Creato da: AngeloQuaranta il 10/02/2009
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Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo
Il Quarto Stato è un celebre dipinto realizzato dal pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo nel 1901. Opera simbolo del XX secolo, rappresenta lo sciopero dei lavoratori ed è stata eseguita secondo la tecnica divisionista. Non solo raffigura una scena di vita sociale, lo sciopero, ma costituisce un simbolo: il popolo, in cui trova spazio paritario anche una donna con il bambino in braccio, sta avanzando verso la luce, lasciandosi un tramonto alle spalle. Il dipinto è lo sviluppo completo di questo tema, già affrontato dall'artista in dipinti come Ambasciatori della fame, Fiumana e un bozzetto preparatorio del 1898, Il cammino dei lavoratori. La composizione del dipinto è bilanciata nelle forme e movimentata nelle luci, rendendo perfettamente l'idea di una massa in movimento. È conservato a Milano nel Museo dell'Ottocento della Villa Reale (o Villa Belgiojoso Bonaparte). La versione preliminare, invece, è esposta sempre a Milano presso la Pinacoteca di Brera. A rendere celebre il dipinto contribuì anche il film Novecento di Bernardo Bertolucci.
Misteri. Le lampade di Dendera: luce sulle piramidi
Post n°541 pubblicato il 02 Aprile 2021 da AngeloQuaranta
Oggi nessuno di noi potrebbe immaginare la propria vita qualora priva di energia elettrica. Non potremmo usare lavatrice e lavastoviglie, non potremmo guardare la televisione. Non potreste nemmeno leggere questo articolo. Siamo consapevoli che l’energia elettrica ha cambiato le nostre vite. Ma siamo sicuri che sia una conquista davvero così recente? Il Tempio di Dendera e i suoi strani bassorilievi
L’Egitto è ricco di reperti antichi che da secoli affascinano archeologi e studiosi. Lo stesso Napoleone Bonaparte durante la sua campagna bellica in Nord Africa non trascurò il lato puramente scientifico, portando con sé ricercatori che dovevano esplorare quella terra misteriosa e affascinante. Secondo Charles Berlitz fu uno degli archeologi al seguito di Napoleone che scoprì i misteriosi bassorilievi di Dendera
Dendera si trova lungo la sponda occidentale del Nilo e qui si trova un tempio dedicato alla dea Hator. Tra i numerosi geroglifici e bassorilievi che decorano il luogo sacro ce n’è uno molto curioso. Raffigura delle persone intente a “lavorare” su due strani congegni. Si tratta di due contenitori piriformi al cui interno si trova disegnata una linea ondulata. Uno è collegato ad un grosso parallelepipedo, l’altro è sorretto da uno “Zed”, il simbolo che raffigura la Spina Dorsale di Osiride. Che sia un disegno curioso è evidente. La spiegazione che l’archeologia ufficiale offre è la seguente. I due bulbi sono fiori di loto, al cui interno si trova il “serpente primordiale“. Questo tipo di raffigurazione simboleggiava per gli antichi egizi la rivelazione del Dio della Luce. Il fiore sboccia lasciando uscire la Vita. Il fatto che il fiore di loto abbia una forma così stranamente allungata si giustificherebbe con la necessità di dover contenere al suo interno il serpente. La spiegazione è avvalorata dal confronto con altri geroglifici, da anni di studio, ed è supportata da chi da molto tempo studia la civiltà egizia. Se però osserviamo con attenzione questo disegno, ai nostri occhi di contemporanei sembra decisamente tutt’altro. In verità, i due bulbi ricordano molto poco un fiore di loto, e molto più un oggetto estremamente comune nelle nostre case. Non vi sembrano delle lampadine ad incandescenza? Le lampade di DenderaUn prototipo di batteria Ecco allora che per gli archeologi “del mistero”, così come sono stati definiti, il bassorilievo dimostrerebbe che nell’Antico Egitto esisteva l’energia elettrica. Fantascienza? Il primo elemento che potrebbe avvalorare questa ipotesi è un dato di fatto a cui nessuno ha saputo dare una spiegazione. Nei tunnel delle necropoli egizie ci sono molti raffinati affreschi, ma nessun segno di fumo di torce o lampade. Non ci sono aperture che permettano l’ingresso della luce naturale. Come facevano i decoratori a lavorare e a scegliere i delicati colori con cui eseguivano i loro capolavori? Una risposta potrebbe essere: essi lavoravano alla luce di lampade elettriche. Il bassorilievo di Dendera ci mostra un esemplare colossale e rudimentale di lampadina, che si collega ad una fonte di energia (una batteria?). La teoria di Mario Pincherle, secondo la quale gli Zed sarebbero geroglifici che rappresentano dispositivi capaci di creare energia, nascosti dentro le piramidi, verrebbe avvalorata da questa lettura. Lo Zed sorregge una delle due “lampade”. Degli uomini si affaccendano per far funzionare il dispositivo. Un lungo cavo collega la “lampada” ad un accumulatore di energia. In questo modo gli Egizi avevano la luce negli oscuri passaggi sotterranei delle necropoli e delle piramidi. Inoltre, potevano far muovere macchinari sofisticati, in grado di costruire le piramidi stesse. Giustamente gli scettici si chiedono: se quelle raffigurate a Dendera sono lampade, perché non si è trovato alcun reperto relativo a questi dispositivi? La riposta è che in realtà un reperto del genere esiste, ma non è stato ritrovato in Egitto. Nel 1938 Wilhelm König fece alcuni esperimenti su un manufatto in terracotta che era stato rinvenuto in Iraq, nei pressi di Baghdad. Era stato archiviato come “oggetto devozionale”. All’interno del manufatto si trovava una barra di ferro rivestita di rame. Introducendo nella giara un elettrolita (ad esempio succo d’uva, o aceto) si ottenne una debole produzione di energia elettrica. Questo oggetto, ipotizzò König , veniva usato per placcare gli oggetti in metallo. Si tratta di una batteria di piccole dimensioni, ma fa ipotizzare che potessero esserne state costruire anche altre, più grandi e più potenti. Ovvero, l’energia elettrica non è una conquista moderna o, per lo meno, non è detto che lo sia. Anche popolazioni antiche, come quella d’Egitto e quella di Persia, potevano conoscere modi per produrla. Forse qualcuno aveva insegnato loro come fare. Nel bassorilievo di Dendera ci sono uomini di piccole dimensioni al lavoro, e due figure più grandi che sembrano, in qualche modo, dirigere i lavori. Chi erano? Fiore di loto o lampada elettrica La spiegazione ufficiale degli strani disegni di Dendera e quella “alternativa” presentano entrambe molti punti oscuri. Il fiore di loto non viene mai raffigurato in questo modo, perché nasce sotto l’acqua e il suo gambo non è visibile. Nell’immagine si vede il dio Toth con dei coltelli in mano, raffigurazione che significa “pericolo“. Perché il fiore di loto doveva essere pericoloso? Di contro, ci si potrebbe chiedere come mai una scoperta così eccezionale per il genere umano, come quella dell’elettricità, sia scomparsa senza lasciare tracce per interi secoli. Nessuna fonte greca o romana ne fa menzione. Inconcepibile pensare che una simile potenzialità sia stata lasciata svanire nel nulla, al declinare della civiltà egizia. A questo proposito, però, va fatta una doverosa precisazione. Noi contemporanei ragioniamo con la nostra testa, che si muove sui presupposti dello sfruttamento globale. Oggi noi dobbiamo “vendere” tutto, quindi ogni nuova tecnologia viene resa accessibile ad un vasto pubblico affinché possa diventare redditizia e fonte di guadagno. Questo modo di ragionare è figlio di una società capitalistica di recente costituzione. Se entriamo invece nella modalità dell’Antico Egitto, capiamo come a quei tempi si preferisse invece mantenere nella mani dei “potenti” (faraoni, sacerdoti, dignitari) tutto ciò che poteva creare ascendente sul popolo. I sovrani erano dei, poiché potevano fare cose straordinarie. L’energia elettrica era magia, e tale doveva restare agli occhi del volgo. Il tubo di CrookesDa ultimo, resta da osservare la straordinaria somiglianza tra i disegni di Dendera è il tubo di Crookes. Il tubo di Crookes fu messo a punto da William Crookes (1832-1919) ed è un cono di vetro alle cui estremità si trovano l’anodo e il catodo (polo positivo e polo negativo). Ai due poli viene collegato un generatore. Al passaggio dell’elettricità, si crea un raggio luminoso che è il progenitore del tubo catodico che ha dato origine alla nostra televisione. Ecco come appare un tubo di Crookes.
Fonte: www.crtsite.com Impossibile negare che la somiglianza con le lampade di Dendera salti all’occhio.
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