Creato da m_de_pasquale il 05/10/2009
"il sapere ha potenza sul dolore" (Eschilo) ______________ "Perchè ci hai dato sguardi profondi?" (Goethe)
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"La filosofia guarda da un altro livello cose, problemi, sofferenze, desideri, piaceri. E qui cade la solitudine del filosofo che non gode come gli altri, non soffre come gli altri, perchè non guarda le cose al livello dove le vedono gli altri. Per questo il filosofo è solo e incompreso. Della solitudine ringrazia ogni giorno gli dèi che gli tolgono di torno gli abitatori del tempo; dell'incomprensione si rammarica, non per sé ma per gli altri che non sanno quello che dicono e fanno." (Galimberti)
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percorso: Pila del ladro (41° 32' 20.26" N, 15° 05' 06.91" E) - Casone - 5 confini - Piano del Sorbo [AR 12 km]
Il piacere prodotto da una serie di sensazioni durante una camminata in un bosco è un’esperienza abbastanza comune: l’odore tipico che avvertiamo non appena ci inoltriamo per il sentiero, la vista di alberi alti e robusti, i versi degli uccelli che risuonano nel silenzio assoluto, la volpe intravista nel mezzo del sentiero che stiamo percorrendo … Però un’impressione ci accompagna: un qualcosa di impercettibile che ci avvolge, un tutto avvolgente ma non oggettivabile come può esserlo invece l’albero o l’animale visto. E se non è oggettivabile è indefinibile, è infinito. Sembrano i caratteri che Anassimandro dava all’àpeiron, il principio di tutte le cose: ciò che abbracciando fornisce l’essere alle cose. Jaspers, riprendendo l’intuizione di Anassimandro, ha parlato di Umgreifende, ovvero l’Essere che “fa essere” tutte le cose, ma nel far essere le cose “non è”, nel senso che non è determinabile, circoscrivibile, oggettivabile. Insomma non può essere percepito come le altre cose che costituiscono il nostro mondo, è assente nel rendere presente, si nasconde mentre rivela. Quando ripensiamo alla camminata e alle sensazioni provate, riusciamo a definire i singoli momenti (la volpe avvistata sul sentiero, lo scorcio di paesaggio straordinario, la sensazione di fatica dopo una salita, …), ma se tentiamo di circoscrivere l’idea dell’Essere – il Tutto avvolgente - non riusciamo ad ingabbiarla nelle categorie di spazio e tempo. Se essere nel tempo è la condizione per fare esperienza oggettiva delle cose, ciò che è inoggettivabile è fuori dal tempo. Diciamo che l’Essere “è” perché ci mostra le cose, ma nell’atto di mostrarcele “è assente”: insomma il segno della sua presenza è l’assenza. Potrebbe l’Essere – il Tutto avvolgente – essere la somma di tutte le esperienze? No, perché il Tutto è più della somma delle singole parti. In questo “di più” c’è il suo “non essere” oggetto ma soggetto-oggetto (per l’impossibilità di separare, circoscrivere, definire, …). Ed allora la sua conoscenza non può essere sulla strada della conquista che caratterizza il nostro rapporto con le cose oggettivabili del mondo, ma su quella della rivelazione come sosteneva Heidegger che riprendendo l’antico senso della parola aletheia, parla di svelamento del senso dell’Essere. In un passo del Tao te Ching, Lao Tzu scrive: “Trenta raggi si riuniscono in un centro vuoto ma la ruota non girerebbe senza quel vuoto. Un vaso è fatto di solida argilla, ma è il vuoto che lo rende utile”. Il vuoto è assenza ma fa funzionare la ruota e rende utile il vaso. L’Essere è come il vuoto: ci accorgiamo che “è” quando è riempito, ma se è riempito “non è” più. (camminare - 2 precedente seguente)
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