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parla un somaro qualunque

Creato da re1233 il 12/10/2008

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un attimo nella natura

Post n°100 pubblicato il 11 Ottobre 2009 da re1233
 

L’aguzza, conica, svettante cima

d’un pino, abbarbicato sul sinuoso

declivio d’una ridente collina

nel verde nascente della primavera,

si staglia nell’indaco, terso cielo.

L’immane albero

affonda le nodose radici

nella profonda terra.

I grevi, lunghi rami

adiacenti al ceppo

s’accostan curvi al terreno.

Sorgon a gruppi sparsi

tra le affioranti radici

pinaioli dai riflessi dorati.

Felci e festuche ricadon

nei vicini cigli ombrosi

umettati da recenti piovaschi.

Massi isolati e tormentati

sporgon sul costone aprico

ove lucertole immobili

assorbon calore.

Improvviso alita il vento

 in ciel pria sussurrando

tra le aghiformi foglie,

indi squassando i rami,

impietoso e violento.

Tace il merlo,

sull’onda del vento

si cullano i corvi,

s’acquatta l’allodola

tra l’erba amica.

 

 

 

Ristà o visione!

Ristà qual attimo che si perde

nella continuità del tempo.

 

 

 

 Scritta da re1233 nel 1999

 

 

 

 
 
 

Follia d'amore

Post n°98 pubblicato il 08 Ottobre 2009 da re1233
 

La follia decise di invitare i suoi amici a prendere un caffè. La follia propose " Si gioca a nascondino?"

"Nascondino cos'è?" domandò la Curiosità.

"Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete. Quando avrò terminato di contare, cercherò ed il primo che troverò sarà il prossimo a contare."

Accettarono ad eccezione della Paura e della Pigrizia.

La Follia cominciò a contare.

La Fretta si nascose per prima, dove le capitò. La Timidezza, timida come sempre, si nascose in un gruppo d'alberi. La Gioia corse in mezzo al giardino. La Tristezza cominciò a piangere, perchè non trovava un angolo adatto per nascondersi. L'Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro un sasso.La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.La Disperazione era disperata sentendo che la Follia era  già a novantanove.

"CENTO! gridò la Follia! Comincerò a cercare."

La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poichè non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto.
Guardando da una parte, la Follia vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato si sarebbe meglio nascosto.

E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza.

Quando tutti furono riuniti, la Curiosità domandò:

"Dov'è l'Amore?".

Nessuno l'aveva visto. La Follia cominciò a cercarlo. Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi, sotto le rocce. Ma non trovò l'Amore.

Cercando da tutte le parti la Follia vide un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò a cercare tra i rami,allorchè ad un tratto sentì un grido.

Era l'Amore, che gridava perchè una spina gli aveva forato un occhio.

La Follia non sapeva cosa fare. Si scusò, implorò l'Amore per avere il suo perdono e arrivò fino a promettergli di seguirlo per sempre.

L'Amore accettò le scuse.

 

 amore all'alba

 

Oggi l'Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.

Serenità!

 
 
 

Sincerità

Post n°97 pubblicato il 07 Ottobre 2009 da re1233
 

Ero stamattina in coda per il prelievo di sangue, due ore di attesa e poi sarebbe toccato a me, ed accanto una signora leggeva il giornale Libero  che titolava “ Sette Italiani su dieci stanno con Berlusconi” intendendo dire evidentemente che lo accettano in toto al di là di ogni critica alla sua persona.

Una considerazione mi veniva spontanea: se questa affermazione è vera più del 70 per cento degli Italiani considera la corruzione (in particolare ad un giudice) come un peccato sul quale passare sopra senza remore, un peccato veniale, un qualcosa di talmente futile che non deve essere considerato.

Tutto ciò è vero perchè nell’apparato pubblico come nel privato l’abitudine alla mazzetta per corrompere è gesto giornaliero.

Inutilmente la guardia di finanza (che in taluni casi ha dipendenti corruttibili) cerca di ostacolare tale abitudine così radicata, ma quel che è  peggio chi corrompe si vanta platealmente della sua furbizia.

Io sono uno del 3 per dieci che è un “coglione” e crede che la corruzione sia un elemento disgregante per la nostra società, un delinquenziale modo di agire e se fossi liberale direi che è sleale concorrenza. Ma devo pazientare affinché le menti imbottite di culto della persona, col tempo, si rendano conto che non vale più la loro valutazione della realtà ma solo la profusione di imbonimenti ricevuti dai media. Ma certo io sono una nullità perché non so evadere e corrompere, se faccio qualche sbaglio lo dichiaro a costo di conseguenze gravi, e ritengo che la lealtà verso il prossimo sia una discriminante della civiltà!   

………..

Ho scoperto un giornale di libera informazione, fatto da liberi giornalisti che si sono autotassati per non continuare a subire pressione da destra o sinistra, che non ricevono soldi pubblici e che fanno un’esperienza lodevole e rischiosa professionalmente. il suo nome è “il fatto quotidiano”.

Ho paura che non reggerà alla macchina distruttiva e danarosa dell’altrui potere ma spero molto che sopravviva.

Serenità!

 

 
 
 

Sicilia, alluvione,

Post n°96 pubblicato il 05 Ottobre 2009 da re1233
 

 

L’ho scampata bella!

L’altra settimana ero in Sicilia con un viaggio organizzato, alla scoperta di questa, come altre, meravigliosa isola.

Il percorso che facevamo nel penultimo giorno di pulman era da Catania a Taormina, era Venerdì 25 Settembre ed era già arrivata la prima ondata di pioggia incessante proprio su quella strada. L’autostrada era stata chiusa ed era stata fatta una deviazione alla litoranea attraverso la quale dovevamo arrivare a S.Alessio a pochi Km da Taormina. Ma anche sulla litoranea la pioggia aveva provocato smottamenti e le squadre di pronto intervento erano al lavoro con scavatrici e camion ribaltabili per rimuovere il fango che aveva invaso la strada.

Abbiamo subito un ritardo di tre ore ma nulla più.

Il giorno dopo abbiamo percorso la tangenziale di Messina per arrivare a Milazzo ed imbarcarci per Lipari, tutto era totalmente sgombro ed il tempo solo parzialmente nuvoloso.

Era comunque evidente la  fragilità di tutto quel territorio in estrema pendenza con un terreno che non appariva terrazzato.

Oggi mi ritengo fortunato per essere passato tra una goccia e l’altra per sei giorni e per aver anticipato la zona del disastro di poco.

Certo che qualche amministrazione dei luoghi colpiti dovrebbe avere esponenti che si dovrebbero fare il mea culpa in continuazione. Ma in questa Italia dove pentirsi non esiste proprio, la prima mossa è ricorrere ad avvocati di grido per difendersi ad ogni costo, perché si ritiene che la colpa sia sempre degli altri e poco importa che le persone comuni muoiano, questo è solo un dettaglio.

Cambiamo argomento e veniamo al viaggio in questo “stato” che è molto bello, con paesaggi suggestivi, luoghi storici a profusione e con una storia che dovrebbe far capire come da ogni dominazione si può rinascere con qualche buona cosa in più. Non mi fraintendete, intendo dire che le culture che si sono avvicendate in questo territorio hanno lasciato sempre qualcosa di loro, che è stato integrato ed ancora oggi esiste.

L’influenza Fenicia, greca, cartaginese, romana, borbonica, normanna, araba, piemontese, aragonese, spagnola, hanno , chi più chi meno, influito sull’arte il linguaggio il comportamento.

Tra l’altro ho visitato le isole Eolie per le quali ho provato un vero entusiasmo, Lipari, Vulcano e le altre che sono perle nel mare limpido del Tirreno.

Serenità!

 

 
 
 

vittimizzazione mediatica

Post n°95 pubblicato il 02 Ottobre 2009 da re1233
 

Molti anni fa la televisione, che era ancora in bianco e nero, aveva trasmesso un processo a porte aperte riguardante un caso di stupro.

La ragazza stuprata era stata chiamata come testimone ed era stata sottoposta ad un fuoco di fila degli avvocati delle controparti per ottenere da lei la dichiarazione che nel rapporto aveva “goduto”. Mi dispiace non poter avere quella registrazione per sottoporla  a  chiunque oggi per far verificare quali domande di approfondimento sessuale, domande fatte col sorrisino sulle labbra degli avvocati, interessassero quel dibattimento.

Lo scopo era far dire alla violentata che per lei era stato un piacere subire quella mostruosità.

Ieri sera ho visto Annozero , e fatta la debita differenza tra i comparenti di questa trasmissione e gli avvocati del processo testè detto, ho colto nella domanda finale di Belpietro alla Daddario lo stesso atteggiamento, la stessa volontà di colpevolizzare  chi se non altro ha denunciato una situazione reale di degrado sociale che è diventato sistema di questa Italia.

Sono a conoscenza diretta di ciò che succede tra i grandi imprenditori, per il lavoro che ho svolto, dove l’offerta di ragazze consenzienti per la riuscita di un contratto o meglio di un business è cosa normale.

Naturalmente c’è l’imprenditore che accetta e  quello che non accetta.

Anche tra alcuni venditori col pelo sullo stomaco l’offerta avviene.

Pensavo che tutto riguardasse un limitato gruppo di persone, essendo i miei esempi datati, ma ho visto ieri sera che non solo il sistema si è allargato ma ha toccato il fondo entrando nelle camere di chi ci governa ed invece dovrebbe insegnare ai giovani ed ai vecchi che l’amore è ben altra cosa: rispetto, condivisione, sentimento, appoggio morale e materiale, costruzione di un futuro con ideali comuni, dialogo, perdono.

Ormai sono demoralizzato da un popolo che non riconosce più nulla di etico come valore, che distrugge ogni scelta di futuro finalizzata solo ai più  bassi istinti: denaro, sesso, potere.

Avremo ancora possibilità di risalire in futuro dalla china????

Serenità!

 

 
 
 

una mia foto

Post n°94 pubblicato il 01 Ottobre 2009 da re1233
 

Finalmente riesco ad inserire una mia foto grazie ad un aiuto graditissimo!

 
 
 

storie per sentito dire

Post n°91 pubblicato il 29 Settembre 2009 da re1233
 

Segue post precedente

 

Dopo essersi rimesso dal congelamento ai piedi mio padre riprese il servizio militare e fu inviato in Albania a combattere quella guerra assurda alla conquista di un paese povero ma fiero che contrastò in tutti i modi l’avanzata dei soldati.  Come già sul fronte Francese i giorni passavano in trincea a subire e rendere attacchi più volte.

Il suo ricordo era di marce forzate per arrivare al fronte, bersagliati da cecchini che apparivano e scomparivano come fantasmi, dietro i massi sulle montagne o dietro le case diroccate nei villaggi.

Naturalmente non amava quel popolo come nessuno di noi  amerebbe chi ci spara addosso, anche se la sua è solo una difesa contro l’invasore.

Anni dopo, quando io avevo dieci anni, mentre si passeggiava in Via Vecchia del Borgo in quel di Cuneo, un tizio si avvicina a mio padre e lo chiama per nome. Si riconoscono e viene fuori che mio padre in quelle  trincee che prima ho descritto l’ha salvato da sicura morte.

Avevano fatto una sortita con un ripiegamento per le troppe perdite di vite umane e mio padre riuscì a ritornare in trincea, alzando la testa al di sopra della postazione vide ad una  ventina di metri davanti a lui un tizio ferito che annaspava per portarsi al sicuro.

Capì che non ce l’avrebbe fatta e coraggiosamente corse verso di lui, lo prese e lo trascinò in trincea.

Si erano persi di vista e si sono ritrovati per caso  davanti ai miei occhi di fanciullo dodici anni dopo..

Immaginarsi le feste ed i ringraziamenti e la gioia di tutti.

Ritornando al racconto ricordo che mi disse di aver lì contratto la malaria. Febbre altissima, tremore  inarrestabile, perdita dei peli ( rimase senza peli sul corpo da allora fino alla morte).

Fu caricato su di un camion militare e riportato alla sua caserma in Piemonte, fu curato e ritornò a casa.

Allora già conosceva mia madre e si scrivevano, decisero di sposarsi e “tre giorni” dopo il matrimonio lui dovette ritornare al fronte albanese,ma successe qualcosa per strada.

Doveva, secondo gli ordini impartiti, recarsi ad Otranto ed imbarcarsi per raggiungere il suo reparto in Albania. Essendo lui sergente maggiore gli aggregarono un gruppuscolo di soldati provenienti dagli ospedali militari e non ancora del tutto guariti. Ricordava un caporale con una fasciatura alla testa ed altri con piccole ferite non ancora rimarginate.

Sulla strada ( ma non ho potuto mai precisare dove per la sua prematura morte) si trovò vicino al mare in concomitanza dello sbarco alleato.

Così descriveva l’episodio “ Il mare era  pieno di navi che ci bombardavano  ed io dissi agli altri di rifugiarsi in una buca nel  terreno appena fatta da una bomba che era esplosa proprio lì”  e prosegue “ era con me un soldato napoletano che gridava spaventato “mamma mia , mamma mia, aggio a morì”  ma anche noi non eravamo meno intimoriti. Quando hanno smesso di bombardare si sono riversate le truppe a terra e noi abbiamo fatto sventolare un fazzoletto bianco sopra il buco. Alzando la  testa ci è apparso “n’ moru” ( un nero in dialetto) che masticava “cicles”

(cewing gum) col fucile spianato diceva “cam on, cam on”  ci hanno presi e portati al loro campo”.

In quel periodo l’Italia fu spaccata in due, a Cassino si erano fermate le truppe alleate e si rimase in questa situazione  dove nulla poteva passare tra i due pezzi di penisola.

Nemmeno le lettere che intanto i miei genitori si scrivevano.

Mio padre fu preso prigioniero e portato a Crotone dove fu utilizzato come magazziniere e quindi stette bene per tutto il periodo di prigionia che durò fino al 45 a metà anno.  

La conseguenza di questa prigionia fu che io non ebbi padre se non dopo l’anno e mezzo..

Quando finalmente ritornò con mezzi di fortuna apparve in casa di mia nonna senza sapere nulla della mia esistenza (le lettere arrivarono solo dopo il suo arrivo) e naturalmente, come ad ogni comune mortale il dubbio fu presente per molto tempo.

Questo è tutto anche se non ben definito nelle date e nei luoghi, ostacolato dalla poca confidenza che si usava allora coi genitori che rifiutavano il dialogo ed esigevano ubbidienza. Oggi riconosco a mio padre coraggio e altruismo ma poca sensibilità verso i suoi figli. Ma siamo tutti esseri imperfetti e tali saremo sempre.

Penso oggi ai nostri soldati in giro per il mondo ed anche se i mezzi sono diversi il rischio della vita è presente ogni giorno ed il dolore di chi li perde infinito.

Vorrei che le guerre finiscano ma è un’utopia e come dicono i francesi “l’argent fait la  guerre” “ è il denaro che fa la guerra”, e quello non lo si può eliminare così come l’egoismo.

Serenità!     

 
 
 

ricordi di guerra

Post n°87 pubblicato il 18 Settembre 2009 da re1233
 

Vedi post precedente

 

Non so come posizionare nel tempo la partecipazione di mio padre al fronte francese in quel di Saretto sopra Cuneo ad un’altezza tra i 1500 e 2000 metri.

So che era inverno, che erano in trincea con la neve alta e che per tre giorni non arrivò il  vettovagliamento. Lui raccontava “ avevamo tutti una fame da morire e non potevamo certo muoverci da quell’appostamento, ma c’erano certi toponi da far paura che giravano per i camminamenti. Il terzo giorno sparammo loro e dopo averli pelati li mangiammo crudi.”

Non potevano accendere fuochi per non segnalare al nemico dove avrebbe dovuto sparare o gettare bombe a mano o altro, quindi era necessario il pasto freddo!

Il raccapriccio che adesso noi proviamo dovrebbe, come ha fatto sempre a me, farci apprezzare ciò che abbiamo senza disprezzarlo perché un pasto per quanto possa essere schifoso non lo sarà mai tanto come quello consumato al freddo, in pericolo di vita, e dopo tre giorni di digiuno.

Penso che sia stato qualche mese su quel fronte fintanto che “ ho preso un congelamento di terzo grado ai piedi e mi hanno rispedito a casa per curarmi ma…nessuno poteva accompagnarmi e tanto meno potevano mandare un’ambulanza su per quelle mulattiere a prendermi, per cui mi feci due stampelle con dei rami e iniziai il percorso in discesa.” Il viaggio di ritorno (70 Km Tanto è lunga la strada fino a Cuneo) durò sette giorni.

Nei paesini di montagna che trovò regnava una povertà assoluta ed il secondo giorno fu nuovamente a digiuno e dolorante, si fermò quindi ad una baita abitata ( come di usa da quelle parti di pietra e legno) e chiese per cortesia cibo e riparo.

Quelle gentili persone misero il loro cibo ed un pagliericcio a disposizione consolandolo con parole di conforto.

Ci diceva” mi pareva che quel tugurio fosse il paradiso! Avevo un fuoco acceso, una tazza di latte e del pane vecchio che potevo inzuppare, ed un pagliericcio senza pulci ed asciutto sul quale dormire”.

Riprese il cammino e chiedendo ospitalità ogni qual volta poteva giunse finalmente alla caserma di San Rocco di Cuneo dove sbrigarono le pratiche e lo mandarono in ospedale militare e successivamente a casa.

Ma la sua guerra non finì qui nella prossima puntata racconterò il suo secondo fronte oltre confine.

Serenità se potete.

Segue

 
 
 

i ricordi affioranti

Post n°86 pubblicato il 17 Settembre 2009 da re1233
 

Ritenevo di non aver più nulla da aggiungere a quanto scritto nei post precedenti ma tutto ciò mi ha risvegliato ricordi che avevo dimenticato riguardo alla vita di mio padre.

Mi dispiaccio di non averli potuti verificare fino in fondo per la prematura morte sua all’età di 52 anni. Talvolta, se pur raramente, ci degnava del racconto delle sue esperienze.

Ed è per questo che mi accingo, a costo di farvi tutti scappare, a ripercorrere questi ricordi come mi sono stati raccontati.

Un aneddoto spesso narrato coincideva con la sua giovinezza, ritengo avesse sui quattordici o quindici anni (1934 o 35).

Lavorava da un idraulico come garzone, diceva: ” facevamo impianti di riscaldamento ai signori, e ricordo quanto pesavano i radiatori di ghisa a portarli su per le scale, fino al secondo o terzo piano.” Certo allora non c’erano le tecnologie di oggi dove i pesi vengono distribuiti con criterio, il subalterno era come la bestia da soma e quindi “doveva” portare pesi anche consistenti.

Un giorno, mentre il titolare stava saldando con la fiamma ossidrica, arrivò un cliente e mio padre per avvertirlo si avvicinò e lo toccò sulla spalla, l’idraulico si girò di scatto con la fiamma ossidrica in mano e la fiamma prese il viso di mio padre ustionandolo. Impacchi d’acqua fredda e di corsa a casa …. (l’ospedale o il dottore si chiamava allora solo quando si era in punto di morte).

La nonna non chiamò né dottore né altro (anche perché bisognava pagarlo),  accompagnò mio padre da una fattucchiera, maga, megera, chiamatela come volete che dopo averlo visto gli applicò dei medicamenti disse due litanie e gli disse di andarsene a casa che l’indomani tutto sarebbe passato.

Mio padre diceva” io l’indomani non avevo più nulla! Nemmeno la scottatura”.

Mi viene da considerare come col tempo noi riusciamo a  santificare situazioni od episodi rendendoli superiori alla realtà.

Ed è esattamente ciò che penso di questo episodio, suppongo che la bruciatura sia stata lieve, che l’acqua fredda o le cure primarie abbiano sortito l’effetto di spegnimento della bruciatura e che quindi tutto l’arzigogolo della maga abbia solo provocato un suggestionamento effetto placebo.

Questo è ciò che penso io ma non è detto che sia la realtà della cosa.

Altri episodi della sua giovinezza non me li ricordo ma mi si risveglia la sua narrazione del periodo della guerra.

Si arruolò a diciassette anni perché era imbevuto dalle idee di “difesa”, “patria”, “onore” ma ci confidava che la ragione prima era data  da uno stipendio certo e dalla divisa che lo qualificava ( a quei tempi) come persona rispettabile.

Segue.

 
 
 

nascita travagliata

Post n°85 pubblicato il 11 Settembre 2009 da re1233
 

 

 

Ultimo post che segue i precedenti

 

 

E che dire della mia nascita!!???

Felice e tormentata allo stesso tempo.

Mia madre mi dice ancora oggi che ha provato piacere nel momento  della mia nascita, mettendomi logicamente in imbarazzo, ( perché certe cose dissacrano il ruolo ipocrita che attribuiamo ai nostri genitori), che non ha avuto problemi nella gestazione, che tutto è filato nel migliore dei modi.

Mah.. il problema è esistito ventriquattr’ore dopo avermi partorito.

Era il 1944 ed io sono nato nello stesso paesino dove era nata mia madre, mia nonna, mio nonno e le mie zie. Sono nato in piena guerra, con i partigiani in collina , i fascisti ai comandi comunali  ed i soldati tedeschi a presidiare il territorio.

Alcuni giorni prima della mia nascita i partigiani avevano compiuto atti di sabotaggio nei confronti dei soldati tedeschi e per questo era stata ordinata una rappresaglia nei paesini attorno al comune più  grande. La vendetta colpiva, per ogni uomo ucciso in campo tedesco, la fucilazione di dieci civili presi a  caso.

Furono in effetti presi e fucilati ragazzi di vent’anni  o giù di lì nel comune a noi più vicino.

Ricorda mia madre “ Iera Toni d’ Vigin, e un che m’avia fait l’amur  ma ricordu nen cuma s’ciamava” (c’era Antonio di Luigina ed un altro che aveva flirtato con me ma non ricordo come si chiamava).

Ma la rappresaglia non si limitò solo a quel comune,arrivò anche al nostro paesino, dieci case circa di contadini.

Arrivarono incendiando i fienili ed i granai, facendo fuggire dalle case tutti quelli che abitavano, arrestando i pochi uomini che ancora (vecchi soprattutto) erano in casa.

Mi racconta mia madre “ i nostri vicini  avevano il fienile incendiato, le mucche gliele avevano requisite come le galline ed i conigli, meno male che la farina l’avevano sotterrata e non l’hanno trovata. “

Ma mia nonna e mia madre non avevano campagna, erano vedova ed orfana di padre, costrette in una casa  che per beneficenza del parroco era stata loro data in affitto mitigato e quindi i tedeschi poco avevano da accanirsi sul posseduto.

Ma quando nel pomeriggio, mitra spianati, entrarono in casa.. dice mia madre “ ero a letto in camicia da notte, dopo ventiquatt’ore che eri nato e questi sono entrati gridando “raush,raush”  mi sono spaventata a  morte e non ho più pensato a te, sono scappata nel cortile dei vicini ed ho visto tutto che bruciava, siamo corsi tutti verso la collina, nei boschi, avevo solo  un pannolino di stoffa e qualcuno mi ha imprestato le mutande, eravamo spaventati e non capivamo più niente!”

Ma all’interno della casa si consumava un tentato omicidio nei miei confronti , mia nonna non era scappata ed era accanto alla mia culla cercando di portarmi via, mentre un soldato mi ha afferrava con forza e mi  alzava nell’atto di buttarmi a terra gridando in un italiano tedeschizzato

“ figlio di partigiani.. figlio di partigiani” , mi lanciava verso il suolo mentre mia nonna in un attimo di disperazione faceva un balzo e mi  prendeva salvandomi da sicura morte e fuggiva sulle colline cogli altri.

Quando rientrarono a casa dopo una notte all’addiaccio in mezzo ai boschi, a terra c’erano le fasce che i soldati portavano ai polpacci, sporche e pulciose, avevano sostituito le mie fasce con le loro.

Mia nonna aveva degli ori, roba di poco conto ma affettivamente importante, ricordo di nonni e marito, erano stati sistemati dentro delle lenzuola lavate e piegate, per fortuna, almeno quelli erano stati tirati fuori dall’armadio ma non trovati.

In quella guerra , come in tutte le guerre, alcuni soldati cercavano denaro ed oro da portare via, in quanto l’abbrutimento  che segue alla violenza genera il rifugio in beni materiali che divengono unico fine al proprio comportamento.

Naturalmente solo per alcuni!

È stata per me una nascita travagliata della quale mantengo  il ricordo solo per il sentito dire della nonna e della mamma ma che ha condizionato la mia vita.

Chissà forse di quei momenti, nella mia vita, conservo la  tristezza e la precarietà del vivere.

Finalmente ho finito questi post che mi hanno procurato, nel ricordo, tanta sofferenza.

Serenità a tutti con l’augurio che nessuno debba riprovare queste situazioni.

 

 

 
 
 

la guerra coi suoi episodi

Post n°84 pubblicato il 07 Settembre 2009 da re1233
 

Prosecuzione precedente post

 

Era il 1943 e mia madre assieme a due sorelle  era a casa sua in quei periodi di alternanza all’attività domestica come anzidetto.

Aveva appena conosciuto mio padre, militare in forza a pochi chilometri dal paese  (chiamato subito dopo sul fronte Francese in quel di Saretto sopra Cuneo, dove ancora oggi c’è un piccolo cimitero con croci anonime).

Come avevo già detto la casa di mia nonna era in un paesino minuscolo a poca distanza da una cittadina ed era madre di sette figlie.

Nella cittadina era di guarnigione un buon numero di soldati tedeschi, mandati per contrastare la  ribellione partigiana che già  cominciava ad essere visibile.

Naturalmente molti abitanti fascisti parteggiavano per loro, sia per ideologia, sia per convenienza. Un giorno due di questi tedeschi, ubriacatisi a dovere, chiesero di “andare a donne”, lo chiesero  in una cittadina dove non esisteva il “casino”, vuoi per strapotere della chiesa vuoi per la religiosità degli abitanti (a mio giudizio bigotteria…ma nessuno me l’ha chiesta!).

Non si conosce l’antefatto di chi indicò la casa di mia nonna come quella dove erano presenti diverse donne, senza uomini che potessero difenderle (mio nonno era morto e nessun altro uomo era ancora entrato nella loro vita), fatto è che arrivarono davanti alla porta di casa e trovandola chiusa tentarono di forzarla.

 Questo racconto di mia madre mi ha sempre dato una stretta al cuore, pensando allo spavento provato in quel momento ed al luogo, quasi indifendibile nel quale si svolgeva l’episodio.

La casa era una casa contadina , in pietra con un portone non molto resistente e sbeccato, chiudibile dall’interno con un cricco di ferro ma consunto dal tempo e quindi cedevole ad una spinta forte.

Mia madre dice “ appena sono entrati nel cortile abbiamo capito che non erano “a posto” ed abbiamo chiuso la porta col cricco. Gridavano qualcosa che non capivamo e spingevano la porta per aprirla. Abbiamo preso un bastone di legno e l’abbiamo puntellato alla porta, ma loro davano spallate per buttarla giù e noi gridavamo di andarsene, ci siamo appoggiate alla porta spingendo verso di loro ma sentivamo che non resisteva. E l’avrebbero aperta se….”

E qui devo spiegare che mia nonna pur non essendo partigiana aveva come conoscenti  due ragazzi che avevano dovuto scappare perché avevano contestato il regime ed erano divenuti partigiani. Erano ospitati in un fienile in un bosco di castani in mezzo alla collina e saltuariamente si presentavano da lei per rifocillarsi o meglio per trescare con le zie (allora si diceva  “vejè” vegliare, in effetti si trattava di passare la serata parlando accanto al camino o nella stalla e lanciare sguardi d’intesa quando capitava) .

Quella sera ( perchè  il  fatto avvenne di sera!) i due ragazzi pensarono bene di fare una capatina dalla nonna e arrivarono sul momento del fattaccio.

Racconta mia madre “ parlarono con i tedeschi “ o dico io si fecero capire a gesti, “e dissero loro di conoscere un posto dove le donne non facevano tanto le difficili, dissero di essere fascisti e li accompagnarono via. Noi dietro la porta smettemmo di spingerla e ci sedemmo tutte e quattro per terra stanche morte!” .

Alcuni giorni dopo rividero i ragazzi e chiesero loro dove  fossero i due soldati… risposero “ penseie nen, sun n’  bel post!” (non ci pensate, sono in un bel posto!). Se le guerre fanno orrore ci si difende con l’orrore e diviene salvatore chi orrore lo fa per difesa.

E’ per questo che sono contro la guerra, benché capisca che difendersi è un sacrosanto diritto.

Serenità!

Segue post successivo

 

P.S. qualcuno mi può spiegare come fare ad inserire le mie foto nel testo del blog?? Da buon ignorante non l'ho ancora capito! Cos'è l'URL?

 
 
 

schiavi della pubblicità

Post n°83 pubblicato il 02 Settembre 2009 da re1233
 

Segue post precedente

 

Ho iniziato i miei post asserendo quanto profondamente incidesse nel modo di pensare delle persone la pubblicità utilizzata nel ventennio fascista. Dai proclami a mezzo radio ai manifesti affissi in tutt’Italia e  dalle scritte cubitali sulle case a  ridosso delle strade più frequentate si inneggiava all’amor  di patria, alla gloria, all’onore, alla attività fisica come preparazione alla guerra a  difesa del proprio territorio foss’anche per  un “fazzoletto di terra”. La discriminazione degli altri popoli era talmente entrata nel luogo del comune parlare che mia madre nei suoi discorsi classifica ancor oggi ogni popolo straniero come nemico dell’Italia. La razza reclamizzata dal nazismo ed italianizzata ha coinvolto il suo modo di pensare tanto da ostacolare in tutti i modi il mio matrimonio e quello di mio fratello perché le future nuore non erano “della nostra razza”(sono di origine meridionale).Aveva ristretto al Piemonte l’area virtuale della razza perfetta.

Nel  suo modo di pensare gli extracomunitari vengono da noi perché sono “una razza” che non permette loro di vivere bene.

Parlando della sua giovinezza la decanta come bella, “non c’erano delinquenti”, “ davano un sussidio alle famiglie numerose”, “mettevano la tassa sugli scapoli”, avevano “bonificato l’agro Pontino”, ed alla domanda di che cos’era l’Agro Pontino lei non aveva saputo rispondere. Sappiamo ormai, aihmè, che in quel periodo la mafia metteva le radici nella politica e  prendeva posizione per i balzi futuri di collusione sempre più stringente,

sappiamo che spingere le famiglie a “fare più figli da dare alla patria come eroi per la difesa dei confini” ha portato a quella guerra della quale  purtroppo le generazioni odierne stanno perdendo la memoria.

Sappiamo oggi che la  bonifica dell’agro pontino , sia pur nella sua utilità reale, era una formula ricorrente (come oggi  l’immondizia a Napoli, o la ricostruzione dell’Aquila, od il ponte sullo stretto) e semplicemente pubblicitaria.

In realtà la mancanza di Libertà di Stampa ed il monopolio di regime sulla radio dava adito solo a notizie che tranquillizzassero il popolino e lo mettessero in condizione di non ragionare in termini di confronto su idee contrapposte.

Il “pensiero unico” come tacita approvazione ad ogni azione intrapresa.

 

Segue prossimo post.

 

 
 
 

ilricordo dei sopravvissuti

Post n°82 pubblicato il 29 Agosto 2009 da re1233
 

Segue post precedente.

 

Mia madre era la prima di sei sorelle, viveva in un paesino di dieci case ai piedi di una collina sormontata da un bel castello. La famiglia era, come allora quasi tutti, di contadini con poco terreno dal quale ricavava il sostentamento. A dieci anni rimase orfana di padre e, come si usava allora, fu mandata come serva  “s’rventa”  in casa di persone facoltose.

Questo presupponeva vivere assieme ai “padroni” ( oggi datori di lavoro) giorno e notte ed asservire alle loro necessità per ventiquattrore al giorno con pochi momenti di libertà richiesti o concessi saltuariamente.

Tanto bastava perché in famiglia non ci fosse più una bocca da sfamare e pochi soldi ricevuti per il servizio.

Oggi Lei non si lamenta di quei giorni asserendo di essere stata trattata sempre bene da tutti, meno una “signora” che voleva a tutti i costi che le mostrasse i suoi denti, a quel tempo bianchissimi, con insistenza.

Si usava utilizzare i domestici a periodi, per cui le è capitato di cambiare diverse famiglie.

In uno di questi periodi, in un paese di un certo rilievo ebbe occasione di “servire a tavola” un personaggio ancora oggi famosissimo.

Parliamo del 1939, quando Lei aveva 19 anni.

La possidente di turno, evidentemente in cerca di appoggi politici o semplicemente perché già coinvolta tra i potenti del tempo, organizzò un pranzo (allora si chiamava banchetto) al quale parteciparono: il sindaco fascista, tre gerarchi romani, e Mussolini in persona.

Naturalmente digiuna completamente di politica mia madre descrive quel pranzo in questi termini:

“ Mi hanno vestita in nero con un grembiulino bianco, la cresta bianca sulla  testa,  i guanti bianchi ed i tacchetti ai piedi….era un bell’uomo…. lui non mi ha guardato mentre uno dei gerarchi non ha mai tolto gli occhi da me. Hanno sempre parlato ma non capivo cosa dicevano, era difficile.

Però quando se ne sono andati non mi hanno neanche dato la mancia!!!!”

Poi conclude:

“ Non era poi così bravo come si diceva!!?? Neanche una mancia!”

 Segue post successivo.

 
 
 

le valli amene ed il vissuto anteguerra

Post n°81 pubblicato il 22 Agosto 2009 da re1233
 

In questi caldi giorni di Agosto ho cercato sollievo percorrendo le bellissime valli del Pinerolese e del Cuneese, dove è possibile raggiungere altezze che mitigano sensibilmente la calura ed offrono panorami da incanto.

Ho attraversato paesini o meglio “villaggi” di poche case, addossate le une alle altre, con i tetti a lastre di pietra ed i muri in pietra grezza, son penetrato a piedi nei loro corti vicoli, strettissimi, dove solo un mulo ed una persona possono transitare. Dove un fienile od un portico, perlopiù abbandonati da tempo, offrono la visione di un mondo che non esiste più.

Abbarbicati ai costoni delle montagne, quasi in bilico col baratro sopra la  valle, ove lo scroscio di un improvviso ruscello o di una cascata di acqua freddissima ti appare in tutta la sua vivacità, gioisci e ti plachi pensando che malgrado tutto ciò che ti tormenta esiste un momento di felicità!

Nel fondo valle i paesi sono un poco più grossi e quel che mi ha colpito ( ma lo avevo visto già tempo addietro senza soffermarmi sopra) sono state le iscrizioni sui muri intonacati delle case riferentesi a “motti” del periodo fascista. Ho letto “ SILENZIO. IL NEMICO CI ASCOLTA”….”NOI FASCISTI AMIAMO LA NOSTRA TERRA E DIFENDIAMO LE NOSTRE FRONTIERE” senza parlare dei molti “DUCE DUCE DUCE”.

Naturalmente sono iscrizioni a lettere cubitali cancellate in parte dal tempo ma che nessuno si è preoccupato di cancellare. Forse è giusto non farlo perché rimanga “imperituro esempio “ di ciò che è stato usato da un certo regime per imbonire la popolazione e che potrei definire come “PUBBLICITA’”. Non mi rendevo conto di quanto profondamente queste frasi, ed altre riferentesi alla razza, avessero inciso  nelle persone di quell’epoca fintanto che mia madre, che era al mio seguito non ha parlato. Continua prossimo post

 
 
 

Incendi in Sardegna ed altrove

Post n°80 pubblicato il 02 Agosto 2009 da re1233
 

 

Colgo la richiesta di Tramp di unirmi a lui nel sollecitare iniziative circa gli incendi boschivi che imperversano nelle stagioni calde.

Vorrei prima fare un’analisi ( per quel poco che posso capirne) dei motivi per i quali si è portati a distruggere un bene comune e quindi anche di chi appicca l’incendio.

Nel mio paesino di circa 7000 anime è successo un paio di anni fa che nella collina alle spalle della mia casa si sviluppassero piccoli incendi in più  parti a distanza di qualche settimana nel periodo caldo dell’anno.

Per fortuna l’Amministrazione, sensibile a questi problemi, ha vigilato ed ha scoperto che i colpevoli erano tre ragazzi di età adolescenziale che giocavano a fare questi “scherzi”.

Negli anni novanta la collina a 5 km da casa mia, dichiarata parco cittadino, magnificamente lussureggiante con pini di estrema vecchiaia e bellezza è stata incendiata riducendo il tutto ad un campo incenerito.

Purtroppo un ragazzo volontario, venticinquenne, offertosi volontario per lo spegnimento è rimasto isolato in mezzo al fuoco ed è morto orrendamente.

Non si è scoperto chi fossero i piromani, ma si suppone che essendo la cittadina sottostante aggredibile dal cemento verso l’alto, si presupponeva la possibilità di una modifica del piano regolatore per la costruzione di nuovi insediamenti sulle zone bruciate.

Per fortuna l’Amministrazione non ha raccolto questa possibilità ed ha provveduto a ripiantare una sequela di pini, insegnando ai ragazzi che questo spazio è anche loro territorio del quale beneficeranno in futuro.

In Sardegna, e nelle altre zone del meridione esistono due cause principali oltre quella dell’incosciente che senza motivo incendia:

l’allargamento dei pascoli limitando il bosco e l’insediamento sui territori bruciati di nuove seconde case.

Il tutto gestito o da pastori chiusi nella loro miseria, alla quale trovano sbocco in questa pratica, od a veri criminali che incidono poi sulle Amministrazioni per avere modifiche ai piani regolatori oppure costruiscono abusivamente.

Da quel che ho detto si arguisce come il problema degli incendi sia molto vasto e tocchi varie categorie di persone.

……

Cosa possiamo fare per evitare questi disastri ambientali???

 

Aggredire le diverse tipologie di distruttori!

 

Ai ragazzi che navigano a vista nella pubertà dar loro un fine che riempia le loro giornate, con insegnamento della scuola e di chi li segue (se li segue!) alla valorizzazione di ciò che essendo bene comune è bene anche per se stesso.

Vedo che con la legge Gelmini si è inserita l’ora di educazione civica, e se ai miei tempi non serviva a nulla sarebbe auspicabile che chi insegna oggi ponesse questo problema (tra i tanti esistenti) come tema di discussione.

Secondariamente dovrebbe intervenire la politica!

Cosa ne è stata della legge che vietava la costruzione per una decina d'anni di case o altro nelle  zone incendiate??????

Questo sarebbe un bella cosa e distoglierebbe gli arruffoni da questa opera di distruzione sistematica del nostro bene comune!

Terzo bisognerebbe seguire meglio la pastorizia (anche se è ridotta numericamente) dando sbocchi che non obblighino a creare pascoli sulla cenere .

Quarto perseguire meglio le Amministrazione facilmente corruttibili mettendo finalmente una legge che imponga a chi viene eletto il defenestramento per azioni che non rispettano il buon senso comune.

Come possiamo permettere che un’Amministrazione dia il via ad insediamenti in questi terreni senza che nessuno POSSA fare nulla contro di loro???

Questo lunghissimo post che forse pochi leggeranno, per analizzare il problema giustamente sollevato da Trampolino Tonante al quale dico: ben venga un minuto di silenzio per gli incendi nei boschi, perché significherebbe che tutti abbiamo colto l’importanza della preservazione di ciò che abbiamo di nostro, e per il nostro buon vivere, ma il problema è affrontare i problemi elencati che sono molto difficili e sicuramente bisognosi di molta buona volontà soprattutto da parte di chi ci amministra e di chi ci governa.

Con molti auguri a chi è arrivato alla fine dello scritto di prendere atto di questa emergenza sociale e riportarla ad altri …..e chissà che un giorno non ci troveremo a commemorare una giornata per “la morte delle foreste”!!!

Tanta serenità a tutti della quale abbiamo tutti bisogno!

 
 
 
 
 

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