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Messaggi del 05/02/2019
Post n°1895 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
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Misericordia (Misericordia) è un romanzo dello scrittore spagnolo Benito Pérez Galdós pubblicato nel 1897. Benito Pérez Galdós nel 1894, ritratto da La storia è ambientata a Madrid, alla fine del XIX secolo. Benina è l'anziana cameriera di Doña Paca, vedova di un alto funzionario governativo caduta nella miseria più nera. Per sfamare Doña Paca e i figli di quest'ultima, Antoñito e Obdulia, Benina si mette a mendicare, fingendo con la padrona che le sue entrate provengano dal mezzo servizio che compie in casa di un prete immaginario, don Romualdo. Benina estende la sua attività benefica anche a Frasquito Ponte, un vecchio dandy caduto in miseria, e ad Almudena, un marocchino cieco suo collega di mendicità. Benina sopporta pazientemente anche le bizze di Doña Paca, ignara dei sacrifici compiuti dalla sua domestica, e la gelosia di Almudena il quale vorrebbe che Benina diventi sua moglie. Doña Paca, i suoi figli e Frasquito Ponte ricevono una ricca eredità da un lontano parente; latore della buona notizia è don Romualdo, un prete con lo stesso nome di quello inventato da Benigna. La famiglia di Doña Paca è nuovamente ricca, il sacrificio di Benina viene conosciuto, ma la ricompensa per la vecchia domestica è l'ingratitudine: cacciata dalla casa di Doña Paca, Benina andrà a vivere dal cieco Almudena, bisognoso di assistenza. Verso la fine del romanzo si accenna a un certo ravvedimento da parte dei vecchi padroni: don Frasquito ha un ictus e, nel delirio che precede la morte, rimprovera a Doña Paca l'ingratitudine. Juliana, moglie di Antoñito, crede che i propri figli siano ammalati e che solo Benigna, sicuramente santa per la propria bontà, possa guarirli: Juliana si reca pertanto dalla vecchia domestica accusandosi di ingratitudine («io ho peccato, io sono cattiva») e invitandola a tornare; ma Benigna non vuole abbandonare il povero Almudena e rivolge a Juliana parole di perdono con cui il romanzo si chiude: «Io non sono una santa. Ma i tuoi bambini stanno bene e non hanno alcun male... Non piangere ... E adesso torna a casa, e non peccare più.». CriticaPérez Galdós (1845-1920), l'autore di Misericordia, aderisce al programma artistico del Naturalismo, attraverso la riproduzione totale e spietata della realtà, ma non ne accetta i suoi presupposti scientifici: il Fisiologismo e il Determinismo. Per studiare l'ambiente del suo romanzo, il mondo della mendicità madrilena, Pérez Galdós visse a lungo nei bassifondi madrileni, sotto le mentite spoglie di un medico dell'Igiene municipale. Oltre che romanziere, Pérez Galdós è stato anche autore di teatro, portando sulla scena i procedimenti del romanzo e viceversa. InMisericordia troviamo, oltre alla frequenza del dialogo, attribuibile a realismo stilistico, addirittura un dialogo accompagnato da una didascalia (alla fine del capitolo VI). |
Post n°1894 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Biblioteca Olivelli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. è un poema epico anonimo risalente al 1140 circa ed è stato perIl Poema del mio Cid (in spagnolo Poema o Cantar de mio Cid) molto tempo considerato impropriamente il primo documento letterario in spagnolo.Racconta le gesta del condottiero Rodrigo Díaz de Vivar, meglio conosciuto come El Cid. Fu diffuso da giullari e poeti erranti che si spostavano di luogo in luogo. Il poema si conserva in un unico manoscritto del XIV secolo custodito attualmente a Madrid nella Biblioteca Nacional de España, nel quale compare la data del 1207, che potrebbe essere quella del manoscritto originale, e il nome di Per Abbat. Ipotesi sull'origineLe incertezze sull'identità del suo autore hanno dato vita ad una vasta letteratura sulle origini del poema. Tra le varie ipotesi succedutesi nel tempo si distinguono tre linee di pensiero principali, di cui le prime due sono state avanzate in scritti diversi da Ramón Menéndez Pidal, autore della prima edizione critica del poema: secondo la prima, la composizione risalirebbe a un periodo tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII per mano di un unico autore, forse un poeta colto, che potrebbe essere stato un ecclesiastico originario della località di Burgos; in base alla seconda, il Cantar sarebbe stato composto nel XII secolo da due anonimi giullari; secondo i recenti studi di Dolores Oliver Pérez, il poema risalirebbe al 1095 e sarebbe l'opera di propaganda politica di un poeta ed esperto di diritto islamico,Abu l-Walid al-Waqqasi originario di Tolosa, appartenente alla corte valenciana. Sul ruolo di Per Abbat si distinguono le ipotesi degli "individualisti", secondo cui egli sarebbe l'autore originale del poema, e quelle dei "neotradizionalisti", secondo cui sarebbe un semplice amanuense che ha copiato uno scritto dell'autore originale. Tuttavia l'ipotesi ritenuta più probabile è che le gesta storiche di Rodrigo Díaz de Vivar, soprannominato Cid Campeador nel poema, e morto il 10 giugno del 1099, sarebbero state rielaborate da giullari e poeti erranti tramutandosi in leggende, e che un primo breve nucleo del poema si sia stato reso più corposo nel tempo dalla tradizione orale fino a essere messo per iscritto nel 1207 da Per Abbat, Nel Poema di Almería scritto tra il 1147 e il 1157, si infatti parla di Rodrigo Díaz chiamandolo "Mio Cidi", il che indica che già era vivo il racconto epico delle sue imprese. Nel poema inoltre appare un verso, il 3726, che fa un riferimento abbastanza preciso alla data della sua morte, parlando del giorno "de Çinquaeesma", corrispondente alla fine di maggio: ciò ne fissa con certezza l'origine a dopo il 1099. Struttura e trama del poemaIl poema è composto da 3733 versi e manca di un foglio all'inizio e di due fogli al centro. La trama si sviluppa attorno alle vicende del Cid, al secolo Rodrigo Díaz de Vivar, un nobile castigliano che conquistò Valencia nel 1094. È diviso in tre parti: l'esilio, le nozze e l'oltraggio. Il canto dell'esilio
"Il canto dell'esilio", dove sono raccontate le avventure dell'eroe durante il periodo del suo esilio, in cui si ritrova obbligato ad abbandonare la moglie e le figlie nel monastero di San Pedro per dedicarsi alla battaglia contro i Mori e il conte di Barcellona. Don Rodrigo Díaz viene accusato ingiustamente di essersi appropriato dei tributi dovuti ad Alfonso VI re di Spagna e da questi viene quindi inviato in esilio. Lasciata la sua terra e la sua casa, il Cid parte con dolore insieme ad alcuni fidati compagni. Arrivato a Burgos, dove non riesce ad ottenere ospitalità perché tutti temono le rappresaglie del sovrano, il Cid si accampa presso il torrente Arlanzón circondato da un gruppo di uomini decisi a seguirlo. Per ottenere denaro egli invia un suo messo, Martin Antolínez, da due ebrei che gli concedono il prestito in cambio di due cofani che il Cid dichiara essere pieni d'oro come garanzia, ma che sono invece pieni di sabbia. Prosegue quindi il viaggio e si reca al monastero di San Pedro de Cardeña dove sono rifugiate, con la protezione dell'abate, la moglie Jimena e le figlie , Elvira e Sol. Congedatosi poi da loro con grande sofferenza, varca il confine e comincia a guerreggiare contro i Mori conquistando moltissimi territori da Teruel a Saragozza. Ottenuto un ricco bottino egli manda al re la parte legittima "trenta cavalli tutti con sella e con bei finimenti e con una spada ad ogni arcione". Il re accetta e, pur non revocando l a condanna, consente che "i sudditi buoni e valorosi del regno che volessero andare in aiuto al Cid vadano...". Il Cid continua la sua marcia e, arrivato a Barcellona,dopo aver combattuto e vinto il Conte della città, lo fa prigioniero ma in seguito lo rimette cavallerescamente in libertà Il canto delle nozze"Il canto delle nozze" che racconta la conquista di Valencia per merito delle truppe del Cid e le nozze delle figlie con i principi di León, i quali accettano la proposta del re Alfonso VI solo per arricchirsi con i possedimenti del Cid, poiché le promesse spose non appartenevano ad un alto rango sociale ma a una classe media, composta da "infanzones" o "hidalgos". Il Cid continua le sue conquiste e dopo aver sottomesso Valencia invia al re una gran parte del bottino ottenuto chiedendogli di inviargli la moglie Jimena con le figlie e il re accetta. Grande è la gioia del Cid nell'avere con sé le sue donne alle quali mostra orgoglioso, dall'alto dell'Alcazar, tutto il territorio conquistato. Per riconoscenza egli dona duecento cavalli al re che accetta non potendo fare a meno di ammirare le virtù del Cid. Ma alla corte di Alfonso i Conti Don Diego e Don Fernando, infanti di Carrion, e il Conte Don García, acerrimo nemico del Cid, provano una grande invidia e molto rancore. Per poter ottenere fama e ricchezza, i due infanti manifestano al re Alfonso il loro desiderio di sposare le figlie del Cid. Il re approva e fissa un incontro con il Cid sulle rive del Tago per discutere. Il Cid, pur non essendo molto convinto dei due pretendenti, per non dispiacere al re concede la mano delle figlie che presto si sposano con una grande cerimonia. Il canto dell'oltraggio"Il canto dell'affronto" inizia con l'episodio centrale del poema: i principi, che si ritrovano ridicolizzati a Valencia a causa della loro codardia, del disprezzo che provano nei confronti del Cid e delle sue figlie, arrivano al punto di maltrattare e abbandonare le loro spose, dando l'ultima dimostrazione della loro cattiveria e avidità. Il Cid si vendica di loro vincendo un processo effettuato nella corte, ottiene l'annullamento dei matrimoni e nuove nozze per le figlie con i re di Navarra eAragona. In questo modo, l'eroe che parte da una situazione pessima a causa di un esilio che lo disonorava, arriva ad essere famoso e ricco recuperando l'onore perduto. Alla corte del Cid, dove regna il valore del coraggio, i due conti, derisi per la vigliaccheria dimostrata in varie situazioni, si rodono dalla rabbia e meditano vendetta. Fingendo di voler far vedere i loro possedimenti si mettono in viaggio con le loro spose per Carrion, ma, giunti in un fitto bosco, le flagellano a sangue e le abbandonano seminude. Grazie all'aiuto di un nipote del Cid, Felez Muñoz, esse riescono a ritornare presso il padre che, addolorato e offeso, chiede giustizia al re. Don Alfonso allora convoca le Cortes a Toledo e ordina che abbia inizio il processo. Per prima cosa viene ordinato che i due infanti restituiscano tutto quello che hanno ricevuto in regalo e in dote dal Cid. Vengono in seguito ascoltate le accuse e alla fine avviene il duello fra tre valorosi compagni del Cid da una parte e i due infanti e Asur Gonzales, che si era presentato come il loro campione, dall'altra. Il duello è vinto dai campioni del Cid con grande umiliazione degli infanti. Dopo il duello si presentano davanti alle Cortes due sconosciuti cavalieri che chiedono per i loro signori, il principe di Navarra e il principe di Aragona, la mano delle figlie del Cid. Il Cid accetta e avviene così un nuovo matrimonio che fa di donna Elvira e donna Sol due regine. PoeticaIl poema ha un carattere realista che era poco comune nei poemi epici: ad esempio, vengono citate le cifre dei morti in battaglia, una caratteristica più da cronaca storica che da epica. Si riflette la necessità di guadagnarsi la vita ogni giorno, non ci sono gli elementi magici tipici della tradizione cavalleresca europea e solamente in una occasione interviene la divinità. Si può notare anche un ritratto psicologico dei personaggi, soprattutto per quel che riguarda il protagonista e i suoi avversari, i principi di León, che appaiono sempre uniti. Il Cid è un vassallo leale che incarna il massimo grado di civiltà nella società del suo tempo, è generoso ed è un buon padre di famiglia. Quest'ultimo aspetto di vita familiare gli conferisce un lato umano che completa il suo ritratto e permette ai lettori d'identificarsi in lui. Inoltre il tema principale del Poema del mio Cid è la Reconquista. Stile e linguaIl poema, primo eccezionale documento della letteratura spagnola, testimonia la nascita di una nuova lingua romanza in Spagna, all'epoca formata da un miscuglio di catalano, di galiziano-portoghese e di castigliano, oltre che dell'epopea del popolo che combatte per la patria e per la religione. Esso venne pubblicato per la prima volta nel 1779 da Tomás Antonio Sánchez, che ne scoprì il manoscritto. L'edizione critica del manoscritto fu poi allestita da Ramón Menéndez Pidal nel 1908-1911. Il Poema del mio Cid, insieme alla Chanson de Roland, testimoniano la profonda differenza di cultura e civiltà in Europa tra le popolazioni di derivazione latina e quelle di origine germanica. In contrapposizione allo spirito barbarico dei Nibelunghi, ilCantar de mio Cid esprime i valori cristiani della Castiglia del X secolo[senza fonte]. Il protagonista denota la sua originecristiana e latina che si esprime nella fede in Dio, nella devozione al proprio Signore, nell'affetto per la famiglia e in quei sentimenti di giustizia e perseverante pazienza che gli fanno affrontare stoicamente le difficoltà. |
Post n°1893 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La vita è sogno (titolo originale: La vida es sueño è un dramma filosofico-teologico in tre atti e in versi scritto nel 1635 da Pedro Calderón de SoggettoL'opera è stata definita dalla critica come una versione cristiana dell'Edipo re: al posto dell'incesto vi è la morte della madre del principe Sigismondo, avvenuta durante il parto e quindi causata indirettamente da lui stesso; all'assassinio del padre si sostituisce una sconfitta in battaglia. L'opera di Calderón ha come protagonista un personaggio che avverte con sgomento la futilità di ogni esperienza umana. L'intera esistenza è sogno, caratterizzata quindi da illusorietà, fugacità del tempo, vanità delle cose terrene. L'unica realtà possibile è la morte, che svela all'uomo la vera natura dell'esistenza, cioè l'illusorietà, e quindi l'inconsistenza del mondo. Per queste idee l'opera teatrale è emblematica del clima culturale dell'età barocca ed è un'opera fondamentale della letteratura barocca europea. TramaPrimo AttoIn un'immaginaria Polonia, vive un verosimile re, Basilio, esperto di astrologia. Egli, alla nascita del figlio Sigismondo, prevede che questi diventi un principe sanguinario e tiranno. Per evitare che ciò accada lo fa rinchiudere in unatorre. Sigismondo è custodito da Clotaldo, il fido del re, dal quale riceve la sua unica educazione sul mondo esterno che non ha mai avuto modo di vedere con i suoi occhi. All'inizio del dramma compaiono Rosaura, figlia di Clotaldo, e il suo servo Clarino. Clotaldo non conosce la figlia in quanto aveva abbandonato la moglie prima che la bambina nascesse. Rosaura sarà riconosciuta dal padre per mezzo di una spada che la giovane gli consegnerà. Rosaura e Clarino si avvicinano alla torre, illuminata da una fioca luce, dove è rinchiuso Sigismondo. Quest'ultimo, inferocito per essere stato sorpreso, minaccia di ucciderla ma interviene Clotaldo che chiama immediatamente le guardie e fa arrestare i due intrusi. Intanto, il re Basilio decide di mettere il figlio alla prova dandogli la possibilità di cambiare il suo destino. durante il sonno lo fa trasportare a corte. Secondo AttoNel secondo atto si vede Sigismondo alla reggia, attonito tra i musici che suonano, e i servi che lo vestono. Clotaldo intanto gli racconta la verità e la necessità di afferrarsi a se stesso, spinge Sigismondo a manifestare la sua natura di essere non fondamentalmente cattivo, ma di individuo abbandonato a se stesso, vissuto lontano dalla civiltà. Così Sigismondo, che ora vuole vendicarsi di tutto e di tutti, si comporta in modo superbo e tirannico. Solamente davanti a Rosaura, che è stata condotta a corte dal padre, egli si calma restando estasiato dalla sua bellezza. Basilio deve prendere atto che Sigismondo è veramente il mostro che gli astri avevano profetizzato, così lo addormenta nuovamente e lo fa ricondurre in prigione. Risvegliatosi nella prigione, Sigismondo deve ammettere che ha sognato, ma l'evidenza di quel sogno, tanto simile alla realtà, fa nascere in lui una certa confusione tra il sogno e la realtà, risolvendosi infine nella certezza d'una verità superiore che diventerà regola per la sua vita futura: tutta la vita è un sogno. Terzo AttoNel terzo atto, alla notizia che al trono sono stati designati Astolfo e Stella, il popolo insorge in favore di Sigismondo e lo acclama re. Sigismondo viene liberato dal popolo che lo vuole re e si oppone al governo di Astolfo. Avviene una battaglia, Sigismondo vince, cattura Astolfo, Clotaldo e suo padre Basilio. Quest'ultimo decide di arrendersi al destino, ma Sigismondo lo risparmia perché ha capito che né nella vita né nel sogno vale la pena di rovinare la felicità dell'uomo tanto essa è sfuggente e labile. Sposa Stella e prende le redini del regno. Astolfo sposerà Rosaura. |
Post n°1892 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Lazarillo de Tormes, in italiano spesso scritto come Lazzarino da Tormes oLazzarino di Tormes, è un romanzo spagnolo di autore anonimo e di cui non si conosce con certezza la data di composizione. Data di composizioneSe vaghi e scarsi sono i riferimenti storici in esso contenuti, qualche indizio potrebbe essere fornito dal presunto erasmismo che vi traspare (diffuso in Spagna tra il 1525 e il 1539) e che renderebbe ipotizzabile la composizione già nel 1525. Comunque la data di pubblicazione non è sicuramente posta oltre il1554. Nel 1554 si hanno quattro edizioni pubblicate; una a Burgos, una ad Alcalá de Henares, una ad Anversa (queste ultime rimandano ad uno stesso testo e la versione di Alcalá presenta consistenti aggiunte) e infine quella scoperta più recentemente, nel 1992, a Medina del Campo. Proibita dall'Inquisizione nel 1559, l'opera è di un autore colto che attinge alla tradizione popolare e realistica dei fabliau medievali e alla novellistica; essa è considerata il prototipo della letteraturapicaresca, sviluppatasi tra il XVI e XVII secolo. Nel 1620 lo scrittore spagnolo Juan de Luna, pubblicò la seconda parte di Lazarillo de Tormes. Struttura e tramaIl romanzo è scritto in forma autobiografica: è il protagonista che parla, narrando le proprie avventure in modo quasi cronachistico, senza commenti o riflessioni d'ordine morale. La figura di Lazarillo, antieroe per eccellenza, e le sue vicende sconclusionate riflettono l'incertezza che regnava nella Spagna di Carlo V, soggetta a una grave crisi economica e caratterizzata da squilibri sociali. Il giovane è un vagabondo che si serve di mille espedienti per procurarsi da vivere; sempre in viaggio, sempre affamato, non disdegna di servirsi di mezzi illeciti pur di sbarcare il lunario. Di volta in volta, presta i suoi servizi a un mendicante cieco, a un prete avaro, a uno scudiero squattrinato, a un frate che commercia bolle papali, a un pittore di strada, a un capo sbirro, a un cappellano e alla fine a un arciprete, per cui fa il banditore di vini. Di quest'ultimo sposa la serva, le cui grazie continuerà a condividere con il padrone. |
Post n°1891 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Biblioteca Olivelli Gli uccelli di BangkokDa Wikipedia, l'enciclopedia libera Trama Gli uccelli di Bangkok è un romanzo di Manuel Vázquez Montalbán del 1983, pubblicato in Italia nel 1990 da Feltrinelli. È uno dei libri della lunga e fortunata serie che vede come protagonista il detective Pepe L'esperto detective deve stavolta far fronte ad un caso molto misterioso: Teresa, una sua vecchia amica, dalla Thailandia gli fa pervenire una disperata richiesta di aiuto. Pepe, reduce dal successo del caso Daurella, che lo ha visto smascherare il genero di un anziano imprenditore catalano come autore di ammanchi ai danni del patrimonio di famiglia, si trova coinvolto, quasi controvoglia, in questa intricata indagine, che lo porta a fare i conti con un'ambigua polizia locale e con una banda di malavitosi cinesi. Nel frattempo Carvalho segue gli sviluppi di un'altra storia intricata. Infatti, parallelamente alla ricerca di Teresa, Pepe si trova ad indagare su un efferato omicidio maturato nell'ambiente radical-lesbo-chic di Barcellona. In Thailandia Pepe si rapporta con la polizia locale, ambiguamente contigua alla malavita locale, ed ha a che fare, suo malgrado, con una banda di cinesi che vogliono mettere le mani su Teresa, che si è legata ad Archit, un trafficante di diamanti, colpevole di uno sgarro nei loro confronti. L'azione e l'ironia che contraddistinguono le avventure di Pepe, in questo romanzo si stemperano nella descrizione di un mondo esotico dove il detective, ex membro del partito comunista spagnolo ed ex-agente della CIA (due correzioni ironiche dello schema chandleriano, autobiografica la prima), non manca l'occasione per approfondire le sue proverbiali ed eccessive esperienze gastronomiche (importanti variazioni e alleggerimenti in linea con la tendenza al pastiche) Le minuziose descrizioni della città di Bangkok possono a volte apparire oziose: il lettore riesce ad immaginare gli odori e i sapori dei piatti descritti meticolosamente, le immense distese di bancarelle di ogni sorta e la grande quantità di merce, in un mondo in cui eros e thanatos, amore e morte, sembrano impregnare con la loro presenza la vita quotidiana. Rimangono defilati sullo sfondo l'assistente-scudiero di Pepe, Biscuter (a presidiare il suo ufficio vicino alle Ramblas nel cuore del Casco Antiguo di Barcellona), e la "dama dei suoi pensieri" , Charo. L'epilogo della vicenda noir si chiude sulla battigia di una spiaggia tra il Mar Menor e il Mar Mediterraneo, dove Archit viene inseguito e ucciso da un malavitoso venuto dall'oriente, prima che l'intervento di Pepe consenta di salvare, almeno, la vita di Teresa. L'ultima visione di Archit sono gli uccelli che, spaventati dagli spari, volano nel cielo. Le stesse rondini ("swallow") che si assiepavano silenziose, come un fosco presagio, sui fili elettrici a Bangkok. |
Post n°1890 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
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Narciso e Boccadoro (Narziß und Goldmund, 1930) è un romanzo del noto scrittore tedesco Hermann Hesse. PresentazioneNarciso è un giovane monaco diligente e contemplativo, amante della lingua greca e delle scienze. È spirituale e si dedica completamente alla religione. Nonostante la sua giovane età, ha già l'incarico di assistente di greco nella scuola del monastero, dove un giorno arriva un nuovo allievo, Boccadoro. Boccadoro è un artista, con il grande senso di amare e di sentire le emozioni, che riesce con un solo sguardo a conquistare il cuore di tutte le donne. Ha lo spirito del vagabondo, ereditato dalla madre, che cerca di ritrovare, e durante il suo viaggio affronta varie avventure. TramaL'ascetico Narciso era destinato ad una brillante carriera religiosa. In principio egli compare come un giovane maestro nel convento di Mariabronn (Maulbronn), temuto e assai stimato persino dai suoi superiori per via delle sue conoscenze. Aveva inoltre la capacità di leggere con straordinaria precisione l'animo delle persone. La più clamorosa applicazione di tale dote investì con violenza Boccadoro, un giovane e talentuoso scolaro inviato al monastero dall'arido padre al fine di espiare la congenita anima peccaminosa ereditata dalla madre. La madre era per Boccadoro una figura poco chiara, delineata per lo più dai racconti del padre. Narciso, accortosi di tale lacuna nel cuore dell'amico, rievoca i suoi ricordi e gli rivela una sua profonda convinzione secondo la quale egli non sarebbe mai potuto diventare un erudito o un uomo religioso perché ciò non corrispondeva alla sua natura. Il giovane Boccadoro, fortemente scosso dalle parole dell'amico, incontra una donna di nome Lisa, si congeda e lascia il monastero. L'intrapresa vita di vagabondo insegna al giovane ad amare, a soffrire, a gioire, a cercare: in poche parole gli insegna a vivere. Dopo alcuni anni di disperata ricerca Boccadoro scopre la sua natura di artista, così brillantemente intuita dall'amico Narciso. Egli diventa allievo del celebre maestro Nicola per poter raffigurare le immagini createsi dentro di lui dall'esperienza sensibile del mondo. Appresa l'arte e ottenuto prematuramente il diploma di maestro (grazie alla realizzazione del suo apostolo Giovanni, a immagine dell'amico Narciso), rifiuta l'eredità della bottega del maestro Nicola e la mano della bella figlia Elisabetta. Boccadoro riprende così la sua vita errabonda. Nel corso del suo pellegrinaggio Boccadoro conosce gli orrori del mondo, ma conosce anche l'amore; ama molte donne, ma solo alcune di esse resteranno per sempre nel suo cuore: la zingara Lisa, Lidia, la figlia del cavaliere che lo ospitò in cambio del suo latino, Giulia, sua sorella, Lena, la fanciulla morta di peste che lo amò più sinceramente di qualsiasi altra donna, Agnese, la bella e glaciale amante del conte. Ma una sola figura lo accompagnò per tutta la sua esistenza dal momento dell'addio al monastero: l'Eva-Madre, immagine vaga, sfuocata, eternamente in mutazione, che alla fine risultò essere l'immagine di sua madre. Per tutta la vita Boccadoro ricercò tale immagine. La trovò solo in vecchiaia durante il suo ultimo pellegrinaggio, in cui spezzatosi il cuore per il mancato amore di Agnese, si ruppe alcune costole cadendo da cavallo. Per tutta la vita il sogno di Boccadoro fu quello di cogliere con chiarezza l'immagine della Madre eterna e di rappresentarla; ma una volta colta, il piacere derivante dalla pace interiore che ne conseguì fece scemare in Boccadoro il desiderio di rappresentarla. Ora può morire sereno, poiché ha ritrovato sua madre, e ha scoperto l'amore, perché senza madre non si può amare. PersonaggiNarciso è il motore di tutta la vicenda. Egli si presenta come un ragazzo dotato di straordinario talento, che persino i suoi superiori temono. È un colosso, è il vero detentore del potere nel monastero. Egli controlla e governa tutto e tutti con le sue stupefacenti capacità. Futili si rivelano alcuni provvedimenti che l'abate Daniele prende nei confronti del giovane per rammentargli la sua posizione nel monastero e il rispetto per la gerarchia. Al termine della vicenda egli è abate del monastero. Ma proprio quando le sue potenzialità sono finalmente esplose trovando realizzazione nella figura dell'abate (l'abate Giovanni, stupefacentemente profetizzato dalla statua dell'apostolo Giovanni di Boccadoro), egli lascia trapelare tutta la sua umanità e con essa le sue incertezze e le sue debolezze. Egli è vittima della filosofia, di cui si sentiva l'assoluto padrone, e della verità. Grazie a Boccadoro si rende conto che la ricerca della verità tramite il totale controllo dello spirito non è l'unica via, e non è necessariamente più efficace della via dei sensi. Boccadoro è il mezzo di cui si serve l'autore per esprimere il dissidio fra spiritualità e mondanità, fra eros e logos. L'unico tratto del suo carattere che emerge con energica chiarezza è la sua incertezza psicologica che lo porta a condurre continuamente una vita da vagabondo. Tutti gli altri personaggi sono un semplice condimento alla storia, senza il quale nulla avrebbe senso e tutto resterebbe insapore. È elemento i ndispensabile ma che non contiene in sé la sostanza della storia. Filosofia e moraleLa morale è ben descritta negli ultimi due capitoli, in cui Hermann Hesse può esporre (con la bocca di Narciso) la suafilosofia dopo aver terminato di raccontare i fatti. Il contrasto fra natura e spirito, fulcro del romanzo, consiste nella via per la ricerca della verità. Tanto Narciso, che rappresenta lo spirito, quanto Boccadoro, che rappresenta la natura, si sentono insoddisfatti della loro ricerca perché adoperano come mezzo solo lo spirito o solo i sensi, e ciò si rivela insufficiente. Infatti Boccadoro perde la sua spiritualità e la fede in Dio, mentre Narciso, abate, perde la capacità di conoscere con i sensi; ma dopotutto entrambi trovano la pace perché imparano a vivere secondo la loro natura, e in essa trovano la piena realizzazione. Narciso con lo spirito e Boccadoro con i sensi spiegano il mondo nella sua essenza: questo è ciò che Hermann Hesse intende per "verità". È altresì facile riscontrare in quest'opera l'influenza su Hesse del Nietzsche della "Nascita della tragedia" - con il suo contrasto di "Apollineo" (razionalità) e "Dionisiaco" (istintualita'). Inoltre, l'autore mostra una grande dimestichezza con la teoria degli "archetipi"(inconscio collettivo) di C. G. Jung - con il quale fu in contatto epistolare, e di un allievo del quale fu paziente - in particolare quelli relativi ad "Anima"(inconscio maschile) e "Animus"(inconscio femminile). |
Post n°1889 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze La proliferazione delle cellule staminali durante le primissime fasi dello sviluppo embrionale è controllata da un meccanismo di compattamento e dipanamento dei filamenti di cromatina dei cromosomi che gli scienziati stanno iniziando a comprendere solo ora(red) biologia dello sviluppostaminali L'elevato grado di condensazione della cromatina (il complesso formato dal DNA e dalle proteine di supporto che costituisce i cromosomi) durante le prime fasi dello sviluppo embrionale è funzionale alla possibilità della cellula di "decidere" rapidamente quali geni attivare in quel delicatissimo stadio. A sostenerlo è un gruppo di ricercatori dell'Università della Pennsylvania a Filadelfia, che firmano un articolo su "Science". Scelte rapide per il destino delle staminali embrionali L'espressione di un gene richiede che la struttura compatta del cromosoma sia opportunamente dipanata, in modo da esporre il gene ai fattori di trascrizione. (© BSIP / AGF) genetico hanno uno spessore di una ventina di atomi e una lunghezza di quasi due metri, ma normalmente non sono del tutto dipanati e presentano un diverso grado di condensazione, che raggiunge il massimo durante la fase del ciclo cellulare nota come metafase, quando assumono la forma a X con cui sono rappresentati di solito. Tuttavia, per essere espressi e innescare la produzione della proteina per cui codificano, i geni devono essere esposti ai fattori di trascrizione che sintetizzano l'mRNA messaggero (mRNA), grazie al quale i ribosomi della cellula producono poi la proteina. Se un gene si trova in una parte compattata della cromatina, i fattori di trascrizione non possono raggiungerlo e trascriverlo in mRNA. I biologi cercano da tempo di capire perché durante le prime fasi dello sviluppo embrionale - quelle dello stadio "filotipico", durante cui viene definita la struttura fondamentale dell'organismo, e in cui tutti gli embrioni di un certo phylum animale sono estremamente simili - i cromosomi appaiono molto più compattati che nelle fasi successive. In una serie di esperimenti sui topi, Dario Nocetto e colleghi hanno scoperto che le regioni compattate sono contrassegnate dalla presenza in specifici siti di legame di tre molecole di metile, legate al filamento di cromatina da particolari enzimi. Bloccando per tempo l'attività di questi enzimi, la cromatina resta meno compatta e i fattori di trascrizione possono raggiungere molti più geni. Questa struttura meno compatta causa però un sensibile aumento del tempo impiegato dai fattori di trascrizione per individuare i geni che vanno tradotti in quella fase dello sviluppo embrionale, e anche in un maggior rischio di errori di trascrizione e di danneggiamento del DNA, dato che la forma compatta della cromatina garantisce maggiore stabilità e maggiore protezione da eventuali danni casuali. In prospettiva la conoscenza di questo meccanismo, che interessa cellule che si trovano allo stato staminale, potrà essere d'aiuto per perfezionare e rendere più sicure le terapie a base di cellule staminali. |
Post n°1888 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Dal portale GRISELDAONLINE "Un vero inglese dalla testa ai piedi, o quasi": L' "Altro ibrido" nell'Inghilterra di Hanif KureishiMi chiamo Karim Amir e sono un vero inglese dalla testa ai piedi, o quasi. La gente tende a considerarmi uno strano tipo di inglese, magari di una nuova razza, dal momento che sono il prodotto di due culture. Io però me ne frego, sono inglese ( non che me ne vanti ), vengo dalla periferia meridionale di Londra e voglio arrivare da qualche parte. Forse é stata la bizzarra mescolanza di sangue e continenti, di qui e là, di senso di appartenenza e non, a rendermi irrequieto e facilmente annoiato [.....]. E' sufficiente dire che ero in cerca di guai, della prima occasione di movimento, di azione e di curiosità sessuale e questo perché l'atmosfera in casa mia era così opprimente, tetra e noiosa; lo sa il cielo perché. Ad essere sincero tutto questo mi buttava giù, ecco perché ero pronto a tutto. Attraverso l'ormai famoso incipit del romanzo Il Budda delle periferie, lo scittore anglo-pakistano Hanif Kureishi dipinge il ritratto di una nuova figura di inglese, frutto dell'ondata di immigrazione iniziata dopo il 1947, anno in cui l'India ottenne l'indipendenza dal dominio britannico. Gli ex sudditi del subcontinente indiano non avevano resistito al canto delle sirene della propaganda inglese che li invitava a trasferirsi nell'isola. Esiste un romanzo, All About H. Hatter, scritto nel 1948 dall' autore anglo-indiano G.V. Desani, il quale fotografa perfettamente l'immigrato della prima ora e il suo senso di solitudine. Desani all'interno del libro "gioca" con un'icona della tradizione letteraria inglese, il famoso inno all'Inghilterra tratto dalRiccardo II di Shakespeare, facendone la parodia per mettere in scena un nuovo avvenimento: l'arrivo dell'immigrato. Il nuovo arrivato è salito sul palcoscenico che diventerà uno spazio dove si potrà mettere in scena un nuovo "spettacolo teatrale", uno spettacolo che parla di immigrazione e di una nuova "conquista": la "conquista" dell'Inghilterra. La poetessa caraibica Louise Bennett ha parlato a questo proposito di una "colonizzazione alla rovescia", ma in realtà gli ex colonizzati si ritrovano in quello che E.P. Thompson ha definito "l'ultima colonia dell'Impero britannico". Scrive Salman Rushdie nel saggio intitolato Il nuovo impero in Gran Bretagna: Talvolta sembra che le autorità britanniche, non più in grado di esportare il loro modo di governare, abbiano scelto al contrario di importare un nuovo impero, una nuova comunità di popoli sottomessi che essi considerano e trattano nello stesso modo in cui i loro predecessori consideravano e trattavano "le genti agitate e selvagge", quei "popoli scontrosi appena conquistati, per metà demoni, per metà bambini", che costituivano, secondo Kipling,il fardello dell'uomo bianco Scrittori anglo-indiani come Desani, ma anche caraibici come Sam Selvon o indo-caraibici come V.S.Naipaul, nei loro romanzi hanno messo in luce le difficoltà di cui parla Rushdie nel saggio sopracitato, per loro si trattava infatti di avventurarsi in un territorio a conti fatti alieno. Karim, il protagonista de Il Budda delle periferie, invece fa parte della seconda generazione di immigranti, generazione appartenente alle "nuove etnie" di cui parla Stuart Hall. Queste nuove etnie danno vita ad una nuova Inghilterra, abitata da personaggi che fanno dell'ibridismo la propria bandiera. Sostiene Kureishi a questo proposito nel saggio autobiografico "Il segno dell'arcobaleno": Sono gli inglesi, gli inglesi bianchi, a dover imparare che essere inglesi non è più la stessa cosa di prima. Ora è più complicato, e coinvolge elementi nuovi. Per cui dev' esserci un modo nuovo di vedere la Gran Bretagna e le scelte che si trova a fronteggiare. E, dopo tutto questo tempo, deve nascere un nuovo modo di essere inglese. Per comprenderne la necessità ci vorranno molte riflessioni, discussioni e autoanalisi, come per capire che cosa implichi questo "nuovo modo di essere inglesi " e quali difficoltà si possano incontrare per arrivarci. Karim è perfettamente cosciente di essere un "elemento nuovo" all'interno della realtà britannica e inizia il suo percorso esistenziale all'insegna di un senso di smarrimento. E' alla ricerca di un'identità che lo definisca e la sua irrequietezza è un sintomo di questa ricerca. Diciassettenne figlio di un pakistano e di una inglese, Karim lascia la provincia inglese e si trasferisce nel "centro delle cose", nella Londra degli anni Settanta . Si avventura così nel cuore pulsante della città e comincia il suo viaggio in questo "posto nella mente" ( "Londra sembrava una casa con cinquemila stanze, tutte diverse. Il trucco era di scoprire come si collegavano, e alla fine attraversarle tutte." ). Nel saggio DissemiNazione lo studioso indiano Homi Bhabha afferma che attualmente la nazione e la metropoli vengono raccontate da quanti ne occupano le zone marginali: donne, immigrati, soggetti coloniali. Gli scrittori come Kureishi, soggetti ibridi e figli di una "nuova Inghilterra", concorrono, attraverso la propria scrittura, a creare quelle che Bhabha chiama "contronarrazioni" , in grado di scardinare il discorso ideologico sotteso alle narrazioni canoniche. In questo modo l'Inghilterra e nel caso specifico Londra, vengono narrate da un soggetto "altro" che "disturba quelle manovre ideologiche attraverso cui alle 'comunità immaginate' sono attribuite identità di tipo essenzialista" . Londra, raccontata dall'"Altro", viene raffigurata come una città ambivalente, dai confini mobili, fluttuanti. E "fluttuante" è anche Karim, desideroso di attraversare tutte le cinquemila stanze di questa metropoli . Karim passa da una casa all'altra, dallanuova casa del padre a Kensington alla casa dove vivono i suoi amici indiani Jamila e Changez, ridefinendo così i confini di una città sempre più ibridizzata. Mentre è alla ricerca di una propria identità Karim si imbatte nel mondo del teatro. E' sintomatico che una persona come lui che appartiene a due culture arrivi alla decisione di intraprendere la carriera di chi per mestiere impersona continuamente diversi ruoli. Il vuoto di identità diventa un pieno di finzioni e la decisione di interpretare ruoli "altri da sé" è uno dei traguardi al quale il ragazzo approda cercando una propria definizione. Ma ci sono subito le prime difficoltà: entra in gioco quello che Fanon ha chiamato "il problema nero" e gli inglesi (in questo caso l'inglese è il regista finto progressista Shadwell), dall'alto del loro colonialismo mentale hanno già posto dei limiti ai ruoli che Karim dovrà interpretare, relegandolo così ad un'identità stereotipata ed imposta. Shadwell incasella Karim nel ruolo dell'eterno indiano e il primo ruolo che gli offre è quello scontatissimo diMogli. Nel romanzo Versi satanici di Salman Rushdie, si legge a proposito degli inglesi: "Loro ci descrivono [....]Loro hanno il potere della descrizione e noi soccombiamo di fronte alle pitture che loro costruiscono. |
Post n°1887 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019, in libreria. "Shadwell costruisce una pittura orientalistica su Karim, descrivendolo secondo i parametri con i quali gli occidentali hanno sempre definito l'Altro, visione della quale parla ampiamente Edward Said nel suo volume Orientalismo. Un riflesso deformato e ambiguo fa raccontare l'Altro e lo imprigiona in stereotipi che sopravviveranno all'epoca coloniale. Il Budda delle periferie é ambientato negli anni Settanta e risale proprio a quegli anni ( 1971 ) un dibattito girato per la BBC con protagonista Stuart Hall dal titolo"Black Men, White Media" ( "Uomini neri, media bianchi" ), nel quale Hall faceva notare come i media rappresentassero i black seguendo proprio le categorie di cui parla Said e soprattutto secondo la rappresentazione che si aspettava il middle man, ovvero l'uomo medio, bianco e borghese. E' esattamente la stessa rappresentazione che il regista Shadwell vuole dare dell'indiano, facendo sembrare Karim ancora più scuro di quello che è e ordinandogli di parlare con un accento dalle forti tinte indiane. Sarà l'amica Jamila, ragazza fortemente politicizzata, a fare notare a Karim la rappresentazione dell'indiano che egli ha contribuito ad avallare: [...] La commedia è completamente neo-fascista. Ed era rivoltante, l'accento e la merda che ti eri spalmato addosso. Stavi solo arrendendoti ai pregiudizi. [...] E i cliché sugli indiani. E l'accento- mio Dio, come hai potuto farlo? Te ne vergognerai, spero. Alle prime timide resistenze del ragazzo il regista gli rivela perché lo ha scelto: "Karim, tu sei stato scritturato per l'autenticità e non per l'esperienza" . Come afferma Silvia Albertazzi: "Questo concetto di autenticità é molto importante nel mondo di Kureishi. E' impiegato con un duplice significato, sia per indicare valori indigeni positivi ed originali, sia per indicare un'immagine negativa e stereotipata dell'alterità . Ma autentico é un aggettivo che non si addice a Karim, frutto dell'unione tra due culture e che viene ad occupare uno spazio ibrido, non spazio propriamente definito quanto piuttosto "territorio concettuale, nel quale avviene uno scambio culturale". Questo concetto di ibridismo é stato impiegato anche da Homi Bhabha che parla di third space, ( terzo spazio ), uno spazio in-between, che si viene a collocare nel mezzo, tra colonizzato e colonizzatore "all'interno del quale stanno il significato, la traduzione e la negoziazione" . Il regista Shadwell racconta in questo modo l'ibridismo di Karim: Che razza di individui sono nati da duecento anni di imperialismo. Se ti potessero vedere i pionieri della Compagnia delle Indie. Come sarebbero disorientati. Scommetto che la gente ti guarda e dice: "Un ragazzo indiano. Com'è interessante. Com'è esotico. Chissà quante storie di zie e di elefanti avrà da raccontarci." E invece tu sei di Orpington. [...] Oh Dio, che strano mondo. Il migrante è l'uomo qualunque del ventesimo secolo. Gli inglesi come Shadwell vorrebbero un mondo diviso in due blocchi monolitici, l'oriente e l'occidente e fanno fatica ad accettare l'esistenza di figure che si pongono tra più territori e tra più culture, rifiutano, in breve, quella che Paul Gilroy ha definito la "controcultura della modernità . In un saggio molto interessante intitolato "Bradford", Kureishi ritrae la città inglese come un simbolo di quella che egli chiama "un'Inghilterra allargata" , formata da tassisti pakistani che parlano con l'accento dello Yorkshire, da scuole musulmane femminili o maschili e dove si intrecciano miriadi di lingue "impure", fra cui l'inglese dello Yorkshire, quello anglo-asiatico, l'urdu e il punjabi. Ma molti inglesi rifiutano e ignorano queste "città allargate", negazione del concetto monolitico di etnia ( Rushdie a proposito della Londra multiculturale aveva parlato di "una città visibile ma non vista" ) e rimangono ancorati al concetto di un' Inghilterra "pura", come quella descritta da GeorgeOrwell e T.S. Eliot. A fare le spese della diffidenza di certi inglesi nei confronti delle nuove etnie é Chad, personaggio del romanzo di Kureishi The Black Album : ragazzo di origine pakistana adottato da una coppia di inglesi, egli si sente un perenne outsider proprio a causa della sua "doppia coscienza". La sua storia viene raccontata in questo modo da una sua insegnante: Una volta si chiamava Trevor Buss [...] E' stato adottato da una coppia bianca. La madre era una razzista , ce l'aveva coi pakistani e ripeteva sempre che erano loro a doversi adattare [...]. Ha conosciuto le classiche case di campagna inglesi e i loro ancora più tipici abitanti [...]. In ogni caso il senso di esclusione l'ha fatto quasi impazzire [...]. A quattordici anni si è accorto di non avere radici, di non avere nessun rapporto coi pakistani, di non conoscere neanche la lingua. Così è andato a lezione di urdu. Ma quando a Southall chiedeva il sale, tutti scoppiavano a ridere per il suo accento. In Inghilterra i bianchi lo guardavano come se stesse perrubargli la macchina [...]. Ma in Pakistan lo guardavano con diffidenza ancora maggiore [...]. Una volta mi ha detto: "Sono senza casa." E io: non hai un posto dove dormire?" "No", rispose, "non ho una patria" [...]. Così non so neanche cosa voglia dire essere un cittadino. poiché il suo urdu rivela un forte accento inglese, il suo é un linguaggio ibrido che viene guardato con sospetto anche da coloro i quali hanno le sue stesse radici, ma che si rinchiudono in comunità omogenee non accettando elementi ibridi come Chad. Il romanzo The Black Album é ambientato alla fine degli anni Ottanta, in seguito all'uscita dei Versi satanici di Rushdie e durante la condanna del libro da parte dei giovani fondamentalisti islamici che vivevano in Inghilterra . Nel libro Kureishi racconta come possa essere possibile che un ragazzo nato in Inghilterra si converta all'Islam e accetti tutte le restrizioni che questa religione impone. Chad é l'esempio paradigmatico di quello che può "scattare" nella testa di questi giovani: non sentendosi accettato né dagli inglesi né dai pakistani diventa un fondamentalista islamico, assumendo un'identità non nazionale, bensì transnazionale. In questa veste egli si sente accettato, poiché nessuno gli chiederà mai la sua nazionalità. Chad é semplicemente un "fratello", un "fratello islamico", ma la cosa più importante é che egli non sarà più considerato un "paki". "Non sono più un paki, io sono un musulmano" , afferma Chad con orgoglio, non più "paki", appellativo di sapore razzista, ma orgogliosamente "musulmano". Ma il suo é un atteggiamento assolutista e separatista, allo stesso modo in cui erano assolutisti e separatisti gli afro-americani come Elijah Muhammad, l'uomo che si autoproclamava "il messaggero dell'Islam" e che alla metà degli anni Sessanta andava predicando che il potere dei "diavoli bianchi" avrebbe avuto fine nell'arco di quindici anni, nel nome di Allah e della Nazione islamica. Al concetto di "transazione islamica" dei fondamentalisti come Chad bisogna opporre una convivenza definita post-nazionale dall'antropologo indiano Arjun Appadurai , "fondata sulla solidarietà, sulla reciprocità, sul riconoscimento e la valorizzazione della differenza" . In questo modo anche la Bradford ibrida descritta da Kureishi non verrebbe più ignorata e il suo interculturalismo sarebbe valorizzato da tutti i suoi abitanti.Concludo questo saggio riportando un'affermazione che Hanif Kureishi ama molto fare e che testimonia l'appartenenza, sua e di molti personaggi dei suoi romanzi, ad una Londra ibridizzata: "Sono cresciuto a Londra. E' la mia città. Non sono inglese, ma londinese." Anche Kureishi, come Karim, è "un inglese dalla testa ai piedi, o quasi." |
Post n°1886 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019 in libreria.. Ha lasciato la Sardegna per rabbia e per paura. Tornerà per scavare nel passato e ricominciare a vivere. Carloforte, è morto. È stato un incidente, una disgrazia. O forse è stato ucciso, perché aveva visto o saputo qualcosa che non doveva, magari proprio sullo stabilimento che da tempo rischia la chiusura. Anzi, è ancora vivo, si è nascosto a Cagliari con una donna... Molte voci e menzogne corrono, si inseguono attorno alla sua presunta morte bianca; presunta perché manca un corpo da piangere: Davide è letteralmente sparito. All'ombra di ciminiere che svettano come cattedrali di metallo e cemento, Leo Mari, ex poliziotto ed ex alcolista, una figlia sorda che vede troppo poco e che a malapena riesce a mantenere, torna sull'isola dove è nato e dalla quale è fuggito molti anni prima. Lo fa per affetto, perché Davide è stato il suo migliore amico, ma anche come investigatore per conto dell'assicurazione che dovrebbe saldare il prezzo della sua scomparsa. È un incarico come tanti, si dice, ma diventerà una corsa contro il tempo, alla ricerca di segreti che potrebbero non piacergli e che lo trasformeranno nel bersaglio di chi si sente minacciato dalla verità. Intense passioni civili e private si mescolano in questo potente noir: un'indagine coraggiosa sul dolore di una terra che sa essere paradiso e inferno insieme, e sulla ferocia di un tempo in cui perdere il lavoro può rappresentare una disgrazia peggiore che perdere la vita. |
Post n°1885 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019 in libreria... Storie senza eroe che hanno cambiato il mondo Sventurata è la terra che ha bisogno di eroi, scriveva Bertolt Brecht, ma è difficile credere che avesse ragione se poi le storie degli eroi sono le prime che sentiamo da bambini, le sole che studiamo da ragazzi e le uniche che ci ispirano da adulti. La figura del campione solitario è esaltante, ma non appartiene alla nostra norma: è l'eccezione. La vita quotidiana è fatta invece di imprese mirabili compiute da persone del tutto comuni che hanno saputo mettersi insieme e fidarsi le une delle altre. È così che è nata Wikipedia, che è stato svelato il codice segreto dei nazisti in guerra e che la lotta al razzismo è entrata in tutte le case di chi nel '68 guardava le Olimpiadi. Michela Murgia ha scelto sedici avventure collettive famosissime o del tutto sconosciute e le ha raccontate come imprese corali, perché l'eroismo è la strada di pochi, ma la collaborazione creativa è un superpotere che appartiene a tutti. Una tempesta alla fine sono solo milioni di gocce d'acqua, ma col giusto vento. |
Post n°1884 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Anno del Signore 1625. A Roma governa Urbano VIII, Milano è sotto il dominio spagnolo. Girolamo Svampa, sempre piú deciso a chiudere i conti con il suo nemico mortale, Gabriele da Saluzzo, viene coinvolto nell'indagine piú pericolosa della sua vita. Il rapimento di una benedettina, figlia del fedele bravo Cagnolo Alfieri, lo porta nella città ambrosiana, dove si imbatte in due enigmi. Il primo riguarda il cadavere pietrificato di una religiosa. Il secondo una monaca murata in una cripta per aver commesso crimini innominabili: suor Virginia de Leyva, la celebre Monaca di Monza. Quest'ultima sembra informata su particolari che potrebbero svelare il mistero della pietrificazione, e inizia a esercitare sull'inquisitore un pericoloso ascendente. Vittima dopo vittima, incalzato dal cardinale Federigo Borromeo - e aiutato da Cagnolo, dall'enciclopedico padre Capiferro, ma soprattutto dalla bella e audace Margherita Basile - lo Svampa scoprirà che il segreto della trasmutazione in pietra risale alle avventure occorse a un pellegrino in Egitto. E ritroverà sulla sua strada un rivale abilissimo che potrebbe risultare impossibile da sconfiggere. «La novizia era rivolta verso una finestrella da cui penetrava una fioca luce solare. Stava con le ginocchia a terra, il busto eretto e le braccia aperte a formare una croce. Non era piú una donna in carne e ossa. Ma una statua di solida pietra». |
Post n°1883 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019 in libreria. Ryosuke, Kotomi, Mirai, Naoki condividono un appartamento nel quartiere di Setagaya di Tokyo. La vita scorre tranquilla, senza incidenti né particolari conflitti, come le auto che si inseguono sulla tangenziale e non si scontrano mai. Ma fuori dall'appartamento 401 i quattro giovani si confrontano con le difficoltà del vivere, del comprendere se stessi e individuare il proprio posto nel mondo. Proprio quando un quinto ragazzo, Satoru, va a vivere con loro, nel quartiere iniziano a verificarsi strane aggressioni a giovani donne. Tra forzata intimità e apatica estraneità, la tensione è palpabile, persistente, e si fa strada nel lettore il sospetto che uno dei ragazzi sia coinvolto. Ma la domanda più inquietante è: la vita vera è dentro o fuori dalle mura dell'appartamento? |
Post n°1882 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019 in libreria... Fixie Farr è sempre stata fedele al motto di suo padre: "La famiglia prima di tutto". E, da quando lui è morto, lasciando nelle mani della moglie e dei tre figli il delizioso negozio di articoli per la casa che ha fondato a West London, Fixie non fa che rimediare ai pasticci che i suoi sfaticati fratelli combinano invece di prendersi cura di sé. D'altra parte, se non se ne occupa lei, chi altro lo farà? Non è certo nella sua natura tirarsi indietro e, soprattutto, non sa trattenersi dal mettere ogni cosa a posto, anche se non la riguarda. Così quando un giorno in un bar un affascinante sconosciuto le chiede di tenere d'occhio il suo portatile lei non solo accetta ma, a rischio della sua incolumità, salva il prezioso computer da un danno irreparabile. Sebastian, questo il nome dell'uomo, è un importante manager finanziario e, volendo a tutti i costi sdebitarsi con lei, le scrive su un pezzo di carta: "Ti devo un favore". Sul momento Fixie non lo prende sul serio, abituata com'è a trascurare i suoi bisogni, ma si sbaglia di grosso. Riuscirà a trovare il coraggio di cambiare e smettere per una volta di pensare solo agli altri? "La famiglia prima di tutto!" è una commedia romantica piena di humour, ma anche un romanzo di formazione che racconta la rinascita della sua protagonista finalmente pronta per il futuro che si merita. |
Post n°1881 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
In libreria a febbraio 2019 «Essere indiano non ha mai significato il ritorno alla terra. La terra è ovunque, o in nessun luogo.» Ogni anno, a Oakland, in California, gli indiani d'America organizzano un raduno, una grande festa della nazione perduta e impossibile da dimenticare. Ogni anno, oltre le perline colorate, le penne fra i capelli e il folklore turistico delle riserve, migliaia di nativi del Nord America confluiscono lì da altre città, dove vivono senza sentirsi mai a casa. Si ritrovano per cercare l'uno nell'altro una patria, per riavere un luogo che, almeno per un giorno, sia di nuovo solo loro. E ognuno lo fa a modo suo. Il giovane Dene tiene viva la memoria dello zio raccogliendo testimonianze per un documentario. Edwin entra a far parte dell'organizzazione del powwow, come i nativi chiamano l'evento, per conciliare le sue origini miste. Jacquie cerca di riprendere le fila della sua vita disperata attraverso quella famiglia che non sa più di avere. E così, insieme agli altri personaggi che popolano il romanzo, con le loro storie maledette e potenti che si intrecciano l'una all'altra, quegli uomini e quelle donne si preparano a vivere una giornata speciale, che si rivelerà fatale per tutti. "Non qui, non altrove" è il ritratto di un'America che quasi nessuno di noi conosce. È memoria, spiritualità e bellezza. È identità, violenza e riscatto. È la storia di una nazione e del suo popolo. È la rabbia e la nostalgia per un qui che abbiamo considerato nostro e custodiamo nel cuore, ma che in qualche modo, portandocelo via, altri ci hanno costretto a chiamare altrove. |
Post n°1880 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019 in libreria Vite rubate. Come quella di Miriam, moglie di un turco musulmano che nel 1936 decide di sostituirsi al mercante ebreo con cui è in affari, costringendo anche lei a cambiare nome e religione. A rubare la vita a Giuditta nel 1938 sono le leggi razziali: cacciata dalla scuola, con il padre in prigione e i fascisti alle calcagna, può essere tradita, venduta e comprata; deve imparare a nascondersi ovunque, persino in un ospedale e in un bordello. Nel 1991, a rubare la vita a Esther è invece un misterioso pretendente che le propone un matrimonio combinato, regolato da un contratto perfetto... Ebree per forza, in fuga o a metà, Miriam, Giuditta ed Esther sono donne capaci di difendere la propria identità dalle scabrose insidie degli uomini e della Storia. Strappando i giorni alla ferocia dei tempi, imparano ad amare e a scegliere il proprio destino. Una saga familiare piena di inganni e segreti che si dipana da Istanbul ad Ancona, da Giaffa a Basilea, da Roma a Miami, dalla Turchia di Atatürk all'Italia di fine Novecento, passando attraverso la Seconda guerra mondiale e le persecuzioni antisemite, con un finale a sorpresa. Un caleidoscopio di luoghi straordinari, tre protagoniste indimenticabili e una folla di personaggi che bucano la pagina e creano un universo romanzesco da cui è impossibile staccarsi. Cinzia Leone ha scritto un romanzo unico, generoso e appassionante, di alta qualità letteraria e innervato da un intreccio che fugge in volata, rapendo l'immaginazione del lettore. Un libro che, nella gioia della narrazione, riflette sulla storia, l'identità, la tolleranza. |
Post n°1879 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet in libreria in questo mese. Mark Renton ha fatto bingo: i deejay della sua agenzia fanno ballare i ragazzi sulle due sponde dell'oceano e un bel po' di soldi entrano in cassa, ma non riesce a sentirsi davvero appagato di una vita passata fra sale d'attesa e stanze d'albergo. Seduto a bordo di un volo che lo riporta a casa, butta giù un tranquillante dopo l'altro per smaltire i postumi della serata precedente, quando all'improvviso incrocia un paio di occhi impossibili da dimenticare: quelli di Frank Begbie. L'ex psicopatico di Leith ora è un artista famoso e sembra non nutrire più alcun proposito di vendetta per quella brutta storia della truffa sulla vendita dell'eroina. Sono passati tanti anni, ma Renton non si fida, vorrebbe saldare il suo debito e teme che Begbie stia tramando qualcosa... Nel frattempo alle orecchie di Sick Boy e Spud, occupati in nuovi «progetti», giunge voce che i vecchi amici bazzicano di nuovo Edimburgo: prospettiva stuzzicante riunire i soci come ai bei tempi. Ma quando i due si avvicinano all'oscuro mondo del traffico di organi, le cose prendono rapidamente una brutta piega per tutto il gruppo. In balia ognuno delle proprie dipendenze, costretti alla resa dei conti con un passato che non può più aspettare, Renton, Begbie, Sick Boy e Spud saranno travolti da un fiume in piena di assurdi imprevisti. Uno di loro rischia di non vedere l'ultima pagina del romanzo: chi è il morto che cammina? |
Post n°1878 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet "I cento pozzi di Salaga" di Ayesha Harruna Attah, Traduzione di Monica Pareschi "Questo romanzo elegge Ayesha Harruna Attah come una delle voci più attraenti della narrativa africana emergente". abituata a comandare. Aminah cucina per le carovane di passaggio, è timida e sensuale. Le loro strade si incrociano a Salaga, la città degli schiavi. Sogni e destino di due donne come noi nell'Africa precoloniale. le piace cucinare e creare cose con le mani; sogna di cucire scarpe come suo padre e viaggiare per venderle. Il viaggio che l'aspetta è ben diverso, ma rivela il suo coraggio e la sua capacità di resistenza. Wurche è la figlia di un re, una guerriera; sogna di governare insieme al padre e ai fratelli, per risolvere i conflitti interni e contrastare la rapacità degli europei. Non immagina che le chiedano invece di sposarsi, per cementare un'alleanza. La guerra incombe, e nei villaggi imperversano i mercanti di schiavi, che portano il loro bottino a Salaga, la splendida città dai cento pozzi. Uno di loro è Moro, cavaliere bellissimo e sensibile, eppure implicato in quel traffico osceno. Aminah e Wurche si incontrano grazie a lui: sono una principessa e una schiava, ma entrambe devono conqui- starsi la libertà. nel 1983, sotto il regime militare, ma in una famiglia di giornalisti molto aperta in cui le storie erano il pane quotidiano. Ha studiato alla Columbia University e alla New York University, per poi tornare in Africa, e cominciare a scrivere nel 2012. I suoi primi due libri sono stati finalisti di premi prestigiosi (Commonwealth Writer's Prize, Kwani Manuscript Project) e suoi testi sono stati pubblicati sul «New York Times Magazine». La prima scintilla di I cento pozzi di Salaga è il ricordo di una trisavola, venduta come schiava sul mercato di Salaga nel Ghana precoloniale, negli anni cruciali dell'aggressione europea. Celebrato in Africa per la profondità della ricostruzione storica e per la forza delle due protagoniste femminili, è in corso di pubblicazione in nove paesi. Ayesha Harruna Attah vive in Senegal ed è considerata una tra le voci più forti della narrativa africana di oggi. |
Post n°1877 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Christelle Dabos
Secondo volume della saga dell'Attraversaspecchi (dopo il primo, Fidanzati dell'inverno), Gli scomparsi di Chiardiluna trascina il lettore in una girandola di emozioni lasciandolo, alla fine, con una voglia matta di leggere il terzo volume. Sulla gelida arca del Polo, dove Ofelia è stata sbattuta dalle Decane perché sposi suo malgrado il nobile Thorn, il caldo è soffocante. Ma è soltanto una delle illusioni provocate dalla casta dominante dell'arca, i Miraggi, in grado di produrre giungle sospese in aria, mari sconfinati all'interno di palazzi e vestiti di farfalle svolazzanti. A Città-cielo, capitale del Polo, Ofelia viene presentata al sire Faruk, il gigantesco spirito di famiglia bianco come la neve e completamente privo di memoria, che spera nelle doti di lettrice di Ofelia per svelare i misteri contenuti nel Libro, un documento enigmatico che nei secoli ha causato la pazzia o la morte degli incauti che si sono cimentati a decifrarlo. Per Ofelia è l'inizio di una serie di avventure e disavventure in cui, con il solo aiuto di una guardia del corpo invisibile, dovrà difendersi dagli attacchi a tradimento dei decaduti e dalle trappole mortali dei Miraggi. È la prima a stupirsi quando si rende conto che sta rischiando la pelle e investendo tutte le sue energie nell'indagine solo per amore di Thorn, l'uomo che credeva di odiare più di chiunque al mondo. Sennonché Thorn è scomparso... Una saga per chi ha amato... Philip Pullman, la sua fantasia e le sue atmosfere. Twilight per la storia d'amore tra un uomo misterioso e tormentato, ma capace di profonde passioni, e una ragazza apparentemente impacciata, ma piena di risorse. Hunger Games per le incredibili avventure e per l'azione politica dei protagonisti che vogliono rovesciare un sistema di potere. Harry Potter per la ricchezza e l'articolazione del suo magico mondo. Christelle Dabos a Cannes in una famiglia di musicisti e artisti. Scrive le prime storie all'università. Durante un periodo di convalescenza si unisce al Silver Plume, una comunità di scrittori su internet che la incoraggia a partecipare a un concorso organizzato da Gallimard Jeunesse. Dal 2005 vive e lavora in Belgio. Nel 2013 ha vinto il Prix du Premier Roman Jeunesse Gallimard- RTL-Télérama per Fidanzati dell'inverno. Nel 2016 i primi due libri della saga sono stati premiati con il Grand Prix de l'Imaginaire. |
Post n°1876 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019 in libreria si è concretizzata: nella minacciosa fortezza di mesarzio i figli degli dèi sono ancora vivi. Sarai è diventata un fantasma, mentre il Sognatore ha appena scoperto di essere lui stesso un dio dalla pelle blu, l'unico capace di fronteggiare l'oscura Minya, animata dall'implacabile desiderio di vendetta nei confronti degli umani che massacrarono la sua gente. Lazlo si troverà di fronte alla più impensabile delle scelte: salvare la donna che ama oppure tutti gli altri. Ma inquietanti misteri dimenticati chiedono di essere risolti: da dove sono arrivati, veramente, i Mesarthim, e cosa ne è stato di tutti i bambini nati nella fortezza durante il dominio di Skathis? Quando i portali dimenticati si apriranno di nuovo, mondi lontani diventeranno pericolosamente vicini e un inatteso, potente nemico arriverà deciso a spazzare via le fragili speranze di tutti, dèi e umani. Sarai, la Musa degli Incubi, conoscitrice di ogni genere di paura fin da quando aveva sei anni, sarà costretta ad affrontare orrori che neanche immaginava e ad andare oltre i suoi stessi limiti: l'esperienza le ha insegnato che l'odio e il terrore sono sentimenti facili da provocare. Ma come si fa a rovesciare l'odio, a disinnescare la vendetta? È possibile salvare i mostri, piuttosto che annientarli? In questo atteso seguito del bestseller Il Sognatore va in scena lo scontro tra distruzione e salvezza: La Musa degli Incubi conclude in modo epico l'acclamata dilogia di Laini Taylor. |
Post n°1875 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet A febbraio 2019 in libreria. Scott Carey sta percorrendo senza fretta il tratto di strada che lo separa dal suo appuntamento. Si è lasciato alle spalle la casa di Castle Rock, troppo grande e solitaria da quando la moglie se n'è andata, se non fosse per Bill, il gattone pigro che gli tiene compagnia. Non ha fretta, Scott, perché quello che deve raccontare al dottor Bob, amico di una vita, è davvero molto strano e ha paura che il vecchio medico lo prenda per matto. Infatti Scott sta perdendo peso, lo dice la bilancia, ma il suo aspetto non è cambiato di una virgola. Come se la forza di gravità stesse progressivamente dissolvendosi nel suo corpo. Eppure, nonostante la preoccupazione, Scott si sente felice, come non era da molto tempo, tanto euforico da provare a rimettere le cose a posto, a Castle Rock. Tanto, da provare a riaffermare il potere della parola sull'ottusità del pregiudizio. Tanto, da voler dimostrare che l'amicizia è sempre a portata di mano. In un racconto che è anche un omaggio ai suoi maestri, King si prende la libertà, più che legittima, di dare una possibile risposta alle tristi derive del nostro tempo. |
Post n°1874 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Amore e amicizia, intrigo e mistero. Dalla penna di un autore fenomeno mondiale, una suspense perfetta. trovata morta nella palestra della scuola. Qualcuno le ha inflitto un colpo fortissimo sulla testa e ha abbandonato vicino al corpo martoriato uno strano indizio: una bussola. È forse questo il primo momento in cui i compagni si accorgono veramente di Aurora, la "ragazza invisibile". A diciassette anni, Aurora non ha amici, né una famiglia che voglia occuparsi di lei. La sua morte fa chiasso, forse troppo, finché tutti ammutoliscono. Perché all'improvviso tutti a scuola vengono sospettati per il delitto. Ma chi è il vero responsabile di quello che è successo? Julia Plaza è ossessionata da questa domanda. Compagna di classe di Aurora, Julia ha un'intelligenza straordinaria e una memoria prodigiosa, ed è in grado di realizzare un cubo di Rubik in meno di cinquanta secondi. Così, quasi per gioco, e con l'aiuto del suo migliore amico Emilio, inizia a indagare sul delitto. Ma il gioco si trasforma rapidamente in un vortice da cui Julia non può più uscire: perché niente è come sembra e l'assassino della bussola potrebbe essere proprio accanto a lei. Con oltre un milione e mezzo di copie vendute all'attivo, Blue Jeans è un vero e proprio fenomeno editoriale in Spagna e in Sud America. La ragazza invisibile è il suo esordio nella suspense, un romanzo dall'ingranaggio perfetto e dal ritmo implacabile. Una storia travolgente in cui tutti sono sospettati, o forse tutti sono colpevoli. |
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