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ESTATE

Post n°102 pubblicato il 31 Luglio 2015 da rozappa

Questo caldo, interminabile, mese di luglio mi riporta a un'estate simile di un po' di anni fa.

Provate a chiudere gli occhi e fatevi accompagnare dalla musica fin dentro a questo ricordo lontano, quando l'erba era gialla per la siccità e le balle di paglia erano abbandonate nei campi di grano già raccolto. l'uva iniziava a prendere colore sui tralci promettendo una vendemmia di qualità

sì, siamo circa a metà degli anni 60, alla Prè in una delle tante giornate torride che quelle estati ci regalavano (allora non c'erano i condizionatori e il caldo te lo "godevi" tutto).

I pensionati cercavano conforto all'ombra, un fazzoletto annodato ai quattro angoli che bagnavano nell'acqua fresca della fontana, con le carte in mano. Le donne sedute sulle sedie impagliate aprivano i materassi e fioccavano la lana sciogliendone i nodi per poi farla rigenerare al sole. C'era un anziano ormai incapace di camminare seduto su una sedia con i braccioli alti: era stato un uomo duro e burbero nei sui anni migliori, sempre pronto a rimproverarci per le nostre corse e i nostri schiamazzi, ed ora era lì dimenticato in un angolo, sconfitto dalla vita.

Noi giocavamo con un pallone sgonfio rincorrendoci su e giù per il borghetto.

All'improvviso un botto, il crepitare delle fiamme e una colonna nera che tenta faticosamente di arrampicarsi nell'aria immobile, verso il cielo.

Tutte le attività cessano all'improvviso, immobilizzandosi come in una vecchia foto in bianco e nero, finché arriva di corsa una vicina gridando "ha preso fuoco il deposito degli Zoli"

Immediatamente tutti realizzano che, benché nascosto dalle case, il deposito degli Zoli è a non più di una cinquantina di metri da lì e gli adulti hanno chiaramente la percezione del pericolo sapendo che ci sono molte bombole di gas e sottoterra sono tenute le scorte di carburante dei mezzi agricoli e se il calore provocato dall'incendio sarà abbastanza elevato potrebbe esplodere tutto.

Le mamme chiamano a gran voce i figli e inizia una fuga incontrollata verso la campagna lasciando tutto lì abbandonato: lana, materassi, carte, le case aperte...

Il gruppetto di mia mamma del quale facevamo parte io, i miei fratelli e due loro amici, raggiunge la vigna e si gira a osservare il fumo che saliva sempre più in alto, ma da lì non si riusciva a sentire alcun rumore. Dopo un po' i bambini più grandi si stancano di stare lì a guardare e decidono di andare a fare un giro.

"basta che non andate vicino all'incendio" disse mia mamma

"ma no, andiamo alla zolfatara" 

"vengo anch'io" mi intromisi

e alla fine Nunzio, Francesco, Piero ed io ci avviamo di corsa (non so perché i bambini corrano sempre) su per il sentiero che tagliava fra i tornanti per portarci verso il forno. Io, più piccolo di 5/6 anni rispetto agli altri, presto resto indietro, rallentando tutto il gruppo.

Arrivati alla scalinata che riportava alla Piazza torniamo al borghetto (così era chiamata in paese la via dove abitavamo).

C'era agitazione fra le persone che aspettavano l'arrivo dei pompieri (vigili del fuoco) per badare a dove stavamo andando... esattamente giù per la via, verso l'incendio.

Con nostra grande sorpresa, il vecchio infermo era ancora lì seduto sulla sua sedia che piangeva... nessuno aveva pensato a lui. Non avevo mai visto un uomo adulto piangere e tantomeno avrei creduto che quell'uomo potesse piangere. Qualcuno dei più grandi corse ad avvisare gli uomini che erano in piazza che presero su Carulin sempre seduto sulla sedia e lo portarono al sicuro.

Poi, passando dalla scorciatoia che scendeva fra le case della Nerina e della Giacomina, raggiungemmo la vigna di Nello e da lì fu possbile vedere direttamente lo spiazzo dove bruciavano i materiali accatastati dagli Zoli.

Sentimmo le sirene e andammo a vedere i pompieri che srotolavano le lance e correvano verso il fuoco seguendo la stessa scorciatoia appena percorsa da noi.

I primi di loro che andarono a visionare la situazione si rassicurarono e ci permisero quindi di aiutarli (si fa per dire) a portare prolunghe di tubo e lance di riserva fino a una distanza utile per osservare e restare comunque in sicurezza.

La cosa che mi sorprese fu la pressione dell'acqua che gonfiò all'improvviso quel nastro piatto fino a farlo diventare un tubo durissimo e pesante. Poi iniziarono il loro lavoro: aggredirono le fiamme da più parti e nel giro di qualche ora tutto fu spento e furono rimosse macerie e materiali di facile combustione. 

Rimase solo un odore bagnato di bruciato che aveva intriso i vestiti e le cose e che per qualche giorno aleggiò per tutto il paese

Per un po' di tempo continuammo a parlarne, poi col passare degli anni, tutto venne dimenticato o riposto in un angolo della memoria in attesa di trovare una scusa per tornarsene fuori.

 

 
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