Creato da merendero77 il 25/08/2007

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Ho guardato dentro un bugia ed ho capito che è una malattia dalla quale non si può guarire mai...

 

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Attese 3

Post n°232 pubblicato il 29 Ottobre 2010 da merendero77
 

 

 

SUPERENALOTTO

 

Era una splendida giornata, fredda ma luminosa e solare nonostante fosse novembre. Libero uscì di casa dopo aver controllato la posta elettronica imprecando per l’assenza delle mail che attendeva. Aspettava risposte alla sua incessante ricerca di occupazione. Il suo lavoro al call-center di Matera era finito e dopo tre mesi si ritrovava punto e da capo, col culo per terra a cercare, a sperare, a chiedere. Vivere in questo stato di incertezza infinita era davvero sfiancante. Era un logorio lento e tremendo come la tortura della goccia cinese. Una minuscola, insignificante goccia d’acqua che cadenzata cade sul cranio di una persona immobilizzata fino a portarla alla follia.

Libero faceva una fatica enorme a mantenere la calma, a cercare di rimanere razionale: a 33 anni suonati essere un precario che vive di lavori interinali ed espedienti, di agenzie di lavoro che si mangiano parte della miseria che ti danno, è davvero penoso. Libero arrancava  cercando di non demordere, in attesa di quel giorno fortunato che l’avrebbe visto finalmente un po' più sistemato.

Inforcati i suoi intramontabili wayfarer, decise di farsi una passeggiata per sbollire. Aveva ascoltato l’ultimo singolo dei Marta, coda di lucertola, e ci rifletteva su.

“La voglia di vivere è una coda di lucertola, puoi sacrificarla, tanto prima o poi ricrescerà”

Lui l’aveva persa ultimamente quella voglia.

Si sedette su una panchina della pineta e si soffermò a guardare le piante, i pini, le erbacce. Erano particolarmente verdi in quel periodo dell’anno. Dopo l’arsura estiva, con le prime abbondanti piogge autunnali, tutto ritornava rigoglioso prima che il gelo ribruciava tutto.

Le piante, pensava, erano davvero da ammirare. Hanno una voglia instancabile di vita, spuntano dappertutto, nelle spaccature dell’asfalto, tra le fessure dei muretti, ovunque c’è un po’ di umidità e di terra. Si aggrappano con le loro radici e cercano disperatamente di andare verso il cielo, in alto, su, sempre più su, indifferenti a tutto tranne a rispondere a quell’antichissimo richiamo della vita.

Lui invece era palesemente appassito, stanco, stufo di ogni cosa. Ma pensava alla canzone dei Marta e forse avevano ragione loro a dire che quella coda di lucertola sarebbe ricresciuta prima o poi.

Due ragazze vennero a sedersi sulla panchina vicina. Avevano qualche anno meno di lui, ma non molti, pensò Libero. Una era davvero carina, con una faccia che ispirava da subito tanta simpatia, e sorrideva come una che di voglia di vivere ne aveva da vendere. L’altra invece, molto meno bella, aveva il viso rovinato dall’acne giovanile, labbra sottili, due occhietti blu piccoli piccoli e ben distanti che di bello avevano solo il colore.

Accesero due Camel Blue e chiacchieravano tranquillamente, alternando sbuffi di fumo a risate da vecchie amiche.

Libero riaffiorato alla superficie della realtà dopo la visione delle due ragazze un po' ascoltava scampoli di discorsi.

La butterata chiese alla più carina, “Ma come mai?”

“Non lo so Mari, non lo so cosa m’era successo. Forse in quel momento ne avevo bisogno, forse la curiosità mi ha giocato un scherzo. Insomma non lo so proprio… Fatto sta che avevo quella frenesia dentro e non vedevo l’ora di vederlo di persona, di conoscerlo. E poi quando l’ho conosciuto non riuscivo a staccarmi da lui. Stavamo sempre insieme e non mi bastava mai! Ho trascurato tutti quei giorni lì. I miei mi avevano data per dispersa, mi chiamavano in piena notte perché rientravo ad orari assurdi, più assurdi di quelli che di solito faccio!”

“Non è proprio da te Terry…” osservò l’amica facendo smorfie di incredulità.

“Sì, questo è poco ma sicuro! Infatti non so perché mi sono spinta così oltre con lui.”

“Infatti io mi sono chiesta sempre come hai fatto a stare con lui,  e mai perché l’hai lasciato!”, fece la butterata sghignazzando per la sua sagace battuta.

Anche Terry rise tirando in dietro il mento, mostrando i suoi bianchissimi denti e facendo brillare un po' i suoi occhi nerissimi ma puntualizzò, “quanto sei cattiva Mari!” e la spinse con la mano non impegnata dalla sigaretta simulando di picchiarla.

“E’ un bravissimo ragazzo, non è neanche male, fisicamente intendo. E’ così una carissima persona! Non è un coglioncello superficiale come ce ne sono a bizzeffe. E’ correttissimo, ha una certa cultura, un lavoro fisso che oggi è una rarità, la testa sulle spalle. E’ pure simpatico se lo conosci bene. Davvero piacevole. Insomma è un ragazzo ideale per la madre media, uno presentabile a casa. Sicuramente sarebbe ben accolto in ogni famiglia. Uno da sposare…” ed ebbe un sussulto a sentirsi pronunciare quel verbo.

Dopo qualche secondo di pausa arrivò la chiusa al suo pensiero.

“Ma di quel tipo di ragazzo si può provare solo pena… o al massimo gli si può voler bene… ma certo non ti puoi innamorare…”

“Ma non gli hai mai detto ti amo?”

Terry lanciò la cicca lontano e, dopo aver espirato l’ultimo fumo con la faccia quasi allucinata dall’enormità che la sua amica aveva appena proferito, rispose con un’occhiataccia che non aveva bisogno di essere accompagnata da nessun’altra parola.

“Ah…” disse solo Mari.

Libero lasciò le due amiche alle loro piacevoli conversazioni e si alzò deciso ad andare a giocare al superenalotto. Erano mesi e mesi che nessuno azzeccava la combinazione vincente e il montepremi era lievitato a cifre esagerate. La gente ormai faceva la fila per giocare, per poter partecipare a quella collettiva disperata speranza di liberarsi dalle fatiche della vita normale e poter diventare un ricco. E chi contava più di farsi una posizione col lavoro? Meglio aspettare il giusto colpo di fortuna.

Arrivato che fu davanti alla ricevitoria cambiò idea.

“Meglio la disperazione che comprare un euro di questa speranza di merda! In culo ai ladri di merda di sto governo! Pure le mutande ci tolgono con ‘ste lotterie e ‘sti gratta e vinci della minchia!”

 

 
 
 
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E un giorno ti svegli stupita
e di colpo ti accorgi
che non sono più quei
fantastici giorni all'asilo
di giochi, di amici e se ti guardi
attorno non scorgi le cose consuete,
ma un vago e indistinto profilo...
E un giorno cammini per strada
e ad un tratto comprendi che
non sei la stessa che andava
al mattino alla scuola,
che il mondo là fuori t'aspetta
e tu quasi ti arrendi capendo
che a battito a battito
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