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"fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza"

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Il Movimento 24 Agosto per l'Equità Territoriale

Post n°498 pubblicato il 18 Gennaio 2021 da AngeloQuaranta
 
Foto di AngeloQuaranta

IL  MOVIMENTO 24 AGOSTO PER L'EQUITÀ TERRITORIALE.
Di Pino Aprile 

Il Movimento 24 Agosto per l'Equità Territoriale nasce, il 24 agosto scorso, dall'incontro al Parco storico della Grancia (Potenza), di alcune centinaia di meridionalisti da decenni impegnati nel recupero e diffusione di dati storici ed economici sul divario Nord-Sud, inesistente prima dell'Unità. Dopo aver riposto inutilmente fiducia nell'opera di partiti, enti, organizzazioni, perché si ponesse fine alla concentrazione delle risorse nazionali in una sola area, il Nord, lasciando sguarnito il Sud di treni, strade, scuole, opere pubbliche, investimenti e lavoro, “il popolo della Grancia” sorto su invito di Pino Aprile, decise di intraprendere un percorso autonomo, per ottenere l'equità negata, attraverso “azioni politiche” così poco ideologiche, che il Movimento ha per nome una data e per siglia, ET, quella di un simpatico alieno.
M24A-ET si propone di raggiungere un obiettivo molto pratico: a tutti le stesse possibilità e gli stessi mezzi per sviluppare le proprie doti. Ovunque qualcuno sia discriminato, lì c'è lavoro per M24A-ET. Non è una questione geografica, ma pratica (e morale).
Ecco cosa vogliamo e dove andiamo; veniamo da un secolo e mezzo di riduzione a colonia con la forza delle armi (ma così nacquero anche tanti altri Stati nazionali) e riconosciamo “dei nostri” quanti non riescono a sopportare che un proprio simile sia considerato “meno”, per sottrargli diritti, rispetto, futuro.

Qui di seguito, un'ampia sintesi dell'invito di Pino Aprile alla Grancia, dove nacque il Movimento.

 LA QUESTIONE MERIDIONALE È FRUTTO DI SCELTE POLITICHE RAZZISTE E IMPOSTA CON LE ARMI UN SECOLO E MEZZO FA

Tale Paese doppio, uno europeo e uno men che nordafricano, è il risultato di scelte politiche nazionali da un secolo e mezzo, con l’appoggio di ben remunerate classi dirigenti locali (è così nelle colonie: sono favoriti e sostenuti i complici e avversati quanti vi si oppongono, a volte pure a danno della loro vita; la selezione non esclude nessun mezzo per fermare sindacalisti, amministratori, magistrati e politici non collusi).

In questo, non c’è quasi mai stata vera distinzione partitica: quando si tratta di monopolizzare risorse pubbliche, il Nord ha agito e agisce in blocco. La vicenda dell’Autonomia differenziata per togliere altri soldi al Sud ne è la prova più recente: dalla Lega al Pd, incluso M5S del Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia del Nord, insieme per disegnare un Paese a diritti calanti per latitudine, geograficamente, e pretendere risorse crescenti con la ricchezza dei territori. In tal modo, si innesca un meccanismo che si auto-alimenta, leva sempre più ai poveri e dà sempre più ai ricchi (tali, in gran parte, per aver preso di più dalla cassa comune, a spese di altri: basti guardare la differenza di infrastrutture oubbliche, che vuol dire pagate da tutti e godute da pochi).

Non è, come pure potrebbe sembrare, una rivendicazione meridionalista: un Paese che non riconosce a tutti i suoi cittadini uguali diritti non è un Paese, ma un sistema malato. In tal senso, l’Italia non è mai stata unita, ma divisa. Un Paese così fatto genera disaffezione, distacco, risentimenti e persino odio (la Lega si nutre di quello ed è nata sfruttando il razzismo contro i meridionali). Sino all’apparente assurdità (ma psicologia e psico-sociologia spiegano il fenomeno) di tanti meridionali che votano Lega e Salvini, che per decenni li hanno insultati.

Questa situazione è entrata nelle coscienze e persino chi ne è vittima la giustifica incolpandosene (sempre quei meccanismi psicologici...)

NON DEVONO ESSERCI CITTADINI DI SERIE B. O NON HA SENSO UN PAESE COMUNE

Ma l’azione politica che si vuol far nascere per correggere queste storture non è, ripeto, una pura rivendicazione meridionale: i valori sono universali, o non sono tali. Se a una città viene negato il treno, poco importa che sia Matera o Sondrio: ci sono degli italiani ritenuti di serie B e il cui diritto ad avere il necessario viene dopo il superfluo da aggiungere a chi già ha (cioè, mai). Ovunque ci sia un nostro simile la cui qualità umana viene ridotta, la nostra qualità umana è in pericolo (da uno si comincia, poi tocca agli altri…).

Quindi, un’azione politica risanatrice non può avere come valore un territorio o i suoi abitanti (questo lo fanno i razzisti), ma il principio che cittadini di uno stesso Stato debbano avere diritti, possibilità e trattamenti uguali o quello Stato non merita di esistere. Per quanto possa suonare male: l’equità è il valore, non il Sud o altro riferimento geografico, etnico. La denuncia diviene (appare) meridionale, perché il Mezzogiorno e i suoi abitanti sono stati discriminati e deprivati.

Mai, nei quasi 160 anni di finta unità a mano armata, il divario fra Nord e Sud è stato così ampio; ed è voluto, costruito. Il Mezzogiorno è in calo demografico, come avvenuto soltanto per le stragi risorgimentali dei piemontesi e per la più assassina epidemia della storia dell’umanità: la “spagnola”, dopo la prima guerra mondiale. E il futuro del Sud se ne va con i giovani, costretti a cercarne uno in giro per il mondo.

LA POLITICA DI LORSIGNOSI SI È ACCORTA CHE IL SUD REAGISCE E VUOLE GUIDARLO, A SUO VANTAGGIO (COME AL SOLITO)

Ora sanno che il Mezzogiorno non è più un corpo morto e, sia pur confusamente, qualcosa fa e riesce determinante; ripeto, è un dato di fatto, ormai: vince chi vince al Sud. Nel 2015, alle regionali, il Pd fece il pieno e prese il governo di tutte le regioni meridionali. Letta, Renzi e Gentiloni provvidero a far pentire chi li aveva votati a Sud. Alle politiche 2018, quei voti migrarono in blocco sui cinquestelle, che divennero, grazie a ciò, il primo partito italiano. Per allearsi con la Lega e veder svanire in pochi mesi il capitale di consensi; ereditato in parte proprio dal partito sorto dal razzismo contro i terroni.

Questo mostra un Mezzogiorno si muove da soggetto politico unitario e detta l’agenda ai partiti, non avendone uno proprio. La vicenda dell’Autonomia differenziata è stata uno choc, per l’Italia di lorsignori: era cosa fatta; si erano messi d’accordo, con l’ammucchiata di Lega, Pd, FI e FdI del Nord, a scopo di rapina contro i meridionali. La campagna di informazione condotta da un gruppo di cittadini, docenti, scrittori, meridionalisti, ha reso pubblico quello che si teneva nascosto (il furto del secolo), ha raccolto in pochissimi giorni 60mila adesioni, indotto il M5S (va riconosciuto) a far le pulci all’alleato e a frenare lo scempio programmato.

Quel mondo abituato a fare a suo piacimento, nel silenzio complice della classe dirigente del Sud (e chi non tace è segato), ha scoperto di non avere più le mani libere, che il Mezzogiorno può fare la differenza. E la fa. La sorpresa li ha disorientati.

È finito un tempo.

«Siamo tanti, ma non lo sappiamo», diceva don Paolo Capobianco, figlio dell’ultimo nato duosiciliano, mentre Gaeta si arrendeva alle bombe dei fratelli carnefici d’Italia.

 
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