Creato da alias1973 il 29/09/2006

L' ATTIMO FUGGENTE

"I WENT INTO THE WOODS BECAUSE I WANTED TO LIVE DELIBERATELY. I WANTED TO LIVE DEEP AND SUCK OUT ALL THE MARROW OF LIFE, TO PUT TO ROUT ALL THAT WAS NOT LIFE; AND NOT, WHEN I CAME TO DIE, DISCOVER THAT I HAD NOT LIVED " - "BOYS, YOU MUST STRIVE TO FIND YOUR OWN VOICE, BECAUSE THE LONGER YOU WAIT TO BEGIN, THE LESS LIKELY YOU ARE TO FIND IT AT ALL. THOREAU SAID: <MOST MEN LEAD LIVES OF QUIET DESPERATION>. DON'T BE RESIGNED TO THAT. BREAK OUT!". (DEAD POETS SOCIETY - 1989)

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B A L A N C E   S H E E T

Post n°117 pubblicato il 30 Dicembre 2008 da alias1973
 


"Il 1992 non è un anno che ricorderò con  piacere: è stato un annus horribilis."

(Dal discorso in  parlamento del 24.11.92 di Sua Maestà la Regina Elisabetta II d'Inghilterra e idem dicasi per me del 2008).


Ma per fortuna, e come ho già detto in altre occasioni, nulla di troppo bello e nulla di troppo brutto dura troppo a lungo.


Così che da tutte le esperienze che ci hanno fatto patire ci si riesce a risollevare, piano, sia grazie al tempo che non è un semplice dottore come si dice in giro, ma uno con certi attributi che dovrebbero farlo primario; sia grazie ad una certa postuma stramba comprensione; e al distacco, che per l'ineluttabile fisiologia delle emozioni comunque poi sopraggiunge e mitiga ogni cosa.


Ed è così che, se Dio lo vuole, è di nuovo notte come piace a me, notte alta sui miei tacchi neri e le stelle appese.

Dal buco nero esco come un dante dagl’infernali gironi.

La prima boccata d’aria buona m’ubriaca, fors’anche m’intossica.

Se non ti uccide al  primo sorso e resisti, diventa sostentamento il veleno che per tanto è stato il tuo unico bere così che poi, a smettere, il sano ti passa pure per malato, se non altro finchè non riproporzioni a più larghe falde le grandezze del tuo spazio-tempo.

E intanto è di nuovo notte come piace a me, notte alta sui miei tacchi neri e la mia umanità notturna.

E’ il riso che si frammischia al pianto della varia gente, che queste Feste benedette richiama se possibile ancor più innumerevole e in mezzo alla quale come sempre c’è chi cui stavolta è andata bene e a chi peggio. Che tanto ora è così, ragazzi, ma tranquilli, il tempo di un respiro e ce ne sarà ancora per tutti.

Che la vita è una ruota e come il mondo ci gira dentro e d’intorno (ci sguazzerebbe il Copernico) e a saperlo è cosa buona e furba affinchè non si faccia della nostra un’inutile vita di trottole.

Che la vertigine ora sarà pure altrove ma per carità, che nella vita grazie a Dio di cose ho avuto l’ardire di farne e dunque per un momento ho voluto posarmi, che ne ero stanca e pur s’ero stata peggio, mi è piaciuto per un pò stare a guardare, ascoltare, annusare la dimenticata normalità delle cose.

Il loro beato, spontaneo occorrere, il loro naturale, piano divenire.

Vivo di una vita calmierata, soffice come il pane, che pago ad un prezzo molto più accessibile e ciò fa di me una consumatrice soddisfatta, finalmente meno incline alle recriminazioni.

E, chiuso l’ufficio reclami, il peso e il senso di ventisette gambi per due chilometri sono di una sostenibilissima, frivola leggerezza!!

Ma intanto è di nuovo notte come piace a me, notte alta sui miei tacchi neri e questo cielo grato.

Così stasera, come molte altre.

Barista, niente gin corretto lacrime, mi farebbe il male che per me non desidero.

Voglio un bel pestato da fachiro, un  tritato di vetri, una granatina di cristallo.

E non pistacchi, ma tenui smeraldi, né noccioline tostate ma gocce d’ambra.

E un filo di seta….massì, tiri, disfi pure l’orlo del mio vestito. Faccio collane io di ciò con cui la gente di solito s’ammazza (più sé che i suoi brutti pensieri).

Ho costruito la mia ultima fortezza non  su bicchieri, paura e sottrazione al mondo, che sarebbe stato darle mura di paglia, ma con piccoli, innumerevoli mattoncini plasmati affondando palmi e pugni a fondo nell’argilla,senza timore di sporcarmi fino ai polsi, i giorni dispari soccorsa da mani gentili che mi hanno passato acqua per impastare quando più non era il pianto.

Che sì, è di nuovo notte come piace a me, notte alta sui miei tacchi neri e i miei sogni che rifan capolino!

E, (sciocca!) avevo pensato fosse tutto sparito qui intorno e credevo non ci fosse più niente, ed ero io, non più presente a me stessa, a non esser più di questo mondo.

Ma ora guardatemi!

Sono sangue e pensiero!

Dal buio io mi sono reinventata, e così diversa, mi sono dovuta  reincontrare, anima nuda allo specchio di una nuova autocoscienza che fin giù, giù nel profondo di me sono andata, là dove alcuni evitano per vite intere di avventurarsi, dove si prova paura perché la luce è fioca e l’ambiente ostile e i fantasmi così orribili, si là sotto, fin dentro l’oscena babele del nostro caos interiore, dove il tuo stesso sé, infuriato e selvaggio come non immagineresti, ti si scaglia contro gridando in idiomi sconosciuti e pare una belva - si, hai una belva inferocita che ti si dibatte dietro lo sterno - e il trucco è capire che essa non vuole divorarti, né chiede d’essere abbattuta bensì di veder compresa e consolata la sua disperazione.

Ma tant’è.

Col senno del poi ci si lastricano le lagune!

Che intanto però è di nuovo notte come piace a me, notte alta sui miei tacchi neri e questa luna segreta sulla mia città che brilla.

Che poi tutto è successo così all’improvviso!

Come qualcosa che è rimasto impigliato e che tira tira d’un tratto si libera. Forse perché non è detto che su ogni fondo che tocchiamo c’abbian piantato su il cartello “E adesso scava”.

Si vede non  sul mio, che tanto da una delle mie notti più lunghe mi sono ormai destata e dal buco esco, a riveder le stelle; che dopo tutto questo, di molto bene e di molto male so come prima non sapevo, proprio come un dante esperito all’uscire dagli infernali gironi.

 

 E ALLORA UN ABBRACCIO FORTE E AUGURI DI BUONA FINE E ANCORA MIGLIOR PRINCIPIO A TUTTI, CARI AMICI!!
CI RITROVIAMO DOPO LA BEFANA!!! 

 
 
 
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