Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale
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Messaggi del 30/12/2022
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Adelante, Julio, con juicio, si puedes!
Tutti i pruriti della mia vita, quelli soddisfatti e quelli insoddisfatti, hanno deciso, in questa xesima ora dei primi quattro mesi del mio novantesimo anno, di somatizzare. Tutto il mio corpo è divorato dai pruriti come da un esercito di formiche.
Ora lo so: finirò ingoiato da un formicaio.
Sarà un formicaio il mio inferno.
(Prurito fisico-metafisico delle 02.50 del 16 XII 2022, appena destato da una giovane ex allieva, per natura insonne, a quest'ora profonda della notte, curiosa di Cartesio e della sua substantia come res quae ita exsistit ut nulla alia re indigeat ad exsistendum, e di Baruch Spinoza e della sua Substantia come Res quae per se est et per se concipitur!).
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Così mi scrive Paolo Statuti, scrittore poeta pittore musico italo-polacco:
Caro Giulio, ho letto con piacere le tue recenti erudite ed eloquenti confessioni. È tempo per tirare le somme anche per me. Oggi ho pubblicato la mia traduzione della poesia "Vetrate" del poeta e filosofo polacco Andrzej Nowicki. A me piacciono molto le vetrate, soprattutto quelle di Wispiański a Cracovia. Saranno tra i più bei ricordi che mi porterò dietro. Morire si deve. morire bene si può, dunque "Adelante, Giulio..."
Al quale io:
Caro Paolo, è un piacere e un onore essere letti da te. Ti seguo anch’io con grandi stima ed affetto. Tu sei importante per tutti, tu poeta tu pittore tu musico tu filologo. Beati coloro che a lungo potranno continuare a frequentarti. Io tento di resistere agli attacchi della turpe vecchiezza. Anche se a livello di concetto, come direbbe Hegel, ho risolto il problema della morte, a livello di sensibilità mi rode, oh se mi rode! Ho amato ed amo la vita, esaltante seppur tragica, che ho vissuto. Ma più di tanto “prender il destino per la gola” non si può. Sia dunque quel che vuol essere. Es lebe sempre das Leben! Abbracci e auguri dal Vegliardo impenitente e impertinente. Mi mandi il tuo indirizzo? Vorrei provare a inviarti i primi dieci anni del diario virtuale (il mio modesto …zibaldone!) che ho stampato per farne dono agli amici ad perpetuam mei memoriam (vel damnationem!).
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Ho ricevuto un grande dono dai miei amici Jacqueline et Claude Held, poeti, romanzieri, filosofi, autori tra i più noti di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza nel mondo: hanno tradotto e pubblicato sulla rivista letteraria “La Toile” una mia poesiola tratta da Canti di Pan e ritmi del Thiaso, compiendo un’operazione difficile e rara nelle traduzioni, arricchendo cioè l’originale, acutamente interpretando e svelando quanto di nascosto è a me stesso sotto il linguaggio qua e là criptico dei miei in apparenza semplici settenari sdruccioli, piani e tronchi . Ecco il dono, preceduto da una breve nota biografica, essa stessa assai …generosa.
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Un inaspettato dono di Jacqueline e Claude Held, gli amici poeti, filosofi e scrittori per l’infanzia noti in tutto il mondo: hanno tradotto e pubblicato su la rivista ‘La Toile’ magnificamente (la loro traduzione non è un tradimento, come spesso si ritiene avvenire, ma una magnificazione dell’originale, finemente interpretato, tale da chiarire molti punti dei miei settenari sdruccioli, piani e tronchi a me stesso alquanto criptici, pubblicati molti anni fa nella mia raccolta poetica Canti di Pan e ritmi del Thiaso (Metanoesi 2005). Eccoli, con la resentazione che lirecede:
“Giulio Sforza a longtemps occupé une chaire de philosophie de l’éducation et de Méthodologie de l’éducation musicale à l’Université de Rome. Il a organisé de nombreux colloques internationaux portant sur l’éducation esthétique des jeunes. Il vit à Roma et parfois dans les Abruzzes, à Vivaro Romano, village où il retrouve ses racines. Ce poème, extrait de Canti di Pan e ritmi del thiaso, est traduit de l’italien par Jacqueline et Claude Held.
Come torrenti trepidi | Comme des torrents inquiets
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Grazie cari amici: che nostalgia dei tempi dei nostri furori non solo poetici!
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Cattiverie di pessimo gusto
Sant’Ambrogio. Inaugurazione della stagione scaligera col Boris Godunov di Modest Petrovič Musorgskij. Grande folla e qualche becera contestazione dentro il teatro e fuori. I soliti Vespa e Carlucci intrattengono negli intervalli per il popolo della tv. Chiamano, a dire delle ovvietà, alcuni tra i più noti volti del grande e del piccolo schermo. Invitano anche Augias, al quale Vespa chiede una opinione sullo spettacolo. Augias, che non si perita di nascondere la sua sordità (si spera non tale da impedirgli il godimento dell’Opera con la conseguenza di inficiarne il giudizio) loda il coro ma è molto parco, e sornionamente ammiccante, negli altri apprezzamenti; della scenografia e della regia dice in sostanza senza mezzi termini, anche se in termini edulcorati e col suo solito perenne sorrisetto che vorrebbe esser birbone ma risulta solo fastidiosamente saccente, che fa schifo. Io ho un sobbalzo: ho udito bene? Certo che ho udito bene: Augias sta denunciando il solito pastiche, da me da sempre denunciato, e senza sorrisi edulcoranti non avendo nessuno a cui dover rispondere, di tempi e di stili e di intrusioni e distorsioni stupidamente moderniste, al quale i registi e gli scenografi nostrani (pochi esclusi, sopra tutti il mai abbastanza compianto, anche se da non pochi discusso, Zeffirelli) ricorrono per mancanza di idee, o scambiando per idee poche fantasie banali propagandate per ardite, geniali, visionarie, col risultato di infangare il classico e di ridicolizzare il moderno. Augias dice bene, e fa bene, solo dell’orchestra, del suo direttore Chailly, del tenore protagonista dall’impronunciabile nome, del mastodontico coro polifonico da far invidia a Mahler (qualche centinaio di cantanti, italiani e stranieri, fra uomini donne e bambini). Valutazioni alle quali mi associo senza riserve di sorta. Il Vespa, che forse si aspettava le solite ‘genuflessioncelle d’uso’ in questi casi, preso alla sprovvista non riesce a nascondere l’imbarazzo, e non sa come uscirne; tenta solo un sorriso, compromessogli dall’inestetica oscillazione della cute del collo taurino sempre più anche in lui, come in tutti noi di una certa età, vistosamente pendula come bargigli. Di Carlucci non dico, ma questa volta almeno ha studiato e s’è preparata sulla pronuncia dei nomi stranieri.
Quindici minuti di applausi, dicono.
Io mi sarei accontentato di cinque minuti, ma di fischi.
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A commento di quanto sopra, riporto le opinioni degli amici Prof Roberto Maragliano, pedagogista tra i più noti, attento soprattutto alle nuove tecniche della comunicazione mediale, e del critico musicale, tra i più esperti nel settore operistico, Dott. Paolo Di Nicola:
Mi spiace averla vista in TV, quando l'ho riascoltata in radio era altra cosa. Al di lá di modernismi o antimodernismi la regia era stupida e per stupidi.
Senza dire poi che, presi come siamo da venti di guerra, pochi sono quelli che hanno chiamato in causa Verdi, casomai si credesse che stiamo dall'altra parte...
Caro Professore, mi associo alla tua critica agli incolti e arroganti registi moderni (non tutti però son tali) pur non condividendo - come ben sai - l’entusiasmo per Zeffirelli. Applausi senza riserve all’intervento di Augias (autore di un coltissimo e interessantissimo programma sull’opera su Rai3) e anche al protagonista: ottimo cantante e grandissimo interprete “moderno” di un caposaldo della musica russa (che ben riconosco, anche se il Boris Godunov in generale non è tra le mie opere preferite). Il cantante in questione si chiama Ildar Abdrazakov.
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Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
Gelobt seist Du jederzeit, Frau Musika
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