente di Aurora,

la "ragazza invisibile". A diciassette anni,

Aurora non ha amici, né una famiglia che

voglia occuparsi di lei. La sua morte fa chiasso,

forse troppo, finché tutti ammutoliscono.

Perché all'improvviso tutti a scuola vengono

sospettati per il delitto. Ma chi è il vero

responsabile di quello che è successo? Julia

Plaza è ossessionata da questa domanda.

Compagna di classe di Aurora, Julia ha

un'intelligenza straordinaria e una memoria

prodigiosa, ed è in grado di realizzare un

cubo di Rubik in meno di cinquanta secondi.

Così, quasi per gioco, e con l'aiuto del suo

migliore amico Emilio, inizia a indagare sul

delitto. Ma il gioco si trasforma rapidamente

in un vortice da cui Julia non può più uscire:

perché niente è come sembra e l'assassino

della bussola potrebbe essere proprio

accanto a lei. Con oltre un milione e mezzo

di copie vendute all'attivo, Blue Jeans è un

vero e proprio fenomeno editoriale in Spagna

e in Sud America. La ragazza invisibile è il suo

esordio nella suspense, un romanzo

dall'ingranaggio perfetto e dal ritmo implacabile.

Una storia travolgente in cui tutti sono sospettati,

o forse tutti sono colpevoli. 

 
 
 

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