Rigoletto, uomo deforme e maligno, è buffone alla Corte del Duca di
Mantova. Egli ha una figlia, Gilda, che tiene chiusa in casa,
completamente all'oscuro di quanto egli fa. Durante una festa nel
palazzo del Duca, questi, personaggio frivolo e libertino, si apparta
con la contessa di Ceprano, mentre Rigoletto irride il marito della
contessa. Marullo, uno dei cortigiani, rivela che Rigoletto ha
un'amante, che cela gelosamente nella sua casa, e il conte di
Ceprano intravede la possibilità di vendicarsi del buffone. Irrompe
nei saloni Monterone, che maledice il Duca di Mantova poiché
questi ha sedotto sua figlia. Rigoletto lo deride, e Monterone
maledice anche lui: il buffone ne rimane turbato. Gilda, da tempo,
è corteggiata da uno studente, Gualtiero Maldè, che l'ha
avvicinata mentre si recava in chiesa: il giovane è in effetti il
Duca di Mantova che, sotto mentite spoglie tenta di sedurre la
fanciulla a sua volta spiata dai cortigiani del Duca, che la
ritengono l'amante di Rigoletto. Una sera, essi organizzano il
rapimento di Gilda, coinvolgendo anche il buffone,
opportunamente bendato. La giovane verrà condotta al palazzo
del Duca, che la sedurrà. Quando Rigoletto scopre il terribile
intrigo, libera la figlia e medita la vendetta: pagherà un sicario,
Sparafucile, che, con la complicità della sorella Maddalena,
dovrà attirare nella propria taverna il Duca, ucciderlo nel sonno
e rinchiuderne il cadavere in un sacco che lo stesso Rigoletto,
nel cuor della notte, si incaricherà di gettare nel fiume. Gilda,
malgrado tutto innamorata del Duca, riuscirà, per salvargli la vita,
a sostituirsi a lui, rimanendo colpita dal sicario. Rigoletto scoprirà
con orrore la figlia, mortalmente ferita nel sacco al posto
dell'odiato Duca. Con la morte della ragazza, la maledizione di
Monterone ha quindi il suo tragico compimento.
Centro drammatico dell'opera è il personaggio di Rigoletto,
personalità dagli aspetti multiformi e complessi, che la musica
di Verdi sottolinea magistralmente.
Rigoletto, vero e proprio buffone di Corte, ironico, facile e
pronto allo sberleffo, quando si rivolge ai cortigiani ha,
musicalmente, gli stessi "modi" del Duca, privi di contenuti
emotivi. Allorché egli è preoccupato per i pericoli e per le
insidie a cui Gilda può essere esposta, diviene padre amoroso
e l'affetto che lo trasfigura ne modifica profondamente anche
il canto ("Veglia, o donna, questo fiore"); la musica lo
trasforma ancora in uomo sofferente per la propria situazione
morale e fisica ("O uomini!... o natura!..."); o lo rende rabbioso
re shakespeariano, allorché vedrà trasformarsi in reale
situazione drammatica e tragica le apprensioni manifestate per
la sorte della figlia ("Cortigiani, vil razza dannata").
Cortigiani, vil razza dannata
per qual prezzo vendeste il mio bene
a voi nulla per l'oro sconviene
ma mia figlia è impagabil tesor.
La rendete o fosse pur disarmata
questa man per voi fora cruenta;
Nulla al mondo più l'uomo paventa
se dei figli difende l'onor.
FILMATO (Cortigiani vil razza dannata)