Creato da: AngeloQuaranta il 10/02/2009
"fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza"

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DAVID LACHAPELLE

Post n°363 pubblicato il 22 Luglio 2012 da AngeloQuaranta
 

Pochi lavori fotografici contemporanei riescono ad essere così immediatamente riconoscibili ed esplosivi come quelli dell’americano David Lachapelle.
Nato nel 1963 in Connecticut, si trasferì da adolescente a New York City per frequentare la scuola di Arti Visive. Il suo primo incarico professionale come fotografo gli viene fornito da Andy Warhol, che vuole il giovane talento nella squadra della sua rivista “Interview Magazine” (“la” rivista dove tutti volevano lavorare al tempo). Da allora, non è stata che un’ascesa verso il successo.

Oggi Lachapelle vanta la pubblicazione di quattro volumi di fotografie, di cui uno prodotto in pochissimi esemplari autografati andati a ruba tra i collezionisti (alla modica cifra di più di mille dollari a copia): Lachapelle Land (1996), Hotel Lachapelle (1999), Artists and Prostitutes (ora inesistente – 2005), Heaven to Hell (2006).
E’ attivo anche nel campo dei videoclip musicali e spot televisivi: ha collaborato con i più grandi nomi della musica pop, da Elton John a Christina Aguilera a Britney Spears (di cui ha diretto il bellissimo video “Everytime”); ha anche diretto un singolare spot televisivo per la famosa brand H&M che rivisita il mito letterario di Romeo e Giulietta (titolo, infatti, dello spot).

“Come una interminabile serie di fuochi d’artificio”, così definisce l’opera di Lachapelle il nostro critico Vittorio Sgarbi, che ha “fortemente voluto” che la più grande mostra del fotografo si tenesse proprio a Palazzo Reale a Milano. Aperta da Settembre 2007 a Gennaio 2008, la mostra ha registrato un grande successo di pubblico, attirato probabilmente dalle fotografie glamour e patinate per cui Lachapelle è famoso, lavorando anche nel campo della moda e dell’intrattenimento. Ma dietro alle sue “belle immagini” piene di colori sgargianti e plasticità c’è molto più di quanto ci si aspetterebbe.

Le sue sono fotografie-grido che denunciano le ossessioni della società contemporanea, il nostro morboso rapporto con il piacere, col benessere, con ciò che è superfluo; mette a nudo le nostre paure, i nostri timori più reconditi. Ed è proprio grazie a quella patina glamour, grazie ai personaggi belli, ricchi o spesso grotteschi ma in ogni caso conosciuto, che riesce ad attirare l’attenzione del pubblico e ad incollarla alla sua opera.

 

La meditazione sulla morte è vista particolarmente in “Awakening”, uno degli ultimi lavori dell’artista, dove alcuni personaggi (realmente) immersi in vasche d’acqua sembrano annegare oppure ascendere al Paradiso – e tutti hanno nomi biblici.
Un’altra evidente influenza è quella della Pop Art, re-interpretata, per esempio, in “I want to live” (2001), in cui rielabora la famosa fotografia della sedia elettrica di Andy Warhol aggiungendoci un paio di scarpe col tacco lasciate indietro da una presunta “Cenerentola” condannata a morte; o anche “Amanda as Andy Warhol’s Marilyn” (2002) in cui appunto sostituisce alla famigerata Marilyn di Warhol il viso grottesco ed estremamente plastificato della transessuale Amanda Lepore, in assoluto la sua musa più caratteristica.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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