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LA SCOPERTA DI COSE SCONOSCIUTE di Walter Caputo – 9/11/2008

Post n°60 pubblicato il 14 Novembre 2008 da supergigia2000

Sul numero di novembre 2008 del mensile “Le Scienze” diversi autori evidenziano la tragica condizione in cui versa la scienza in Italia.
In particolare Enrico Bellone, nel suo editoriale dal titolo “Il mestiere di capire”, porta all’attenzione dei lettori il fatto che l’Italia non sia riuscita ad imporsi – dal punto di vista scientifico – a livello internazionale. Ciò in quanto l’Italia non ha capito che “merita rispetto colui che esercita il mestiere di capire i fenomeni naturali”, ed ha invece accolto una serie di idee contro la scienza.
Si tratta in sostanza della falsa credenza che vuole che la scienza non sia cultura, ma soltanto tecnica: dunque la scienza non arricchirebbe la società di idee, ma consisterebbe soltanto in una sorta di arido manuale tecnico ad uso esclusivo degli ingegneri.
Inoltre si ritiene che la tecnica porti all’alienazione, il che è francamente assurdo, visto che – in astratto – qualunque estrema fissazione dell’uomo (compresa la letteratura) può portare lo stesso ad alienarsi rispetto al mondo reale che lo circonda.
Come se non bastasse è diffusa in Italia l’idea “secondo cui spetta alla politica e alla religione il compito di decidere quali linee di ricerca vadano perseguite e quali invece debbano essere abbandonate”. Temi importanti, che richiedono una risposta equilibrata.
Sullo stesso numero della rivista citata, altri autori manifestano le proprie perplessità in merito alla scienza. Elena Castellani cita gli esperimenti del CERN (= Centro Europeo di Ricerca Nucleare) di Ginevra, per evidenziare alcune particolarità connesse all’evento (attivazione di LHC).
Innanzitutto il fatto che i media – interfaccia importante fra scienza e società - abbiano mal presentato la notizia, cercando solo scalpore, ottenendo però soltanto la diffusione della paura in tutto il grande pubblico, a digiuno di qualunque conoscenza in merito alle particelle elementari e alla fisica quantistica. Poi “passato il giorno fatidico, la bolla mediatica si è subito dissolta”. Questo è cattivo giornalismo, informazione distorta ed ulteriore diffusione ed incremento di analfabetismo scientifico. Elena Castellani richiama invece l’attenzione su ciò che la stampa seria dovrebbe affrontare: “Quale scopo si prefigge infatti un’impresa come quella di LHC?”.
Large Hadron Collider, LHC in breve, è l’acceleratore di particelle più grande del mondo e si trova al CERN, il laboratorio europeo delle particelle fondamentali. Tale macchina serve a studiare l’effetto delle collisioni protone contro protone ad altissima energia e ad esplorare nuovi territori nel mondo delle particelle fondamentali. Ciò in quanto i fisici delle alte energie sono in sostanza dei cattivi meccanici, poiché non conoscono le parti componenti, dunque devono necessariamente distruggere gli oggetti in frammenti più piccoli possibile, per scoprire quali sono gli elementi ultimi componenti della natura, cioè gli elementi che non possono più essere ulteriormente scomposti. Si tratta della scoperta di cose sconosciute, evento che genera paure primordiali, ma anche fatto connaturato all’evoluzione umana e quindi inarrestabile.
L’eccitazione della scoperta di cose sconosciute è la parte più importante della scienza. Ciò è quanto afferma Renato Dulbecco, premio Nobel per la Medicina. E – dato che scoprire cose nuove è l’elemento fondamentale che alimenta la mia curiosità per la scienza – sono andato a rileggere un vecchio libretto – apparentemente datato (1995) – intitolato appunto “Scienza e società – dieci Nobel per il futuro”. Molte delle attuali domande sulla scienza vennero poste a dieci premi Nobel, riuniti a Milano nel 1995 dall’agenzia scientifica Hypothesis. Rileggere quelle risposte (che qui di seguito tratterò in forma essenziale) serve a fare qualcosa oggi per migliorare il nostro futuro e quello delle generazioni a venire. Purtroppo ci si rende anche conto che – passato quasi un quindicennio dal 1995 – poco è stato fatto.
Innanzitutto partiamo da un’affermazione centrale di Rita Levi Montalcini (Premio Nobel per la Medicina): “Nulla è più possibile senza scienza e senza tecnica”. Ce ne accorgiamo – purtroppo – quando il computer si blocca, quando l’ascensore non funziona, oppure se restiamo fermi con l’automobile in avaria, senza contare la tragedia che ci assale quando veniamo – anche solo temporaneamente – privati dell’energia elettrica. In quei momenti ci rendiamo conto che la scienza e la tecnologia sono elementi utilissimi ed ormai indispensabili alla nostra società. Affinché possiamo continuare a goderne anche in futuro è però necessario disporre di una solida educazione scientifica: naturalmente per gli scienziati di domani, ma anche per il grande pubblico che non può permettersi di ignorare ciò che ormai caratterizza in modo così pervasivo l’intera società. Infatti tutti devono disporre dei necessari strumenti per scacciare la paura e il rifiuto immotivati e per combattere gli inganni e l’irrazionalità.
A tal proposito – come già in precedenza accennato – Renato Dulbecco evidenzia – come problema prioritario della nostra scuola – il fatto che lo studio delle materie scientifiche sia isolato dalla vita degli studenti. E che manchi appunto l’eccitazione per la scoperta di cose sconosciute. Solo lasciando che gli studenti facciano degli esperimenti con le loro mani otterremo un apprendimento unito al divertimento, sulla base del motto: “Se sento mi dimentico; se vedo mi ricordo; se faccio, capisco”. Gli stessi docenti dovrebbero essere dei ricercatori che imparano insegnando, o comunque dei divulgatori con ottime capacità comunicative, in modo da agganciare il mondo della scienza con quello dei giovani di oggi.
In questo modo la scienza può progredire, senza però porsi limiti legati all’ottenimento di un risultato immediato, poiché essa – anche se non mirata alla soluzione di problemi specifici – è, dice Dulbecco, “come un investimento a lunga durata, che non cerca di prevedere il futuro, ma sviluppa le armi necessarie per qualunque evenienza”. Nelle sue due componenti – ricerca di base e applicata – “la scienza offre alle future generazioni delle prospettive entusiasmanti” – dice Jean-Marie Lehn (Premio Nobel per la Chimica): “promette una comprensione sempre più completa dell’universo, una potenza creativa sempre maggiore della chimica rispetto alla struttura e alle trasformazioni della materia inanimata e del mondo vivente, una capacità crescente di controllare le malattie, l’invecchiamento e perfino l’evoluzione della specie umana; una comprensione sempre più profonda dei meccanismi del cervello, della natura della coscienza e dell’origine del pensiero”. Non sono solo questi i motivi per cui la scienza deve essere incoraggiata, finanziata e divulgata. È il nostro destino di esseri umani che consiste essenzialmente nella ricerca del sapere; è il nostro dovere nei confronti delle generazioni future, alle quali non possiamo far mancare i risultati, le idee e le applicazioni della scienza, a farci andare avanti. E non possiamo fermarci di fronte al “mito di una Natura intrinsecamente pura”, la cui armonia verrebbe turbata dalle attività dell’uomo. Dobbiamo cercare di conoscere sempre meglio la natura, al fine di capire quali sono o saranno gli effetti degli interventi dell’uomo sulla stessa, in modo da discriminare a priori ciò che porterà frutti all’umanità, da ciò che arrecherà invece danni. E poi agire di conseguenza.
Concludo questo mio lavoro – in parte ricollegandomi all’editoriale di Bellone citato in principio – elencando quali sono le tre ragioni più importanti perché la popolazione conosca la scienza. Si tratta delle parole di Sir George Porter, scienziato inglese premio Nobel per la Chimica, citato da Leon Max Lederman (Premio Nobel per la Fisica):
- La scienza fa parte della nostra cultura; come l’arte, la letteratura e la musica può arricchire la vita del singolo che ne fruisce anche senza praticarla di persona. Di solito ai bambini la scienza piace, e se definiamo lo scienziato come colui che pone le domande giuste, tutti i bambini sono degli scienziati, prima che la scuola ne distrugga la curiosità naturale;
- Sempre di più, ogni lavoro, qualunque esso sia, richiede una qualche padronanza della matematica o una certa comprensione della scienza e della tecnologia;
- I cittadini devono essere coinvolti nelle decisioni, nelle discussioni sulle misure di pubblica utilità in cui la scienza e la tecnologia sono fattori importanti.


 
 
 
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L'AUTORE DEL BLOG: CHI E' WALTER CAPUTO ?

Ha un diploma universitario in Amministrazione Aziendale, con specializzazione in Finanza. E’ laureato in Economia e Commercio e in Scienze Statistiche. Insegna sia materie matematico - fisico – statistiche che economico - giuridico - fiscali. Su questi temi: contabilità, controllo di gestione, paghe e contributi, divulgazione scientifica ha scritto decine di libri. Inoltre ha pubblicato più di 300 articoli di divulgazione scientifica. Da giugno 2016 è coautore del blog Cibo al microscopio. Da novembre 2012 è cofondatore di Risparmiare Fare Guadagnare. Da novembre 2008 è science writer per Gravità Zero, corporate blog di divulgazione scientifica. Da giugno 2007 è autore di un Blog di Scienze naturali ed economiche.

I suoi articoli si leggono qui.

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