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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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Messaggi del 25/01/2007

Corsia

Post n°40 pubblicato il 25 Gennaio 2007 da Kaos_101
 

...seconda parte....

Una voce gelida e autoritaria frantuma l’angoscia di quel momento.
L’infermiere si stacca da lei ed assume un atteggiamento contrito e spaventato.
Mi scusi dottore, la paziente era agitata, stavo cercando di calmarla.
Se la paziente è agitata le metta la camicia di forza, ma non la tocchi!
La voce del dottore è altera e sprezzante, si percepisce chiaramente il suo totale disinteresse per la sorte della vittima, sembra quasi che la sua unica preoccupazione sia quella di far rispettare i regolamenti.
L’infermiere si allontana di corsa, ma Lia non riesce a provare sollievo.
E’ ancora a quattro zampe, le gambe divaricate, totalmente esposta a quell’uomo si sente il suo sguardo stuprarla né più né meno di quanto non abbia fatto il suo precedente aguzzino.
Mario torna dopo pochi minuti con la camicia di forza; rigira la malcapitata esponendola ulteriormente alle occhiate sprezzanti ma penetranti del medico, le fa indossare una corta camicia di tela ruvida le cui maniche, lunghissime, vengono incrociate dietro la sua schiena e fissate con dei lacci, poi le applica 2 cavigliere imbottite di cotone da cui si dipartivano altri lacci che fissa alle gambe del letto. Ad operazione ultimata Lia si trova completamente immobilizzata con le gambe dolorosamente divaricate.
Per ultimo le caccia in bocca un rotolo di garza tenuto fermo da un’altra benda.
Può andare Mario! dice il medico senza staccare lo sguardo dalla donna.
L’infermiere biascica qualche parola e si allontana.
Quando il rumore dei suoi passi scompare in lontananza l’uomo si avvicina a Lia, si siede sul bordo del letto, la guarda con occhi freddi e beffardi, soppesandola come si potrebbe fare per un animale da comprare.
La sua bocca si avvicina al suo orecchio e con voce bassa e tagliente le dice:
Tu non esisti! Sei stata internata in questo istituto per gravissime turbe psichiche, sei una sepolta viva. Solo io so che non sei pazza, ma questo particolare sarà del tutto irrilevante tra pochi mesi. La tua mente non reggerà a lungo qui dentro.
A meno che...  meno che tu non firmi una dichiarazione nella quale doni tutti i tuoi averi ad una fondazione benefica di cui io sono l’amministratore unico.
Pensaci su stanotte e domani ne riparliamo!
Lia rimane sola nella stanza buia, completamente immobilizzata, gli occhi dilatati la mente alla disperata ricerca dei perché a cui non riesce a dare una risposta.
Poi, piano piano, comincia a ricordare.
Paolo, la macchina, l’aggressione...
Adesso le è tutto chiaro, il medico, sicuramente un amico di suo marito, è stato assoldato per minare la sua volontà e per costringerla a cedere le sue immense ricchezze. Esiste infatti una clausola, creata appunto per tutelarla, che impedisce a Paolo di entrare in possesso dell’eredità qualsiasi cosa le potesse accadere.
L’unico modo per aggirare l’ostacolo è quello di non far figurare come beneficiario il “principe consorte”. Ci vuole dunque un giro più sottile per potersi impadronire delle sue ricchezze e il bastardo si è illuso di averlo trovato.
Ma non ha fatto i conti con me! Pensa Lia furente, e la rabbia che prova le ridà un filo di speranza.
Cerca di rilassarsi, ma il sonno non viene, sia per la tensione accumulata che per il continuo sgocciolio che rimbomba in quelle stanze deserte.
Poi, a notte fonda,....i topi.
La mattina dopo, Mario ricompare, e Lia quasi ne è felice dopo quella orribile notte insonne.
L’infermiere le libera i piedi e trascinandola per un lembo delle camicia di forza ancora chiusa la conduce al bagno.
Con un calcio apre la porta della turca, la fa accucciare e si siede sui talloni guardandola sogghignante.
Lia muore dalla vergogna, ma sa che era inutile resistere si libera di quello di cui si deve liberare e subisce in silenzio l’oltraggio della mano di lui che la pulisce soffermandosi molto più a lungo di quello che l’operazione in se richiederebbe.
Dopodiché la conduce lungo i corridoi deserti e risuonanti fino ad una stanza che sembra una macelleria.
Il pavimento e le pareti sono completamente rivestite di mattonelle che un tempo dovevano essere immacolate, ma che ora appaiono screpolate e in più punti chiazzate di ruggine e di chissà che altro.
Tutto attorno alla camera corrono, ad altezze diverse, delle sbarre di acciaio stranamente lucido dalle quali pendono catene imbracature e ganci metallici.
Il pavimento della stanza è completamente sgombro e lievemente concavo con una griglia circolare al centro.
Bene bene! Ecco la nostra paziente, ha passato una buona notte mia cara?
 Le parole gentili stridono dolorosamente col gelido tono di voce del dottore.
Dunque, vediamo, con che terapia cominciamo a curarla? Ma certo, un bello choc termico è sempre salutare. - Mario prepari la paziente!
Mario denuda la donna, le applica due polsiere di cuoio robusto unite da una catenella quindi, senza tanti complimenti, la fissa ad uno dei ganci che pendono dalle pareti lasciandola penzolare come una bestia macellata.
I piedi di Lia non toccano il pavimento e ben presto il suo peso inizia a farle dolere le braccia e i polsi .
Dopo qualche minuto, che sembrano ore, viene investita da un getto d’acqua potentissimo e gelato che la schiaffeggiava su tutto il corpo.
La posizione in cui è stata appesa fa si che il getto la colpisca direttamente togliendole il fiato quando le sbatte come un pugno sullo stomaco, la soffoca quando viene alzato sadicamente sulla faccia e si riversa copioso nella sua bocca spalancata nell’inutile ricerca di un po’ d’aria da respirare, poi scende a schiaffeggiarle i seni o le stupra il sesso.
La cosa va avanti per più di un’ora, Lia è oramai un  concentrato di dolore, ogni parte del corpo è coperta di lividi.
Poi il getto si placa.
Il medico le si avvicina, le prende i capelli che le coprirono il volto e, tirando con forza, le solleva il viso.
Allora che ne dice? Firmiamo questa donazione?
Gli occhi di Lia sfavillano di una luce d’odio così intensa da fargli morire il ghigno sulle labbra.
Non ti  è bastato allora! Bene domani seconda puntata!
Mario, riaccompagni in camera la paziente e si assicuri che non le manchi nulla.
Ciò detto  il medico si gira su se stesso e si allontana con lunghi passi nervosi. 
Mario sghignazzando stacca Lia dal gancio a cui è appesa, e così, nuda com’è la trascina via.
Arrivati in camera Mario fissa alla testiera del letto la catenella che ancora le tiene legati i polsi e se ne va.
Sono oramai 2 giorni che Lia non tocca cibo, e nonostante il disgusto ed il terrore per la sua situazione, il suo stomaco brontola cupamente.
Dopo un tempo che le pare infinito, sente dei passi che si avvicinavano, resta in attesa, ben sapendo che non si può certo aspettare nulla di buono.
L’infermiera che entrò nella stanza, sembra gentile, ma oramai Lia non si illude più e difatti la nuova arrivata non tarda a confermare i suoi timori.
Su, cagna alzati, è ora del rancio.
La donna le fa mettere le braccia dietro la schiena e gliele immobilizza con le consuete polsiere, poi lega le medesime ad una gamba del letto costringendo Lia ad inginocchiarsi sul gelido pavimento.
Dopodiché posa a terra due ciotole, una piena d’acqua ed una contenente un impasto dal colore e dall’odore nauseante.
Hai 10 minuti per mangiare e per bere tutto, e ti consiglio di pulire bene il piatto perché non lo porterò via fino a domani e ai topi piace molto questa sbobba.
Lia, inorridita, tuffa il viso nella ciotola cercando di mangiare.
La cosa non è affatto semplice la ciotola scivola e, come se non bastasse, il contenuto ha un sapore ributtante, ma Lia capisce che la donna non scherza.
Spingendo col mento la ciotola, riesce a bloccarla contro la gamba del letto e prende a consumarne il contenuto.
Alla fine lecca diligentemente l’intera superficie del contenitore ripulendolo da ogni traccia di cibo con lente e larghe lappate a lingua aperta.
Poi, usando la medesima tecnica, comincia a bere.
L’acqua è ancor più difficile da assumere del cibo, alla fine impara che si deve fare proprio come i cani, leccare continuamente e velocemente sollevando piccole quantità di liquido. Pulisce perfettamente anche la ciotola dell’acqua e rimane in attesa.
Dopo qualche minuto, torna l’inserviente:
Ma che brava! Si vede che sei proprio una cagna sibila e anche una gran bella cagna a dire il vero.
Peccato che tra poco ti ridurranno in un modo tale che nessuno ti guarderà più .Peccato davvero tutto questo ben di Dio sprecato.
Mentre parla la donna fa sollevare Lia e la obbliga a  sdraiarsi nuovamente sul letto.
Se tu fossi carina con me, le sussurra, magari potrei aiutarti.
Così dicendo, le passa le mani sui seni le accarezza il ventre, scivola tra le sue cosce.
Per l’ennesima volta, Lia sente i suoi capezzoli inturgidirsi  e la sua vulva socchiudersi e inumidirsi e per l’ennesima volta, la vergogna e l’imbarazzo l’assalgono.
L’infermiera appoggia le labbra alle sue e spinge la lingua nella sua bocca.
Lia non ha mai baciato un’altra donna e, a dire il vero, non ha nemmeno mai capito tutti quei discorsi sulla maggior propensione del mondo femminile all’omosessualità anche se mascherata da coccole più spinte e carezze più intime, ma quel gesto di per sé violento, ma al contempo dolce se messo paragonato a ciò che ha subito, la riempie di uno strano languore; non ricambia il bacio, ma nemmeno si ribella.
La donna si scosta da lei e con un sorriso le dice: pensaci non hai molto tempo per decidere. Io sono la tua unica speranza di salvezza.
La notte, passa come la precedente tra gelo umidità angoscia e topi.
La mattina dopo Mario viene a riprenderla e la conduce in un’altra stanza più piccola, con le pareti ricoperte di un materiale che Lia riconosce come fonoassorbente.
Al centro della stanza troneggia una poltrona ginecologica illuminata da una fredda e violenta lampada scialitica; poco discosto un carrello carico di apparecchiature da cui pende un groviglio di fili.
Oggi sperimenteremo una versione evoluta dell’elettrochoc mia cara.
La voce del medico le raggela il sangue.
Con uno strattone Mario la trascina al centro della sala e la fissa saldamente alla poltrona.
Lia si prova un indicibile senso di imbarazzo disgusto angoscia quando realizza in che posizione l’hanno messa.
Le braccia sono fissate ai braccioli della poltrona, il cui schienale, reclinato all’indietro fa  si che le  spalle si trovino più in basso del bacino, le gambe, a loro volta immobilizzate alle caviglie, sono state ripiegate e divaricate  in un’oscena posizione che la rende completamente esposta allo sguardo e alla volontà di chi è nella stanza.
Inizieremo con un piccolo assaggio, mia cara.
Mario, le applica due morsetti ai capezzoli e si allontana sghignazzando.
Vede mia cara, prosegue il medico, l’elettricità è un curioso strumento, a volte è benefica a volte fatale. Ora le dimostrerò  che può essere benefica.
Lia sente lo scatto di un interruttore e improvvisamente un gradevole formicolio le attraversa i capezzoli. E’ una sensazione strana una via di mezzo tra il solletico e la puntura leggera di migliaia di aghi: un brivido le attraversa la schiena, socchiude gli occhi, si abbandona a quella sensazione, mordendosi leggermente il labbro inferiore.
....ma come dicevo dal piacere al dolore il passo è breve e così
...un altro scatto dell’interruttore e un fitta lancinante trafigge i suoi capezzoli: Lia inarca la schiena in uno spasimo di dolore, conficcandosi i denti nel labbro.
Il dolore le pare insopportabile tanto da farla urlare e contorcere cercando inutilmente di divincolarsi.
...uno scatto e nuovamente del dolore non rimane altro che un angoscioso ricordo.
...uno scatto e nuovamente il dolore la travolge.
Infiniti scatti .....
...esiste poi una cosa che potremmo definire il dolore del piacere o forse il piacere del dolore....e sarò felice di fargliene avere esperienza.
Il suo aguzzino prende dal tavolo 2 attrezzi metallici dalla forma allungata e sogghignando si avvicina alla poltrona. Ne infila uno nella vagina e conficca brutalmente l’altro nell’ano strappando a Lia un urlo di dolore.
Non si lamenti mia cara sta per avere il privilegio di vivere l’orgasmo più intenso della sua vita....vedrà che mi ringrazierà.
...uno scatto:  nuovamente la precedente sensazione di piacere pervade Lia, ma questa volta oltre ai capezzoli l’intero corpo ne beneficia; ano, vagina, ventre, cosce, seni  sono scossi da quel fremito....
...un altro scatto: Lia si inarca la sensazione si accentua, fiotti di piacere l’attraversano togliendole il respiro.
.....ancora uno scatto...dolore o piacere? Lia sobbalza oramai priva di controllo, sente la sua voce lontana che geme e mugola, percepisce la sua lingua che si muove frenetica sulle sue labbra.
....il quarto scatto: un urlo inumano la riscuote, ma è lei ad urlare il corpo è in preda a tremito violento il piacere non è più tale è solo un’onda incandescente che la squassa e la percorre è peggio di mille stupri perché è il suo corpo che si auto stupra  con quelle sensazioni. Lia sente la bestialità che la pervade la violenza di quelle sensazioni che dovrebbero essere piacevoli ma che oramai sono diventate ossessive e devastanti.
...il quinto scatto: il suo corpo sobbalza come preda di una crisi epilettica, la carne di Lia è un unico e smisurato campo sul quale si scontrano  emozioni e sensazioni troppo intense per essere descritte e soprattutto per essere sopportate il più terrificante e devastante orgasmo che abbia mai provato la attraversa senza più donarle alcun piacere nulla di se è ancora sotto il suo controllo, le braccia, le gambe, il corpo si muovono in modo spasmodico ano e vescica non hanno più la capacità di mantenere il tono muscolare e l’ultimo pensiero cosciente di Lia è il disgusto per i liquidi organici che colano da lei .
...Sesto scatto: una fitta di fuoco incandescente la squassa....poi il buio...

segue...

 
 
 
 

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