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Messaggi del 10/06/2020

I verbi transitivi e intransitivi.

Post n°3086 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

La distinzione tra verbi transitivi e intransitivi

non è così semplice e immediata.

I primi ammettono un complemento oggetto

(Es. Giovanna mangia la pasta), i secondi no

(Es. Giovanna piange) e sul dizionario è possibile

trovare tutte le informazioni relative al verbo,

anche quelle sulla transitività.

Nel corso dei secoli, l'italiano ha visto, però,

la variazione di molti verbi da transitivi a

intransitivi e viceversa, di cui Luca Serianni

fornisce un resoconto dettagliato in

"Grammatica italiana" (Utet, 2010).

Proprio per questa mutevolezza, spesso dipendente

dalla situazione, la transitività di ogni verbo va

dedotta dal contesto.

verbi transitivi possono, ovviamente, essere

utilizzati anche senza un complemento

oggetto e non perdono la loro transitività. 

Giovanna mangia è una frase di significato

compiuto, transitiva, attiva.

Quando il complemento oggetto è presente,

si dice che l'azione "transita", si trasferisce

all'oggetto che segue.  

Le tre forme dei verbi transitivi sono: attiva,

passiva e riflessiva.

Si dice che il verbo è in forma attiva 

quando il soggetto compie l'azione.

Quando l'azione è subita dal soggetto, abbiamo

la forma passiva.

Quando l'azione si riflette sul soggetto e quindi

soggetto e oggetto coincidono, siamo di fronte

alla forma riflessiva.

Es. Giovanna mangia la pasta (forma attiva);

La pasta è mangiata da Giovanna (forma passiva);

Giovanna si lava (forma riflessiva).

I verbi riflessivi sono preceduti o seguiti dalle particelle

pronominali; nei tempi composti si formano con

l'ausiliare "essere".

Come abbiamo visto, presuppongono che il

soggetto coincida totalmente con il complemento

oggetto (Giovanna si lava = Giovanna lava se stessa).

Da non confondere con i verbi pronominali (intransitivi)

che del riflessivo hanno solo l'apparenza.

Alcuni verbi transitivi, con un uso colloquiale, vengono

utilizzati nel parlato in forma riflessiva anche quando

non la richiederebbero. È il caso dei verbi riflessivi

cosiddetti "d'affetto".

Es. Mi faccio una doccia.

Giovanna e Luigi si guardano un film.

In questo caso si mette in risalto l'affettività che

l'azione comporta, sia essa abitudinaria o

accompagnata da sentimenti di sollievo, soddisfazione,

felicità, ecc...

 
 
 

I verbi transitivi e intransitivi.

Post n°3085 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Abbiamo visto, nella pagina dedicata, la differenza

tra i verbi transitivi e quelli intransitivi.

verbi intransitivi non permettono quindi il transito

dell'azione sul complemento oggetto. 

Questo nella regola generale, perché in realtà anche un

verbo intransitivo può reggere un complemento diretto:

il complemento dell'oggetto interno.

Siamo di fronte a un complemento dell'oggetto interno

quando esso si forma dalla stessa radice del verbo.

Es. Vivere una vita serena.

Oppure quando la base semantica del complemento

e quella del verbo coincidono.

Es. Piangere lacrime amare.

Es. Dormire sonni tranquilli.

Questo utilizzo del complemento oggetto è riscontrabile

in alcune frasi fatte o nell'uso letterario, colto.

Solitamente si ricorre ad altri verbi per esprimere gli stessi

significati (Es. Fare sonni tranquilli).

In molti verbi intransitivi, poi, un transito avviene

comunque, anche se l'azione passa sul complemento di termine

e non sul complemento oggetto.

Es. Somiglia a Claudia.

A seconda del contesto, infine, possiamo classificare uno stesso

verbo come transitivo o intransitivo.

Es. Servi quel ragazzo! (transitivo);

Non mi serve (intransitivo = non serve a me);

Finisci il tuo piatto (transitivo);

La partita finisce alle dieci (intransitivo).

Anche alcuni verbi parasintetici, risultanti cioè dall'utilizzo

di uno o più suffissi o prefissi, transitivamente indicano "mettere

qualche persona o cosa in uno stato o in un luogo", intransitivamente

"entrare in quello stato o luogo".

Es. La città ingrandisce (intransitivo);

Il microscopio ingrandisce i campioni (transitivo).

Considerate quindi sempre il contesto, prima di decidere per la

transitività o l'intransitività di un verbo.

 
 
 

I verbi ausiliari in Italiano

Post n°3084 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Per ausiliari intendiamo quei verbi che oltre ad avere un

significato autonomo, possono essere utilizzati in combinazione

con altri verbi.

Gli ausiliari propriamente detti sono essere e avere.

Questi permettono la formazione di tutti i tempi composti.

Es. Sono andato;

Ho mangiato;

Hanno detto.

La scelta dell'ausiliare corretto per formare i tempi composti è

complicata e non esistono categorizzazioni nette.

In generale, possiamo dire che i verbi transitivi utilizzano come

ausiliare il verbo avere.

Es. Ho cantato una canzone.

I verbi riflessivi e i verbi impersonali utilizzano il verbo essere.

Es. Mi sono lavato.

Con l'eccezione dei verbi  impersonali legati alle condizioni

atmosferiche, che permettono l'utilizzo di entrambi gli ausiliari.

Es. È piovutoHa piovuto.

Per quanto riguarda i verbi intransitivi, i grammatici si rassegnano

per lo più a compilare delle liste di voci verbali che richiedono il

verbo essere o il verbo avere o entrambi, a seconda della

transitività del verbo o del significato che si vuole esprimere.

Per una trattazione più approfondita, rimandiamo al testo

"Grammatica italiana" di Luca Serianni e in particolare al capitolo

undicesimo, con la consapevolezza che i punti fermi per una

categorizzazione sono davvero pochi.

Come lo stesso Serianni fa notare, una sicurezza esiste ed è la

seguente: negli ultimi anni la lingua italiana ha fatto registrare una

netta prevalenza dell'ausiliare avere ai danni di essere.

Tra l'ausiliare e il participio passato possono talvolta essere interposti

avverbi o congiunzioni.

Es. Non ho mai mangiato tanto;

Sono realmente agitato.

Con il verbo essere è possibile formare anche le forme passive

 dei verbi.

Es. Sono stato interrogato ieri.

Anche se è diffusa la tendenza a utilizzare anche i verbi venire e 

andare al posto di essere.

Es. Il premio viene assegnato d'ufficio ai presenti.

È andato perduto negli anni.


I verbi servili si uniscono ad altri per completarne il significato.

"Servono" letteralmente ad altri verbi e indicano obbligo, necessità,

possibilità, desiderio o capacità. Sono anche detti modali e sono 

doverepoterevolere e sapere (nel significato di "essere in grado

di").  

Queste le caratteristiche che, se presenti in contemporanea, li

rendono a tutti gli effetti verbi servili:

- reggono direttamente l'infinito;

- il soggetto del verbo servile è lo stesso soggetto logico dell'infinito;

- presentano una "collocazione mobile" dei pronomi atoni che

funzionano indifferentemente come proclitici prima del verbo servile

o come enclitici dopo l'infinito.

Es. Ti devo parlare;

Devo parlarti.

Le frasi dell'esempio hanno lo stesso significato ma, se nella

prima l'enfasi è posta sulla seconda persona singolare "tu",

destinataria della comunicazione, nella seconda frase l'importanza

è data maggiormente al parlante, all' "io".

Il verbo dovere seguito dall'infinito può avere il valore di un futuro.

Es. Devo partire (l'azione è ancora da compiere).

Nella formazione dei tempi composti, i verbi servili prendono,

in genere, l'ausiliare dei verbi che accompagnano.

I verbi fraseologici, come possiamo capire dalla stessa

denominazione, designano un particolare aspetto del verbo attraverso

una sequenza di parole, una "perifrasi".

Si tratta di costrutti, formati con verbi di modo indefinito

(infinito e gerundio), che possono indicare l'imminenza, l'inizio,

lo svolgimento, la continuità o la conclusione di un'azione.

Es. Sto per mangiare una mela (imminenza);

Inizio a studiare proprio ora (inizio di un'azione);

Si ostina a non voler vedere la realtà (continuità);

Smetti di cantare, ti prego! (conclusione).

Rossella Monaco

 
 
 

I verbi impersonali

Post n°3083 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportate dall'Internet

verbi impersonali non hanno una persona determinata.

Essi si utilizzano nei modi indefiniti o, in terza persona, nei modi finiti.

Non c'è quindi un'intera flessione, in tutte le persone, del verbo.

I verbi o i costrutti verbali che indicano fenomeni atmosferici sono

stabilmente impersonali.

Es. Piove;

Fa caldo.

Solo se utilizzati metaforicamente, in senso figurato, o con personificazione

degli agenti atmosferici, possono ammettere l'utilizzo della persona.

Es. Il temporale tuonava nel cielo scuro;

Piovono parole su questa città.

Per esprimere l'impersonalità in italiano, con tutti i verbi, possiamo

utilizzare il pronome si in unione a un verbo intransitivo o a un transitivo

attivo (senza il complemento oggetto) o passivo.

Es. Si viene a conoscenza di un misfatto;

Si parla tanto di quel ragazzo.

In altre lingue straniere ritroviamo la presenza di costrutti impersonali

corrispondenti, come in francese e spagnolo.

Es. On parle italien;

Se habla italiano.

Nello spagnolo possiamo ritrovare una perfetta corrispondenza con

l'italiano. 

On in francese deriva da homme (uomo), utilizzato in passato come

soggetto generico.

A dire il vero, anche nell'italiano antico (in Dante, ad esempio) troviamo

"uomo" nella stessa funzione, ma è questa consuetudine è andata

ormai completamente in disuso.

Il verbo alla terza persona plurale o singolare esprime altresì

l'impersonale.

Es. Parlano di un temporale mai visto prima;

Conviene mangiare prima di uscire.

Funziona allo stesso modo la terza persona del verbo, in diatesi passiva,

specialmente con verbi che indicano opinione, divieto, affermazione o

permesso.

Es. È stato detto che non c'è speranza;

Nel Medioevo era proibito confessare le proprie idee politiche e religiose

liberamente.

Anche con i pronomi indefiniti uno e qualcuno, intesi come soggetti

generici, è possibile formare un costrutto impersonale.

Es. Uno pensa che alla fine non ci sia speranza e invece...;

Qualcuno dice che la vita non è bella.

Infine si possono utilizzare delle locuzioni, costituite dal verbo essere e

da un aggettivo, un avverbio o un nome.

Es. È importante studiare con attenzione;

Come per i nomi, alcuni verbi (la maggior parte impersonali) sono

difettivi, mancano cioè di alcune voci. Alcuni di questi verbi sono

arcaici e per questo motivo sono stati limitati, negli anni, a espressioni

cristallizzate, e non presentano l'intera flessione.

Es. Mi si addice questo vestito (addirsi);

Mi prude (prudere).

Per approfondire le coniugazioni dei verbi e i tempi, visitate le sezioni

dedicate.  

Rossella Monaco

 
 
 

Tempi verbali in Italiano.

Post n°3082 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

L'indicativo, come abbiamo già detto, è solitamente definito

come il modo dell'obiettività, serve a esprimere ciò che riteniamo

certo, sicuro o molto probabile.

Anche se alcuni tempi possono indicare dubbio e non realtà.

Figura tra i modi finiti, insieme al congiuntivo, il condizionale

e l'imperativo.

È molto utilizzato nelle principali ma compare spesso anche

nelle frasi subordinate: soggettive, oggettive, dichiarative,

interrogative indirette, causali, ipotetiche, concessive, consecutive,

temporali, restrittive, relative, incidentali, limitative, e nelle frasi

introdotte da "che polivalente".

L'indicativo si compone di otto tempi: quattro semplici e quattro

composti: il presente, l'imperfetto, il passato remoto, il futuro

semplice, il passato prossimo, il trapassato prossimo, il trapassato

remoto e il futuro anteriore.  

Nelle pagine dedicate, esamineremo ogni tempo con funzione

e valore relativi.

Per approfondire l'utilizzo delle proposizioni subordinate o

principali, andate alla sezione "Analisi del periodo".  

 
 
 

Tempi verbali in Italiano.

Post n°3081 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

L'imperativo è uno dei modi finiti del verbo.

Può esprimere comando, permesso, proibizione, consiglio,

domanda, preghiera, invito.

In base al verbo utilizzato e all'intonazione con cui la frase

viene pronunciata, il valore semantico può cambiare anche

molto.

Possiamo trovare questo modo del verbo solo nelle proposizioni

principali, volitive ed esclamative.

A volte compare anche nelle incidentali che non hanno comunque

nessun rapporto di subordinazione con altre proposizioni.  

In italiano, l'imperativo non ha la prima persona singolare e ha solo

il tempo presente.

 Alcune grammatiche includono in questo modo anche il futuro iussivo,

indicante cioè un ordine.

Es. Camminerete come vi ho detto.

La terza persona singolare dell'imperativo, la prima e la terza plurale

sono espresse tramite il congiuntivo con valore esortativo.

La seconda persona plurale è invece identica alla corrispondente

dell'indicativo presente.

-Mangia

Mangi

Mangiamo

Mangiate

Mangino

A volte il congiuntivo può prendere il posto della seconda persona

singolare e della seconda persona plurale, come per esempio con i

verbi essere e averesapere e volere (sappivogliatesiiabbiate). 

La seconda persona plurale del verbo credere nell'imperativo negativo

può essere sostituita dal congiuntivo.

Es. Non crediate che sia tutto finito.

In generale nell'imperativo negativo si ricorre all'infinito per la seconda

persona singolare.

Es. Non cantare!

La funzione classica dell'imperativo non è più riconoscibile, perché

ormai cristallizzata, in espressioni che introducono un'equivalenza o

nell'imperativo gerundiale, costituiti da due o più imperativi che come

significato corrispondono al gerundio (vedi esempio).

Es. Cammina, cammina, sono arrivato a Roma. (imperativo gerundiale =

è come dire "camminando, sono arrivato a Roma" ma enfatizza il tempo

e il ripetersi dell'azione);

Il panettone è ormai pronto all'uso e sempre più farcito. Vedi le ultime

abitudini degli italiani a tavola secondo il rapporto Istat... ("Vedi" è

una formula fissa).

L'imperativo non è quindi solo l'espressione di un ordine, ma ha

differenti significati e usi in base al contesto.  

Rossella Monaco

 
 
 

Tempi verbali in Italiano.

Post n°3080 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli


Il condizionale esprime un'azione che può aver luogo solo se

vengono soddisfatte determinate condizioni.

Compare nel periodo ipotetico.

Es. Uscirei se ci fosse il sole.

Con la tua compagnia girerei il mondo.

Ma la condizione può essere anche espressa da un'altra

subordinata o da un complemento.

A volte essa non compare nemmeno nella frase.

Es. Mangerei una mela.

In questo caso può esserci una condizione sottintesa (se avessi fame)

oppure può semplicemente esprimere un'azione nel senso della

soggettività e della relatività (mi piacerebbe mangiare una mela). 

Luca Serianni definisce il condizionale come il "modo della penombra

e delle luci smorzate, laddove l'indicativo, negli stessi contesti,

diffonderebbe una piena luce solare".

Ha quindi un valore dubitativo, potenziale, in molti casi.

Può servire a declinare gentilmente un invito, a dare un umile "parere

personale" o chiedere qualcosa di cui non si è a conoscenza.

Es. Io avrei già mangiato, grazie;

Io comprerei quella grande;

Non saprei cosa scegliere;

Perché dovrei pagare con carta di credito?

Possiamo trovare il condizionale in molte subordinate: oggettive

, interrogative indirette, concessive, eccettuative, temporali,

limitative, causali, avversative, consecutive, incidentali, relative e comparative.

Ricorre, a volte, con valore ottativo (per esprimere desiderio).

Es. Come vorrei essere più grande!

Sarebbe bello poter parlare ancora.

Al passato, per i desideri non realizzabili.

Es. Avrei voluto essere un uccello per volare nel cielo blu.

Esiste anche un condizionale di cortesia che esprime un ordine

gentile o una preghiera, anche in forma interrogativa.

Es. Vorrei un bicchiere d'acqua, per favore;

Potresti aprire la finestra?

In questo caso è come se fosse sottinteso "se tu non avessi nulla

in contrario".

Il condizionale di dissociazione indica invece che si vuole prendere

le distanze da un'affermazione non ancora verificata

È spesso utilizzato in campo giornalistico.

Es. La ragazza avrebbe 15 anni e un passato da ladruncola alle spalle.

Infine, il condizionale passato serve, talvolta, a esprimere la posteriorità

rispetto al passato (insieme all'imperfetto di dovere e all'infinito,

il futuro retrospettivo e l'imperfetto prospettivo).

Es. Comprai una musicassetta al mercato del quartiere.

Il giorno dopo avrei scoperto che non funzionava.  

 
 
 

Tempi verbali in Italiano.

Post n°3079 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il congiuntivo è il modo che esprime la volizione,

il potenziale, il dubbio.

Ha quattro tempi: presente, imperfetto, passato e trapassato.  

Lo troviamo soprattutto nelle subordinate (causali, temporali,

consecutive, esclusive, concessive, restrittive, ipotetiche, relative,

avversative, eccettuative, comparative, finali) e il tempo

dipende largamente dal tempo del verbo della principale. 

Troviamo il congiuntivo anche in qualche frase semplice:

nelle volitive (congiuntivo esortativo o permissivo) e nelle

ottative.  

Talvolta esso si alterna con l'indicativo, in determinati

registri linguistici. In particolare, il congiuntivo è da preferire

nell'italiano scritto, senza che per forza indichi letterarietà;

nell'italiano parlato, invece, si tende a utilizzare maggiormente

l'indicativo, soprattutto per la seconda persona singolare.

Questo avviene anche per stabilire una differenza tra le

prime tre persone (che io sentache tu sentache egli senta)

senza obbligatoriamente dover menzionare il soggetto.  

In italiano esistono:

  1. Verbi che richiedono il congiuntivo e che indicano
  2.  una volizione, un'opinione, un'aspettativa o mirano
  3.  alla persuasione, come raccomandaredisporre
  4. ritenereauguraredesiderareordinarepermettere;   

Es. Desidero che voi cantiate tutti insieme.

  1. Verbi che normalmente richiedono l'indicativo, che
  2.  solitamente esprimono un giudizio o una percezione, come direspiegarevederepercepireintuireaffermare,
  3.  dichiararedimostrarescriveresentiresapere;

Es. I politici dicono che in futuro ci sarà meno povertà

  1. Verbi che, a seconda del significato che si vuole esprimere
  2. , richiedono l'indicativo o il congiuntivo, come ammettere
  3. considerarebadarepensare;

Es. Ammetto che sei un ragazzo maturo; (con il senso di "riconoscere")

Ammettiamo che Giovanna non esca domani, cosa fareste? (con il

senso di "supporre")

  1. Verbi che solitamente richiedono l'indicativo ma nel caso vogliano
  2.  esprimere volizione, eventualità o si trovino in frasi negative,
  3.  interrogative retoriche, oggettive anteposte alla principale, possono
  4.  richiedere il congiuntivo;

Es. Non penso che debba cantare lui;

Come possiamo pensare che la vita sia solo tempo e spazio?

Che Giovanni cantasse in quel modo, già lo sapevo;

Vorrei che tu non perdessi l'occasione.

  1. Verbi che solitamente richiedono il congiuntivo, che però
  2.  possono costruirsi con l'indicativo futuro quando si trovano
  3.  in un'oggettiva che indica posteriorità rispetto alla
  4.  proposizione principale.

Es. Penso che canterete divinamente.  

Nonostante molti grammatici parlino di "crisi" e di "morte" del

congiuntivo, la situazione non sembra essere così tragica, in

generale.

Certo, si registra un forte aumento dell'indicativo in completive,

interrogative indirette e ipotetiche, ma soprattutto nel parlato.

Nel caso si dovesse trovare nei testi scritti qualche indicativo al

posto del congiuntivo poi, la cosa non dovrebbe impensierire perché

spesso si tratta di un'alternanza per ragioni stilistiche, per ottenere

un registro più sorvegliato o perché richiesto da particolari reggenze

del verbo.

È lo stesso Serianni a ricordarlo. L'importante è conoscere la regola

e trasgredirla con consapevolezza in base all'occasione d'uso.   

Rossella Monaco

 
 
 

Tempi verbali in Italiano.

Post n°3078 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

L'infinito è uno dei modi indefiniti del verbo

e ammette due soli tempi: presente e passato.

Es. Mangiare (presente);

Avere mangiato (passato).

Può avere uso verbale o sostantivato.

Si comporta come un verbo nelle poche frasi

semplici in cui compare: esclamative, volitive,

ottative, imperativo negativo, interrogative

dirette con valore dubitativo.

Es. Che dire?;

Non camminare;

Tenere la sinistra.

Nelle enunciative troviamo talvolta un infinito

detto "narrativo", che indica la circostanza

improvvisa, l'insorgenza inattesa, spesso introdotto

da "ecco".

Es. Mangiavo la mia mela rossa ed ecco comparire

la strega cattiva.  

L'infinito si può trovare anche nelle frasi nominali,

spesso utilizzate in ambito giornalistico e nei titoli,

proprio per la sua ambiguità.

Nelle subordinate troviamo l'infinito in tutti i

costrutti impliciti: completive, causali, dichiarative,

concessive relative, limitative, temporali, avversative,

esclusive, interrogative indirette, comparative.

Es. Invece di parlare, canta. (Avversativa).

Infine, si usa anche in accompagnamento a verbi

servili e fraseologici.

Es. Devo mangiare;

Sto per cadere dalla sedia.

L'infinito si dice sostantivato quando a tutti gli

effetti si comporta come un sostantivo, ed è quindi

accompagnato da un articolo, da una preposizione

articolata; più in generale, da un determinante.

Es. Tra il dire e il fare...

Luisa è la più brava nel cantare questa canzone.

Ma in realtà la presenza del determinante non è

sempre necessaria.

Es. Fumare nuoce alla salute.

Ricordate che davanti all'infinito, le preposizioni

semplici "in" e "con" diventano obbligatoriamente

articolate. L'uso della preposizione semplice è

attestato solo nell'italiano antico.

Es. Crederono poter rinnovarla con allargarne le

facoltà (Carducci).

Infine, alcuni infiniti sostantivati, in seguito a un

uso ripetuto, hanno finito per diventare veri e propri

nomi, si sono cioè lessicalizzati e hanno assunto

tutte le caratteristiche del sostantivo: accordo

del numero e del genere, determinanti,

eccetera. È il caso, ad esempio, di esserepotere

doveremangiarebere.

Es. L'essere vivente è prezioso;

Il mangiare per domani è nel frigo;

I doveri del cittadino.

Rossella Monaco.

 
 
 

Tempi verbali in Italiano.

Post n°3077 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il participio ha natura doppia, "partecipa" cioè delle

caratteristiche del nome e di quelle del verbo.

Ha due tempi, come l'infinito e il gerundio: presente

e passato.  

Il participio presente oggi è utilizzato per lo più con

funzione nominale e aggettivale.

Il ristretto uso verbale che si fa del participio presente

è limitato al campo giuridico e burocratico e alle

enumerazioni nominali.

Es. Ho trovato la parte mancante del ciondolo;

La badante di Luisa è austriaca;

Il programma è rispondente alle esigenze delle istituzioni

scolastiche;

La guerra è tristezza: persone piangenti, bambini urlanti,

soldati inneggianti alla battaglia.

Molti participi presenti sono andati incontro, nel corso

degli anni, a processi di sostantivazione e aggettivazione

e hanno perso completamente la loro natura verbale (amante;

 cantantedirigente...).

Il participio passato, al contrario, è molto utilizzato sia

con funzione verbale che con funzione nominale e

aggettivale.

L'uso verbale è riscontrabile in tutti i tempi composti e

come costrutto implicito nelle subordinate di tipo causale,

concessivo, temporale, ipotetico.

 Lo troviamo tuttavia anche per risolvere una

subordinazione relativa e nelle completive (con ellissi

dell'ausiliare).

Es. Agitata per l'emozione, non sono riuscita a parlare;

Preparata al peggio, non è comunque riuscita a sorridere;

Ho trovato questo foglio raccolto da Giovanna in una pozzanghera;

Non potate in tempo, le rose appassiscono;

Dichiaro chiuso il discorso; (Dichiaro che è il discorso è chiuso).

Arrivato che fu a scuola, gli diedero un quaderno nuovo;

(Anteriorità = participio passato + che).

Arrivati a casa, abbiamo svuotato il frigo;

Avevamo fame. Detto fatto, abbiamo svuotato il frigo.

(Uso cristallizzato).

A volte, il participio passato può avere un soggetto logico

diverso rispetto a quello della proposizione principale.

È il caso del participio assoluto.

Es. Contento tu, possiamo fare quello che vuoi! (aggettivale);

Usciti Marco e Luisa, io e Piero siamo entrati in aula.

Spesso, in narrativa, troviamo un uso particolare del participio

assoluto, con valore modale-descrittivo.

A volte poi, se il verbo manca, ci troviamo di fronte a un costrutto

nominale assoluto.

Es. Gli occhi persi all'orizzonte, Luisa se ne stava appoggiata

alla porta, aspettando chissà quale notizia;

Gli occhi all'orizzonte, Luisa se ne stava appoggiata alla porta

aspettando chissà quale notizia.

Anche il participio passato è andato incontro con il passare

del tempo a fenomeni di sostantivazione e aggettivazione (trattato;

 significatotrattenuta...). Anche se non tutti nomi terminanti in -to

 e -ta sono per forza derivati da un participio passato.

Alcuni sono già attestati nel latino classico come "udito", inteso

come "facoltà nel sentire", che deriva dal latino auditus.

Possiamo dire, in generale, che il confine tra participio con funzione

verbale e participio sostantivato non è così rigida come potrebbe

sembrare, anzi.

Molto dipende dal contesto in cui si viene a trovare.

Per approfondire, consultate il dizionario o una buona grammatica.  

Rossella Monaco

 
 
 

Tempi verbali in Italiano

Post n°3076 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il gerundio è uno dei modi indefiniti del verbo.

Solitamente lo troviamo connesso a un altro verbo in modo finito.

Essi possono costituire insieme un verbo fraseologico (sto andando)

oppure rappresentare due proposizioni distinte (andò piangendo).

Di norma, i due verbi condividono lo stesso soggetto.

Ci sono però anche casi in cui il gerundio ha un soggetto logico diverso

rispetto al soggetto del verbo finito a cui è collegato.

Ciò avviene: quando il gerundio si riferisce al complemento oggetto della

frase principale; nel gerundio assoluto; quando il soggetto è generico

per entrambi o per uno solo dei verbi.

Es. Quando tornerò a casa, la troverò ridendo con i suoi compagni;

Cantando Luisa e Giulia a squarciagola, i vicini si sono lamentati;

Sbagliando s'impara.

Solo raramente è possibile trovare un utilizzo indipendente del gerundio,

è il caso di alcuni titoli o di sostantivi derivati da verbi ed entrati ormai

a far parte dell'uso.

Es. Cantava in crescendo

Il laureando parlava ad alta voce esponendo la sua tesi.

Il gerundio, come l'infinito e il participio, ha due soli tempi: presente e passato.

Il gerundio passato è impiegato moltissimo nell'italiano moderno ed è

limitato quasi esclusivamente alla lingua scritta, esso indica anteriorità

rispetto alla principale.

Es. Avendo già mangiato, non ho più fame.

Il gerundio presente può invece indicare contemporaneità, anteriorità

o posteriorità rispetto alla proposizione principale.

Es. Leggendo il giornale, Claudia mi parlava della crisi economica;

Leggendo il giornale, ho imparato tante cose sul mondo;

Pensavo che Maria volesse uscire di casa, perdendosi nella città.

Possiamo trovare il gerundio nelle subordinate modali, comparative,

ipotetiche, esclusive, concessive (in combinazione con "pur"), temporali,

causali; ma anche nelle coordinate.

Es. Facendo attenzione, troverai la tua strada;

Segui la seconda strada a sinistra raggiungendo la Senna, arriverai a casa.

 (Segui la seconda strada a sinistra e raggiungi la Senna...)

Esiste, infine, anche un gerundio appositivo, difficile da distinguere, ad

esempio, dal gerundio coordinativo appena visto.

Un modo per riconoscerlo è capire che la sua funzione principale è quella

di caratterizzare il soggetto della proposizione principale, come

nella frase che segue.

Es. Il toro fece due passi in avanti muggendo infuriato.

 
 
 

analisi grammaticale

Post n°3075 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Preposizioni articolate

Le preposizioni articolate sono la combinazione di preposizioni

semplici e articoli determinativi.

Esse seguono le stesse regole dell'articolo determinativo con cui

sono formate

Le preposizioni semplici diadain e su si contraggono con l'articolo

determinativo a creare una sola parola.

illol'laiglile
        
dideldellodell'delladeideglidelle
aalalloall'allaaiaglialle
dadaldallodall'dalladaidaglidalle
innelnellonell'nellaneineglinelle
susulsullosull'sullasuisuglisulle

Del si utilizza negli stessi casi in cui utilizzeremmo l'articolo determinativo

 il, cioè con i nomi maschili singolari che necessitano di una determinazione,

e lo stesso vale per tutte le altre preposizioni.

La preposizione semplice con a volte si contrae con l'articolo e a volte no.

Si può scegliere, ad esempio, tra col e con il oppure tra collo o con lo.

Dove la contrazione potrebbe generare ambiguità come nel caso di collo

, colla, cogli, colle è sempre preferibile evitare la fusione.  

Le preposizioni semplici tra e fra non si legano con l'articolo determinativo

ma rimangono separati (tra lafra i...).

Bisogna poi fare molta attenzione a non confondere le forme articolate

della preposizione semplice di con gli articoli partitivi che indicano

invece una quantità.Ho dello zucchero significa "ho un po' di zucchero" e

 dello in questo caso non è preposizione articolata ma articolo partitivo.

Come comportarsi invece quando le preposizioni si trovano a precedere

il nome di opere letterarie, ditte, pubblicazioni che iniziano con un

articolo determinativo? Scriveremo nel Piacere di D'Annunzio oppure

 ne Il Piacere di D'Annunzio?

Questa difficoltà nasce solamente con le preposizioni semplici di, a, da 

in, mentre con le altre preposizioni non si creano problemi.

Non esistono comunque norme precise e sono tollerate entrambe le forme,

bisogna però tenere presente che la prima è di uso più comune e meno

attento all'integrità del titolo.

Nel caso ci trovassimo davanti a una compilazione bibliografica dovremmo

assolutamente utilizzare la seconda forma, pena la fallacia dell'informazione.

 Se stessimo facendo invece una citazione corrente la separazione della

preposizione semplice dall'articolo sembrerebbe forse troppo convenzionale.

Bisogna quindi sempre tenere conto del contesto.

 
 
 

analisi grammaticale

Post n°3074 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Interiezioni

L'interiezione è una parte del discorso invariabile e ha

la funzione di esprimere emozioni, stati d'animo e reazioni

istintive condensate in una sola espressione, senza legami

sintattici con il resto della frase.

Per essere compresa dagli interlocutori è necessario

che essi conoscano il contesto.

Per questo motivo l'interiezione si può definire deittica, ciò

legata a un qui e ora ben determinato.

L'interiezione è in grado di assumere il significato di un'intera

frase, in base all'intonazione.

Funziona un po' come con le espressioni del viso che veicolano

un messaggio chiaro all'interlocutore senza il bisogno di aggiungere

altro.

Nel caso ci trovassimo di fronte a un testo scritto ci sarebbe

invece necessità di integrare l'interiezione con qualche parola

che ne specifichi il senso, non potendo basarci sul tono con cui

viene pronunciata.

Negli anni, i grammatici hanno operato diverse categorizzazioni

distinguendole in proprie e improprie o primarie e secondarie,

ma indipendentemente dalla denominazione assegnata, è facile

riconoscere due differenti gruppi di interiezioni:

  1. Interiezioni che generalmente contengono la lettera h,
  2.  brevi e che assumono unicamente valore interiettivo 
  3.  come ohahimèahi...
  4. Interiezioni che prendono a prestito parti del discorso
  5.  anche molto diverse tra loro (avverbi, aggettivi, sostantivi, 
  6. intere proposizioni...) e le utilizzano con valore esclamativo
  7.  o interrogativo  (bene!evviva!attenzione!).

C'è poi chi discerne all'interno del secondo gruppo tra interiezioni

improprie e locuzioni interiettive formate da proposizioni e modi di

dire (povero me!santa pazienza!).
Oltre a questo distinguo è poi possibile operare un'ulteriore semplifica-

zione all'interno della prima categoria: è facile individuare interiezioni

semplici, composte, e onomatopeiche.

Le interiezioni semplici si compongono di uno o due suoni vocalici

e possono esprimere dolore (ahi!, ohi!), esitazione o impaccio (ehm,

 uhm), repulsione (ih!), dubbio (mahboh), sorpresa (uh!) e tanti altri

sentimenti e impulsi.

Le interiezioni composte sono formate generalmente da un'interiezione

semplice in combinazione con un pronome personale oppure da due parole

(ahimèorsùsuvvia...). Anche queste voci possiedono diverse sfumature

di significato in base al contesto.

Infine, le interiezioni onomatopeiche, come dice il nome stesso, derivano

da suoni riconoscibili e provengono per la maggior parte dal mondo del

fumetto (puahsplashclaptocwow...).

Potremmo obiettare che praticamente tutte le interiezioni hanno un

valore onomatopeico perché si basano sull'intonazione e il suono, ed

effettivamente più che prestare attenzione alle denominazioni dovremmo

avere ben chiare le distinzioni e la provenienza etimologica di queste

piccole istintive parti del discorso.

È importante poi la giusta grafia delle interiezioni.

Spesso troviamo errori molto gravi come ho! al posto di oh!. L'h va messa

sempre alla fine (ehbehmahtoh...) tranne nel caso in cui ci siano due

vocali come per esempio in ehi!ahi!  e i loro composti come ahinoi! 

 e nel caso di ehm e uhm, dove si posiziona in mezzo.

È possibile trovare senza h quando si tratta di un vocativo (O cari

fratelli!O amica mia!).

L'imperativo alla seconda persona singolare troncata di alcuni verbi

funge talvolta da interiezione come nel caso di te' per "tieni", va'

 per "guarda (  varda)". Oppure ancora dall'apocope di alcune parole

come be' per "bene".

Molte di queste interiezioni hanno origine vernacolare e vengono utilizzate

con frequenza maggiore o minore a seconda della provenienza geografica

dell'interlocutore, ma ormai quasi tutte sono entrate a diritto nell'uso

della lingua italiana.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi logica

Post n°3073 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il soggetto fa parte della frase minima insieme al predicato

e ne completa il significato concordando con esso in genere

e in numero.

Può essere soggetto un sostantivo, una frase intera (soggettiva

, vedi pagina dedicata), un pronome, un avverbio, un aggettivo

sostantivato e qualsiasi altra parte del discorso.

EsI cattivi vincono sempre.

Il perché non te lo dico.

Giocare è divertente.

Dieci è un numero.

Non sempre il soggetto è al primo posto nella frase, può essere

in qualsiasi posizione prima o dopo il verbo.

Es. Di solito mangia Luca.

A volte il soggetto può anche non comparire all'interno della

frase e in quel caso diremo che è un soggetto sottinteso, designabile

eventualmente con un pronome personale a partire dalla voce verbale.

Es. Giochiamo (noi = sottinteso).

Fino ad ora abbiamo parlato del soggetto grammaticale ma esiste

anche un altro tipo di soggetto: il soggetto logico.

Il soggetto grammaticale e il soggetto  logico a volte coincidono,

come nella frase "Luca balla il liscio", ma a volte i due possono

anche essere diversi come nella frase passiva "La pasta è stata

cucinata da Mario".

In questa frase, infatti, il soggetto grammaticale è "la pasta" mentre

il soggetto logico, cioè colui che ha compiuto l'azione (l'agente) è Mario.

Attenti però a non fare confusione!

Nell'analisi logica bisogna sempre trovare il soggetto grammaticale

quindi la funzione sintattica, e "da Mario" sarà complemento d'agente

e non soggetto, anche se semanticamente (a livello di significato) lo è!

Insieme al soggetto si accompagnano a volte gli attributi e le

apposizioni.

L'attributo è un aggettivo che si unisce a un nome per determinarlo o

qualificarlo. Tutti gli aggettivi sono attributi nell'analisi logica.

L'attributo può unirsi al soggetto ma anche alle altre parti del discorso

(complementi, predicati, ecc.).

Es. La casa gialla s'ergeva su un alto sperone di roccia scura.

L'apposizione è un nome che si associa a un altro nome nell'atto di

specificarlo, di meglio denominarlo.

Le sue funzioni sono dunque le stesse di quelle dell'attributo.

L'apposizione può essere semplice (una sola parola) o composta

(più parole), preceduta talvolta dalla preposizione "da", dalla

congiunzione "come" o dalla locuzione "in qualità di" e simili.

Es. Il dottor Freud ha scritto riflessioni importanti.

Pascoli, sommo poeta, ha scritto poesie bellissime.

Pirandello, come sceneggiatore teatrale, è conosciuto più di altri.

Attenzione a non confondere l'apposizione con i complementi

predicativi del soggetto e dell'oggetto! Per cancellare ogni

dubbio visitate la pagina dedicata.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi logica

Post n°3072 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il predicato è qualcosa che si dice, si "predica" sul soggetto e, in

particolare, dà informazioni su:

  • chi è il soggetto;
  • come è il soggetto ;
  • cosa fa il soggetto ;
  • quale azione subisce il soggetto.

Ne esistono di due tipi: il predicato verbale e il predicato nominale.

In questa sede ci occuperemo del predicato verbale, mentre il predicato

nominale verrà trattato nella pagina che segue.

Il predicato verbale è, quindi, un verbo e fin qui tutto bene.

Può mettere in relazione il soggetto con un complemento, ma non

sempre ciò accade.

  Infatti, si può trovare anche solo con il soggetto (frase minima).

Es. Luisa canta.

O addirittura completamente da solo (con soggetto sottinteso).

Es. Canta.

Da ciò possiamo intuire che il predicato verbale è la parte essenziale

di una frase che abbia senso compiuto.

Può essere un verbo attivo, passivo, riflessivo, sia in forma transitiva

che intransitiva (per ripassare queste caratteristiche del verbo leggete

la pagina dedicata).

Il predicato verbale comprende anche i verbi servili (potere, dovere, ecc.)

e i verbi aspettuali, causativi e fraseologici.

Es. Luisa può cantare

"Può cantare" è da considerare come un unico predicato verbale anche

se composto dal servile "potere" e dall'infinito "cantare".

Es. Luisa si trova a cantare

Anche in questo caso "si trova a cantare" è da considerare come un unico

predicato verbale anche se si tratta di un verbo fraseologico (trovarsi + cantare).

Il verbo essere nel predicato verbale ha la funzione di ausiliare nei tempi composti.

Es. Giovanni è arrivato ieri.

Il verbo essere da solo generalmente è considerato predicato nominale,

però bisogna fare attenzione perché può essere considerato, al contrario,

 predicato verbale quando esso significa:

  • Esistere
  • Trovarsi
  • Stare
  • Appartenere
  • Rimanere
  • Abitare
  • Vivere
  • Provenire
  • In generale quando è seguito da preposizione (es. La questione
  •  è tra me e te)

Il verbo avere è considerato predicato verbale sia quando si trova da solo

con il significato di "possedere", sia quando funziona da ausiliare nei

tempi composti.

Per capire fino in fondo il predicato verbale leggete la pagina dedicata

al predicato nominale.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi logica

Post n°3071 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Come abbiamo già visto, il predicato è ciò che viene

affermato sul soggetto.

Il predicato nominale, in particolare, si propone di

chiarire una qualità relativa al soggetto: come è e cos'è.

È costituito dal verbo essere e da un aggettivo, un nome,

un pronome o da un'altra parte del discorso riferita al

soggetto e con esso va concordato in genere e in numero.

Il verbo essere all'interno del predicato nominale è detto

 copula perché svolge un'azione "legante" tra il soggetto

e la qualità espressa.

La parte del discorso seguente al verbo essere è detta invece 

nome del predicato parte nominale.

Nel caso in cui sia un aggettivo, lo definiremo complemento

predicativo del soggetto.

Es. Giulio è un idraulico;

Queste scarpe sono bellissime.

La copula del predicato nominale può essere omessa nel caso

in cui sia già stata espressa la prima volta e si sottintenda ripetuta.

Es. Un fiore è rosso, l'altro giallo.

Il nome del predicato non è mai preceduto da preposizione però

può avere l'articolo, anche il partitivo.

Es. Giovanni e Luca sono dei bei ragazzi.

Oltre al verbo essere possono essere considerati "copula"

alcuni verbi.

Tra gli altri: nasceremorirediventaresembrareparererivelarsi,

restare, rimanere, stare, riuscire, vivere, risultare, le forme passive dei 

verbi trovarelasciarerendereridurreconfessarescoprirevantarsi

chiamarestimarecrearefareeleggerenominaregiudicarericonoscere.

Questi verbi hanno un proprio significato e da soli possono essere

considerati predicati verbali.

Se però sono accompagnati da una parte del discorso che esprime una

qualità relativa al soggetto della frase, cioè da complementi predicativi,

diventano verbi copulativi.

Es. Luisa è rimasta contenta;

Il tuo amico sembra interessante.

Come abbiamo detto il soggetto e il predicato devono sempre concordare

tra loro, anche quando ci troviamo di fronte a predicato verbale.

Se abbiamo più soggetti con generi diversi nella concordanza del

verbo prevarrà il maschile.

Es. Luisa e Luca sono bravi;

Maria e Giovanna sono brave;

Luca e Marco sono bravi.

Dopo questo approfondimento avete ancora dubbi relativi al

predicato nominale? Fate ancora fatica a distinguerlo dal predicato

verbale? Leggete la scheda relativa al predicato verbale e avrete

le idee più chiare!

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi logica

Post n°3070 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Nell'analisi logica i complementi hanno la funzione di arricchire

e integrare le informazioni di una frase minima (soggetto + verbo).

Es. Mirko scrive (frase minima) la lezione (complemento) sul foglio

 (complemento)

I complementi dipendono sempre da qualche altra parte del discorso.

Nel caso dell'esempio riportato i due complementi "la lezione" e

"sul foglio" dipendono entrambi dal verbo "scrive".

Abbiamo però anche dei casi in cui un complemento può dipendere

da un altro complemento.

Es. Mirko scrive sul foglio di Maria

In questa frase il complemento "sul foglio" dipende dal verbo "scrive"

mentre il complemento "di Maria" dipende dall'altro complemento

"sul foglio".

Fatta questa premessa bisogna dire che esistono due tipi di complemento:

il complemento diretto e il complemento indiretto.

Il complemento diretto dipende sempre da un verbo.

Sono complementi diretti il complemento oggetto, il complemento

predicativo del soggetto e il complemento predicativo dell'oggetto.

Questi complementi non sono preceduti quasi mai da preposizione.

Diciamo "quasi mai" perché in alcuni casi è possibile trovare delle

preposizioni o delle locuzioni preposizionali (in quantoin qualità  di...)

davanti ai complementi predicativi, ma esse non pregiudicano il

rapporto diretto tra verbo e complemento.

Alcune grammatiche non inseriscono i complementi predicativi all'interno

della categoria dei complementi diretti appunto per questa loro particolarità

e li presentano come categoria a parte, distinguendoli dal complemento

oggetto che invece dipende sempre da un verbo transitivo attivo e non è

mai preceduto da preposizione. Approfondiremo questa parte nella

pagina dedicata.

complementi indiretti possono dipendere sia da un verbo sia da un altro

complemento.

Sono quasi sempre seguiti da una preposizione o da una locuzione preposizionale

o da un avverbio usato come preposizione.

Se ne possono distinguere diversi tipi, in base alla funzione che svolgono.

Vedremo questi complementi in dettaglio nella pagina dedicata.

Abbiate per ora ben chiara la differenza tra diretti e indiretti e l'analisi logica

sarà molto più semplice.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi logica

Post n°3069 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il complemento oggetto (o complemento diretto) è una parte del

discorso che rappresenta l'oggetto dell'azione espressa dal predicato.

Come abbiamo visto, non è mai preceduto da preposizioni  e

risponde logicamente alle domande "Chi?" o "Che cosa?"

Es. Luisa balla (che cosa?) il tango.

Marco guarda (chi?) Luisa.

Il complemento oggetto può essere un sostantivo ma anche un

pronome, un aggettivo se sostantivato, un verbo con valore

nominale, una proposizione intera (vedremo nella pagina dedicata le

proposizioni oggettive) e in generale una qualsiasi parte del discorso

(pronomi, avverbi, congiunzioni, ecc...).

Es. Ti ho visto.

Non capisce il bello della situazione.

Giulia adora cantare.

Non vorrei che tu pensassi male di me.

Non voglio niente.

Mai dire mai.

Voglio sapere il perché.

Il fatto che non ci siano preposizioni non presuppone automatica-

mente la presenza del complemento oggetto.

Anche i soggetti e alcuni complementi indiretti possono essere

privi di preposizioni.

Bisogna studiare sempre attentamente la funzione logica all'interno

della frase.

Generalmente l'ordine della frase può aiutare.

In italiano infatti si usa l'ordine: soggetto + verbo + complemento

oggetto + complementi indiretti.

Anche in questo modo però non sarete assolutamente certi perché in

alcuni casil'ordine delle frasi può variare.

Quando si tratta di dare enfasi al complemento oggetto, per esempio,

esso può apparire in prima posizione.

Es. Un cane e un gatto ha comprato.

In questo caso il soggetto della frase è sottinteso (egli) e "Un cane e un

gatto" hanno funzione di complemento oggetto.

Solitamente il complemento oggetto è introdotto da verbi transitivi

attivi che esprimono azioni che "passano", "transitano" sull'oggetto.

Ma esistono casi in cui anche un verbo intransitivo può introdurre

un complemento oggetto.

È una circostanza particolare e si tratta del complemento oggetto interno

Interno perché il suo significato è già intrinseco al verbo.

Es. Vivere una vitapiangere lacrime; ecc.

Infine, il complemento oggetto quando preceduto dall'articolo partitivo si

chiama complemento oggetto partitivo.

Es. Ho comprato dei pennarelli.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi logica

Post n°3068 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Come abbiamo visto, i complementi indiretti dipendono

sempre da qualche altra parte del discorso, sia essa il soggetto,

il predicato, il complemento oggetto, un altro complemento

indiretto o attributi e apposizioni.

Da soli non hanno alcun senso compiuto.

I complementi indiretti sono comunemente preceduti da

preposizioni, semplici o articolate.

Es. Ho mangiato la merenda di Carlo.

Ti amerò per sempre.

Oltre alle domande "Chi?" e "Che cosa?", infatti, il predicato

può porre anche altri interrogativi e dotarsi di espansioni di tipo

differente rispetto al semplice complemento oggetto.

In base alla funzione logica che svolgono, i complementi indiretti

sono stati classificati dalle grammatiche in una lunga lista.

Anche se molti studiosi della lingua hanno criticato la classifica-

zione che segue, è ancora molto utile per comprendere fino in fondo

il significato delle frasi e i rapporti tra le parti.

Per questo motivo viene studiata anche a scuola.

In base al ruolo semantico (di significato) possiamo distinguere:

SPECIFICAZIONE (di chi? di che cosa?) Ho guidato l'auto di

Mario; Odio la pizza del supermercato

ARGOMENTO (riguardo a cosa? di cosa?) Sto parlando della

seconda guerra mondiale; Mi ha detto della tua storia

TERMINE (a chi? a che cosa?) Ti ho dato la mano; Ho comprato

la bicicletta a Mario

TEMPO (quando?) Ha pianto per tutto il giorno (continuato); 

Ci vediamo martedì (determinato)

LUOGO  Vivo in città (dove? - stato in luogo); Vado a Roma

(dove? - moto a luogo); Vengo da Roma (da dove? - moto da luogo);

Cammino per la città (attraverso dove? - moto per luogo);

 Sono in paradiso (dove? - metafora - stato in luogo figurato)

MEZZO (con che mezzo?) Sono andato a scuola in bicicletta

MODO (come? In che modo?) Sto mangiando lentamente;

Si parla con intelligenza

MATERIA (di che materiale?) La matita è di legno

CAUSA (per quale causa? a causa di cosa?) Non esco per il

maltempo

COMPAGNIA (con chi? - persone) Esco con Maria

CAUSA EFFICIENTE/AGENTE (da chi? da che cosa?)

 Il vaso è stato rotto da Mario (agente); 

La porta è stata spalancata dal vento (causa efficiente)

COLPA (per quale colpa? per quale reato?) È stato condannato

per atti osceni in luogo pubblico

CONCESSIONE (nonostante cosa?) Nonostante il maltempo è uscito

FINE/SCOPO (per cosa? per quale scopo?) Studio per imparare

DENOMINAZIONE (di cosa? - denominazione) Il lago di Garda

PARTITIVO (tra chi?) Alcuni tra voi non credevano in me

MISURA (quantità di misura) Giovanni pesa 100 chili

PREZZO/STIMA (quanto? - prezzo) Questa casa costa un patrimonio;

Hanno stimato l'orologio cento milioni di euro; Pensano che questo

ragazzo valga una fortuna

UNIONE (con che cosa? - oggetto) Vado a scuola con lo zaino

VANTAGGIO/SVANTAGGIO Questa legge è a vantaggio dei lavoratori;

 Lottano contro l'anoressia

PARAGONE (di che cosa? rispetto a chi/che cosa?) L'aereo mi fa più

paura dell'automobile

LIMITAZIONE (limitatamente a cosa? riguardo a cosa?) Limitatamente

ai contenuti il tema era da dieci

ETÀ (di che età? di quanti anni?) Giovanni è un ragazzo di 12 anni

ALLONTANAMENTO/SEPARAZIONE  La vita allontana le persone

dal loro obiettivo

ORIGINE/PROVENIENZA Luisa viene dall'Italia

QUALITÀ  È una donna di grande intelligenza

ABBONDANZA/PRIVAZIONE (pieno di/privo di) Quest'armadio è pieno

di vestiti; I ragazzi giovani sono privi di soldi

PENA (con quale pena?) È stato condannato a vent'anni; 

Hanno multato Sabrina di dieci euro

VOCAZIONE (appellativo diretto) Giulia, vieni qui!

ECCETTUATIVO  (tranne chi? tranne che cosa?) Mangio tutto tranne

la carneEscono tutti eccetto te

SOSTITUZIONE/SCAMBIO Cambio la mia penna con la tua cartella

AGGIUNZIONE (oltre a chi/che cosa?) Oltre a me ci saranno 20 persone

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi del periodo

Post n°3067 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

La sintassi come abbiamo già visto concerne la relazione e lo

scopo delle diverse parti del discorso.

La proposizione è un'unità di significato autonoma avente

significato compiuto ed è analizzabile logicamente di per se

stessa.

Il periodo (o frase complessa) è invece un insieme di proposizioni

tra loro legate in modi differenti.

Il legame tra due proposizioni all'interno di un periodo è studiato

dalla cosiddetta analisi logica del periodo.

Solitamente per distinguere le diverse proposizioni all'interno del

periodo è possibile cercare le voci verbali, siano esse espresse

direttamente o sottointese nella frase.

Al numero dei verbi coinciderà il numero delle proposizioni.

Due proposizioni possono essere collegate da un rapporto di

 coordinazione e non dipendere l'una dall'altra per quanto riguarda

il livello sintattico o da un rapporto di subordinazione che

prevede invece una reggente (proposizione principale) e una 

subordinata (o proposizione dipendente) che non può essere

autonoma.

Nella frase Ho preso la palla e l'ho gettata nella spazzatura le

due proposizioni sono coordinate tra di loro dalla congiunzione

"e".

Al contrario nella frase Non uscirò di casa stasera perché ho la

febbre possiamo notare un rapporto di subordinazione reso possibile

dalla congiunzione "perché".

La proposizione principale e quella coordinata presentano voci verbali

finite mentre le subordinate possono essere di tipo implicito, e avere

quindi modi indefiniti, oppure di tipo esplicito con verbi di modo finito.

Es. Non ho intenzione di piangere per soffrire in questo modo

Es. Non ho intenzione di piangere perché non voglio più soffrire in

questo modo

Le subordinate implicite aiutano a snellire il discorso e lo rendono

più diretto e semplice, a volte però per disambiguare le situazioni è

opportuno utilizzare subordinate esplicite.

Molto dipende anche dalle scelte stilistiche di chi scrive e dai destinatari

a  cui il testo è rivolto.

Le proposizioni subordinate all'interno di un periodo possono anche essere

più di una, in questo caso le distingueremo dal grado di subordinazione.

Es. Sono andata da mia sorella perché mi mancava dopo aver passato

tutto quel tempo in Canada.

Analizziamo questa frase. Sono andata da mia sorella è la proposizione

principale, la reggente; perché mi mancava è invece la subordinata di primo

grado, è collegata direttamente da un rapporto di subordinazione alla reggente; 

dopo aver passato tutto quel tempo in Canada, invece, è la subordinata di

secondo grado perché è a sua volta collegata alla subordinata di primo grado.

Nella struttura di un periodo potremmo andare avanti ad oltranza con i

gradi di subordinazione.

Ovviamente la frase crescerà di complessità e dovremo essere in grado

di gestirla con attenzione.

L'oratore latino Cicerone è noto per il suo equilibrio nel periodare.

Il suo stile, pur utilizzando la subordinazione, è limpido e chiaro, ed è

stato definito "geometrico" perché le diverse parti sono orchestrate con

grande maestria.

Non tutti però siamo "ciceroni" per cui il consiglio è di valutare le proprie

possibilità ed esprimersi in modo chiaro per l'interlocutore.

Oltre alle proposizioni principali e a quelle subordinate esiste anche un

altro tipo di proposizione: la proposizione incidentale.

Essa è solitamente racchiusa tra due virgole, all'interno di parentesi o tra

due trattini.

Non dipende dalla principale e a sua volta non può essere considerata

una proposizione reggente.

Possiamo dire che è una frase a sé, da analizzare quindi come tale.

Quando siamo di fronte a un periodo determinato da rapporti di coordinazione

lo definiamo composto, quando invece regna la subordinazione parliamo di

 periodo complesso.

Se invece il periodo coincide con una sola proposizione allora allora si

tratta di un periodo semplice.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi del periodo

Post n°3066 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Un periodo si dice composto quando è formato da due o più

proposizioni tra loro dipendenti.

Le subordinate da sole non hanno senso compiuto e sono in

rapporto gerarchico con una frase principale (o reggente)

dalla quale dipendono sia dal punto di vista grammaticale che

a livello di significato.

Es. Quando arriverà Carlo, mi preparerò.

Una proposizione subordinata (o secondaria) può a sua volta

funzionare da reggente per un'altra proposizione e quest'ultima

può reggerne una terza.

Esistono quindi diversi gradi di subordinazione, potenzialmente

infiniti, nei limiti della competenza di chi scrive.

Es. Giovanna aveva una zia che abitava a Parigi, una città che

Giovanna conosceva bene.

Le subordinate possono essere esplicite se contengono un verbo di

modo finito, o implicite se sono costruite con un modo indefinito.

Una proposizione esplicita riesce a veicolare maggiori informazioni

di tempo e sintattiche, ed è in grado di indicare chiaramente la persona

. È possibile quindi capire in che rapporto temporale si trovano

principale e subordinata (contemporaneità, anteriorità e posteriorità) e

capire di che tipo di subordinata si tratta.

Es. Arrivato Luigi, Giovanna scappò di casa;  (implicita)

Quando Luigi arrivò, Giovanna scappò di casa;

Poiché era arrivato Luigi, Giovanna scappò di casa.

Il costrutto implicito, invece, utilizzando le parole di Serianni,

"ha meno latitudine temporale".

L'infinito, ad esempio, può esprimere solo contemporaneità e

anteriorità, non posteriorità.

Idem il gerundio. Le proposizioni implicite non sono introdotte

da congiunzioni come invece avviene per le subordinate esplicite.

Es. Ho chiesto a Luisa di arrivare presto;

Ho chiesto a Luisa che arrivasse presto.

I criteri di classificazione delle subordinate sono vari.

La maggior parte delle grammatiche riconduce però il periodo

complesso alla struttura della frase semplice, ritrovando nei

complementi e nel soggetto dei modelli per la categorizzazione

delle subordinate. 

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi del periodo

Post n°3065 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Un periodo composto è formato da due o più proposizioni

legate mediante congiunzione coordinativa o per asindeto.

Ogni proposizione è di per sé indipendente a livello grammaticale

e ha senso compiuto.

Il significato generale della frase però si deduce dall'insieme di

tutte le proposizioni.

Es. Giovanna mangia, Luca fa i compiti e Marisa canta;

Oggi c'è il sole ed esco.

È quindi necessaria la presenza di due o più predicati. Giovanna e

Luca mangiano non è un periodo composto perché il verbo è uno

solo: "mangiano", nonostante i due soggetti siano collegati da una

congiunzione coordinativa.

Spesso in italiano, soprattutto nel parlato, si producono frasi ambigue

per la mancata ripetizione del soggetto.

Nel registro colloquiale un simile uso è ammesso perché il "non detto"

è deducibile dal contesto ma a livello grammaticale, nella lingua scritta,

è da evitare accuratamente.

Es. Maria è uscita con Anna e Marco e le ha raccontato le ultime notizie.

Il soggetto di "ha raccontato", così come il referente del pronome "le" non

sono intuibili con le sole informazioni che ci derivano da questa

proposizione; bisognerà inserirla in un contesto ben determinato.

Approfondiremo la coordinazione e l'asindeto nelle sezioni dedicate.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi del periodo

Post n°3064 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Proposizione ellittica

Come abbiamo già detto, siamo di fronte a una proposizione

ellittica quando il soggetto o il predicato non vengono espressi

ma sono intuibili dal contesto.

Es. Mangio più tardi.

Io no, tu sì.

Ciò non vuol dire che l'espressione dell'emittente della frase non

sia completa e autonoma.

Nell'esempio che abbiamo appena presentato, il soggetto è già implicito

nel verbo, possiamo quindi facilmente capire la persona (1° singolare)

dalla desinenza verbale.

Una forma molto comune di ellissi è possibile riscontrarla nei dialoghi

e in particolare nelle risposte.

Spesso, infatti, alcune informazioni vengono date già per scontate perché

già fornite all'inizio della comunicazione o perché deducibili dalla circostanza.

Es. Chi se la sente di dar da mangiare ai gatti? Io certamente no!

Luisa era bella; Marta, intelligente.

Nella frase "Io certamente no" è sottinteso "non me la sento di dar da mangiare

ai gatti" perché quest'informazione è già presente e chiara nella domanda e non

è utile ripeterla, anzi è ridondante.

Nella seconda frase, invece, assistiamo all'ellissi del verbo essere, sostituito da

una virgola, per evitare la ripetizione.

In certi casi, poi, l'ellissi può riguardare non solo il soggetto o solo il predicato

della frase, ma entrambi.

Es. Quanto vuoi restare lì dentro? Ancora cinque minuti;

Nella proposizione semplice "Ancora cinque minuti" sono presupposti sia il

soggetto sia il verbo perché superflui per la comprensione.

La frase si regge su un semplice complemento di tempo continuato.

Alcune subordinate sono in apparenza prive di reggente.

Questo avviene per ellissi completa della principale come nel caso di dialoghi

o per l'ellissi del verbo essere nella reggente con particolari costrutti avverbiali,

aggettivali e nominali come fortuna che, menomale che, peccato che, possibile

che.

Es. Menomale che domani non devo lavorare;

Perché non esci stasera? Perché ho da fare (sottinteso: "Non esco perché...").

Su queste presupposizioni e informazioni implicite si basano la maggior parte

dei discorsi quotidiani di ognuno di noi.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi del periodo

Post n°3063 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

In italiano distinguiamo circa una ventina di tipi di subordinate.

Forniamo di seguito qualche informazione relativa alle categorie

più importanti, da approfondire su una buona grammatica.

COMPLETIVE OGGETTIVE E SOGGETTIVE

Esistono subordinate che possono avere funzione di soggetto e di

oggetto e fanno parte del "nucleo" della reggente, la completano.

Es. Marco pensa che Giovanna abbia già mangiato;

È meglio che tu smetta di pensare.

La subordinata "che Giovanna abbia già mangiato" completa il nucleo

del verbo "pensare" con funzione di oggetto.

La subordinata "che tu smetta di pensare" assume invece funzione di

soggetto del periodo.

Le completive ammettono due costrutti: implicito (con l'infinito) o

esplicito (con indicativo, congiuntivo e condizionale).

Le proposizioni oggettive e soggettive possono essere rette da un sostantivo,

da un aggettivo o da un verbo.

Es. Ci addormentammo ansiosi che la notte lasciasse il posto al giorno;

Credo che tu abbia da fare;

Fortuna che sei arrivato in orario!

DICHIARATIVE

Le proposizioni dichiarative precisano o illustrano un elemento della

reggente, un sostantivo, un pronome o un aggettivo dimostrativo, un

pronome o un aggettivo indefinito, un avverbio.

Sono da paragonare all'apposizione nella frase semplice, per la loro funzione.

Es. Disse la sua opinione: che tutti potessero avere una casa!

Questo non vorrei: che tu ti perdessi in inutili digressioni;

Così funzionava tra la gente del paese, che ognuno aveva le sue funzioni

e nessuno poteva fare altro.

È ammesso sia il costrutto esplicito (con che+ indicativo o congiuntivo) sia

il costrutto implicito (infinito, preceduto oppure no dalla preposizione semplice di).

Spesso la reggente e la dichiarativa sono separate anche graficamente, dai due

punti.

A volte la dichiarativa può essere introdotta da cioè, per meglio puntualizzare

che si tratta di una precisazione di quanto in precedenza detto.

INTERROGATIVE INDIRETTE

Le interrogative indirette contengono un dubbio o esplicitano una domanda

contenuta nella reggente.

Es. Mi chiede che cosa penso di Maria;

A volte le interrogative indirette sono considerate una sottospecie delle

completive, come se fossero delle oggettive.

In realtà la differenza esiste e consiste in differenti congiunzioni di subordinazione

(se, quando, come, perché, che cosa... ) e nel fatto che le interrogative

riferiscono un dubbio o una domanda mentre le oggettive contengono

un'enunciazione.

Esistono interrogative indirette esplicite (con indicativo, congiuntivo e

condizionale) e interrogative indirette implicite (con l'infinito presente).

Es. Mi chiedo dove uscire.

Questo costrutto ha un accentuato significato dubitativo e necessita che il

soggetto della reggente e quello della subordinata coincidano.

CAUSALI

Le proposizioni causali, come possiamo facilmente intuire, esprimono

la causa di una determinata azione espressa nella reggente.

Es. Non mangio perché non ho tanta fame.

Possiamo distinguere tra causali esplicite (costruite con l'indicativo, e in

alcuni casi con il congiuntivo e il condizionale) e causali implicite (con

gerundio, participio passato, infinito).

Il congiuntivo, in particolare, compare quando si tratta di una causa

fittizia e il condizionale in causali con intento attenuativo e valore

desiderativo, potenziale.

Es. Non mangio non perché non abbia fame ma perché non mi piace

la minestra;

La chiamo perché vorrei parlarle della mia attività.

Le proposizioni causali esplicite sono introdotte da: ché, perché, poiché

, dal momento che, siccome, giacché, per il fatto che, in quanto, dato che,

considerato che, visto che, essendo che.

Le proposizioni causali implicite sono introdotte da: per/a/con/per il fatto

di + infinito o sono costruite semplicemente con il participio passato o il gerundio.

FINALI

Indicano lo scopo, il fine.

Es. Sono uscito per cercare Mario.

Possono essere implicite (con l'infinito) o esplicite (con il congiuntivo presente

o imperfetto).

Nella costruzione esplicita sono introdotte da ché, affinché, perché.

Il costrutto implicito è, ad ogni modo, il più utilizzato, soprattutto nella lingua

parlata.

Esso è introdotto dalle preposizioni per, di, a, da, e, meno frequentemente da onde.

CONSECUTIVE

Indicano la conseguenza dell'azione della reggente.

Esistono due tipi di costrutti consecutivi.

Quelli che presentano un antecedente nella reggente e i costrutti deboli che invece

sono semplicemente introdotti da una congiunzione o una locuzione congiuntiva

(tanto che, che, sicché, ecc.).

Es. Era così bella da togliere il fiato;

Non ho lavorato ieri, tanto che oggi mi trovo in difficoltà.

Le consecutive esplicite possono essere costruite con l'indicativo, il congiuntivo o il

condizionale; le consecutive implicite, con l'infinito (presente o passato) introdotto

dalle preposizioni semplici di, per, da.

IPOTETICHE

Indicano la condizione per cui accade o potrebbe accadere l'azione espressa nella

principale.

La reggente (apodosi) e la subordinata ipotetica (protasi) formano insieme il

periodo ipotetico.

La protasi è introdotta da congiunzioni come se, qualora, nel caso che, ecc.

A volte essa rimane sottintesa.

Es. Vorrei uscire, se a te andasse;

Sarebbe un racconto che non vorrei leggere. (sottinteso "se fosse...").

Il periodo ipotetico viene di norma distinto in: reale, quando è presente

l'indicativo sia nella protasi che nell'apodosi; possibile, quando nella protasi

troviamo il congiuntivo e nell'apodosi il condizionale; irreale, con congiuntivo

nella protasi e condizionale nell'apodosi, quando però l'ipotesi è sicuramente

irrealizzabile; misto, quando avviene una contaminazione di tempi.

Luca Serianni ritiene, tuttavia, questa suddivisione insoddisfacente, soprattutto

per la scarsa possibilità di determinare con sicurezza se un periodo è possibile

o irreale.

Quando nel periodo ipotetico reale utilizziamo il trapassato prossimo e

l'imperfetto ci riferiamo quasi sempre a un'ipotesi che non si è realizzata.

È un costrutto molto utilizzato in contesti colloquiali.

Es. Se parlavo, mi uccidevano.

Quando nella protasi introdotta da se troviamo il congiuntivo e nell'apodosi

il condizionale, per esprimere contemporaneità utilizziamo: congiuntivo

imperfetto-condizionale presente; congiuntivo trapassato-condizionale

passato.

Per esprimere anteriorità usiamo: congiuntivo trapassato- condizionale

presente.

Quando nella protasi introdotta da altre congiunzioni come qualora, purché,

a patto che troviamo il congiuntivo e nell'apodosi il condizionale, per

esprimere contemporaneità utilizziamo: congiuntivo presente/imperfetto

-condizionale presente; congiuntivo trapassato-condizionale passato.

Per esprimere anteriorità usiamo: congiuntivo passato/trapassato-

condizionale presente.

CONCESSIVE

Le concessive introducono un elemento di rottura tra una causa e l'effetto

supposto.

Sono introdotte da benché, anche se, pure, anche, nemmeno a, sebbene,

malgrado, nonostante, seppure, per quanto e da altre congiunzioni, avverbi,

pronomi indefiniti o locuzioni congiuntive e avverbiali.

Es. Benché sia anziano, non ha dolori di nessun tipo.

Le concessive possono essere esplicite e costruirsi con l'indicativo, il congiuntivo

e il condizionale o implicite e costruirsi con l'infinito, il gerundio e il

participio passato.

TEMPORALI

Indicano la relazione di tempo sussistente tra subordinata e reggente in un rapporto

di anteriorità, contemporaneità, posteriorità.

Nella costruzione esplicita si possono utilizzare tutti i tempi dell'indicativo.

Il congiuntivo serve invece a indicare un'eventualità, un'incertezza.

Il condizionale si usa per gli stessi motivi per cui lo utilizzeremmo in una

principale.

Le proposizioni temporali sono introdotte da quando, come, dal momento in cui,

finché, allorché, mentre, da quando, prima che, dopo che, non appena, una volta

(che), ogniqualvolta; da preposizioni semplici come al, nel, col, sul + infinito;

prima di/dopo di + infinito; o possono costruirsi con il semplice gerundio o il

participio passato (talvolta introdotto da dopo o da una volta).

Es. Dopo mangiato, sono andato a casa;

Finché canterai ti starò ad ascoltare;

Prima che cantassi, Luisa era già a teatro.

AVVERSATIVE

Indicano una circostanza "avversa" alla reggente.

Sono introdotte da quando, da mentre, da laddove e da nonché.

Possono essere esplicite (con indicativo e condizionale, nonché + congiuntivo)

o implicite (con l'infinito talvolta introdotto da invece di, anziché, in luogo di,

piuttosto che).

Es. Stai guardando i miei errori, quando invece dovresti guardare i tuoi.

MODALI

Esprimono il modo in cui si svolge l'azione contenuta nella reggente.

Sono implicite e si costruiscono con il gerundio (presente o passato)

oppure con l'infinito introdotto da con.

Es. Parlava scandendo le parole lentamente.

Alcune grammatiche includono nelle modali i costrutti espliciti introdotti

da come, nel modo in cui e secondo che.

Es. Si comportava come se nulla fosse.

RELATIVE

Le proposizioni relative svolgono nel periodo suppergiù la stessa funzione delle

apposizioni o dell'attributo nelle frasi indipendenti e dànno informazioni su un

determinato elemento della reggente, detto antecedente.

Nella frase relativa, l'antecedente è rappresentato da un pronome o da una

congiunzione relativa.

Es. Ho comprato una casa che non è né piccola né grande.

In questa frase l'antecedente è "casa" ed è sostituito dalla congiunzione relativa

che, nella subordinata.

Il che in questo caso fa da soggetto della frase relativa, ma, in genere, può

avere altre funzioni logiche.

Le relative si distinguono in relative limitative e relative esplicative.

Le prime sono fondamentali a definire il significato dell'antecedente e

senza di esse la frase rimarrebbe sospesa; le seconde si configurano più

come un'aggiunta.

Es. Prendi le cose di cui hai bisogno; (limitativa)

I ragazzi che hanno visto il film sanno spiegare la trama; (solo i ragazzi

che l'hanno visto - limitativa)

I ragazzi, che hanno visto il film, sanno spiegare la trama.

(Tutti i ragazzi hanno visto il film e sanno spiegare la trama - esplicativa)

Notare come l'uso della punteggiatura aiuti a distinguere i due tipi di

frase.

Le relative possono essere esplicite (con l'indicativo, il congiuntivo e il condizionale)

o implicite (con l'infinito).

Possono essere introdotte da che, il quale, cui, dove e da pronomi misti come chi.

Una relativa implicita può essere costruita anche con la preposizione semplice a

accompagnata dall'infinito.

Es. Giovanna è stata la prima a cantare sul palco.

AGGIUNTIVE

Aggiungono "una circostanza accessoria" all'azione espressa nella principale.

Sono implicite ed esplicite e vengono introdotte da oltre che oppure da oltre a.

Es. Oltre a dormire che cosa fai nella vita?

ESCLUSIVE

Indicano il mancato verificarsi di un'azione, sono in genere introdotte da

senza o da senza che.

Es. Senza mangiare non si può vivere;

Senza aver preparato la valigia, partì, in piena notte.

ECCETTUATIVE

Indicano una restrizione rispetto alla reggente.

Possono essere esplicite e costruirsi con indicativo, congiuntivo o condizionale,

o implicite e costruirsi con l'infinito.

Sono introdotte da eccetto che, salvo che, tranne che, fuorché, a meno di, se non.

Es. A meno che non parli, sarò costretto a punirti.

LIMITATIVE

Esprimono una limitazione rispetto alla reggente, un punto di vista o un ambito

di validità.

Es. Per quanto ne posso sapere, non ci sono ragazze more nella sua classe.

Sono introdotte da: per quel che, per quanto, che e locuzioni simili.

Esistono costrutti limitativi infinitivali del tipo: aggettivo+a/per/in/da+ infinito;

aggettivo+da+infinito composto col si passivante; a/per +infinito.

Es. Difficile a dirsi, facile a farsi;

Era più semplice da concepirsi.

A guardarlo, non sembrava un ragazzo.

Rossella Monaco

 
 
 

Analisi del periodo

Post n°3062 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

La proposizione incidente è al contrario di molte altre

proposizioni slegata dal resto del discorso, sintatticamente

parlando, anche se concorre a specificare il significato delle

proposizioni a cui si accompagna.

È detta anche proposizione parentetica perché viene spesso posta,

all'interno della frase, tra due parentesi, due trattini o due virgole.

Si tratta quindi di un "inciso", di una proposizione indipendente.

È facilmente riconoscibile anche perché senza di essa il significato

della frase è comunque compiuto.

Veicola informazioni accessorie comunque utili alla comprensione.

Es. Luca, chi l'avrebbe mai detto, ha passato l'esame di maturità a

pieni voti;

Giovanna, benché sia figlia di genitori austriaci, è italiana.

La proposizione incidente è utilizzata soprattutto nel discorso diretto

e nel parlato.

Conferisce naturalità, colloquialità ai discorsi scritti e permette una

certa confidenza con il lettore.

Es. Don Abbondio (il lettore se n'è già avveduto) non era nato con

un cuor di leone - A. Manzoni.

Rossella Monaco

 
 
 

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