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Carlo Molinaro

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La coppia, l'amore, l'impronta, la storia (alcuni appunti)

Post n°248 pubblicato il 10 Febbraio 2008 da molinaro
Foto di molinaro

Provate a immaginare il seguente dialogo fra Tizio e Caio. [Vale anche fra Tizia e Caia, volgendolo al femminile.]

– Sai, non sono molti. Amici veri, amici buoni, credo di averne in tutto tre.
– Come? Brutto porco schifoso!
– Eh?
– Vuol dire che non t’importa nulla di nessuno di loro.
– Ma che dici? M’importa di loro, e a loro importa di me; proprio per questo li chiamo amici.
– E ciascuno di loro può sopportare che tu ne abbia altri due?
– Naturalmente.
– Allora vuol dire che anche a loro non importa nulla di te. Siete solo dei maiali.

Un dialogo dell’assurdo, no? Ma provate a sostituire alla parola «amico/a» la parola «fidanzata/o» (o «morosa/o» o altro termine equivalente), e vedrete che diventa un dialogo comune, sentito tante volte.

Perché, fra tutte le più nobili relazioni umane, il rapporto uomo-donna è l’unico a essere afflitto da una sorta di “obbligo percepito” [ma in altre società obbligo, ahimè, anche reale] all’esclusività binaria, alla coppia intesa come sistema chiuso?

Beh, le ragioni storiche ci sono e sono molte, certo. Il rapporto uomo-donna spesso non è soltanto [e in certe società non è affatto] un rapporto amoroso-affettivo. È anche [o soprattutto] un contratto che deve regolare l’attribuzione della prole, le responsabilità al riguardo di essa, le eredità, le fusioni patrimoniali, gli scambi finanziari, i ruoli, le norme, le obbedienze, e in sostanza la proprietà – o quantomeno appartenenza – di cose e persone. Se così non fosse, il matrimonio non esisterebbe e non sarebbe mai esistito: chi mai si sarebbe sognato di regolare l’amore in un contratto? Infatti, per l’amicizia non avviene e non avrebbe senso.

Non a caso la parola «matrimonio» è così affine a «patrimonio». Il matrimonio è una gestione patrimoniale fra le cui variabili entra (viene acquistata) una mater. Ecco tutto, almeno nelle società con radici patriarcali, cioè la stragrande maggioranza nella storia degli ultimi due millenni.

Il rapporto uomo-donna è stato finalizzato a questa gestione e organizzazione e soltanto a essa: ogni altra possibilità è stata demonizzata (il famoso «sesso fuori dal matrimonio», a tutt’oggi considerato dal cattolicesimo – come dall’islam e dall’ebraismo – un peccato mortale che condanna inesorabilmente tutti i giovani non sposati e non vergini, oltre che gli sposati che hanno rapporti con persone diverse dallo sposo/a).

Appare evidente che in tutto questo l’amore non c’entra neanche di striscio. I più avveduti lo sanno da sempre, del resto, che matrimonio e amore sono due elementi ben distinti, e che la presenza del secondo nel primo è del tutto incidentale, provvisoria e non necessaria.

Tuttavia, un’impronta così profonda, millenaria e totalitaria, continua a condizionarci – è quasi ovvio – anche nel momento in cui il rapporto uomo-donna diventa una cosa d’amore (quindi anarchica e incontrollabile dal potere) e si svincola, in tutto o in parte, dalle suddette regole contrattuali. E finiamo con il credere che la coppia chiusa, l’esclusività del rapporto uomo-donna, sia qualcosa di naturale e universale, e non il prodotto di una determinata gestione sociale-patrimoniale. Ed ecco allora che si può sentir dire che, se hai tre fidanzate, non t’importa di nessuna di loro. Tre amici invece li puoi avere. Perché? Secondo me, è solo perché l’amicizia non è stata inquadrata per duemila anni in uno schema contrattuale-patrimoniale binario. Il rapporto uomo-donna invece sì.

Ora, si può discutere se l’organizzazione contrattuale denominata «coppia» (e poi, in presenza di prole, «famiglia») sia intrinsecamente necessaria alla società, e in particolare al generare figli. L’assenza di valide alternative farebbe propendere al sì, è necessaria. Attenzione però al circolo vizioso: potrebbe essere la stessa millenaria dominante totalitaria presenza della coppia-famiglia ad avere impedito l’elaborarsi di valide alternative. Il serpente si morde la coda.

Quello che invece mi pare chiaro è che il rapporto amoroso uomo-donna è del tutto indipendente da tali strutture. Non a caso i grandi amori della storia e della letteratura sono tutti pre-coniugali (modello Romeo e Giulietta) o extra-coniugali (modello Paolo e Francesca). Se il rapporto amoroso è svincolato dalle strutture socio-patrimoniali che prevedono la coppia esclusiva, è svincolato appunto dalla coppia esclusiva. È semplicemente libero, come l’amicizia. Come l’amicizia, può essere più o meno forte, saldo, precario, duraturo, fuggente, perenne, eterno, momentaneo. Come l’amicizia, può tradire e può spegnersi indipendentemente dalla presenza di «altri». Come l’amicizia, può essere rivolto a più di una persona contemporaneamente.

Dunque, concludendo, chi dice «se hai tre amori significa che in realtà non t’importa nulla di nessuno» dice una solenne cazzata.

Invece chi dice che dovrei impegnarmi di più a lavorare e guadagnare denaro, invece di perdere tempo a scrivere queste scemate in un blog, forse non ha tutti i torti.

E per giunta c’è pure chi, le quattro pinzillacchere che ho messo in questo messaggio, riuscirebbe a sbrodolarle per la lunghezza di un libro, farcendole di aggettivi, digressioni e incisi, e a venderlo pure.

E vabbè. Io no. Io son conciso, che il mondo è vasto e breve è la vita.

 
 
 
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