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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Messaggi del 25/07/2020
Una grande novità, da ieri in edicola e puntualmente ogni venerdì, torna una delle riviste più note del dopoguerra: "SOGNO". Scomparsa intorno agli anni ottanta per ovvia mancanza di mercato, questo ritorno farà felice moltissime donne che hanno vissuto giovinezza e oltre, la vita quotidiana in compagnia dei sogni che i famosi fotoromanzi delle epoca procuravano loro. Ricordo bene quel periodo: tre erano le testate che spopolavano in Italia e all'estero: un pletora di lettrici che mai e poi mai, avrebbero rinunciato alla rivista preferita. "Grand Hotel", "Bolero Film" e "Sogno" raccontavano l'Italia degli anni '50 e indi poscia con il tempo, la loro attualità era pilastro dei racconti che pubblicavano. Ci sono passati tutti su queste riviste e all'epoca contratti molto alettanti, inducevano grandi attori agli inizi della loro carriera, a partecipare ai "ferma immagini" con il fumetto annesso. Che tempi, che ardori, che passioni e che amorazzi, un tripudio di donne bellissime e di uomini attraenti. Inoltre molti altri attori hanno cominciato in tal guisa a farsi conoscere: era un buon trampolino di lancio il fotoromanzo e nessuno si è mai tirato indietro. Sul primo numero di "Sogno" non a caso, viene riproposto un classico del genere, con Franco Gasparri e Claudia Rivelli, amatissimi sin dalla loro prima uscita, dalle lettrici. Che dirvi, il solo apprendere della ripubblicazione di un classico dell'editoria rivistaiola italiana, mi ha galvanizzato e riportato indietro nel tempo. Noi ragazzi all'epoca, giudicavamo queste riviste specializzate, giornali per "piattilografe", un termine poco educato e offensivo, poiché pescavano le loro numerose lettrici in un bacino ben definito: le cameriere, le attuali collaboratrici domestiche, le servette del tempo che fu, quelle che lasciavano la campagna per lavorare in città. Magari presso famiglie di censo superiore e/o blasonate con la voglia di evidenziarsi, grazie alla cameriera tutto fare. Poi queste ragazze, dopo aver maturato esperienze, magari passavano a fare le commesse. Erano tempi in cui la nostra economia faceva passi da gigante e l'evoluzione culturale metteva tutti in condizioni di trovar un lavoro adeguato. Le dattilografe per esempio, erano molto richieste, quindi quel termine di "piattilografe" era indicato per abbracciare un po' tutte queste ragazze che sognavano a occhi aperti e alla quali non mancava mai in borsa, l'ultimo numero di "Sogno". Oggi onestamente non ci azzarderemmo più ad apostrofarle con un ineducato e spropositato appellativo così pesante. Concludo esponendovi qualche remora: saranno pubblicate 200 mila copie per la prima uscita, ma non so se questo tornare indietro, questo revival, possa riportare al successo di un tempo. Mi sembra che quel periodo storico non abbia poi accesi nostalgici così sfegatati pronti a riaffezionarsi alla riproposta. Che ne pensate? Se avete vissuto o conosciuto quel tempo, quali esiti potranno riscontrarsi?
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