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Riflessione filosofico-poetico-musicale

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Fenomeno e noumeno, rivisitazione. Poeta, metafisico dell'in-manenza. Coktail antidepressivo ecc.

Post n°1044 pubblicato il 12 Settembre 2020 da giuliosforza

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   Ho forse finalmente capito chi sono. Soltanto un povero poeta, un metafisico dell’in-manenza.  

*

   Coktail di stati d’animo la situazione spirituale a cui mi sto sforzando di pervenire.  

   Brutta bestia è la depressione, soprattutto nei vecchi, che la percezione, il sentimento, della morte imminente trasforma nell’incubo peggiore che ad essere umano sia dato vivere (e che solo ai vecchi è dato sperimentare: i giovani non sanno la vecchiezza, i vecchi sanno la giovinezza). Alla depressione, o alla sua imminenza, debbo forse le seguenti riflessioni, distruttive di una visione del mondo a lungo coltivata, che mi accompagnano in questo periodo di insanimento del mondo (conseguenza dell’insanimento virale?).

   La prima riflessione riguarda la differenza tra la morte e la serie delle morti che con la morte si conchiude.   La morte è l’istante della cessazione della vita, di cui non si ha coscienza perché per definizione essa è perdita di coscienza. Altra cosa sono le morti, il susseguirsi degli istanti di vita accompagnati dal sentimento tragico e distruttivo del venir meno, secondo dopo secondo, della carica vitale, coscienza angosciosa del progressivo rivelarsi della precarietà dell’esserci, della demolizione, alito dopo alito, pietra dopo pietra, dell’edificio dell’ex-sistens, fuggevole, ironico, infine insensato spazio-temporale auto-rivelarsi (irridente ammiccamento, derisorio far capolino) dell’Ens. Fiera, mercato rumoroso, danza di infinite morti la vita, sul caotico proscenio del tempo.

   Seconda riflessione.

   Quando ero giovane e leggevo Kant non ero affatto convinto della distinzione tra fenomeno e noumeno. Nulla è, dicevo, al di là dell’apparire, fenomeno e noumeno coincidono. E Hegel e tutto l’Idealismo me lo confermavano. La distinzione, ritenevo, altro non essere che un non tanto, e non tanto riuscito, subdolo tentativo, quale poi saranno anche tutta la seconda e la terza Critica, di recuperare, per le strade scivolose della morale e del sentimento, la metafisica, bandita con critica serrata e feroce dall’ambito della reiner Vernunft; soprattutto garantirsi la possibilità di un recupero dell’esistenza dell’anima, della sua immortalità, della libertà e infine di Dio.

   Oggi torno alla distinzione kantiana, ma in maniera truculenta: quando vedo quel che si dice una bella donna o un bell’uomo non posso fare a meno di scorgere due realtà ben distinte, anzi diametralmente opposte: l’apparire, il fenomeno, è il levigatissimo sacco-pelle godibilissimo dai sensi interni ed esterni; dentro il sacco m’appare il noumeno nelle sembianze di un cumulo di ventraglie ripugnanti e sanguinolente, e di omne quod in os  intrat, in ventrem vadit et in secessum emittitur (Matt. 15, 17).

   Immanuel mi perdoni, e tutti i kantiani con lui.

   *

In questi giorni sto lentamente riprendendo le redini, o il timone, della mia esistenza. Due le ipotesi: o il suicidio (togliendo me di tribolazione e d’impaccio la Specie in tutte le sue più significative spazio-temporali espressioni)  o la decisione di vivere istante per istante quanto mi resta da vivere il più intensamente, e disincantatamente, possibile, selezionando per bene i pensieri, godendomi ogni istante come  un coktail, una miscelatura originale di bello e brutto, buono e cattivo, vero e falso (Verum Bonum, Pulchrum definienti l’Ens), sempre deliziosamente rinfrescante sia che il gusto tenda al dolce sia che tenda all’amarognolo o addirittura all’amaro, sapore cui il modesto diabete di corpo e anima m’ha già abbondantemente abituato.

Suggerisco il mio coktail. Lo mercantilizzo. 

 *

   30 Agosto su rai5: uno Zauberfloete tutto, malamente, da ridere. Uno scempio.

   Recita la presentazione anonima dell’evento: “L’alchimia di una fiaba iniziatica senza tempo e l’ambientazione in un surreale grand hotel fin de siècle. È il Singspiel Die Zauberflöte (Il flauto magico) di Wolfgang Amadeus Mozart proposto nell’allestimento del duo franco-canadese Barbe & Doucet con la direzione di Ryan Wigglesworth, che Rai Cultura propone domenica 30 agosto alle ore 10:00 su Rai5 per il ciclo dedicato a festival e arene estive.

   Andato in scena la scorsa estate al Festival di Glyndebourne dopo oltre un decennio dall’ultima rappresentazione, lo spettacolo porta la firma del regista Renaud Doucet che - in coppia con il visionario scenografo e costumista André Barbe dal 2000 - ha già creato oltre trenta produzioni operistiche riconosciute per la creatività, il senso teatrale e la minuziosa attenzione drammaturgica. Sul podio del Coro del Festival di Glyndebourne e dell’Orchestra of the Age of Enlightment, prestigiosa formazione specializzata nel repertorio barocco e settecentesco su strumenti originali, il direttore inglese Ryan Wigglesworth. Protagoniste sul palco le giovani voci di Caroline Wettergreen (Regina della Notte), Sofia Fomina (Pamina), Björn Bürger (Papageno) e David Portillo (Tamino), affiancate da Brindley Sherratt (Sarastro). Completano il cast Alison Rose (Papagena), Esther Dierkes (Prima dama), Marta Fontanals-Simmons (Seconda dama), Katharina Magiera (Terza dama), Jörg Schneider (Monostato), Michael Kraus (Oratore), Martin Snell (Primo sacerdote/secondo armigero) e Thomas Atkins (Secondo sacerdote/primo armigero). Ultimo capolavoro del catalogo mozartiano, composto a pochi mesi dalla morte su libretto di Emanuel Schikaneder, Die Zauberflöte fu rappresentato per la prima volta al Theater auf der Wieden di Vienna nel 1791. Fra incantamenti musicali e minacciose forze ostili, si assiste alla vittoria finale del bene sul male e dell’amore sull’odio. Regia televisiva di François Roussillon”.

   Ho parlato di uno scempio e lo confermo. La penultima opera, un Singspiel appunto, di Mozart, certo il suo capolavoro, quello che non è solo un omaggio alla sua affiliazione massonica ma la celebrazione della sua più profonda natura esoterica, la stessa che egli avverte in sé e nelle cose, esce massacrata e ridicolizzata dalle manipolazioni di scenografo e costumista. L’ambientazione in un hotel viennese fin de siècle, lo sfarzo degli arredi e quello satrapesco dei vestiti completano il macello.

   Più di recente invece, sulla stessa rete, un capolavoro: l’Otello di un Verdi finalmente…‘wagneriano’ a tre anni dalla morte di Wagner, in una edizione sublime del 1956 con del Monaco nel ruolo del protagonista e Tullio Serafin al podio. Il massimo.

*

 M’ero proposto di dire qui di un’altra grande donna della Destra, in ogni senso damnata, Gianna Preda, anticlericale e anticonformista, amica di uomini di Sinistra insospettabili come Terracini, Pertini, il poeta Gatto  et coetera et coetera: sì, proprio quella Gianna Preda, anima combattiva e strafottente  de “Il Borghese” longanesiano, capace di abbatter governi e sconquassare combutte e camarille. Che tempi quei tempi!

   Ma oggi sono stanco, e debbo recedere.

  ______________   

 

    Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano

 
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