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Rapporto Annuale - Amnesty International

Post n°91 pubblicato il 26 Novembre 2008 da Piero_Calzona
 

RAPPORTO ANNUALE 2008 – AMNESTY INTERNATIONAL

 

(Terza Parte)

La situazione dei diritti umani in Italia

 

I casi di Abu Omar, Maher Arar, Abou El Kassim Britel

Le indagini della magistratura italiana e l'avvio del processo sul coinvolgimento di funzionari di intelligence italiani e statunitensi nella rendition di Abu Omar stanno contribuendo a svelare la verità per mezzo della giustizia.

Il 16 febbraio 2007 il giudice Caterina Interlandi, accogliendo la richiesta dei pubblici ministeri Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, ha rinviato a giudizio 26 cittadini Usa per lo più presunti agenti della Cia e 7 funzionari del Sismi per il rapimento dell'imam egiziano Abu Omar, prelevato a Milano il 17 febbraio 2003 e trasferito in Egitto, ove è stato detenuto arbitrariamente e, secondo quanto da lui dichiarato, sottoposto a torture. Tra i funzionari Italiani rinviati a giudizio, Nicolò Pollari e Marco Mancini, rispettivamente direttore e alto funzionario del Sismi al momento del rapimento. Il maresciallo dei carabinieri Luciano Pironi e il giornalista Renato Farina, diversamente coinvolti, hanno patteggiato la pena, mentre altri funzionari, per i quali era stata chiesta l'archiviazione, sono stati successivamente rinviati a giudizio.

Due giorni prima del rinvio a giudizio, l'allora presidente del Consiglio Romano Prodi ha promosso un ricorso per conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale, sostenendo che la Procura di Milano avesse invaso i poteri attribuiti al governo, apprendendo documenti coperti da segreto di stato e ottenendo l'autorizzazione a intercettare utenze telefoniche del Sismi. Un ricorso simile è stato presentato nei confronti del Giudice per le indagini preliminari. Nei due ricorsi si chiede rispettivamente l'annullamento della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto che dispone il giudizio. Procedimento analogo e opposto è stato promosso nei confronti del governo dalla Procura.

L'8 giugno 2007 si è aperto il processo penale, ma dopo pochi giorni il giudice ha deciso di sospenderlo in attesa della decisione della Corte costituzionale, così accogliendo una richiesta presentata da Pollari e dagli altri imputati. La sospensione, non obbligatoria, è stata motivata con ragioni di economia processuale, in considerazione della potenziale inutilizzabilità di alcune prove a seguito del giudizio costituzionale. La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibili i ricorsi e ha fissato un'udienza per gennaio 2008, poi rinviata all'ultimo momento apparentemente in vista di una possibile "risoluzione concordata del conflitto" tra Governo e Procura, sinora non realizzatasi. In seguito, l'udienza di discussione dei tre citati ricorsi innanzi alla Corte Costituzionale è stata fissata per l'8 luglio 2008.

Il 19 marzo 2008 il giudice di Milano ha deciso che il processo per il rapimento di Abu Omar dovesse ripartire. Il riavvio del processo agli agenti statunitensi e italiani accusati di coinvolgimento in questo paradigmatico caso di rendition rappresenta un importante passo in avanti per l'accertamento della verità e delle responsabilità. Il 13 maggio 2008 si è tenuta un'udienza nel corso della quale è stata ascoltata la moglie di Abu Omar, Nabila Ghali e il giudice ha ammesso a testimoniare Romano Prodi e Silvio Berlusconi. La prossima udienza è prevista per il 28 maggio.

Gli imputati statunitensi sono tutti contumaci e il ministro della Giustizia durante la XV Legislatura, Clemente Mastella, non ha mai risposto alla richiesta della Procura di Milano di inoltrare al Governo Usa le richieste di estradizione dei 26 agenti, nonostante sollecitazioni giuntegli in tal senso dal Parlamento europeo, dal Consiglio d'Europa e da AI, organizzazione i cui rappresentanti il ministro non ha voluto incontrare.

Con la citata risoluzione del 14 febbraio 2007, il Parlamento europeo ha deplorato "il fatto che il generale Nicolò Pollari, già direttore del Sismi, abbia nascosto la verità" alla Commissione e si è rammaricato che il rapimento di Abu Omar abbia messo a rischio le indagini sulla rete terroristica a cui Abu Omar era collegato. Dal canto suo, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Pace) ha criticato la scelta del governo Italiano di ostacolare la ricerca della verità sul caso di Abu Omar attraverso l'invocazione del segreto di stato e ha stigmatizzato la scelta dell'Italia di preservare "ad ogni costo" le relazioni con gli Usa.

Il Parlamento europeo ha inoltre deplorato il coinvolgimento dell'Italia nella rendition di Maher Arar, cittadino canadese di origini siriane condotto in Siria con un volo della Cia per la Giordania, che fece scalo a Ciampino l'8 ottobre del 2002. In Siria Maher Arar è stato detenuto per un anno e ripetutamente torturato; diverso tempo dopo la liberazione e il ritorno in Canada ha ottenuto le scuse e un risarcimento dal suo governo per quanto accadutogli. Da informazioni pubblicamente disponibili, sul caso risulta essere in corso un'indagine della procura di Roma.

Oggetto dell'indagine del Parlamento europeo anche il caso di Abou El Kassim Britel, cittadino italiano arrestato in Pakistan nel marzo 2002 dalla polizia pakistana, interrogato da agenti statunitensi e pakistani e successivamente consegnato alle autorità marocchine. Secondo la documentazione trasmessa alla Commissione dall'avvocato di Britel, dopo l'arresto il ministero dell'Interno italiano era stato in "costante cooperazione" con i servizi segreti stranieri. Abou El Kassim Britel è tuttora detenuto in Marocco. Le indagini della magistratura italiana nei suoi confronti si sono chiuse senza alcuna incriminazione.

Gli effetti delle espulsioni antiterrorismo del "decreto Pisanu" e l'intervento della Corte europea dei diritti umani

Nonostante le richieste del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (Conclusioni del 18 maggio 2007), l'Italia ha mantenuto pressoché immutate le norme sull'espulsione contenute dalla Legge 155/05, il cosiddetto "decreto Pisanu", riguardante misure urgenti per la lotta al terrorismo. Esse prevedono l'espulsione di migranti regolari e irregolari sulla base di una vaga definizione del rischio da essi posto ( "fondati motivi di ritenere" che la loro "permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche") e senza tutela efficace contro il rimpatrio forzato in paesi in cui rischiano la tortura e altre violazioni gravi. La legge non presuppone necessariamente che la persona espulsa sia stata condannata o accusata di un reato - di natura terroristica o meno - né che l'espulsione venga convalidata da un giudice. Il ricorso contro l'espulsione non ne sospende l'esecuzione.
 
Il 28 febbraio 2008 la Corte europea dei diritti umani ha definitivamente annullato il provvedimento di espulsione nei confronti del cittadino tunisino Nassim Saadi, emesso dall'Italia nell'agosto 2006 sulla base del "decreto Pisanu" e allora sospeso in via cautelare e urgente dalla stessa Corte. Quest'ultima, nel definire il caso, ha ritenuto che dai rapporti di AI, ritenuti credibili, coerenti e corroborati da numerose altre fonti, emerge "un rischio concreto" che Saadi sarebbe sottoposto a tortura o ad maltrattamenti in caso di rientro in Tunisia. L'allora ministro Mastella si era recato nel maggio 2007 in Tunisia per chiedere c.d. "assicurazioni diplomatiche" che Nassim Saadi non sarebbe stato sottoposto a tortura e maltrattamenti, "assicurazioni" poi prodotte nel procedimento a suffragio della richiesta alla Corte di non annullare l'espulsione. L'Italia aveva inoltre sostenuto, con il supporto del Regno Unito intervenuto nel giudizio, che nella valutazione sull'espulsione il rischio corso dalla persona di essere sottoposta a tortura e altri abusi dovesse essere controbilanciato dal rischio posto da questa. La Corte ha rigettato questa teoria del "bilanciamento" e ha riaffermato la natura assoluta del divieto di tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, principio messo a rischio (nella sua stessa essenza e non soltanto rispetto al tema dell'espulsione) dalle tesi sostenute dall'Italia.
 
Nonostante ripetute richieste di AI, l'allora ministro dell'Interno Amato non ha annullato l'espulsione da lui emessa nei confronti di Cherif Foued Ben Fitouri, rimpatriato in Tunisia il 4 gennaio 2007 sulla base delle norme del pacchetto Pisanu. Dopo l'arrivo in Tunisia Ben Fitouri, che ha moglie italiana e tre bambine, è stato trattenuto in detenzione segreta per oltre 12 giorni e in seguito incarcerato e sottoposto a processo sulla base della legge antiterrorismo tunisina. Secondo informazioni ricevute da AI egli è stato sottoposto a tortura e maltrattamenti mentre sua moglie e le sue bambine, in Italia, hanno scontato gli effetti della sua prolungata assenza.

 

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Commenti al Post:
retni65
retni65 il 26/11/08 alle 11:38 via WEB
Olto interessante, un saluto
 
cla_lu27
cla_lu27 il 26/11/08 alle 12:51 via WEB
Grazie della vista al mio blog ^_^
 
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