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"il sapere ha potenza sul dolore" (Eschilo) ______________ "Perchè ci hai dato sguardi profondi?" (Goethe)
 

 

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incontrare la differenza

Post n°74 pubblicato il 22 Ottobre 2011 da m_de_pasquale
 

percorso: inizio (41° 45' 46.70" N,  15° 32' 50.18" E) - Castelpagano [AR 7 km]

E’ suggestivo fare la camminata ripensando alla storia che aleggia in questi luoghi, quella del principe saraceno Mohan, signore di Castelpagano, innamorato della principessa cristiana Dolcebruna, figlia del signore di Voltapianezza, l’altura prospiciente al di là della vallata. Un amore impossibile per la diversità delle fedi religiose dei due amanti la cui impraticabilità è raccontata dalla leggenda  con l’impossibilità di percorrere a piedi lo spazio relativamente breve che divideva i due luoghi perchè infestato da rovi e serpenti. Una soluzione viene trovata solo con la costruzione di un ponte di legno sopraelevato  sulla vallata, ancorato a migliaia di cinghie di cuoio che avrebbe unito direttamente i due luoghi. Si abbatterono tantissimi alberi per procurarsi il legno e si ammazzarono una quantità enorme di animali per procurarsi il cuoio. La montagna si trasformò in una pietraia brulla e sterile, come appare ancora oggi.  Ma alla fine i due amanti si potettero incontrare. Spesso le leggende usando un linguaggio simbolico, raccontano verità profonde che poi la filosofia si incarica di trasformare in concetti. Questa leggenda non racconta, forse, dell’incontro drammatico con la differenza? dell’incontro problematico di due amanti con fedi religiose differenti?  Fin quando lo spazio frequentato ci è familiare perché riconosciamo i punti di riferimento condivisi nessuna incertezza ci coglie, ma appena ciò che non è riferibile al nostro universo mentale fa la sua comparsa, lo spazio si presenta infestato da rovi e serpi. Qual è la nostra reazione? Rinserrarci sul monte benedicendo la valle che ci separa dall’altro monte  o costruire il ponte per l’incontro? Ma non può essere un ponte che poggia solidamente sulla terra che conosciamo (i nostri principi, le nostre leggi, le nostre consuetudini), può essere solo un ponte sospeso sopra la terra e per giunta oscillante, fondato, cioè, sulla consapevolezza della relatività dei nostri principi, delle nostre leggi, delle nostre consuetudini.  Pertanto la condizione perché possa avvenire l’incontro è la nostra dislocazione (àtopia) ovvero la capacità di indebolire il  radicamento nel mondo abituale per esporsi all’insolito. La dislocazione che indebolisce le certezze e gli ancoraggi è l’unica possibilità per incontrare la differenza; quando si pretende d’incontrare l’altro mantenendo il proprio orizzonte come punto di riferimento,  si incontra solo la colonizzazione del diverso.  Del resto l’esperienza dell’insolito è una costante del camminatore che spesso nei suoi percorsi di fronte alle novità, agli imprevisti è costretto a ricollocarsi, a riorganizzare il suo orizzonte affinchè possa muoversi agevolmente in esso.  Sembra quasi che la sua vita si risolva nel movimento continuo di liberazione da ogni legame, interiore ed esteriore, per trovare la propria stabilità appunto nella continua trasformazione. Ma cosa potrebbe essere questa differenza che ci impaurisce, il diverso che ci intimorisce ed affascina allo stesso tempo? Mi viene da pensare al Simposio di Platone dove,  parlando delle persone “a metà” che si desideravano, ipotizzava che ciò non è spiegabile solo con l’attrazione sessuale provata dalle due metà ma col desiderio di entrare in contatto con il fondo enigmatico e buio che ci abita nel profondo: non, quindi, incontro con l’altro da me, ma con l’altro che sono io a me stesso. Ed allora il diverso che ci spaventa  potrebbe essere quella parte più profonda di noi stessi non illuminata,  quella parte dell’anima che è la meno spirituale perché è la più istintiva?  Quella parte dell’anima che il camminatore sente in particolare perché si fonde con gli odori della natura, patisce le variazioni di temperatura, sente i suoni, il vento, subisce il sole che gli cuoce sulla testa e conduce i suoi pensieri su vie associative inconsuete? (camminare - 5  precedente  seguente)

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Antonietta P. il 29/10/11 alle 15:36 via WEB
Fantastico.. fantastico! Uno dei post più belli che abbiate mai scritto! :*
 
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Antonietta P. il 29/10/11 alle 16:38 via WEB
..questo "altro che sono io a me stesso"..questo "diverso" in me stesso mi fa pensare alla depersonalizzazione melancolica descritta dal mio professore di psicologia dinamica nel suo libro "Psicopatologia del senso comune" in cui riprende il concetto Aristotelico di "koiné aisthesis" per comprendere in modo più efficace e meno impersonale la schizofrenia e la psicoci maniaco-depressiva.. lui scrive:..
 
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Antonietta P. il 29/10/11 alle 16:45 via WEB
.."..nella depersonalizzazione melancolica (e,specularmene,in quella maniacale) si manifesta un disturbo dell'identità,nel senso dell'identità narrativa come illustrata da Paul Ricoeur. [..] Seguendo Ricoeur,l'identità detta narrativa si forma tramite la dialettica tra essere-lo-stesso (ètre-le-mème) e essere-se-stesso (ètre-soi-mème).La caratteristica fondamentale del primo polo della dialettica dell'identità narrativa (essere-lo-stesso) è la permanenza nel tempo.Essere-se-stesso,invece,non implica affatto la permanenza,almeno nel senso dell'immutabilità.Essere-se-stesso non è un'identità statica,ma il risultato di un processo dialettico: il dialogo tra il sé e l'altro-da-sé."..
 
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Antonietta P. il 29/10/11 alle 16:54 via WEB
.."Vediamo adesso cosa accade,riguardo all'identità narrativa,nelle persone vulnerabili alla melancolia.La loro vulnerabilità consiste nell'arrestarsi della dialettica,interna all'essere-se-stessi,tra sé e altro-da-sé.L'altro-da-sé viene bandito da questa dialettica in quanto pericolosa fonte di nullificazione.Infatti,l'altro-da-sé non è vissuto come possibilità verso cui protendersi,o in base al quale definirsi;viceversa,è vissuto come nulla dal quale mettersi al riparo.Ciascuno di noi definisce se stesso non solo in base a ciò che è stato,ma anche in base a ciò che è già stato,ma anche in base a ciò che non è e potrebbe o vorrebbe essere..
 
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Antonietta P. il 29/10/11 alle 17:02 via WEB
..Questa doppiezza dell'essere di fronte al suo nulla è esiliata dall'esistenza melencolica.Mancando di una delle due ali per spiccare il volo nella dialettica dell'essere-se-stesso,l'esistenza melancolica precipita inesorabilmente nella palude dell'essere-se-stesso..[..] L'altro-da-sé è vissuto come qualcosa di estremamente pericoloso:voltafaccia,infeldetà,slealtà,doppiezza.Scoprirsi doppi è il massimo obbrobrio,la massima vergogna,il pericolo mortale perchè espone inesorabilmente all'angoscia della scoperta,in se stessi,dell'altro-da-sè." Giovanni Stanghellini
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Antonietta P. il 29/10/11 alle 17:04 via WEB
Non vedo l'ora di scrivere qualcosa per la tesi per farvela leggere prof! :) un bacio
 
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