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Messaggi del 27/02/2007

Susanna

Post n°78 pubblicato il 27 Febbraio 2007 da Kaos_101
 

II° parte

Nel primo pomeriggio andò dalla parrucchiera, poi, tornata a casa, si fece manicure e scelse l’abito per la sera. Dopo lunghi ripensamenti aveva deciso per un tailleur nero non troppo lungo né smodatamente corto che le segnava i fianchi e metteva in risalto il seno, ma senza esagerare; un paio di scarpe nere tacco sei e una borsetta anch’essa nera completavano la mise.
Erano solo le 17 e così Susanna, per ingannare il tempo, prese un libro a caso e si mise a leggere.
Si trattava di una raccolta di racconti brevi, che lei aveva scorso velocemente saltando un po’ qua un po’ là senza un particolare ordine. Andò all’indice, cercando di ricordare quali avesse letto e ne scelse uno che s’intitolava “La lettera”.
Un’anziana dama dell’ottocento rievoca per una nipote un’esperienza che le cambierà la vita.
Molti anni prima, quando ancora era giovane e bella, rientrata a casa da una passeggiata in centro, aveva trovato nella tasca del cappotto una lettera vergata con fine calligrafia in inchiostro viola.
Un innamorato sconosciuto, in procinto di partire per un lungo ed incerto viaggio, prendeva il coraggio a due mani e la scongiurava di concedergli un incontro per potersi dichiarare.
La missiva terminava:
Mi rendo perfettamente conto che ben difficilmente ella accetterà questo mio invito, ma per l’amore che le porto e per la dedizione che in questi anni ho riservato alla sua persona, la scongiuro di accordarmi questo privilegio.
Io l’aspetterò tutta la giornata di domani presso la fontana del parco comunale.

Qualora ella non riterrà opportuno assecondare questa mia preghiera, sappia che la mattina successiva io mi imbarcherò e se e quando ritornerò le rinnoverò la mia supplica.
Con infinito amore il suo devotissimo G.

Tutto il resto del racconto era la cronaca delle pene, dei dubbi, delle improvvise decisioni di accettare l’invito e dei successivi richiami all’ordine della sua coscienza che avevano tormentato per tutta la giornata la donna.
Alla fine, ovviamente, il “buonsenso” aveva prevalso e lei non era andata all’appuntamento: la voglia di passione e di avventura che quella travolgente supplica le aveva suscitato non era riuscita a vincere il conformismo e il perbenismo di cui era imbevuta.
Ora, ormai vecchia, la donna, sposa devota e madre amorevole, confessava alla nipote di come quel conflitto, scatenato nella sua anima tanti anni prima, non avesse più trovato pace e di come il rimpianto per quella rinuncia avesse consumato e amareggiato ogni giorno della sua vita.
Che storia assurda
Pensò Susanna
Come si fa a rimanere tutta la vita prigionieri di un sogno? Certe cose capitano solo nei libri o a persone molto influenzabili. Rimpiangere uno sconosciuto che non si è nemmeno mai visto? Certamente una situazione del genere, a me, non capiterà mai
Puntualissimo alle 19,45 Mario passò a prenderla.
Indossava un completo di lino verde marcio, camicia a righe aperta sul collo, niente cravatta.

Informale, ma elegante
Pensò Susanna.
Mario aveva prenotato nel miglior ristorante della città, un tavolo d’angolo un po’ appartato, perfetto per una conversazione rilassata e confidenziale.
Dopo la cena lui la condusse in un locale gradevole: un bravo piano man, luci soffuse, divanetti comodi e avvolgenti. La conversazione aveva preso una piega piacevolmente intima, e Susanna si trovò a pensare come quella situazione la riportasse dopo secoli a ritmi e situazioni che le erano familiari e che non viveva più dai tempi di Silvio: le cenette romantiche a due i localini del dopocena, i progetti per il futuro assieme.
Mario, come per accentuare questa sensazione, le stava parlando della sua attività professionale, delle sue aspirazioni, dei suoi sogni. Le descriveva una vita molto simile a quella che aveva sperato di vivere con Silvio, fatta di figli, di una casa da mettere su assieme, di una serie di impegni comuni e reciproci, di una rete di legami che erano stati il collante del suo precedente rapporto di coppia.
Ovviamente c’erano un bel po’ di differenze tra i due: Silvio era stato per molti versi un anticonformista,  uno che considerava il lavoro più come un mezzo per soddisfare le esigenze economiche che come luogo di realizzazione personale. Mario, al contrario, aveva una visione del suo lavoro quasi da assai poco allineato su posizioni borghesi,missionario e, nello stesso tempo, sembrava dare una certa importanza a una serie di status simbol, ma tutto questo rientrava nelle diversità fisiologiche dei singoli individui, differenze che non intaccavano minimamente il fascino che quell’uomo aveva preso ad esercitare su di lei.
In effetti Mario continuava a piacerle molto, ma, al limite del raggio della sua percezione razionale, c’era qualcosa in lui che la disturbava anche se non riusciva a focalizzare di che si trattasse.
Una vocina in fondo alla sua anima continuava a ripeterle insistentemente:
E’ un film già visto! Cambia spettacolo!
La serata terminò verso le 0,30 sotto casa di Susanna. Mario fu così elegante da non chiederle di farlo salire e accettò senza tentare di approfittarne il bacio a fior di labbra che lei gli elargì prima di chiudere la porta di casa.
Di nuovo a letto di nuovo nella penombra rassicurante della sua camera, di nuovo con l’animo in subbuglio per gli avvenimenti della giornata. Susanna ripensò alle parole della cartomante: in effetti, la sua vita aveva preso a scorrere con un altro ritmo negli ultimi due giorni, ma da questo a dare agli avvenimenti attuali il significato di svolte epocali il passo le pareva ancora lungo.
Il sonno la prese mentre Susanna stava fantasticando di tappezzerie e mobili nuovi.
Nuovamente il telefono a strapparla dai suoi sogni.
Ciao sono Lara! Voglio sapere tuttotuttotutto di ieri sera!
Susanna raccontò per filo e per segno all’amica tutto quello che era accaduto e si concesse una punta di sadico piacere nell’alimentare la frustrazione dell’altra cui poco importava sapere che avessero mangiato, quanto piuttosto approfondire i particolari più intimi e piccanti del loro incontro.
Esasperata e un po’ inviperita da quel gioco, Lara sbottò:
Certo che ti deve aver fatto proprio colpo per indurti a ballare come una matta l’altra sera
Il suonatore! A Susanna tornò in mente la promessa che si era fatta due sere prima per un attimo fu attraversata da un brivido di emozione.
Liquidò con quattro mezze ammissioni l’amica e si rannicchiò nel letto, alla ricerca di quel tiepido nido che il sonno aveva creato e che era ancora intriso dei suo sogni.
Si avviluppò nelle coperte e tentò di riannodare il filo interrotto delle sue fantasie, si rannicchiò su sé stessa e lasciò vagare la mente nei territori dell’immaginazione.
Il suonatore: come mai aveva quello strano sorriso, com’erano profondi i suoi occhi, da dove veniva la musica stregata che suonava?
Susanna si perse nelle sue fantasticherie, ripercorse nuovamente la galleria dei visi che aveva fissato nella sua mente, riprovò quello strano senso di eccitazione che l’aveva pervasa e si ripromise che la sera stessa sarebbe tornata a cercare il suonatore.
Passò la mattina gironzolando per casa poi, nel pomeriggio, si regalò un giro in centro, a curiosare nei negozi. Non aveva spese da fare, ma negli ultimi tempi le piaceva, di tanto in tanto, passeggiare senza meta, per il solo piacere di fare qualcosa per sé. Piacere che viveva come una piccola vittoria, dopo tanti mesi nei quali gli unici acquisti che si era concessa erano quelli indispensabili, sempre di corsa e sempre nei negozi sotto casa.
Improvvisamente fu attratta da un vestito in una vetrina.
Era un abito rosso fuoco di strech cortissimo e aderentissimo.
Susanna lo guardò, lo riguardò e si chiese che effetto avrebbe fatto addosso a lei.
Sorridendo e con una scrollata di spalle scacciò il pensiero; quando mai avrebbe indossato un simile indumento?
Stasera per ballare!
L’idea le attraversò la mente come una fucilata: quello non era un pensiero suo, ma piuttosto una qualche trasmissione telepatica. Non era da lei nemmeno fantasticare una cosa del genere, eppure non riusciva a staccarsi dalla vetrina.

Dai non fare la scema!
si era ritrovata a dire tra sé e sé
Quando mai ti metteresti un vestito del genere? E poi chissà quanto costa!
Che ti frega?
Incalzava l’altra Susanna
Per male che vada dici grazie e te ne vai.
Ma non è corretto provare un vestito sapendo già che non ho nessuna intenzione di comprarlo!
ribatteva lei.
Così in preda a quel conflitto interiore Susanna era entrata nel negozio, aveva provato l’abito, ne era rimasta affascinata ed era uscita col sacchetto in mano, continuando a bisticciare con se stessa per la cazzata commessa.

Certo che con un vestito così ci vogliono delle scarpe adatte.
Non se ne parla nemmeno! Già questa è stata una spesa assolutamente inutile! Di scarpe non se ne parla proprio!

Anche stavolta la Susanna ragionevole aveva finito per soccombere alla nova Susanna saltata fuori chissà da quale meandro del suo cervello e così, poco dopo, al sacchetto del vestito se ne era aggiunto un secondo con un paio di scarpe rosso fuoco, dal vertiginoso tacco a specchio di 10 centimetri.
La casta Susanna aveva opposto un’ancor più blanda e rassegnata resistenza quando l’altra l’aveva trascinata nel negozio di lingerie più esclusivo e trasgressivo della città, negozio nel quale non aveva mai osato entrare, per comprare un tanga e un reggiseno che fossero adeguati all’abito.
Tornata a casa aveva appoggiato il vestito sul letto e si era domandata che diavolo le fosse preso.
Era sempre più convinta che non l’avrebbe mai messo e già stava elaborando una scusa plausibile per restituire tutto il giorno seguente, eppure, nonostante il suo totale scetticismo sulla possibilità di indossare gli acquisti della giornata, non poteva negare che quel folle pomeriggio l’aveva divertita ed eccitata come non le capitava da moltissimo tempo, anzi come non le era mai capitato, dovette alla fine ammettere.
Restava da chiarire il recondito motivo per cui spese pazze ed inutilizzabili la divertissero tanto, ma, al momento, Susanna se la godeva troppo per porsi domande imbarazzanti.
Mano a mano che si avvicinava la sera una strana euforia si impadronì di lei. A dire il vero non era convintissima di voler davvero andare alla ricerca del suonatore, ma non riusciva a staccarsi da quell’idea, se la cullava, ne era profondamente intrigata..
Cenò presto e poi cominciò a prepararsi. Fece una doccia calda, andò a prendere il completino nuovo: lo slip sgambatissimo si appoggiava sui suoi fianchi senza segnarli minimamente, il reggiseno sosteneva e modellava perfettamente ed era fatto in modo da mettere in risalto il capezzolo. L’insieme era notevolmente sexy e lei si domandò per la centesima volta con che coraggio lo avrebbe indossato.
Mentre si truccava si rese conto che ci stava dedicando all’operazione molta più cura di quanta ne avesse avuta la sera prima nel prepararsi per uscire con Mario.
Continuò a girare in slip e reggiseno per la casa evitando accuratamente specchi e pareti riflettenti fin verso le 22,00, poi tornò in camera e guardò il vestito appoggiato sul letto

Per essere bello è bello!
si disse
Me lo provo solo un attimo per vedere come mi sta e poi vado a prendere qualcosa da mettermi se voglio uscire davvero.
L’abito la fasciava come un guanto, la minigonna appena sotto il sedere scopriva le sue lunghe gambe affusolate, la profonda scollatura metteva in risalto il seno, delle cui dimensioni si era sempre vergognata, trovandolo eccessivo  e appariscente.
Si infilò le scarpe nuove e si guardò allo specchio.

Ma dai!  Non sono mica io quella!
Susanna stentava a riconoscersi nell’immagine che vedeva.
Fisicamente era sempre stata cosciente di essere più che discreta, ma l’abitudine a cercare di non farsi notare e un’innata timidezza, avevano contribuito, negli anni, a farle prediligere abbigliamenti che nascondessero piuttosto che esaltare le sue forme.
Il trucco poi era sempre stato per lei quasi una seccatura a cui non si era mai dedicata molto: un po’ di ombretto, un filo di mascara, un lucidalabbra dalle tinte tenui.
Quella sera invece: eyeliner a dare profondità all’occhio, trucco sapiente che le valorizzava il viso, labbra ben segnate in tinta col vestito.
I tacchi alti non erano mai entrati nel suo guardaroba e, guardandosi, si accorse della diversa postura che le facevano assumere e che davano maggior risalto al sedere.
Susanna era compiaciuta da quello che vedeva, ma non ancora convinta che avrebbe avuto il coraggio di uscire conciata così, anzi era sempre più sicura che non fosse il caso di fare una simile pazzia, ma, nel dubbio, continuava a girare per casa come un’anima in pena senza risolversi a cambiarsi.
Accidenti!
Già le 23, è tardissimo!
Se non mi sbrigo finisce che non lo trovo più.

E così, afferrate le chiavi di casa e della macchina, si era precipitata in strada e era partita in quarta.
Solo una volta arrivata, si era resa conto di indossare ancora il famigerato abito rosso.

Vabbè a questo punto che posso fare?
Pensò
Si vede che era destino...

continua...

 
 
 
 

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