Creato da: AngeloQuaranta il 10/02/2009
"fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza"
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Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo
Il Quarto Stato è un celebre dipinto realizzato dal pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo nel 1901. Opera simbolo del XX secolo, rappresenta lo sciopero dei lavoratori ed è stata eseguita secondo la tecnica divisionista. Non solo raffigura una scena di vita sociale, lo sciopero, ma costituisce un simbolo: il popolo, in cui trova spazio paritario anche una donna con il bambino in braccio, sta avanzando verso la luce, lasciandosi un tramonto alle spalle. Il dipinto è lo sviluppo completo di questo tema, già affrontato dall'artista in dipinti come Ambasciatori della fame, Fiumana e un bozzetto preparatorio del 1898, Il cammino dei lavoratori. La composizione del dipinto è bilanciata nelle forme e movimentata nelle luci, rendendo perfettamente l'idea di una massa in movimento. È conservato a Milano nel Museo dell'Ottocento della Villa Reale (o Villa Belgiojoso Bonaparte). La versione preliminare, invece, è esposta sempre a Milano presso la Pinacoteca di Brera. A rendere celebre il dipinto contribuì anche il film Novecento di Bernardo Bertolucci.
il Prof Lodoli corrispondente su Tiscali
Post n°212 pubblicato il 13 Luglio 2010 da AngeloQuaranta
La passività e l'egoismo sono nuvole nere sul futuro della nostra società di Marco Lodoli Vengo spesso accusato d’esser troppo pessimista: in fondo non tremiamo in mezzo a un’epidemia di peste, non veniamo bombardati dai caccia nemici, a pranzo e a cena qualcosa in tavola si mette, la polizia segreta non viene a portarci via alle tre di notte, non dobbiamo zappare la terra per cavarne due patate e così via. In fondo potevamo nascere in tempi molto più duri, senz’acqua e senza luce, senza pane e senza libertà. Ne sono convinto, e l’acqua calda che sgorga dalla doccia la mattina, e la luce elettrica che rischiara la mia simpatica casetta la sera mi paiono sempre fortune straordinarie, doni per i quali non ringrazio abbastanza il cielo e gli uomini di buona volontà. Ma ogni epoca ha i suoi pericoli e le sue nuvole nere: oggi non ci sono i terroristi, come quando ero ragazzo, non c’è la fame, non c’è la dittatura, però qualche rischio serissimo lo corriamo anche noi, tegole che non si scansano ridendo e scherzando. L’inebetimento generale, la passività, la mancanza di energia per sognare un futuro più largo e generoso, l’egoismo e il narcisismo di massa sono draghi fiammeggianti che possono incenerirci. L’avanzata dell’ignoranza mette a repentaglio le esistenze private e l’intera società. Leggevo giorni fa che sono quasi due milioni i giovani italiani che hanno abbandonato la scuola e che non fanno nulla. Era comune la figura del ragazzetto che dopo la terza media lasciava i libri per andare a bottega dallo zio tappezziere o dal cognato falegname, che in bicicletta portava nelle case le buste dell’alimentari, che sìindustriava per svoltare la giornata o per apprendere un vero mestiere. Scuola no, ma lavoro sì. Oggi scuola no e lavoro no. Due milioni di ragazzi tra i quattordici e i vent’anni che passano le giornate nell’ozio, sbracati sul divano a scanalare alle undici di mattina, appoggiati a un muretto per l’intero pomeriggio, scontenti, arrabbiati, depressi eppure immobili. Alcuni li conosco: già grassi, un’espressione perenemmente scocciata, insofferenti a qualsiasi ordine o consiglio, deconcentrati su tutto. Ecco, non siamo nella carestia o nella guerra, però non dobbiamo sottovalutare certi fenomeni. Tra quindici anni, che cosa sarà di questi due milioni di anime perse? Che faranno? Dove saranno? Troveranno il loro punto di svolta, una luce divina li illuminerà, verrà loro un po’ di paura e qualche rimpianto per il tempo buttato dalla finestra? E quanti finiranno in galera per avere i soldi che servono a campare come i loro coetanei? Quanti si bruceranno lungo la strada, come quei cumuli di immondizia che prima erano cose belle e poi più nulla, e poi fuoco che annienta. 13 luglio 2010
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