Mi sembra, ancora una volta, giusto richiamare la vostra attenzione sulla sanità italiana: perdiamo colpi e scivoliamo verso un baratro piuttosto profondo. Il dott. Carlo Campiglia, svolgeva da trent'anni il ruolo di medico di famiglia a Busto Arsizio e purtroppo, ad aprile si è dimesso dal servizio pubblico perché ad una sua paziente alla quale teneva così come teneva a tutti i suoi pazienti, ha riscontrato un cancro da affrontare subito. Beh, senza farla alla lunga, la donna non è stata (purtroppo) accolta da nessun ospedale, ovunque si siano rivolti hanno trovato sempre porte sbarrate. Provati tanti ospedali in Lombardia, anche privati per affrontare urgentemente il caso, ma nessuno ha potuto dare disponibilità. La donna dopo qualche giorno è deceduta sul divano di casa sua, senza poter aver l'aiuto sperato. La famiglia ha pianto non solo la povera donna, ma ha dovuto anche subire tutti i "no" ricevuti che hanno provocato sconforto e desolazione. Il nostro dottore Campiglia invece, è rimasto "schifato" (sue parole pronunciate dopo il decesso): non avrebbe mai pensato che una persona, una sua cliente, potesse fare un fine del genere. Ha dato le dimissioni e con una manciata di anni in anticipo dalla pensione. La sua protesta non credo servirà a nulla, ma la storia raccontata alla stampa, ha provocato sicuramente delusione partecipativa e rancorose proteste verso chi ci sta conducendo in fondo al baratro. Non so se le chiacchiere sparate "ad capocchiam" dal governo abbaglieranno ancora per molto tempo gli italiani, so solo che una decisione l'abbiano già presa: "Assicuratevi, mettete soldi in fondi assicurativi, è l'unico modo per fronteggiare le emergenze", così si è espresso un esponente del governo. Meditate e chiedetevi come si possa accettare anche la morte, senza battere ciglio.