Se l’opposizione non c’è scenda in campo la società civile
di Paolo Flores d’Arcais, il Fatto Quotidiano, 4 novembre 2010
Se l’opposizione fosse esistita, il maleodorante regime che vuole fare a pezzi la Costituzione nata dalla Resistenza sarebbe franato da un pezzo. In un editoriale di inizio luglio questo giornale già sosteneva la necessità improrogabile di un governo di “lealtà costituzionale”, senza Berlusconi e contro Berlusconi. A questa prospettiva ha portato domenica il suo riconoscimento anche Repubblica con lo scritto del suo fondatore, la personalità più ascoltata dal Pd e dal centrosinistra.
Con una sola differenza: tra le poche e urgenti cose di un governo di “Mister X”, Eugenio Scalfari ne trascura una che a noi sembra essenziale: restituire l’etere al pluralismo, liberarlo dall’appropriazione bulgara di Berlusconi. Ripristinate le condizioni minime della democrazia – se le opposizioni parlamentari almeno di questo saranno capaci – bisognerà però andare al voto. Ma un Berlusconi che vincesse non farebbe prigionieri, saremmo al fascismo per via legale.
Purtroppo, il futuro della democrazia italiana è un’equazione facile da descrivere e difficile da risolvere. Dal 1994, vince le elezioni chi conquista la casamatta strategica dell’antipolitica. Oggi è più vero che mai. Un italiano su tre è fermamente deciso a non votare (“sono tutti uguali, tutti ladri”), e uno su quattro dei rimanenti resterà incerto fino all’ultimo. Oltre metà del paese si riconosce insomma nel partito della “anti-politica”. Etichetta comoda quanto fuorviante: spesso sono cittadini che detestano la partitocrazia, non l’impegno civile e la partecipazione pubblica (anzi!).
Perciò, primo dovere di realismo: per porre fine al regime bisogna conquistare una parte consistente di questa “antipolitica”. Al Pd, negli ultimi anni, è riuscito esattamente il contrario, spingere all’astensionismo alcuni milioni di elettori tradizionalmente di sinistra. E allora, primo corollario di realismo: o nel fronte delle opposizioni ci saranno una o più liste della società civile (di cittadini “senza partito”), oppure la sconfitta è assicurata.
Secondo dovere di realismo: si vince solo con l’alleanza più vasta delle forze disponibili. Questo, ovviamente, nell’ipotesi che si consideri la liberazione da Berlusconi una priorità irrinunciabile. Se si pensa invece che, lui o le opposizioni, è zuppa o pan bagnato, è evidente che si può praticare l’orgoglioso isolamento di un voto a cinque stelle, o anche di più. Ma Berlusconi, se vince, rende Costituzione il governo delle cricche, realizza il suo totalitarismo proprietario. Fascismo post-moderno. Chi non lo capisce è irresponsabile, si chiami pure Grillo con i suoi meriti. Si badi, però: è necessaria l’alleanza più ampia, a patto che nessun nuovo apporto faccia perdere più voti di quanti promette di aggiungerne. L’alleanza con l’Udc porterebbe a un tracollo sulla sinistra di dimensioni ciclopiche, ad esempio.
Insomma, realismo e responsabilità da una parte impongono che movimenti e società civile pretendano che le loro liste siano presenti nell’alleanza delle opposizioni, e dall’altra che queste, dal Pd all’Idv alla Sel, non frappongano rifiuti. Quanto alla giaculatoria che in questo modo non si conquistano i voti moderati, basterà qualche rilievo empirico. Già dopo la manifestazione dei girotondi del 2002 a piazza San Giovanni, un sondaggio di Mannheimer evidenziava come una giornata denunciata da Berlusconi eversiva e platealmente boicottata da D’Alema avesse trovato accoglienza favorevole presso un quarto degli elettori di destra. Dati confermati dopo un’altra manifestazione “eversiva”, quella di Piazza Navona del 2008.
Risultati incomprensibili (e perciò rimossi) solo per le nomenklature di centrosinistra, che confondono moderati con Casini e altri Montezemoli. I moderati, in realtà, si conquistano proprio con la coerenza in difesa della Costituzione, accompagnata da candidati estranei a quella che per milioni di moderati realmente esistenti (non la loro controfigura ideologica immaginata dai cacicchi del Pd) è un’autentica bestia nera: i politicanti di mestiere, senza arte né parte.
In effetti, cosa c’è di più moderato che la realizzazione della Costituzione? Per la maggioranza antiberlusconiana del paese il programma dunque già c’è. L’ostacolo è dato solo dagli egoismi di bottega dei vertici dei partiti, che considerano una “irruzione” della società civile nell’agone elettorale minaccia di lesa maestà. Si tratta di costringerli. Come? I tempi per una “operazione Lula” non sono maturi. Ma neppure la soluzione Vendola convince. Se la scelta si ridurrà a Vendola, Bersani e Chiamparino voterò Vendola, ovviamente. Nichi resta pur sempre il migliore, ma dentro il mondo dei “politici a vita” (e la nomenklatura ex Rifondazione che lo accompagna è una cartina di tornasole).
Abbozzo un altro percorso: primo passo, tutte le esperienze DI BASE di democrazia militante di cui l’Italia è ricchissima – movimenti su obiettivi, club di ogni genere, volontariato, liste locali, gruppi “viola”, “meet up” grillini, sezioni e militanti di base di Sel, Pd e Idv – senza mettere da parte le divergenze e le peculiarità, a cui sembrano tenere con gelosissimo orgoglio, si collegano in un Forum permanente. Secondo: pubblicizzano reciprocamente tutte le iniziative, rendendole patrimonio comune e, parallelamente, discutono un “decalogo” delle misure programmatiche prioritarie per “realizzare la Costituzione”. Terzo: si impegnano a una “etichetta” di discussione fondata sull’argomentazione razionale, disprezzando la logica dell’insulto. Quarto: danno vita sul territorio a quanti più incontri “fisici” e iniziative “materiali” comuni possibili. Quinto, fanno così maturare la possibilità di una candidatura comune della società civile per le primarie di coalizione.
(4 novembre 2010)
Riflessione
Sono contento che si guardi alla Società Civile come forza che può determinare il cambiamento, ci debbono però restituire la dignità del voto ... cambiare il sistema elettorale, gli esponenti di partito pronti a dar battaglia su questo argomento saranno i leader di domani.