ONE MAN TELENOVELA
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Una sera per caso davanti a un locale
Post n°649 pubblicato il 17 Giugno 2009 da molinaro
Sono stato a cena da mia figlia, che abita dalle parti del parco del Valentino; ci sono andato in auto (cosa che di solito evito) perché prima avevo dovuto fare altri giri; ho posteggiato regolarmente nella piazza davanti al parco, dove c'è il giardino roccioso; lì è pieno di locali frequentati da maree di gioventù; quando sono uscito da casa di mia figlia per tornarmene a casa mia, ho trovato l'auto bloccata da un casino di altre auto posteggiate alla cazzo di cane. In effetti non era solo la mia a essere bloccata: ad almeno una ventina di auto era stata preclusa ogni via d'uscita, con un gioco d'incastro inesorabile. Fiumi di persone affluivano verso i locali da ballo e da sballo della zona. M'incazzo un po', ma con calma, e penso: o chiamo i vigili (ma chissà se vengono, e poi chissà che fanno) o aspetto che qualcosa si muova, sperando di non aspettare tutta la notte. Aspetto qualche minuto. Per fortuna arriva un altro bloccato che vorrebbe andar via; è un ragazzo con la sua ragazza. Così ho un compagno di problema, che è sempre un bene, la solidarietà aiuta. S'incazza anche lui («minchia, hanno posteggiato a tetris»), ci mettiamo a parlare (è splendido come una difficoltà induca in un attimo comunicazione sciolta fra sconosciuti: viva le difficoltà, allora), valutiamo se chiamare i vigili, e decidiamo di fare prima un tentativo entrando in uno dei locali, quello dove secondo lui sicuramente ci sono i proprietari delle auto ostacolanti. Lui dice alla sua ragazza di aspettare in macchina, e di chiudersi dentro, tenere il telefono a portata di mano e altre cose ancora. Esagerato, non siamo mica nel Bronx, non è mica pieno di criminali e stupratori, è solo pieno di gente che posteggia alla cazzo di cane. Vabbè. E «noi uomini» andiamo nel locale incriminato, o meglio, davanti al locale incriminato, a parlare con i gorilloni, che dicano al microfono che c'è da spostare una macchina, anzi qualche decina di macchine. I gorilloni rispondono, giustamente, da gorilloni: uhm, ah, gronf, bah, no, però, mah, no. Decido di chiamare i vigili, che al telefono mi dicono che manderanno «la prima pattuglia che si libererà», ma hanno molti interventi in lista. Va bene. Incontriamo degli amici del mio compagno di difficoltà, un ragazzo e una ragazza, incazzati perché non li hanno fatti entrare nel locale «perché lui ha una camicia a righe che non va bene». Si vede che fanno entrare solo camicie di un certo tipo. Che cosa bislacca. Aumenta la confidenza con il mio compagno di difficoltà, mentre torniamo alle auto dove ci aspetta la sua ragazza. Lui dice: «Minchia, però ce ne sono di ragazze qui, è un posto che ci devi venire con gli amici, non con la ragazza, no?» «Credo di essere un po' fuori quota», gli rispondo, e aggiungo: «E poi con questa maglietta con le maniche corte mi fanno entrare?» «Eh no, con quella maglietta no», annuisce lui. Arriviamo alle auto, per un po' non succede niente, poi miracolosamente arrivano due che spostano due macchine, si apre un varco, benché tortuoso, e ce ne possiamo andare. Ciao ciao ciao a mai più rivederci, fine della difficoltà, fine della solidarietà, è naturale. Guardo le ragazze che entrano ed escono dai locali. Sono belle, ma fino a un certo punto. Non sono belle come quelle di cui mi innamoro io. E hanno la minigonna, anche vertiginosa, che in sé sarebbe cosa buona e giusta, però non sono le minigonne che piacciono a me, sono minigonne tirate a lustro, eleganti dell'eleganza che a me dà fastidio. A me piacciono gli straccetti. E poi molte delle ragazze sono costruite, truccate, direi quasi gonfiate, insane. Non provo nessuna particolare attrazione. Penso a quello che ho appena imparato. Dunque per entrare in quei posti, apparentemente così liberi e moderni, ci vuole un certo tipo di camicia. Dunque conviene magari andarci con gli amici, dopo avere accompagnato a casa la propria ragazza perbene, a cercare di rimorchiare altre ragazze più facili, presumo senza dirlo alla propria ragazza (e che, siamo scemi?). Per carità, nessun moralismo, io sono l'uomo più infedele del mondo - però alle "mie ragazze" lo dico: sincerità, se no che vita è? Ma è solo che... Cazzo, mio padre, negli anni Quaranta-Cinquanta del secolo scorso, andava a ballare in posti dove non entravi senza camicia e cravatta, ci andava con gli amici e rimorchiava le puttanelle, mentre le brave ragazze da fidanzamento e matrimonio erano in separata sede, più o meno ignare, ad attendere. Quando me lo raccontava io ci litigavo, pover'uomo (un po' mi dispiace, ero troppo duro con lui), gli dicevo che non era niente bello fare così, e che adesso per fortuna, per noi giovani del Sessantotto e dintorni, non c'erano più donne di serie A e di serie B, ma amore per tutti e sincerità e libertà. E niente divise, niente camicie... Lui sorrideva scettico. Già. Già. «Credo di essere un po' fuori quota», ho detto al ragazzo momentaneamente compagno di difficoltà posteggiatoria, ho detto proprio così. È vero, ragazzi, sono fuori quota per le vostre compagnie e i vostri locali. Sono troppo giovane. |
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