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Messaggi di Marzo 2010

 

UN ABUSO AL GIORNO TOGLIE IL CODICE DI TORNO, CONDOMINIO, CONDOMINI, ASSEMBLEA, FUSIONE DELLA VOLONTA',

Post n°3946 pubblicato il 31 Marzo 2010 da psicologiaforense

SENTENZA DI CASSAZIONE

NON CONTA NULLA  IL CONDOMINO CHE SI ASSENTA DALL'ASSEMBLEA

 

Quando un condomino va all'assemblea condominiale, deve rimanerci. E se si allontana, non può dare una delega – per così dire – “in bianco”. È quanto ha stabilito la Cassazione in una recentissima sentenza  nella quale ha affrontato, con esaustività, il particolare problema. I supremi giudici hanno cominciato con l'affermare il principio che, ai fini del calcolo delle maggioranze prescritte dall'art. 1136 del Codice civile per l'approvazione delle delibere nelle assemblee condominiali, non si può tener conto dell'adesione (per così dire, anticipata) espressa da un condomino che si sia allontanato prima della votazione. Neppure se egli abbia dichiarato di accettare “a scatola chiusa” le decisioni della maggioranza. La ragione? Perché – ha detto la Cassazione – «solo il momento della votazione determina la fusione delle volontà dei singoli condomini creativa dell'atto collegiale». E se lo stesso condomino, dopo l'assemblea, conferma la sua adesione alla delibera? Non vale neanche questo, ha detto ancora la Suprema Corte. Tale adesione – hanno spiegato i giudici – non può infatti valere come sanatoria dell'eventuale delibera, «dovuta al venir meno del richiesto quorum deliberativo». Tutt'al più, la conferma in questione può solo valere come rinuncia a dedurre l'invalidità della deliberazione, e senza – naturalmente – che sia preclusa ad altri condomini la possibilità di impugnazione.

 
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VACANZE 2010, VITA DI COPPIA, FERIE DA SINGLE, COSTUME&SOCIETA', VACANZE PIU' FELICI SE SOLI, RICERCA,

Post n°3945 pubblicato il 31 Marzo 2010 da psicologiaforense

 

PER LE VACANZE 2010? MEGLIO SOLI CHE CON IL PARTNER

Molti partono per le vacanze pasquali, in  attesa delle tanto sognate ferie.  Ma alla domanda «chi lasceresti a casa questa estate?», oltre una coppia su tre (33% lui, 39% lei) risponde «il partner». Quest'estate 2010, insomma, più ancora che cani e anziani, ad essere abbandonati nelle città potrebbero essere mariti e mogli troppo petulanti. E le prove generali della lite fra i partner si hanno già durante iquesti primi week-end. Bastano due giorni lontano dagli impegni di lavoro che tra lui e lei esplodano lamentele e ripicche. A lui non va proprio giù che lei se ne stia costantemente appiccicato al cellulare (22%), lei gli rinfaccia di non riuscire a staccarsi dal suo computer (20%). E ancora: lui non riesce proprio a sentirla parlare sempre del suo «programma tv preferito», mentre lei non sopporta di vederlo sempre attaccato al suo «animale domestico» (21%), al quale dedica buona parte delle sue attenzioni. Lei perde troppo tempo «a truccarsi e a vestirsi elegante» (24%) mentre lui, ovviamente, è troppo sciatto. Guai, infatti, a partire senza l'amico virtuale: il mouse, tante volte, fa più compagnia degli amici. Il 14% degli intervistati (lui e lei) lascerebbe volentieri a casa l'amico o l'amica del cuore, soltanto il 6% degli uomini e l'8% delle donne partirebbe in vacanza senza il modem. I luoghi in cui si litiga sono: il supermercato (35%), per la improrogabile spesa settimanale, il cinema (26%), perché uno dei due partner resta inevitabilmente scontento e le agenzie di viaggi (15%), per le quali in questi giorni si compiono veri e propri pellegrinaggi in cerca di idee per le vacanze. Progetti per le vacanze: per molti meglio il cane della moglie. E non è tutto: per quelle coppie volenterose che non vogliono proprio rinunciare a partire assieme, i problemi nascono già sul come organizzare la vacanza. Insomma, gli italiani con chi preferirebbero partire per le prossime vacanze? Con tutti tranne che col partner. La «vacanza dei sogni», infatti,  quest'anno, la si fa lasciando a casa il proprio fidanzato. Per lei, soprattutto, la vacanza doc è single (29% delle intervistate).

 
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LA FOTO DEL GIORNO

Post n°3944 pubblicato il 31 Marzo 2010 da psicologiaforense

Sei modelle ex "size 0" insieme per una campagna di sensibilizzazione sui disturbi alimentari

 

Sono Aija Barzdina, Eleonora Finazzer, Elisa D'Ospina, Miriam Bon, Marina Ferrari e Valentina Fogliani. Hanno in comune una carriera da modelle "regular", un passato segnato dal difficile rapporto con il cibo. Oggi, felici nelle loro taglie 46-48, attraverso uno scatto firmato da Luca Patrone inaugurano Curvy can, una campagna nazionale realizzata in collaborazione con Jonas Onlus. Lo scopo è promuovere l'idea che la bellezza nasce dalla consapevolezza del proprio corpo e dalla valorizzazione di quelle caratteristiche personali che rendono originali e uniche le donne. Il gruppo Curvy Can è attivo anche su Facebook.

 
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LUTTO NEL MONDO DELLA MUSICA, NICOLA ARIGLIANO, JAZZ, MINA,

Post n°3943 pubblicato il 31 Marzo 2010 da psicologiaforense

Musica, è morto Nicola Arigliano

Fece conoscere il jazz in televisione

E' morto nella notte il cantante Nicola Arigliano. L'artista, 87 anni, abitava da anni in un centro per anziani nel Salento. Tra i maggiori successi di Arigliano, una vita divisa tra il jazz e le apparizioni in tv, "Un giorno ti dirò", "Amorevole" e "I sing ammore". Nel 1958 partecipò a "Canzonissima" e, successivamente, a "Sentimentale", programma nel quale interveniva come ospite fisso insieme con Mina.

 

L'omonima sigla diventò un disco di successo, inciso da entrambi i cantanti in due versioni differenti. I funerali di Arigliano si terranno giovedì alle 16 nella Chiesa di SS. Maria Annunziata di Squinzano, in provincia di Lecce, dove l'artista era nato.

La camera ardente è stata aperta a Calimera, sempre in provincia di Lecce, nell'istituto "Gino Cucurachi", un centro per anziani dove Arigliano viveva. Secondo quanto riferito dalla famiglia, Nicola Arigliano non aveva malattie: martedì pomeriggio ha avuto una crisi respiratoria e poi prima della mezzanotte è morto per un infarto.

L'ultima sua apparizione pubblica era stata a Sanremo, nel 2005, dove aveva presentato il brano "Colpevole", che vinse il premio della critica. La scorsa estate doveva iniziare un tour con la sua band ma i medici glielo avevano sconsigliato. Teneva piccoli concerti, quasi in forma privata, nel Salento, dove sindaci di comuni locali lo avevano insignito di diversi premi alla carriera. L'ultima intervista, sempre la scorsa estate: una troupe della Rai era andato a trovarlo a Calimera.

 
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LA VIGNETTA DEL GIORNO: VENEZIA, SINDACO, BRUNETTA,

Post n°3942 pubblicato il 31 Marzo 2010 da psicologiaforense

 

La vignetta di Giannelli - Dal Corriere della Sera del 31 marzo 2010

 
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L'EDITORIALE DEL MATTINO, PSICOLOGIA, PSICHIATRIA, SOCIOLOGIA, GIOVANI, AGGRESSIVITA', BRANCO, NOIA ESISTENZIALE

Post n°3941 pubblicato il 31 Marzo 2010 da psicologiaforense

L'EDITORIALE DEL MATTINO . "SCHERZI" ESIZIALI


DIETRO C'E' SEMPRE IL BRANCO

 

Al di là di varie forme di bullismo, di vandalismo e di teppismo, torna a ripetersi il folle lancio di sassi o bottiglie contro treni e auto in transito e sorgono interrogativi pressanti sulle motivazioni che spingono alcuni giovani comportarsi da irresponsabili e a compiere gesti così sciagurati e criminali. Un primo fattore psicologico causale è individuabile nello scarico dell'aggressività repressa che molti giovani hanno dentro e che non riesce a incanalarsi in forme corrette e pacifiche. Per cui, in soggetti più predisposti, l'azione di un'educazione improntata alla violenza e alla repressione può innescare atteggiamenti di aggressività proditoria: quella che tende a colpire alle spalle, nascostamente. Un altro fattore della dinamica psicologica che porta a comportamenti abnormi è qualcosa da riferire al gioco. La tendenza inconscia che spinge l'essere umano a realizzare l'attività ludica è una pulsione naturale fortemente avvertita. È dal gioco, infatti – sia nella sua forma libera individuale sia in quella organizzata sociale – che la personalità, nelle sue fasi evolutive, trae gli elementi di elaborazione e interiorizzazione che servono ad approntare gli schemi di comportamento della vita comunitaria. Questi sono modelli di interazione sociale che, come si sa, possono subire alterazioni a seguito di esperienze negative vissute in età infantile, allorquando la psiche è più sensibile alle influenze disturbanti.
S e dunque una forte carica di aggressività inespressa si associa con una tendenza al gioco più o meno deformata da una socializzazione male impostata, ne viene fuori una risultante che spinge la persona verso forme di gioco violento. Ne derivano comportamenti rivolti ad anomale forme di divertimento, caratterizzate da azioni pericolose e dannose per sé e per gli altri, svolte in modo innovativo e deformato per l'apporto di fantasie ludiche particolarmente orientate alla deviazione. Pertanto, il protagonista di tali azioni tende a ricercare un effetto emozionante assai simile a quello che può provarsi nel gioco d'azzardo, oppure in un'altra forma di esperienza che procuri eccitazione per il rischio che comporta e per la difficoltà della sfida attraverso cui dimostrare la propria abilità. Ciò può essere inconsciamente richiesto al fine di riattivare il tono dell'umore, spesso troppo ridotto a causa di stati depressivi, molto diffusi nei giovani di oggi. O anche per superare momenti di noia insopportabile. L'azione svolta nascostamente, a distanza dall'oggetto da colpire, è indicativa di personalità tese a non affrontare direttamente il pericolo, ma a tenersene distanti per paura di essere scoperte: il che rivela un certo freno emotivo a esporsi, ma anche una forte carica di perfida violenza e viltà. Si tratta, dunque, di persone aggressive ma paurose.
M a in tali soggetti, perché si determini il momento scatenante dell'azione criminosa, coagisce un fattore aggiunto di carattere sociale. In questi casi infatti la temerarietà, per riuscire a far compiere atti criminosi, ha bisogno di un sostegno psicologico che è dato dal concorso di altre persone che si uniscano all'azione con lo stesso intento, creando così le condizioni di sinergismo di gruppo – come accade per l'animale di branco – per mettere in atto ciò che singolarmente non si sentirebbero capaci di fare. Così come, per darsi coraggio nell'azione, può servire anche l'uso dell'alcol o della droga. Il carico della responsabilità morale per l'atto offensivo contro il bersaglio del «gioco» delittuoso è in gran parte alleggerito dalla distanza della vittima, che non comporta il diretto coinvolgimento emotivo del contatto con la sofferenza del colpito. Se, dunque, un certo numero di giovani tende a provare il brivido di un'“esperienza forte ” di questo tipo (secondo un sondaggio sono più del 9% quelli propensi a una simile esperienza), la minaccia è in agguato per chiunque, non solo per chi viaggia in treno o in  auto.

 

 
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LAP DANCE, PADOVA, SEXY PROSTITUTA, ADESCAMENTO, ATTI OSCENI, PUBBLICA DECENZA, COSTUME&SOCIETA'

Post n°3940 pubblicato il 31 Marzo 2010 da psicologiaforense

 DRAMMA PROSTITUZIONE

Padova. Lap dance al lampione: rischio tamponamenti per la sexy prostituta

 

Incensurata, diciannovenne, disinibita. Nella centrale via Avanzo, da alcuni giorni adescava gli automobilisti in transito ballando la lap dance. Per palo utilizzava un lampione della luce. L’altra sera lo stesso show l’ha mostrato anche agli agenti della sezione Volanti in servizio per un normale controllo.

Vestita con un abito rosso in pelle, la sua performance non è passata inosservata ai poliziotti che, dopo averla fermata e controllata, l’hanno accompagnata in questura. La ragazza romena è stata denunciata per atti contrari alla pubblica decenza.

Un vero dispiacere per decine di automobilisti, attirati ogni sera dallo spettacolo a luci rosse gratuito creando un pericolo tamponamenti. L’invenzione ha procurato alla giovane "lucciola" un deciso incremento degli affari.

Grazie a un corpo seducente e a delle piccanti movenze sotto la tenue luce del lampioni, diversi padovani hanno richiesto una prestazione sessuale. Non è detto che la prostituta romena nelle prossime notti non compaia nuovamente in via Avanzo.

 
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LA CURIOSITA'

Post n°3939 pubblicato il 30 Marzo 2010 da psicologiaforense

già l'estate scorsa la giunta aveva deliberato la rimozione


Salento, finalmente rimossa la statua della Arcuri

Mogli dei pescatori: "Non ci rappresenta"Le donne di Porto Cesareo avevano chiesto che venisse sostituita con la raffigurazione della Madonna del mare

 

 La statua che il sindaco di centrodestra di Porto Cesareo, Luigi Fanizza, aveva dedicato nel 2002 a Manuela Arcuri, erigendola di fronte al mare della Riviera di Ponente, è stata rimossa a sorpresa questa mattina.

Il sindaco Vito Foscarini (centrosinistra), ha dato esecuzione ad un'ordinanza sindacale che prevedeva lo spostamento o la rimozione del monumento, sui cui basamento è riportata la scritta 'Il mare di Porto Cesareo a Manuela Arcuri simbolo di bellezza e prosperità', quasi un simbolo per ricordare le mogli dei pescatori locali che però non hanno mai gradito l'accostamento. La statua, che fu scoperta alla presenza di una raggiante Arcuri, è stata ora riposta in un magazzino del campo sportivo.

Già l'estate scorsa la giunta aveva deliberato la rimozione, motivandola con una petizione delle mogli dei pescatori che ritenevano che non le rappresentasse, e che avevano chiesto che venisse sostituita con la statua della Madonnina del mare. Tutto fu interrotto dal clamore suscitato dalle proteste del giornalista-showman Gianni Ippoliti il quale si presentò con piccone e martello e si disse pronto ad abbattere la statua. La questione dello spostamento fu allora accontantonata, sino a stamani.

 
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TUTTA LA COMMUNITY NE PARLA: GENITORI, FIGLI, COSTI, FAMIGLIE, MANTENIMENTO, ECONOMIA, POLITICA,

Post n°3938 pubblicato il 30 Marzo 2010 da psicologiaforense

FIGLIO MIO QUANTO MI COSTI!

Una coppia su due deve rinunciare.
Un bimbo costa 634 euro al mese



Secondo il Rapporto famiglia Cisf 2009 le famiglie rinunciano ai figli, il 53%, o devono tirare la cinghia per arrivare a fine mese (35%). E la crisi economica non favorisce certamente comportamenti famigliari diversi visto che un figlio drena oltre un terzo della spesa familiare totale, 35,3%.
Il campione analizzato per l’indagine è stato di 4 mila famiglie statisticamente distribuite sul territorio italiano. Il 21% delle famiglie ha un solo figlio, il 19,5 ne ha due, il 4,4 ne ha tre, lo 0,7 quattro o più. Il 53,4% nemmeno uno, indice di una popolazione assai anziana.
La mancanza di risorse economiche incide sulle scelte del 19,5% delle famiglie, la mancanza di tempo per l’8,9, motivazioni personali per un altro 57,8. «Senso d’incertezza e di rischio sul futuro», commentano i ricercatori, pesano più dei vincoli strutturali. Anche se «la popolazione italiana sopravvive decentemente proprio perchè rinuncia ai figli» dato che la situazione dei redditi «è da Paese del terzo mondo. Il 60,2% della popolazione vive con un reddito familiare inferiore a 1500 euro al mese». E dal momento che in media un figlio costa 643 euro al mese, per molti è meglio non averne. 
Sempre in media, il costo mensile di mantenimento di un bimbo da 0 a 5 anniè di 798 euro. I benestanti ne spendono anche 1250.

 
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ESSERE E BENESSERE, SALUTE, NOVITA' IN MEDICINA, EPILESSIA, PROTEINA, NUOVE TERAPIE, NATURE MEDICINE,

Post n°3937 pubblicato il 30 Marzo 2010 da psicologiaforense

Epilessia, scienziati italiani scoprono la proteina che causa le crisi


Un trattamento con farmaci capaci di bloccare gli effetti di una proteina o di certi recettori da essa attivati è in grado di spegnere l'eccitabilità delle cellule nervose alla base dell'attacco epilettico. Lo dimostra uno studio pubblicato oggi da Nature Medicine. In particolare, i ricercatori hanno scoperto un nuovo meccanismo che favorisce le infiammazioni e che contribuisce in modo determinante alla comparsa e alla ricorrenza delle crisi epilettiche.
La nuova ricerca dimostra che i neuroni e le cellule della glia (altre componenti del sistema nervoso), sottoposti a uno stimolo che causa epilessia, rilasciano HMGB1, che a sua volta stimola i recettori toll-like. Questi recettori, che di norma rilevano la presenza di batteri o virus, hanno mostrato avere un importante ruolo nell'eccitabilità delle cellule nervose.
Lo studio mostra in particolare come i trattamenti con farmaci che bloccano gli effetti della HMGB1 o dei recettori toll-like, hanno potenti effetti anticonvulsivanti, anche su animali con crisi resistenti ai farmaci convenzionali. Il coinvolgimento di HMGB1 e dei toll-like è stato evidenziato anche nel tessuto di pazienti sottoposti a interventi chirurgici perchè affetti da epilessia insensibile ai farmaci.


 
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IL CORSIVO:OCCHIALI, TIMIDEZZA, COSTUME&SOCIETA', MODA, PSICOLOGIA, SOLE, UOMINI, DONNE, SESSUALITA'

Post n°3932 pubblicato il 29 Marzo 2010 da psicologiaforense

IL CORSIVO

Occhiali da sole? Uno schermo
anti-timidezza




Gli occhiali da sole? Non è solo una moda: un italiano su due li mette per eccessiva timidezza. Più che per proteggersi dal sole, o perché fa «in», gli occhiali da sole vengono indossati per proteggersi dagli altri. Mettersi al riparo dallo sguardo altrui o mascherare le proprie emozioni diventa una delle motivazioni principali per cui, da adesso fino a quest'estate, si andrà in giro «mascherati». Infatti, a utilizzare le lenti scure unicamente per la loro reale funzione protettiva dai raggi ultravioletti è solo un italiano su cinque. È quanto emerge da una ricerca effettuata su circa 850 italiani di età compresa tra i 18 e i 50 anni. Per cominciare: perché gli italiani indossano gli occhiali da sole? Solo il 21% degli intervistati – poco più di un italiano su cinque – afferma di ricorrervi unicamente per proteggersi dai raggi del sole troppo forte. Per gli altri, a prevalere sono altre motivazioni. Innanzitutto, quella di proteggersi dallo sguardo altrui. Il 45% degli italiani, infatti, quasi uno su due, ammette candidamente che indossa e indosserà un paio di lenti scure «per timidezza o per paura di sentirsi osservato dagli altri». Insomma, una vera e propria fuga dagli sguardi indagatori. A soffrire maggiormente di questo tipo di timidezza sono di più gli uomini (68%) delle donne (32%) e la fascia d'età più a rischio è quella dei quarantenni (33%), che risulterebbero più timidi dei ventenni (15%). È evidente inoltre che l'essere coperti dall'occhiale scuro ha anche un certo nesso con la sessualità e il rapporto complesso e misterioso che con questa ognuno di noi ha o nasconde.

 
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LA FOTO CURIOSA DEL GIORNO

Post n°3931 pubblicato il 29 Marzo 2010 da psicologiaforense

 

 

Al dito due milioni di dollari.
Nella sede della casa d'aste di Christie's a Hong Kong una modella mostra un anello di diamanti del valore compreso tra 1.250.000 e 2.000.000 di dollari che sarà messo all'asta il prossimo maggio (Afp)
 
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ULTIMA ORA: ELISA CLAPS, DELITTO DI POTENZA, CRIMINOLOGIA, CRIMINALISTICA, PSICOLOGIA FORENSE, MESSINSCENA, MISTERI,

Post n°3930 pubblicato il 29 Marzo 2010 da psicologiaforense

Il ritrovamento del cadavere di Elisa? «Una messinscena»

 

Un ritrovamento che puzza di montatura. Terribile pensarlo, terribile scriverlo. Ma anche tra gli inquirenti il sospetto è forte. Nulla di ufficiale, ma una frase buttata lì conferma come ’a nuttata non è ancora passata: «Per almeno tre volte si è cercato di far scoprire ad altri il corpo di Elisa Claps». Una serie infame di pseudo-avvistamenti «pilotati» di cui, quello del 17 marzo, avrebbe rappresentato l’unico andato a buon fine.
Il senso di questa macabra melina è l’ennesimo rompicapo in un giallo già di per sé complicato. Certo è che attorno a quel maledetto sottotetto della Santissima Trinità che nascondeva il corpo della studentessa sparita 17 anni fa ha ronzato (in tempi e con modalità diverse) una folla di persone: dal vescovo ai due parroci della cattedrale, dalle due donne delle pulizie ai tecnici della ditta incaricata di riparare le infiltrazioni d’acqua. E poi chissà quanti altri, considerato che nella «tomba» di Elisa ci sono chiare tracce di vari passaggi (tegole rimosse, un materasso lercio, detriti coperti di polvere e altri stranamente «puliti»).
Ma tutti quelli che si sono infilati nel budello - dove una mano misteriosa ha avuto cura di tagliare i fili della luce - ora negano di aver visto «veramente» qualcosa; ci si dà reciprocamente del bugiardo scegliendo, prudentemente, di cambiare aria. Le due donne delle pulizie (mamma e figlia) che, già a gennaio, avrebbero avvisato il viceparroco della presenza dei resti di Elisa, hanno lasciato la città; chiusi come in un bunker pure i due sacerdoti «titolari» della Santissima Trinità, mentre il vescovo - dopo il contraddittorio profluvio di parole dei giorni scorsi - ha ridotto le esternazioni.
Ieri, domenica delle Palme, sui muri della cattedrale potentina dove Elisa fu vista l’ultima volta il 12 settembre 1993 sono apparsi manifesti poco lusinghieri verso i rappresentanti ecclesiastici: la sensazione è che i parrocchiani della Santissima Trinità guardino a propri preti con grande diffidenza; il confine tra silenzio e omertà è molto sottile, e qualcuno in abito talare forse l’ha abbondantemente superato.
Oggi, intanto, si apre un’altra settimana intensa per gli investigatori del giallo Claps. Obiettivo primario: «Non perdersi in dettagli inutili, ma trovare le prove che inchiodino l’assassino di Elisa». Ma prima di decidere qualcosa di concreto (probabile una richiesta di rogatoria per interrogare Daniele Restivo, residente in Inghilterra, unico indagato per il caso Claps), la Procura di Salerno dovrà aspettare l’esito dell’autopsia sul corpo della ragazza attesa tra un paio di settimane.
Bisogna capire come la ragazza è stata uccisa e se c’è stata violenza sessuale, un elemento decisivo ai fini processuali. Le prime evidenze sui vestiti alimentano l’ipotesi perché i pantaloni sarebbero stati trovati sbottonati. Il corpo è però in estremo stato di decomposizione (in parte scheletrizzato e in parte mummificato) e gli accertamenti non sono affatto facili. Così l’inchiesta procede su due piani, da una parte le indagini di polizia scientifica che tornerà nella chiesa per altri rilievi nei prossimi giorni e dall’altra l’autopsia. Altro piano di azione è l’ascolto di possibili testimoni. Da questa attività è nata l’ipotesi del ritrovamento anticipato del corpo. Riferendosi alla possibilità che i parroci della Santissima Trinità sapessero del corpo di Elisa già da gennaio, Gildo Claps (uno dei due fratelli della vittima) ha detto: «Se ciò fosse vero, vorrebbe dire che il ritrovamento di mercoledì 17 marzo era una messa in scena. Così avrebbero ucciso mia sorella per la seconda volta».
Anche in Inghilterra seguono con grande attenzione la vicenda di Potenza. A Bournemouth, città balneare del Dorset, dove vive Danilo Restivo, si cerca la verità su un altro omicidio, quello della sarta Heather Barnett, trovata morta il 12 novembre del 2002, uccisa con un grosso corpo contundente, trovata nel bagno di casa con i seni mutilati e con due ciocche di capelli nelle mani. Per questa vicenda Restivo è stato interrogato due volte dai detectives del Dorset. Abita molto vicino alla casa del delitto. Danilo Restivo si è sempre proclamato innocente per la scomparsa di Elisa Claps e non è stato formalmente incriminato per l’omicidio Barnett.
L’estraneità di Restivo dal caso Claps è ribadita dal suo avvocato, Mario Marinelli, che lo difese già nel processo per falsa testimonianza in cui Restivo fu condannato nel 1998 a due anni e 8 mesi per non aver saputo spiegare un buco di oltre un’ora nella ricostruzione dei suoi spostamenti del 12 settembre del ’93.
«Noi - replica la famiglia Claps -, dal 12 settembre 1993, abbiamo indicato Danilo Restivo come principale sospettato della scomparsa di Elisa. Crediamo che dovrebbe rientrare spontaneamente dall'Inghilterra in Italia, riconsegnarsi alle autorità italiane e cominciare a spiegare quella giornata».
Ma questa è solo un’illusione.

 
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PRETI, PEDOFILIA, PAPA, RELIGIONE, TARCISIO BERTONE, RATZINGER, ( VEDI IL PRECEDENTE POST IN MATERIA)

Post n°3929 pubblicato il 29 Marzo 2010 da psicologiaforense

SCELTI PER VOI: MARINA CORRADI
La frenesia livida di sporcare piegare e colpire


Non è vero che la Congregazione per la dottrina della fede, negli anni in cui era guidata da Joseph Ratzinger, insabbiò il procedimento canonico a carico di Lawrence Murphy, il sacerdote americano colpevole di abusi su dei bambini sordi. Chi legga i documenti pubblicati dal New York Times a sostegno di questa accusa scopre che in realtà solo i vertici della Chiesa americana insistettero a indagare su fatti, che erano stati archiviati dalla giustizia civile.

È vero invece che la terribile vicenda delle 29 denunce contestate a padre Murphy – e risalenti ad abusi avvenuti tra il 1950 e il 1974 – arrivò alla Congregazione solo nel 1998, quando l’ ormai anziano sacerdote scrisse a Ratzinger chiedendo l’interruzione del processo anche a causa delle sue gravi condizioni di salute. Tuttavia l’allora segretario della Congregazione, Tarcisio Bertone, rispose ordinando che si procedesse secondo le misure previste dal canone 1341 «per ottenere la riparazione dello scandalo e il ristabilimento della giustizia». Il prete accusato morì quattro mesi dopo.

Della realtà sulla denuncia del New York Times riferiamo a pagina 5. Ma un simile attacco (il secondo in pochi giorni) sulla prima pagina di uno dei più autorevoli quotidiani americani è una cosa che fa pensare. È un piegare quasi con la forza i fatti a una tesi che sembra precostituita e ordinata a uno scopo preciso: attaccare, nella persona del Papa, la Chiesa. Con una determinazione e una tendenziosità che lascia sbalorditi. Le accuse contro quel sacerdote americano sono terribili, ma dopo la prima denuncia il prete venne allontanato e da allora visse ritirato. La giustizia civile lasciò perdere. Da Roma invece, 24 anni dopo l’accaduto, non si consentì alla richiesta di cancellare la vicenda. Chi è l’insabbiatore dunque?

La sproporzione fra le accuse e la realtà è troppa per non vedere la volontà di addossare alla Chiesa l’immagine di una sorta di "cupola" opaca, che sa e non vede, che è informata e finge di ignorare. Quasi come se la dolorosa e limpida lettera di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda, ammettendo le colpe di alcuni sacerdoti e le mancanze di una Chiesa locale, avesse risvegliato un rancore inespresso ma aspro, un’ansia di lanciare accuse gravi e non provate contro la Chiesa tutta, e il Papa per primo. C’è un sentore quasi di voglia di lapidazione in certi titoli forzati, sparati e subito ripresi da altre testate: come quando tra bande di ragazzi si decide all’improvviso che "quello" è il nemico, e insieme lo si attacca.

Perché? Noi non sappiamo di complotti. Abbiamo invece il dubbio di trovarci di fronte a una di quelle onde mediatiche che a volte traversano l’informazione: gli episodi di pedofilia in Irlanda, denunciati dallo stesso Benedetto con una accorata richiesta di verità e giustizia, usati come anello di una catena che va a cercare singoli episodi, ora veri ora dubbi, ora vecchi di trenta o cinquant’anni, in cui gli accusati spesso sono morti; e serra l’uno all’altro gli anelli, fino a farne una catena vera, da prigionieri, che mette addosso ai sacerdoti cattolici, tutti, alla Chiesa, tutta.
Di "onde mediatiche" se ne creano spesso, come se i media amplificassero se stessi in un gioco incontrollabile di echi. Ma questa volta si avverte in alcuni almeno una frenesia strana di lanciare il sasso, di sporcare, di insinuare che, in realtà, coloro agiscono nel nome di Cristo sono poi uguali a noi, e anzi molto peggiori. Il che talvolta tragicamente può essere vero. Ma non cambia la essenza della Chiesa, il suo essere corpo di Cristo, pure fatto di uomini peccatori.

Che strana, livida voglia di fango emerge da certi titoli, dalla realtà piegata e costretta nei propri disegni. Viene in mente l’Eliot dei Cori da «La Rocca», viene in mente quella Straniera che non è amata dagli uomini – perché è «la Testimone»: «Colei che ricorda la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare». La Chiesa, che ancora pretende di affermare che esiste un Bene, e un Male. Che questo dia fastidio? Sembra diretto ai nostri giorni la profezia di Eliot, siamo noi, forse, «gli uomini che deridono/ tutto ciò che è stato fatto di buono».

 
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LA FOTO DEL GIORNO

Post n°3928 pubblicato il 29 Marzo 2010 da psicologiaforense

Nella lunga storia dei molossi, pochi cani hanno avuto un’importanza paragonabile a quella del Tibetan Mastiff o Mastino Tibetano. Questo cane avrebbe avuto origine nell’altopiano del Tibet, dove ancora oggi vive. Considerato da molti studiosi il progenitore di tutti i molossi (sia di quelli a pelo lungo sia di quelli a pelo raso) dal Tibet si è diffuso nel bacino del mediterraneo seguendo le principali rotte commerciali dell’antichità e incrociandosi con le razze locali ha dato origine a numerose altre razze.
La sua origine antica è testimoniata da alcune sue raffigurazioni, addirittura il filosofo Aristotele ebbe modo di ammirarlo, tanto da definirlo un lottatore terribile. In epoche più recenti, ma sempre remote, Marco Polo ne parla come di un cane che allora sembrava essere il gigante della specie canina, che così da lui fu descritto: “hanno grandissimi cani, mastini grandi come asini, che sono buoni da pigliare bestie selvatiche”.
Rispetto alle razze canine più conosciute il Tibetan Mastiff è sempre apparso come un mondo a parte, come un sopravvissuto e, a volte, come un animale semiselvatico.

 
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