Parole non dette...

I Gesuiti aprono alle Coppie Gay

I Gesuiti sono da sempre uno degli ordini religiosi più influenti e autorevoli all'interno della Chiesa Cattolica. A loro era affidata l'educazione dei notabili e dei reggenti e a loro era riconosciuto un potere indiscusso in materia di diritto. Da sempre sono legati alla "cosa pubblica" e a loro è stato lungamente affidato il dialogo tra gerarchie ecclesiastiche e amministratori pubblici.

Con l'avvento dello stato repubblicano e della "laicità dello stato" ovviamente il ruolo dei Gesuiti è stato largamente ridotto ma il loro impegno nell'ambito giuridico non è mai venuto meno.

 Proprio da questa storia e dal loro impegno deriva anche tutta la potenza dell'ordine, al punto che il capo dei Gesuiti è comunemente riconosciuto come "Papa Nero" e che lo stesso Pontefice vive come un momento fondamentale l'elezione del nuovo Superiore dei Gesuiti. Tanto fondamentale da aver spinto lo stesso Ratzinger a scrive all'Ordine in occasione dell'ultima elezione per caldeggiare l'elezione di un Superiore che fosse in linea con la dottrina papale e che vedesse con lo stesso sospetto gli eventuali riconoscimenti giuridici delle unioni tra persone dello stesso sesso.

Evidentemente l'ordine ha ritenuto la richiesta di Sua Santità non vincolante se a pochi mesi dall'elezione di Adolfo Nicolás Pachón è stato pubblicato sul mensile dell'ordine "Aggiornamenti sociali" un articolo proprio sul riconoscimento delle coppie omosessuali riconoscendone la possibile validità.

Il principio è semplice e laicamente ispirato alla stessa dottrina di Gesù (come vuole la tradizione dei gesuiti): "Prendersi cura dell'altro stabilmente è contributo alla vita sociale".

Un gruppo di studio sulla bioetica si è interrogato sull'eventuale contributo che si poteva apportare alla discussione: "Si può sostenere la disciplina giuridica del legame stabile tra due persone dello stesso sesso sulla base non della sua specifica connotazione sessuale, ma della sua rilevanza sociale e costituzionale?"

"Obiettivo dichiarato è di contribuire a meglio comprendere, nelle sue molteplici dimensioni e alla luce delle indicazioni del Magistero, una questione controversa e a identificare spazi di dialogo tra opinioni contrapposte".

Da questa domanda è scaturito un dibattito all'interno di un gruppo di studiosi di diverse discipline (etica filosofica e teologica, diritto, scienze sociali). Grazie a questa analisi i Gesuiti definiscono "scelta giustificabile" quella del riconoscimento del legame tra persone dello stesso sesso.

La Congregazione di Gesù, sotto la direzione editoriale di padre Bartolomeo Sorge analizza sotto il profilo dottrinale, giuridico, psicologico, storico, sociale il tema delle unioni tra persone dello stesso sesso smontando in un colpo gran parte di quel che viene sostenuto dalla Chiesa Cattolica e tutte le motivazioni addotte per il non riconoscimento da parte dei politici, soprattutto quelle di ispirazione cattolica.

"Il riconoscimento giuridico, quale presa d'atto di relazioni già in essere, trova la sua giustificazione in quanto concorre alla costruzione del bene comune. Prendersi cura dell'altro stabilmente è contributo alla vita sociale.

[...] Se si riconosce, con la Costituzione, una rilevanza sociale di tutti i legami di convivenza in termini di solidarietà e condivisione, questo varrebbe anche per le persone dello stesso sesso. Non sarebbe infatti la connotazione sessuale dei conviventi il criterio che motiva tale riconoscimento".

In pratica i Gesuiti mettono in evidenza come quanto sostenuto dalla maggior parte dei sostenitori della "causa GLBT" sia inequivocabilmente in linea con gli stessi dettami costituzionali. La Compagnia di Gesù, poi, dedica uno spazio proprio a quanti sostengono che il riconoscimento legale delle coppie formate da persone dello stesso sesso potrebbe minare le fondamenta del matrimonio tradizionale:

"La centralità sociale del matrimonio è collegata al compito della generazione ed educazione di nuovi individui".

"Pare difficile", quindi, che riconoscere "alcuni diritti fondati su una continuità di una convivenza e di una relazione affettiva" si possa interpretare come una possibile "svalutazione" della stessa famiglia tradizionale.

Secondo quanto emerge dal documento la richiesta di parità di diritti da parte delle persone omosessuali affonda le proprie radici nei dettati costituzionali e trova sostegno nell'Articolo 2 della Costituzione che "prescrive che alla persona debbano essere riconosciuti diritti inviolabili e imposti doveri inderogabili sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità".

In un colpo solo, quindi, i Gesuiti fanno crollare il castello di carte montato dai politici per negare i diritti di alcuni cittadini mettendo all'indice quelli che continueranno a sostenere tale necessità di non-riconoscimento come cattivi seguaci della stessa dottrina di Gesù. In pratica chi volesse dirsi ancora un buon fedele che si ispira a Cristo, oltre che un sostenitore della Costituzione Repubblicana, non potrebbe che sostenere la necessità di un riconoscimento giuridico per le coppie formate anche da persone dello stesso sesso.

 La Compagnia di Gesù però rimane ferma su un punto: se è vero che il riconoscimento è un dovere politico e morale rimane vero che il matrimonio è una forma inalienabile e che si deve evitare l'istituzione di "modelli paralleli a quelli matrimoniali".

Niente riconoscimenti formali, quindi, ma mera registrazione: dopo tutto sono sempre cattolici.

Improvvisamente, quindi, ci si ritrova a vedere avvalorati in senso cristiano proprio quei contratti pubblicistici che l'anno scorso avevano scatenato il putiferio e che erano riusciti a scontentare tutti. Ora i DiCo o i CUS dovrebbero essere appoggiati dai cattolici e osteggiati da chi richiede parità di trattamento.