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Rapsodia in blues

Post n°403 pubblicato il 05 Marzo 2017 da roby.floyd

Un attore controcorrente, il più straordinario tra i comici satirico-demenziale della generazione battezzata al successo anni prima dalla fortunatissima trasmissione 'Saturday Night Live'  ed anche un buon musicista John Belushi.
Nato il 24 gennaio del 1949, Belushi mostra subito doti di attore, ed a soli 18 anni il suo insegnante di recitazione e di dizione, intuendo l'immenso talento nel far ridere di quel grasso ragazzino dal sorriso disarmante, lo trascina quasi di peso a Chicago per fargli fare un provino.
In quel momento John è un fan sfegatato dei Rolling Stones e suona la batteria in una band liceale chiamata "The Ravins"  che ha già pubblicato un primo disco, ma la sua specialità rimangono le imitazioni.
Imita tutti, da Richard Nixon a Beethoven, ma quello che, indubbiamente, gli riesce meglio è Joe Cocker.
La sua parodia di "With a Little Help From My Friend" nella versione del celebre cantante divenne subito un cult, tanto che qualche tempo dopo, Paul McCartney gli offre ben 6000 dollari per imitare Cocker alla sua festa di compleanno.
Cabaret dopo cabaret e con una satira intelligente da' vita ad altre parodie: Elton Taylor (misto di Elton John e James Taylor) , Truman Capote, Marlon Brando...
Ancora un periodo di gavetta e poi il passaggio alla trasmissione Saturday Night Live che, in breve, diviene una delle più seguite del Paese.
Alla base del suo enorme successo una formula magica semplice come l'uovo di colombo: in ogni puntata ottima musica e grosse star del firmamento del rock più una serie di sketch esilaranti interpretati da una nuova ondata di giovani comici tra i quali Belushi, e tra essi Dan Aykroyd .
Il successo è difficile da amministrare e Belushi non è estraneo agli esperimenti con gli allucinogeni; finisce con l'entrare rapidamente nel giro dei 'ricchi, famosi e dannati' di Hollywood.
Mentre all'orizzonte si profilano i primi contratti cinematografici, fa amicizia con tutti quelli che si oppongono per ideologia allo star system ed establishment in generale e che, sentendosi in essi inevitabilmente risucchiati, cercano un'uscita di sicurezza nei cucchiaini e nelle cannucce d'argento, e nelle siringhe ipodermiche.
James Taylor e Carly Simon, Robin Williams, Robert De Niro sono tra i suoi amici più intimi.
Sua moglie Judy  lo segue per un pò in questo suo precipitare privato in parallelo alla sua ascesa pubblica, ma poi si tira indietro, vorrebbe fare qualcosa.
"Animal House" ha un successo travolgente; Belushi diventa il mito di una generazione di universitari che rispolverano la soul music dei primi anni Sessanta e fanno tremare i rettori a colpi di toga-party.
Segue "1941: Allarme ad Holywood" , diretto da Steven Spielberg, con Aykroyd al fianco di Belushi, e subito dopo "The Blues Brothers"  e Belushi si scatena come non mai.
Finalmente può unire le sue due passioni: la recitazione e la musica.
Con la faccia dipinta di blu e gli occhiali di celluloide nera si fa avanti a colpi di blues col suo 'brother' Aykroyd, e lancia una nuova moda.
Tutto molto divertente sul grande schermo, ma dietro le quinte la realtà è ben diversa: Belushi, che solo sei mesi prima aveva visto il suo primo vero album ( con i Blues Brothers ) con svariati milioni di copie vendute e che aveva raggiunto indici di ascolto in TV impensabili ogni sabato notte  davanti al piccolo schermo per veder 'Saturday Night Live' , stava lottando disperatamente contro la dipendenza dalla cocaina.
John Landis, il regista del film, era sull'orlo della disperazione; all'ultimo giorno di riprese Belushi si rifiutava di uscire dalla roulotte, la loro amicizia rischiava il naufragio , era in uno stato pietoso, fisicamente e psicologicamente.
Finito il film, Belushi passa alla cocaina free-base, seguono periodi di alti e bassi, di disperati tentativi di uscire dal tunnel, alcuni funzionano per un pò, altri falliscono miseramente.
Intanto partecipa ad un altro paio di film, poi l'improvvisa e sconcertante notizia: John Belushi trovato morto per overdose in un bungalov, a Los Angeles.
"Bluto" se n'era andato per sempre, un'altra stella 'cadente' che ha brillato nel nostro sguardo solo per un attimo, ma resterà per sempre nella nostra memoria.
Penso che avrebbe potuto, avrebbe dovuto essere uno di quei comici il cui lavoro continuasse per decenni ed accompagnare diverse generazioni, ma non lo è stato.
Perchè?
Cosa è successo?
Di chi è stata la colpa, se un colpevole esiste?
E le cose sarebbero potute andare altrimenti meglio?
Poteva il successo tradursi in qualcosa di diverso dal fallimento?
La questione, come negli altri casi simili, rimane insoluta.
Nonostante questo, la sua eredità migliore e più sicura resta sempre il suo lavoro.
Ci ha fatto ridere ed ora, anche a distanza di anni dall'infausto evento, può farci riflettere.

 

Aggiunta per Several

...pure su Rolling Stone andarono a finire con la faccia dipinta di blu...
...e qui la mitica esclamazione ci sta tutta, eh!

 

 
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