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IL MOVIMENTO DEI CORPI, DA NEWTON AD EINSTEIN di Walter Caputo
Post n°182 pubblicato il 15 Maggio 2009 da supergigia2000
Nel Medioevo si riteneva che il movimento degli oggetti fosse originato da Dio. Se qualcosa si muove, è soltanto perché Dio interviene. Contro questa opinione, la corrente di pensiero che risale a William Ockham (1290 –1349) stabilì che qualunque corpo in movimento continuerà a muoversi perché contiene in sé una sorta di “impeto”, che costituisce il motore del suo movimento. Questo impeto venne poi chiamato “quantità di moto” (= p) e René Descartes (1596 – 1650) suggerì che fosse pari al prodotto fra massa e velocità (p = m · v). Isaac Newton (1642 – 1727) stabilì però che la dinamica dei corpi non dipende soltanto dalla quantità di moto, ma anche dal tempo e in particolare, per stabilire il movimento di un corpo, occorre considerare la variazione della quantità di moto rispetto alla variazione del tempo (F = Δp / Δt). Se in F = Δp / Δt sostituiamo p = m · v, otteniamo F = Δ(m · v) / Δt, che è esattamente il modo in cui Albert Einstein (1879 – 1955), nel 1905, descrisse il moto di una particella elettricamente carica posta in un campo elettromagnetico. Tuttavia la massa (= m), secondo la fisica classica, è una costante: ciò significa che non varia mai o, in altre parole, la massa non dipende da alcun parametro. Al contrario, Einstein stabilisce che la massa di una particella ferma è diversa dalla massa di quella stessa particella in movimento. Quindi la massa non viene più considerata una costante, poiché dipende dalla velocità. Se indichiamo con: Con ciò si intende dire che, per Einstein, F = Δ(m · v) / Δt resta vera, a condizione che m = m0 / r.q. [1 – (v2 / c2 )]. Ma in che modo la massa in moto varia rispetto alla velocità ? Proviamo a prendere v = (1/3)c, cioè una particella che abbia una velocità pari a terzo di quella della luce (quindi 100.000 km al secondo) e facciamo due conti. m = m0 / r.q. [1 – (v2 / c2 )] = m0 / r.q. [1 – (1/3c)2 / c2 )] = m0 / r.q. [1 – (12/32c2) / c2]. A questo punto, tramite rapidi passaggi algebrici, otteniamo, sotto radice quadrata, 8/9 cioè 0,88. La radice quadrata di 0,88 è 0,94. Quindi il risultato finale è m = m0 / 0,94. Se m0 fosse 100, m sarebbe 106,38 (= 100 / 0,94), quindi ci sarebbe già una differenza fra la massa a riposo, pari a 100, e quella in moto, pari a 106. Ma cosa succede se prendiamo in considerazione una velocità più elevata ? Proviamo ad esempio con v = 2/3c, cioè con una velocità pari a due terzi di quella della luce (quindi 200.000 km al secondo). Naturalmente, ci riferiamo alla stessa particella del caso precedente, con m0 = 100. In maniera analoga rispetto al caso precedente, se sostituiamo, nella formula della massa relativistica, la nuova velocità della particella, otteniamo m = 135,13. Einstein fornì la definizione matematica di massa in moto soltanto per una particella elettricamente carica posta in un campo elettromagnetico. In tempi successivi la fisica nucleare, che studia particelle con velocità simili a quella della luce, dimostrò che la definizione di Einstein aveva validità generale. E così, grazie alla sperimentazione, la massa relativistica sostituì la massa newtoniana. Walter Caputo - 11 maggio 2009 |
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L'AUTORE DEL BLOG: CHI E' WALTER CAPUTO ?
Ha un diploma universitario in Amministrazione Aziendale, con specializzazione in Finanza. E’ laureato in Economia e Commercio e in Scienze Statistiche. Insegna sia materie matematico - fisico – statistiche che economico - giuridico - fiscali. Su questi temi: contabilità, controllo di gestione, paghe e contributi, divulgazione scientifica ha scritto decine di libri. Inoltre ha pubblicato più di 300 articoli di divulgazione scientifica. Da giugno 2016 è coautore del blog Cibo al microscopio. Da novembre 2012 è cofondatore di Risparmiare Fare Guadagnare. Da novembre 2008 è science writer per Gravità Zero, corporate blog di divulgazione scientifica. Da giugno 2007 è autore di un Blog di Scienze naturali ed economiche.
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