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"il sapere ha potenza sul dolore" (Eschilo) ______________ "Perchè ci hai dato sguardi profondi?" (Goethe)
 

 

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homo homini lupus

Post n°90 pubblicato il 16 Marzo 2012 da m_de_pasquale
 
Foto di m_de_pasquale

percorso: san Matteo (41°42'44.50" N, 15°39'37.07" E) - canale Fajarama - caserma Cutinelli - base scout - san Matteo [6 km]

Nella misura in cui il nostro camminare nei boschi è rispettoso del luogo, abbiamo la possibilità d’incontrare per brevi attimi degli animali: può essere una esperienza piacevole come quando si scorge un piccolo di volpe che riposa in mezzo ad un sentiero o un’esperienza più preoccupante come quando si sente lo scalpitio di un cinghiale. Comunque gli animali, a meno che non si sentano in pericolo per la nostra presenza, scappano: sanno bene che siamo noi gli animali più pericolosi! C’è però un animale, il cane, che – proprio perché conosce bene l’uomo per un rapporto di familiarità che da sempre intrattiene con lui – non ha paura e di conseguenza azzarda decidendo addirittura di minacciarlo ed attaccarlo. Non è un’esperienza piacevole, come è avvenuto in questa camminata, essere attaccato da una dozzina di cani inselvatichiti. La prima reazione è la paura che per qualche istante paralizza il corpo, ma poi scatta subito la reazione e con urla, sassate e minaccia del bastone si riesce a tenerli lontano. Ma durante il confronto ravvicinato che dura vari minuti durante i quali i cani continuano ad abbaiare minacciosi digrignando i denti, si ha la possibilità di sperimentare quella condizione infelice in cui probabilmente si sono venuti a trovare i nostri progenitori quando, in assenza di una legge e di un potere comune, sentivano minacciata la loro vita da altri individui che, “volevano godere per sé l’uso di cose che sono in comune”. Infatti, spiega Hobbes: “Se due uomini desiderano la stessa cosa, e tuttavia non possono entrambi goderla, diventano nemici, e sulla via del loro fine (che è principalmente la loro propria conservazione, e talvolta solamente il loro diletto) si sforzano di distruggersi o di sottomettersi l’un l’altro. Onde accade che dove un aggressore non ha più da temere che il potere singolo di un altro uomo, se uno pianta, semina, costruisce o possiede un fondo conveniente, ci si può probabilmente aspettare che altri, preparatisi con forze riunite, vengano per spossessarlo e privarlo non solo del frutto della sua fatica, ma anche della sua vita o della libertà. E l’aggressore è di nuovo in un pericolo simile a quello in cui era l’altro”. E’ la condizione dello stato di natura che Hobbes definisce “la guerra di ogni uomo contro ogni altro uomo”. E’ uno stato in cui gli individui sono dominati dalle pulsioni fondamentali che li portano a vivere, a detta di Spinoza, “secondo il solo impulso dell’appetito, dato che la natura non ha dato loro nient’altro e ha loro negato la potenza attuale di vivere secondo la retta ragione, e non sono perciò tenuti a vivere secondo le leggi della mente retta più di quanto non sia tenuto il gatto a vivere secondo le leggi della natura leonina”. Per Freud la civiltà (in tedesco kultur = cultura) ci ha emancipato dalla condizione dello stato di natura disciplinando gli istinti fondamentali della sessualità e dell’aggressività, regolando le relazioni reciproche con la nascita del diritto che è il potere della comunità sul singolo: in altri termini “l’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza”. Ma sebbene emancipati, la nostra origine non può essere dimenticata. Infatti in quei cani rabbiosi c’è lo specchio di ciò che potremmo sempre diventare se i motivi dell’aggressività che Hobbes elenca sono questi: “Nella natura umana troviamo tre cause principali di contesa: in primo luogo, la competizione, in secondo luogo, la diffidenza, in terzo luogo a gloria. La prima fa sì che gli uomini si aggrediscano per guadagno, la seconda per sicurezza, e la terza per reputazione. Nel primo caso gli uomini usano violenza per rendersi padroni delle persone di altri uomini, delle loro donne,dei loro figli, del loro bestiame; nel secondo caso per difenderli; nel terzo caso per delle inezie, come una parola, un sorriso, un’opinione differente, e qualunque altro segno di scarsa valutazione, o direttamente nei riguardi delle loro persone, o di riflesso nei riguardi della loro parentela, dei loro amici,della loro nazione, della loro professione o del loro nome”.  (camminare 12 - precedente  seguente)

 
 
 
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