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Cris' personal blog

la seconda parte del diario di bordo...perchè io mantengo le promesse! ^__^

 

 

Post N° 152

Post n°152 pubblicato il 11 Aprile 2008 da c.rendina

 

ventiquattro anni fa venivo alla luce. l’undici aprile del millenovecentoottantaquattro.
quante volte ho sentito i miei raccontare i particolari di quella notte?
quante volte li ho visti emozionarsi al ricordo della nascita della loro primogenita?
e non posso fare a meno di sorridere anche io, tutte le volte che li sento raccontare dei miei primi giorni di vita, di cui non posso ricordare nulla. tantomeno mio nonno, che pur di vedermi, si era degnato di entrare in un ospedale. chissà cosa deve aver pensato ognuno di loro vedendomi.
ho sempre amato il giorno del mio compleanno, poiché da lì è partito tutto. non sarò mai in grado di dire grazie abbastanza per tutto questo. sono passati più di vent’anni, ed oggi è il primo compleanno senza di te. fa uno strano effetto, sono contenta, ma mi sono sentita anche malinconica in questi giorni. è normale, mi ci dovrò abituare. sarà comunque un buon compleanno, lo so, attorniata dalla mia famiglia, da Davide e dalle amiche,  che già da una settimana sono in fervore e si stanno facendo in quattro per festeggiare me. per omaggiarmi della loro presenza, per dimostrami il loro affetto.

 

BuOn CoMpLeAnNo A Me ...

 
 
 

FEELINGS

Post n°151 pubblicato il 26 Marzo 2008 da c.rendina

Foto: Flickr by francescovinci58 - Piacenza 

 

ritorno a respirare, nell’aria fresca delle sette e mezza, appena uscita da lavoro, andando a prendere la macchina. impossibile non accorgersi della stagione che cambia, e distogliere lo sguardo dalla luce del crepuscolo negli ultimi minuti di vita per oggi, prima che il manto stellato della notte sopraggiunga. quella mezz’ora che precede l’ultima parte della giornata è sempre stato il mio momento preferito: è raro poter ammirare così tante sfumature di colore tutte assieme. e poi è il momento del rientro, delle riflessioni, di quando si “tirano le somme” della giornata. di quando ci si fa prendere, a seconda dei casi, dalla malinconia o dall’euforìa che ci siamo portati appresso tutto il tempo.

sono stati un paio di giorni rigeneranti, me ne rendo conto eccome. mi sento leggera, contenta al solo pensiero dei nostri semplici momenti insieme: di un sonno che ci coglie di sorpresa dopo un pranzo troppo abbondante alle sei di sera, abbracciati stretti; del tuo sguardo fisso e del tuo sussurrarmi “ti amo” tra le lenzuola dopo aver fatto l’amore, nella penombra della mia camera; il camminare fianco a fianco, col cane al guinzaglio che ci tira un po’ dove vuole lui, facendo inciampare gli altri passanti alla nostra minima distrazione; alla veglia pasquale, vicini, in piedi con le candele in mano nel buio diffuso di una chiesa immensa ed affollata, cullati dal canto di una voce d’uomo vibrante, annunciatore di un messaggio di gioia. sono queste le piccole cose che mancavano troppo spesso ormai ultimamente nella mia quotidianità. sono questi i momenti per i quali ho provveduto a trovare il tempo di assaporare. avevo semplicemente bisogno di allentare la presa, di stare più tranquilla. di respirare vita.vera. la mia.

ultimamente non penso a molto di quello che sarà tra una settimana, un mese; penso ad oggi, alla forza che posso trarre da tutto ciò che ho, e che mi sono costruita e meritata col tempo. penso al sostegno di un legame forte, e di tanti piccoli legami saldi. penso al legame con me stessa pure, a quell’amor proprio e alla fiducia nelle mie capacità ed in quelle degli altri che sto imparando a rafforzare.

penso che se tutte le persone che mi stanno vicino continuano a credere nelle mie capacità un motivo ci deve pur essere. e per non deludere le loro, ma soprattutto le mie aspettative, ho preso la decisione e mi sono iscritta ad un master di arredamento d’interni a milano. un altro corso, un altro esame finale, altre conoscenze da assimilare. sono un po’ spaventata, non è una strada certa quella che sto percorrendo. comporterà sacrifici a livello economico, ma tutto sommato se è per me stessa mi sono detta che va bene, me lo devo.

 

e intanto il tempo passa e va.

giorno dopo giorno è tutta

una trasformazione, di cose

stati d'animo sensazioni.

la.mia.metamorfosi.continua.

 
 
 

EMOZIONI TRA LE RIGHE

Post n°150 pubblicato il 05 Marzo 2008 da c.rendina

 

"Sono diventato la persona che sono oggi all'età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.  "  

Così comincia “Il cacciatore di aquiloni” (titolo originale “The Kite Runner”),  il primo romanzo dello scrittore americano di origine afgana Khaled Hosseini; ero un po’ scettica se leggerlo o meno, ma era un po’ che mi incuriosiva e finalmente eccomi qui a recensirvelo dopo una lettura tutta d’un fiato. Mi sono ritrovata tra le mani un romanzo commovente, che tra le tante righe intrise di avvenimenti tristi e dolorosi per ciascuno dei protagonisti, si conclude con un messaggio di speranza, e cioè che c’è sempre un’opportunità per riscattarsi, se non per redimersi dagli errori passati.

Chi parla è il protagonista, Amir adulto che vive da ormai vent’anni in America, dove si è rifugiato da ragazzo con il padre, e dove è riuscito a costruirsi una famiglia, una carriera. Quando riceve una telefonata inaspettata da parte di un caro amico del padre a San Francisco, comprende che è giunto il momento di partire e tornare a casa, un momento che rimandava da anni. Il viaggio di ritorno diventa sinonimo ed incarnazione di un viaggio dentro di sé, un viaggio di espiazione e di riscatto. Finalmente Amir trova il coraggio di guardarsi realmente e di accettarsi per l’uomo che è diventato, imparando a convivere ma soprattutto ad affrontare i ricordi assordanti e prorompenti provenienti dal passato, sensazioni sopite dentro di lui ma mai dimenticate. Ad attenderlo non ci sono però solo i rimorsi e i fantasmi della sua coscienza; quella che una volta era la sua casa e patria è ora una landa desolata, terra di relitti umani e di donne invisibili, dopo gli indiscriminati stermini dei talebani; incrociare il loro sguardo, il più delle volte, significava torture ingiustificate e, non raramente, persino la morte.

E’ allora che Amir ritorna con la memoria a trent’anni prima, quando Kabul era una città in cui volavano gli aquiloni e in cui i bambini davano loro la caccia. Amir e Hassan hanno trascorso lì la loro infanzia felice. Niente al mondo può però cambiare la loro posizione sociale agli occhi della gente: l’uno pashtun, l’altro hazara; l’uno sunnita, l’altro sciita; ma soprattutto l’uno padrone, l’altro servo. e se Hassan, con il suo viso da bambola cinese, mostra completa dedizione nei confronti di Amir, quest’ultimo dimostra invece la propria vigliaccheria non intervenendo nel momento del bisogno per trarre in salvo l’amico, anzi, il fratellastro, come gli verrà svelato solamente molti anni dopo. E’ una storia di padri e figli (Amir a dir poco venerava il padre, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderlo orgoglioso di lui) di amicizia e tradimento, di rimorso e redenzione, di fughe e ritorni sullo sfondo di un Afghanistan schiacciato dalla morsa sovietica prima e dai talebani poi. Una storia di amicizia attraverso trent’anni di storia afghana, dalla fine della monarchia all’invasione russa, dal regime dei talebani fino ai giorni nostri, questo è ciò che rende speciale e pieno d’atmosfera questo romanzo. 

  

“ c’è sempre un modo per tornare ad essere buoni”

 
 
 

VITA DI TUTTI I GIORNI

Post n°149 pubblicato il 28 Febbraio 2008 da c.rendina

 

“nelle mie parole c’è il potrei, il dovrei .. ma il vorrei? dove è finito?”

 

sono passate due settimane in un batter d’occhio, ma grandi novità per ora non si profilano all’orizzonte. solita routine quotidiana, se non fosse che questo fine settimana ho “bigiato”. sì, mi sono presa un week-end per me e per D., visto che era un po’ che non succedeva. mi è sembrato strano, non essere a lavoro, mangiare ad orari decenti e prendermela comoda, ma è stata la cosa più intelligente che potessi fare. sto continuando la mia “opera”, tra curriculum da lasciare e corsi da cercare, possibilmente da frequentare anche a distanza. per ora aspetto una risposta, anzi due: una per un corso, ed una per un colloquio. quanto non sopporto dover stare sulle spine! soprattutto per qualcosa che mi interessa. paradossalmente più mi sento negare e più mi viene voglia di accanirmi, di “farmi notare”. non nego che tutta la situazione mi metta addosso anche parecchio nervoso, ma comincio a pensare che questo mio “essere in un limbo” porterà entro l’anno a buoni frutti a livello personale.

 

“come se avessi preso le distanze dalla situazione, e cercassi di analizzarla”

 

vorrei riuscire a parlare di altro, di me, delle mie sensazioni .. vorrei anche in questo momento giorno per giorno riuscire a descrivere e fissare una giornata passata con il mio lui, una conversazione tra amiche, il cambio delle stagioni e quanto altro faccia parte del mio quotidiano. continuare la linea parallela di ciò che fa star bene l’anima. impossibile. non ci riesco qui come nella vita di tutti i giorni.  escono pensieri, parole appena accennate, incomplete. non è raro che mi faccia trasportare da una preoccupazione infondata. come il timore di non essere adeguata a determinate attività, di non riuscire a tenere i fili di più cose per volta, di non essere abbastanza presente per D. e persino per  me stessa. più le preoccupazioni sono pressanti e meno riesco ad esternare a voce e su carta quello che sento.

 

“eppure anche parlare di lavoro è qualcosa di strettamente personale” 

 

mi dicono che è normale sentirsi così, che è il momento di agire, di fare, di provare qualsiasi occasione mi si presenti davanti. giustissimo. neppure vedo altre alternative. eppure sì sono angosciata per la situazione, ma non credo di essere una sprovveduta. è normale incontrare difficoltà nell’inserirsi in un determinato campo. nessuno ti conosce, nessuno può sapere se fai sul serio, se sei preparata oppure no. fiducia in me da trasmettere agli altri. questo il prossimo passo.

 

 
 
 

DAL DI DENTRO

Post n°148 pubblicato il 15 Febbraio 2008 da c.rendina

foto: from Flickr by Demona

 

ho perso le parole/
eppure ce le avevo
qua un attimo fa/
volevo dire cose ..

 

non ho molto da dire. silenziosa qui come nella vita di tutti i giorni. una me taciturna a cui non sono abituata, che fatico a comprendere. una me distratta, che non sa bene da che parte guardare. che non riesce a godersi i piccoli attimi di gioia di ogni giorno. che salta per un nonnulla. che aggredisce pure senza un motivo palese. che raramente la mattina si guarda allo specchio e scorge la solita scintilla vispa in fondo agli occhi e il suo sorriso spavaldo sulle labbra.

mi dispiace “vedermi” così. nonostante i bei discorsi, le belle parole e le buone intenzioni. da domani andrà meglio .. forse. è questo quello che continuo a ripetermi. che D. mi ricorda premuroso, dispiaciuto nel vedermi così “persa” nei miei pensieri, ma consapevole delle difficoltà che sto incontrando. il fatto è che finchè non mi “sistemo” un po’ meglio a livello personale, rimarrò ossessionata dalle mie paure, dal nervoso, dalle perplessità, e non riuscirò a pensare a molto altro. non sono mai stata brava a portare avanti più cose per volta, ed ancor più a tenere separati i problemi da ciò che invece “funziona”.

non mi va di scrivere, di fotografare, di raccontare. non riesco nemmeno a piangere quando ne avrei bisogno, quando sento il magone in gola e il pizzicorìno agli occhi. sono rari i momenti in cui riesco a lasciarmi alle spalle le preoccupazioni in fin dei conti normali e più che giustificate di chi sta tentando di inserirsi nel mondo del lavoro. ci riesco in compagnia di D., delle mie amiche. momenti che pur sono costretta a centellinare e a godermi meno del solito, a causa dei miei turni lavorativi. ma quando sono da sola il peso di tutto ciò che c’è di non-risolto nel mio quotidiano in questo periodo si fa sentire, e diventa di giorno in giorno più gravoso.

in teoria ho tempo a mia disposizione per cercare. per informarmi,  per prepararmi il terreno per dopo. proprio perché prima non avevo idea di cosa significasse muoversi nel campo dell’arredamento d’interni, ora che ho cominciato a “mettermi in gioco”, sto saggiando sulla mia pelle le difficoltà reali che questa scelta comporta. ero stata troppo fiduciosa, già in principio. (beata ingenuità!) ho dovuto ridimensionare le mie prospettive. la mia preparazione potrà anche essere buona, ma non sufficiente. sul fatto che andasse approfondita non nutrivo alcun dubbio, mi stavo già  informando sul “come” attuare una scelta che si riveli “vincente” per il mio futuro. 

ho paura. che scoperta. ma è più forte la voglia di conoscere sempre più cose, di acquisire conoscenze tali da poterle definire una specializzazione, di procedere, insomma, passo dopo passo. e di stupire me stessa per prima, e chi su di me vorrà puntare ..

 

credi.un.po’.di.più.

 

 
 
 

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Sono in una clinica. Seduto su una sedia scomoda in una sala d'aspetto che guarda sul cortiletto interno. Tutto è tranquillo. Silenzioso e pulito.
Francesca è a pochi metri da me in un'altra stanza. Sta per partorire nostra figlia. Alice. Sono emozionato. Sono preoccupato. Penso a loro e penso a me. Francesca è la donna che amo. È un arcipelago. Un insieme di meravigliose isole che io, navigando nelle loro acque, visito in tutte le loro delicate forme. Di lei conosco ogni piccola sfumatura, ogni minuscolo dettaglio. Conosco i suoi silenzi, la sua gioia. I suoi mille profumi, l'ombra dei suoi baci, la carezza del suo sguardo. Amo la rotondità della sua calligrafia. La luminosità delle sue spalle nude e il suo collo a cui ho sussurrato i miei più intimi segreti. Sono incantato dalla capacità che hanno le sue mani di creare attimi di eternità dentro di me. Adoro i territori dove mi conduce quando mi abbraccia. Territori che conosco pur non essendoci mai stato. E nonostante tutta questa conoscenza riesco ancora a emozionarmi e a regalarmi istanti di stupore. Lo so: sono sdolcinato, stucchevole e patetico, ma non posso farci niente. Credo sia la conseguenza naturale di quando si incontra finalmente il piede che calza alla perfezione la scarpetta che tengo in mano da anni.

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