Creato da grechu il 25/10/2005
«Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo.»
 

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Post N° 462

Post n°462 pubblicato il 06 Dicembre 2006 da grechu

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Quale sofferenza maggiore per Pinochet,che leggere i giornali. Continui a leggerli e se ne accorgera

che il giorno che lei fu ricoverato Hugo Chavez vinse le elezioni distruggendo i suoi avversari. E un militare ,plebeo nei modi,agresivo coi "GRINGOS", populista e amico di FIDEL,uno che disonora l'uniforme.Continui a leggere,bastardo generale,il SUD AMERICA si trasforma in qualcosa di intolerabile. Un OPERAIO presidente in Brasile,un CHOLO in Bolivia che parla nella sua Lingua.Kirchner in Argentina che investiga le violazioni dei Diritti Umani,fa incarcelare e giudicare tutti i suoi allievi,quelli del PLAN CONDOR. E nel suo paese una donna Presidente,figlia di una sua "VITTIMA" .... Continui a leggere i giornali, generale,questa sara la sua PENA.

 

 
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Post N° 460

Post n°460 pubblicato il 05 Dicembre 2006 da grechu

Una delegazione di indigeni Mapuche, popolo nativo della Patagonia Argentina, sarà a Roma domani, 6 dicembre, per manifestare contro l'azienda Benetton di fronte ad una delle sue principali filiali, in Piazza diSpagna. Il gruppo italiano Benetton è proprietario di oltre 900 ettari nel sud immaginedell'Argentina. Il popolo Mapuche, che vive nella regione della Patagonia, lo ha da tempo denunciato perchè ritenuto responsabile dell'espropriazione e dello sfruttamento delle terre indigene.


Il conflitto risale all'ottobre 2002 quando la famiglia mapuche Curiñanco-Nahuelquir, proprietaria di 250 etteri di terra nella provincia di Chubut, 1500 chilometri a sud est di Buenos Aires, venne espulsa dalle proprie terre per volontà della compagnia italiana. In quella zona, è stato dimostrato, sono presenti giacimenti minerari d'oro.
La denuncia della famiglia Curiñanco-Nahuelquir si risolse, nel maggio  successivo, con una sentenza del tribunale locale che proclamò proprietaria della terra la Compagnia Tierras Sud Argentino, impresa di orgine britannica appartenente al consorzio tessile italiano dal 1991.
In seguito alla sentenza intervenne il premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel. In una lettera pubblicata sul quotidiano La Repubblica, Pérez Esquivel denunciò la Benetton di essersi, al pari di altre grandi imprese straniere presenti nella zona, appropriata dei territori  indigeni  impedendo alle comunità native l'accesso all'acqua e alle vie di comunicazione. A distanza di anni il conflitto è ancora aperto.
L'iniziativa, promossa dall'Ass. A Sud, Ass. YA BASTA! Moltitudia, dall'Ass. Radici, dal Progetto Sur Onlus e da HIJOS prevede il presidio alla filiale Benetton di piazza di Spagna in mattinata per concludersi in serata con un incontro pubblico presso il centro sociale Corto Circuito.

 
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Post N° 459

Post n°459 pubblicato il 03 Dicembre 2006 da grechu

 
 domenica 3 dicembre 2006  Da osservatore internazionale, e a seggi aperti, non posso emettere dichiarazioni su temi politici ma è corretto, necessario ed urgente fare una puntualizzazione tecnica per impedire che informazioni in malafede possano condizionare l'opinione pubblica sul processo elettorale venezuelano.

In Venezuela il processo elettorale è completamente elettronico. Da studioso dei sistemi elettorali e da critico del voto elettronico devo ammettere che nelle ultime 48 ore ho avuto occasione per ricredermi completamente. Le macchine sviluppate dalla Commissione Nazionale Elettorale venezuelana (CNE) sono all'avanguardia nel mondo. Anzi, due giorni fa il Washington Post, riconosceva che c'è un abisso tra la sicurezza del processo elettorale venezuelano e l'aleatorietà arbitraria di quello statunitense. Veniamo ai fatti principali (che il lavoro di osservatore incombe).

1) La CNE, è un potere completamente indipendente da quello esecutivo, legislativo e giudiziario.

2) Si vota con SOLO due clic sullo schermo, uno per selezionare il candidato e un altro per inviare il voto. Le macchine a quel punto stampano una scheda fisica che il candidato ripiega e inserisce nell'urna come in un voto manuale.

3) Al termine del voto, alle 16 venezuelane, le 21 italiane, si procede, centro elettorale per centro elettorale, al sorteggio del 55% dei seggi e si effettua immediatamente un controllo tra voti digitali e voti fisici emessi dagli elettori.

Secondo tutti gli esperti indipendenti, e i vari gruppi di osservatori internazionali, CNE, UE, OEA, Centro Carter, dei quali mi onoro di fare parte, il sistema appare ineccepibile e, nonostante quanto denuncia parte dell'opposizione e parte della stampa internazionale, per provocare instabilità in Venezuela, non ci sono possibilità di brogli, o almeno ce ne sono meno che in qualunque altra parte del mondo, che si voti in maniera manuale o elettronica. In ogni caso, ci sono migliaia di osservatori internazionali, e decine di migliaia di rappresentanti di lista pronti a verificare. In particolare, riprendo l'articolo del Washington Post, la comparazione tra il voto statunitense e quello venezuelano è impressionante nei seguenti punti:

1) solo in casi quantitativamente marginali, negli Stati Uniti viene emesso un voto stampato, mentre in Venezuela è emesso nel 100% dei casi. E' per questo che Al Gore ha dovuto rinunciare a ulteriori verifiche quando fu battuto da Bush nel 2000.

2) negli Stati Uniti il controllo viene fatto sul 2% dei seggi (e non si capisce che raffronto facciano, se non c'è un voto fisico da confrontare), mentre in Venezuela c'è un reale doppio scrutinio per il 55% dei seggi, un numero definito impressionante da Avi Rubin, esperto di voto elettronico, della John Opkins University.

3) negli Stati Uniti, le macchine e il software sono di proprietà di imprese private che dietro la scusa della proprietà intellettuale, impediscono il controllo del meccanismo. In Venezuela il software è aperto ed è verificabile ogni passaggio del meccanismo ed ogni riga di codice che gestisce le elezioni.

In pratica quando un elettore vota negli Stati Uniti, il suo voto è gestito da un'impresa privata che ha vinto un appalto del governo. Il voto è amministrato attraverso codici proprietari e segreti perchè protetti dalle leggi sul copyright e non c'è nessun riscontro che il voto dell'elettore corrisponda a quello conteggiato dalla macchina. Nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, e ne sono giustamente orgogliosi, il voto si svolge attraverso un codice aperto e verificabile, viene emessa una scheda fisica che viene inserita in un'urna e conteggiata in maniera tradizionale per poter verificare il voto. Per un'Occidentale medio è difficile ammettere che un paese del terzo mondo possa essere all'avanguardia in qualcosa, tantomeno in democrazia. Probabilmente un viaggio in Venezuela con occhi aperti può essere occasione per un bagno d'umiltà necessario.

Ovviamente e chiudo, ci sono molte maniere per continuare a denunciare brogli. In questo paese si creano polemiche paradossali sul nulla, spesso orchestrate dall'estero o dall'estero riprese pedissequamente per lanciare sospetti.

Per esempio:

1) qualcuno denuncia che l'elettore non può bivaccare dentro il seggio per ore, ma può solo votare per poi ritornare, se vuole, al momento dello scrutinio. Ho diritto -si inventa- a restare dentro il mio seggio tutto il giorno a controllare. E se 500 elettori volessero bivaccare tutti dentro il seggio per tutto il giorno? Dove al mondo si può fare?

2) qualcuno denuncia che la CNE non permette di portare la stampata a casa. Perché mai la CNE vuole tenerla per sé dentro quell'urna di cartone? Se provi a spiegare che a) la stampata serve per la verifica e non come ricordino; b) se il voto uscisse dal seggio non sarebbe più segreto, ti guardano strano.

3) qualcuno denuncia che il 55% di verifiche è poco, e che non è il 100% perché i brogli si faranno sul 45% restante. Chissà cosa pensa il prof. Rubin, con quel 2% miserello e senza verifiche degli Stati Uniti?

Su cretinate simili si sono sprecati fiumi d'inchiostro, in Venezuela e all'estero. Intento in strada le code sono lunghissime, ma pacifiche e tranquille e i venezuelani ci accolgono con amicizia e ci ringraziano per essere venuti a testimoniare della loro democrazia.
    

 
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POR LA PATRIA GRANDE

Post n°458 pubblicato il 03 Dicembre 2006 da grechu
 

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Post N° 457

Post n°457 pubblicato il 01 Dicembre 2006 da grechu
 

La fine del latifondo immagine

29 novembre - Il presidente Evo Morales ha promulgato la Ley de Reconducción Comunitaria de la Reforma Agraria, che prevede la redistribuzione dei terreni improduttivi e segna "la fine del latifondo in Bolivia". Lo ha proclamato lo stesso Morales davanti a migliaia di contadini, confluiti a La Paz a piedi da ogni parte del paese ). La legge è stata approvata dal Senato nella notte tra martedì 28 e mercoledì 29 grazie all'appoggio di tre parlamentari dell'opposizione. Questo elemento ha suscitato le ire del leader del raggruppamento di destra Podemos, Jorge Quiroga, che ha accusato il governo di "aver comprato la coscienza" dei tre "transfughi". I voti di questi ultimi, sommati ai dodici del Movimiento al Socialismo, hanno permesso l'approvazione non solo della legge agraria, ma di una serie di altri provvedimenti tra cui un accordo militare con il Venezuela. Da oltre quattro mesi l'esecutivo era ai ferri corti con latifondisti e grandi allevatori, che si opponevano al tentativo di incidere sull'enorme concentrazione fondiaria ( nei dipartimenti di Santa Cruz e Beni 14 famiglie possiedono da sole oltre 3.000.000 di ettari). Accanto al problema della terra, l'opposizione contesta il sistema di votazione all'Assemblea Costituente e la recente proposta di legge sui prefetti. Per quanto riguarda il primo punto, la Costituente aveva deciso venerdì 17, con 140 voti a favore e 87 contrari, che per l'approvazione dei singoli articoli della nuova Costituzione fosse sufficiente la maggioranza assoluta (anziché i due terzi), liberando così il Movimiento al Socialismo dalla necessità di negoziare con la destra ogni modifica costituzionale. Lunedì 20 Morales aveva invece inviato all'esame del Congresso un progetto di legge mirante a porre i governi dipartimentali sotto il controllo dei rispettivi parlamentari. L'iniziativa non era piaciuta ai prefetti di sei dipartimenti (Santa Cruz, Beni, Pando, Tarija, La Paz e Cochabamba), che avevano rotto le relazioni con il governo centrale.

 
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Post N° 456

Post n°456 pubblicato il 29 Novembre 2006 da grechu

E TEMPO CHE LE PECORe iMpariNO A
                       immagine            RUGGIRE

 
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Post N° 455

Post n°455 pubblicato il 29 Novembre 2006 da grechu


Artista: Bob Marley
Titolo: Get Up, Stand Up
Titolo Tradotto: Alzatevi, Ribellatevi

Alzatevi, ribellatevi
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Non arrendetevi
Predicatore, non raccontarmi
Che il Paradiso è sottoterra
So che non sai
Quel che vale davvero la vita
Non è tutto oro quel che luccica
Metà della storia non è mai stata narrata
Così ora che vedete la luce
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Non arrendetevi
La maggior parte della gente pensa
Che il Bene scenderà dal Cielo
Porterà via ogni cosa
E renderà tutti felici
Ma se capiste quanto vale la vita
Badereste alla vostra su questa terra
E ora che avete visto la luce
Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi (Sì sì)
Ribellatevi per i vostri diritti (Oh)
Alzatevi, ribellatevi (Alzatevi, ribellatevi)
Non arrendetevi (La vita è un vostro diritto)
Alzatevi, ribellatevi (Quindi non possiamo arrenderci)
Ribellatevi per i vostri diritti (Signore Signore)
Alzatevi, ribellatevi (Il popolo continua a lottare)
Non arrendetevi (Sì)
Siamo esasperati dal vostro facile gioco ruffiano
Morire e andare in Paradiso nel nome di Gesù
Sappiamo e comprendiamo
Che Dio Onnipotente è un uomo vivente
Talvolta potete ingannare un po\'di gente
Ma non potete ingannare tutto il popolo tutto il tempo
E ora che abbiamo visto la luce (Cosa farete?)
Noi ci ribelleremo per i nostri diritti
Alzatevi, ribellatevi-Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi-Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi-Ribellatevi per i vostri diritti
Alzatevi, ribellatevi
Non arrendetevi immagine

 
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Post N° 454

Post n°454 pubblicato il 28 Novembre 2006 da grechu

Messico: il Ministro della tortura
  lunedì 27 novembre 2006

immagineOggi, o al massimo domani, Francisco Ramírez Acuña sarà nominato Ministro dell'Interno in Messico. Sul suo capo pendono 640 denunce per tortura e un odio viscerale per i giovani. Quindi per Felipe Calderón, che s'insedierà il primo dicembre, è l'uomo giusto al posto giusto.

GUADALAJARA - Mentre a Oaxaca si galoppa verso il punto di non ritorno, tre giorni fa, lo scrittore Paco Ignacio Taibo II, ha raccontato a chi scrive un episodio dell'ultima campagna elettorale messicana, che sembra preso di peso dalla storia del 18 aprile 1948 in Italia. Nello stato di Jalisco, governato da 12 anni dal PAN, in 450 parrocchie, si sono trovate almeno due persone che hanno sottoscritto denunce contro i parroci che hanno fatto apertamente campagna elettorale contro Andrés Manuel López Obrador: "in tutte le denunce -dice Taibo II- i parroci hanno affermato che AMLO sarebbe andato a levare le scarpe ai bambini dei parrocchiani".

Al di sopra dei parroci c'erano di concerto la curia di Guadalajara -la regione più conservatrice del paese- e il governatore dello Stato Jalisco, del quale Guadalajara è capitale, Francisco Ramírez Acuña (nella foto con Vicente Fox).

È quello stesso Ramírez Acuña che il 28 maggio 2004 lanciò Felipe Calderón come precandidato alla Presidenza e che oggi, con la nomina a Ministro dell'Interno, passa all'incasso di quell'assegno in bianco. In quelle stesse ore, il dettaglio é particolarmente sinistro, un centinaio di ragazze e ragazzi venivano torturati nella Bolzaneto di Guadalajara.

Furono giorni eccitanti per Ramírez Acuña. A Guadalajara -la stupenda capitale della Tequila- si teneva il vertice euroamericano. Tra gli altri andarono Romano Prodi come commissario europeo e Franco Frattini, all'epoca Ministro degli Esteri di Silvio Berlusconi. Ramírez Acuña si vantò pubblicamente di avere infiltrato i manifestanti che protestavano contro quel vertice per provocare incidenti tra i manifestanti pacifici, capeggiati dal futuro presidente boliviano Evo Morales, e la polizia.

Ma il meglio doveva ancora arrivare, lo ricorda Jaime Áviles, inviato de La Jornada: la sera dopo gli scontri Ramírez Acuña ordinò "voglio cento detenuti, subito!"

Come nella Roma occupata, decine di camionette percorsero la città a razziare giovani. Furono presi per i capelli dai ristoranti, dai giardini, dai bar, fino a raggiungere il numero richiesto dal Kesserling di Jalisco. Un ragazzo di Monterrey fu sequestrato direttamente dalla Croce Rossa dove era arrivato coperto di sangue.

Ragazze e ragazzi furono portati in un sottoscala della direzione alla sicurezza. Le donne furono denudate e abusate sessualmente, gli uomini furono picchiati selvaggiamente. La mattina dopo la metà fu liberata, e l'altra metà fu ancora torturata fino a firmare confessioni fantasiose per crimini mai commessi per le quali -conclude Áviles- alcuni furono tenuti in carcere per un anno e altri pagarono multe astronomiche.

Quello del vertice del 2004, è solo uno degli episodi sinistri nei quali fu coinvolto Ramírez Acuña. Già nel 1999 un detenuto per presunti crimini comuni morì sotto tortura. Nel 2002, un una località isolata, si teneva un rave che radunava migliaia di giovani. Con la scusa della presenza di droga, nella retata ne furono detenuti 1.500. La Commissione Statale per i Diritti Umani (CEDH) afferma che le detenzioni furono arbitrarie e che il trattamento dei giovani fu crudele, inumano e degradante.

Proprio la CEDH denuncia che il Governatore Ramírez Acuña è stato l'uomo chiave nel permettere e proteggere garantendo l'impunità per almeno 640 casi di tortura certificati in Jalisco tra il 2001 e il 2005, anno nel quale si arrivò al record di 132 denunce per tortura. Secondo la CEDH -sempre ignorata da Ramírez Acuña- il dato non definitivo del 2006 sicuramente supererà tale record. Di nuovo, in particolare, i rapporti che condannano Ramírez Acuña parlano di "persistente intolleranza verso le manifestazioni giovanili e l'esercizio, da parte dei giovani, di diritti civili e politici". Durante il suo governatorato "installò un'ideologia morale piena di pregiudizi sui giovani, le loro forme di espressione e identità, i loro diritti". Cinquantasei organizzazioni per i diritti umani -Tra queste Amnistia Internazionale e Human Rights Watch- si sono già espresse contro la nomina di Ramírez Acuña per fatti così gravi che lo rendono incompatibile per ogni incarico pubblico.

Questo campione della riconciliazione e della tolleranza è stato scelto da Felipe Calderón e dagli interessi che maneggiano come un'opera dei pupi il suo governo clerical-confindustriale come nuovo Ministro dell'Interno. Più chiaro di cosí il segnale del nuovo governo ai mille conflitti sociali che tormentano il Messico non poteva essere: repressione, mano dura, tortura. Il Messico è ad un passo da una svolta autoritaria.

di GENNARO CAROTENUTO

 
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Un altro pezzo di America Latina svolta a sinistra.

Post n°453 pubblicato il 27 Novembre 2006 da grechu
 

immagine. L'Ecuador di Rafael Correa consolida l'asse progressista del quale fanno parte Argentina, Brasile, Cile, Bolivia, Uruguay e Venezuela. Il 43enne ex ministro dell'economia, nazionalista antiamericano, ha vinto le elezioni presidenziali e senza attendere l'ufficializzazione del Tribunale supremo elettorale, è sceso nelle strade di Quito per festeggiare sulle note di "Comandante Che Guevara".

"La vera battaglia comincia ora - ha affermato - la battaglia per cambiare il nostro paese, per sconfiggere le mafie che ci hanno tenuto in scacco, la battaglia per costruire un paese migliore, quello che tutti desideriamo. Dio vi protegga, cittadini di Quito per sempre, fino alla vittoria".

Correa non ha mai negato i propri legami con Hugo Chavez, il presidente venezuelano che dell'antiamericanismo ha fatto la propria strategia politica. Ma ha annunciato che intende collaborare con tutti gli stati progressisti dell'America del Sud.

 
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Post N° 452

Post n°452 pubblicato il 27 Novembre 2006 da grechu
 
Foto di grechu

Opposizione venezuelana tra spada sovversiva e parete democratica

Di Miguel Lozano*

Il principale candidato oppositore venezuelano, Manuel Rosales, si trova oggi davanti all'alternativa di pressioni per appoggiare un piano sedizioso o riconoscere i meccanismi democratici nelle elezioni del prossime 3 dicembre.

La rivelazione di un settore oppositore di un piano per uscire sulle strade il 4 dicembre col pretesto di una supposta frode, sembra avere come asse centrale le pressioni su colui che si presenta come candidato unitario di fronte al presidente Hugo Chávez.

Secondo tutti i sondaggi, Chávez dirige l'intenzione del voto con medie da un 50 a un 60%, tra circa 15 candidati, con Rosales come il più vicino con appena da un 25 ad un 30% della votazione.

Con un vantaggio impossibile da raggiungere a 24 giorni dalle elezioni, dei gruppi radicali incoraggiano all'insubordinazione mediante un progetto che include di tentare di captare membri delle forze armate, proteste sulle strade ed atti terroristici, secondo delle denuncie.

Il portavoce pubblico di questa frazione oppositrice, il direttore del quotidiano “Il Nuovo Paese”, Rafael Poleo, convocò pubblicamente ad iniziare delle dimostrazioni alle 06:00 del giorno 4 per togliere Chávez dal potere il 5 con l'aiuto dei militari.

A dispetto del fatto grave della sfida, le dichiarazioni di Poleo inclusero una chiamata diretta a Rosales, come l'oppositore migliore ubicato, ad appoggiare il movimento sovversivo per difendere il suo presunto trionfo, una vittoria che sembra praticamente impossibile.

Davanti a ciò Chávez, convocò l'opposizione politica e Rosales in questione, a chiarire pubblicamente se accetta il gioco democratico, dopo quello che qualificò come la sconfitta del piano per realizzare una guerra di inchieste.

Al rispetto avvisò Rosales che se soccombe alle pressioni e si presta ad appoggiare il piano sovversivo previsto per il giorno dopo le elezioni può finire in prigione e perdere il governo dello stato di Zulia.

“Non vogliamo la violenza ma se prendono quella strada siamo obbligati ad imporre l'ordine”, indicò Chávez, che chiese anche ai settori seri dell'opposizione di avere la nobiltà di riconoscere la realtà.

In una conferenza stampa con dei corrispondenti stranieri, osservò che ogni giorno cresce la sua candidatura per la rielezione il 3 dicembre, mentre gli oppositori ed i suoi assessori statunitensi fallirono al punto di dire che non credono nei sondaggi.

Il capo di Stato attribuì l'appoggio, circa il 60% dell'intenzione del voto, secondo le inchieste, ai risultati del suo governo che riuscirono -disse - a tirare fuori il paese dalla prostrazione economica, di fronte alla strategia neoliberale applicata anteriormente.

Allo stesso tempo confermò la disposizione al dialogo, ma ricordò che il suo principale contendente non ha dichiarato ancora se accetterà i risultati. Al rispetto ricordò che l'opposizione venezuelana ha appoggiato azioni anticostituzionali come il colpo di stato del 2002 ed ora alcuni dei suoi rappresentanti stanno richiamando alla sovversione ed incitano a questo anche la forza armata nazionale.

Su ciò, il ministro della difesa, generale in capo Raul Baduel, annunciò che si prepara un piano di contrattacco, se per caso portano avanti le minacce. Le autorità citano relazioni dei servizi segreti, secondo i quali alcuni oppositori cercano di contattare con militari e paramilitari e si realizzano esercitazioni sull’uso delle armi.

Al tempo che ratificò la disposizione al dialogo e l'inesistenza di piani per escludere dalla politica a nessun settore, il presidente venezuelano affermò anche che il Chávez permissivo è rimasto nel passato.

Da parte sua il Capo di Stato annunciò che nell'ipotesi quasi impossibile di perdere i comizi del 3 dicembre, consegnerà la banda presidenziale senza problema di nessun tipo ed assicurò che preparerebbe adeguatamente la transizione.

Davanti ai tentativi di generare paura tra la popolazione, Chávez assicurò che si prepara un piano di contrattacco, per il caso che si provochino tumulti dopo i comizi, e garantire l'ordine.

In realtà, tanto le dichiarazioni di Poleo, come quelle del Capo di Stato, collocano Rosales davanti ad un dilemma morale: decidersi a rispettare la volontà popolare o insistere nella variante violenta utilizzata varie volte dall'opposizione.

Secondo tutti i sondaggi, Chávez deve vincere le elezioni il prossimo mese guadagnando dal 50 al 60% dei voti, mentre Rosales, il suo principale contendente, sembra che potrà raggiungere solo dal 20 al 30% dei suffragi.

 
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