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« Ma il presente si consum... | Infinito » |
In albergo provo a telefonare a M., ma al numero di casa non risponde, e a quello del
cellurare che una voce semiartificale che ripete nel modo più ottuso:
"L'utente dal lei chiamato non è al momento raggiungibile".
Cammina avanti e indietri per la stanza coperta di stoffe a fiori, con il senso di
angosciacrescente che gli viene ogni volta che non riesce a comunicare con lei.
E' cosi fin dagli inizi della loro storia: panico improvviso da mancanza di interlocuotere
che fa battere affannati i cuori e restringe i passaggi del sangue e produce immagini di
allontanamenti e perdite irrimediabili e vuoto vuoto vuoto.
Prova a lasciarsi smorzare i pensieri dalla stanchezza, prova a concentrarsi
sull'itinerario da seguire il giorno dopo, ma non funziona. La stanchezza si è dissolta
nell'ansia affollata di immagini, il viaggio sembra sospeso in un territorio senza nomi ne
luoghi come un coniglio che non sa in che direzione scappare.
Telefona di nuovo, tre o quattro o cinque volte di seguito: si sposta da una parete
all'altra, controlla le tacche di ricezione sullo schermetto verdino, digita il numero,
ascolta frammenti di voce registrata che lo riempiono di odio per le compagnie
telefonioche e per i loro criteri operativi.
Pensa che quella con M. è una vera forma di dipendenza reciproca, dove ognuno dei due ha sull'altro l'effetto di una droga indispensabile. Pensa che invece di attenuarsi da quando hanno smesso di vedersi, si è acutizzata nella conentrazione di sfumature e segnali sommersi dei loro dialoghi a distanza, al punto da creare crisi violente
d'astinenza appena non viene alimentata. Non importa se quando si parlano lo fanno
per scambiarsi osservazioni sparse od opinioni sul mondo o frasi di rammarico o
informaizioni su quello che stanno facendo: non possono fare a meno della loro dose di comunicazione un paio di volte al giorno.
...
Riprova ancora a telefonare. Itasti del celluare gli sembrano troppo piccoli; gli sembra
in generale assurdo che il rapporto tra due persone possa dipendere dai circuiti
elettronici chiusi in una scatolina di plastica colorata. Si chiede se c'è un modo di
liberarsi dalla dipendenza reciproca, e qual'è: se esiste una tecnica terapeutica dolce e progressiva, o è indispensabile attraversare una fase di sofferenza lacerante. Si chiede se ci sono ancora margini per ricostruire con M. una storia fatta di stare insieme oltre che di voci al telefono e di parole digitate; quanto sono ampi, quali gesti o decisioni richiederebbero. Ha delle immagini parallele di se in un possibile futuro a medio termine, con M. e da solo, in luoghi diversi e occupato a fare cose diverse, ma sono frammentarie quanto i suoi pensieri di viaggio, non fanno che alimentare il suo panico da mancanza di interlocutore.
da Pura Vita di A. De Carlo
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