Creato da: AngeloQuaranta il 10/02/2009
"fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza"

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Messaggi di Febbraio 2021

 

Il Parco Nazionale dell’Acadia

Post n°522 pubblicato il 07 Febbraio 2021 da AngeloQuaranta
 
Foto di AngeloQuaranta

Il Parco Nazionale dell’Acadia si trova nello stato del Maine e offre ai visitatori un panorama naturale con tracce inconfondibili dell’era glaciale, dove milioni di anni di agenti atmosferici hanno scolpito il paesaggio in modo indelebile, creando così uno scenario di rara bellezza: valli a forma di U, laghi allungati, rocce granitiche e creste montuose spoglie e arrotondate.

Nel parco potrete esplorare ripide coste rocciose, boschi di foglie colorate, montagne granitiche, nonché fiordi e baie. Anche se si tratta di uno dei parchi nazionali più piccoli della nazione, le cose da fare e da vedere nel parco Acadia sono tutt’altro che poche. Ecco allora i nostri consigli su come programmare una visita in questa piccola perla della East Coast.

Dio non c’è. E si vede.  (Tarcisio Muratori)
Non riesco a immaginare come l’orologio dell’universo possa esistere senza un orologiaio.   (Voltaire)

Solleva la natura, Dio è sotto.   (Victor Hugo)

Mentre sei seduto sul pendio di una collina, steso sotto gli alberi di una foresta o accoccolato con le gambe bagnate sulla riva sassosa di un torrente di montagna, si apre la grande porta. (Stephen Graham)

 

 
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Ugo Pagliai e Paola Gassman

Post n°521 pubblicato il 07 Febbraio 2021 da AngeloQuaranta
 
Foto di AngeloQuaranta

Dal Quotidiano LA REPUBBLICA 

 Ugo Pagliai e Paola Gassman, i  due attori, 83 anni lui, 75 lei, rileggono il dramma di Shakespeare: la vicenda dei due giovani amanti si intreccia alla loro, di marito e moglie, di coppia nella vita e sulla scena da oltre cinquant'anni. In onda il 6 febbraio su Rai 5

 

Il teatro ha molti modi di rileggere i classici, dalla tragedia greca, a Shakespeare, Goldoni, perfino Pirandello. Si può presentarli trasferendoli nel mondo contemporaneo, si può immaginarli nel contesto del loro tempo, si può adattarli a un nuovo linguaggio. Due veterani della scena italiana, Ugo Pagliai e Paola Gassman con la guida di Enrico Castellani e Valeria Raimondi, marito e moglie, artefici di Babilonia, una formazione da tempo apprezzata nella scena contemporanea italiana, hanno preso un'altra strada. Più curiosa e intima. I due attori, 83 anni lui, 75 lei, sono i protagonisti di Romeo e Giulietta, ma la vicenda dei due giovani amanti shakespeariani in scena si intreccia alla loro, di marito e moglie, di coppia nella vita e nella scena da oltre cinquant'anni, in un intreccio strambo quanto commovente tra autobiografia e Shakespeare, il cui testo è inglobato nelle loro vite.

 Romeo e Giulietta. Una canzone d'amore, come si intitola, prodotto dallo Stabile del Veneto con lo Stabile di Bolzano, doveva debuttare lo scorso ottobre, con il lockdown lo si potrà finalmente vedere il 6 febbraio nella ripresa tv di Rai 5, la rete di RaiCultura che, con la cura di Felice Cappa, sta facendo un meritorio lavoro sul teatro, con nuove produzioni e una distribuzione interessante per l'attenzione ai classici e soprattutto alle novità come lo è questo lavoro.

Nel palcoscenico vuoto, questo originale Romeo e Giulietta mette da parte Verona, i genitori, le famiglie, le guerre tra loro; si concentra sugli amanti, sia i giovani Romeo e Giulietta e che gli anziani Pagliai e Gassman, i quali sono lì con i loro abiti consueti e, dalla platea, Valeria Raimondi e Enrico Castellani rivolgono loro domande, sulla vita a due, sulla coppia, su come si sono conosciuti, sui loro momenti più belli. E Pagliai e Gassman aprono il proprio cuore, perfino confidando le canzoni che hanno accompagnato la loro unione (Sinatra, Tenco, Endrigo) o come si "modella" l'amore negli anni. Poi, di tanto in tanto, diventano Romeo e Giulietta e parlano coi versi, magnifici, di Shakespeare e le  promesse d'amore, il desiderio, lo struggimento dei giovani amanti.

Il fatto che a pronunciare quelle parole siano Paola Gassman e Ugo Pagliai (peccato l'uso dell'orrendo microfono ad archetto che fa subito Amici di Maria De Filippi), alza la posta in gioco: per l'età dei due attori, per la sincerità con cui raccontano di sé, per come si mettono in gioco recitando su un balcone fatto con tubi d'acciaio, per la generosità a cavalcare il pony di una giostrina, o coraggiosamente esponendosi a un lanciatore di coltelli (il mago e illusionista Francesco Scimeni), o lanciando di spada con Luca Scotton, e per come rendono concreto la sottile violenza ma anche la potenza del testo.

Certo, lo spettacolo è estremamente semplice ed elementare, come sempre nei Babilonia, il gioco platea-palcoscenico è già visto, comprese le intrusioni di quotidianità in un classico, ma qui c'è l'immedesimazione, quella volontà psicologica di aderire ai sentimenti del testo, estranea in genere ai loro lavori, e nel momento in cui si scosta dal volto la maschera dei personaggi per svelare, con tenerezza, quella degli interpreti, Shakespeare diventa davvero un'occasione di autorivelazione, che non toglie profondità ma aggiunge "il calore della vita" di cui parla Giulietta. 

 

 
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PROVA ANCORA. SBAGLIA ANCORA. SBAGLIA MEGLIO.

Post n°520 pubblicato il 07 Febbraio 2021 da AngeloQuaranta
 
Foto di AngeloQuaranta

PROVA ANCORA. SBAGLIA ANCORA. SBAGLIA MEGLIO.


 

" una citazione del drammaturgo Samuel Beckett che mette in luce come sia comune sbagliare e quanto sia importante imparare ad accettare i propri errori, per cercare di superare il senso di inadeguatezza che comunemente ci assale dopo il fallimento di una prova o, più comunemente, a seguito di un errore.

In linea con questa citazione sono le più accreditare ricerche nel campo della psicologia sociale e di psicologia della personalità; in particolare, gli studi della psicologa Carol Dweck della Standford University, mettono in luce che quando affrontiamo un fallimento possiamo far leva su due diversi modelli mentali: uno fisso, proprio di chi crede che le proprie capacità siano innate, ed uno di crescita, proprio di chi è convinto che le sue capacità migliorino man mano che ci si impegna e si raggiungono degli obiettivi. "

 

 
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Fedeli al Re Borbone, patrioti, tacciati come briganti.

Post n°519 pubblicato il 06 Febbraio 2021 da AngeloQuaranta
 
Foto di AngeloQuaranta

 

 «Lo Stato italiano ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri.» Con queste parole Antonio Gramsci commenta 

gli avvenimenti che intorno agli anni sessanta dell'Ottocento insanguinano le campagne nel sud del paese. 

La storiografia ufficiale ha dipinto a lungo le truppe piemontesi come un esercito di liberazione, strumento di riscatto per tutti i cafoni del Sud 

 Invece, da subito, quei militari si dimostrarono una vera e propria forza di repressione a difesa di una dominazione violenta, statale e di classe, con metodi che fornirono ulteriori argomenti a una rilettura storica del processo di unificazione politica della penisola. In questa prospettiva i "briganti" criminalizzati sulle pagine dei quotidiani del tempo assumono una fisionomia diversa. Non più solo capibanda ma eroi popolari, rivoluzionari romantici costretti a combattere contro un governo miope e tiranno. Utilizzando testimonianze, verbali di polizia e diari, Gigi Di Fiore ripercorre quei mesi in cui il Sud divenne un Far West, salvando la memoria di uomini simbolo di identità e riscatto di un meridione umiliato e offeso. Incontriamo così Carmine Crocco Donatelli, il "generale dei briganti" che raccolse sotto la sua bandiera affamati e disperati, spinti da una voglia di rivincita che sfocerà infine nella lunga marcia attraverso la Basilicata; Cosimo Giordano che sollevò il Sannio contro i bersaglieri responsabili poi del tremendo massacro di innocenti nel paese di Pontelandolfo; e infine la storia del legittimista Pasquale Romano, detto "Enrico la Morte", che guidò lo scontro fratricida per le strade di Gioia del Colle e poi, rimasto solo con un drappello di rivoltosi, fu trucidato a colpi di sciabola. Con loro, tante altre storie di contadini ribelli. A scatenare quella guerra tuttavia non fu solo lo Stato italiano. In queste pagine Di Fiore amplia la schiera dei colpevoli, puntando il dito contro i "Gattopardi" meridionali, proprietari terrieri e notabili che manovrarono la ribellione per i loro tornaconti, restando alla fine ancora i veri detentori del potere. Una classe dirigente immobile e codarda, rimasta al suo posto facendosi scudo con la violenta repressione e le armi dell'esercito.

  

 

Il capitano Nicola Summa di Rionero (Potenza)   detto Ninco Nanco. 

Crocco generale delle truppe irregolari fedeli al Regno delle due Sicilie


 
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La strage di Bronte

Post n°518 pubblicato il 04 Febbraio 2021 da AngeloQuaranta
 

La vera storia dell’impresa dei Mille. La strage di Bronte: Nino Bixio fucila cinque innocenti per ingraziarsi gli inglesi.
Nella strage di Bronte gli elementi segnati dall’ingiustizia e dalla prepotenza sono tanti. Ci sono gli inglesi, per la precisione gli eredi di Orazio Nelson, che si mettono sotto i piedi gli usi civici. Ci sono gli agricoltori ridotti alla fame. Ci sono le false promesse di Garibaldi. C’è un delinquente incallito che scatena la rivolta e scompare. E c’è soprattutto Nino Bixio, che era il più delinquente di tutti, degno rappresentante dell’Italia appena nata…
di Giuseppe Scianò
Stato d’assedio a Bronte, tassa di guerra e… fucilazioni d’innocenti.
Massacrate quindici persone al grido di «Viva Garibaldi!».
A Bronte, il 31 luglio 1860, era esplosa una violenta sommossa che si sarebbe conclusa il 5 agosto con il massacro di 15 persone, fra cui donne e bambini, in un contesto di violenze, saccheggi, devastazioni ed incendi mai visti in quella cittadina. Quella vicenda tragica fu ben descritta dallo scrittore siciliano Giovanni Verga, che si guardò bene, tuttavia, dall’indicarne i veri responsabili ed i veri esecutori.
Anche perché la sommossa ed il massacro si erano svolte al grido di
«Viva Garibaldi!», di «Viva la libertà!» e di «Viva l’Italia!». Anche i nomi di alcuni protagonisti verrà alterato. Il tutto è contenuto nella novella «La Libertà» che il Verga ebbe il coraggio di scrivere soltanto dopo venti anni dai fatti narrati.
Per capire bene la storia, occorre fare una premessa.
Per aggregare volontari alla propria impresa e per far intendere all’opinione pubblica internazionale che in Sicilia è già divampata una inarrestabile rivoluzione contro Francesco II Re delle Due Sicilie ed a favore di Vittorio Emanuele di Savoia (che qui nessuno conosceva) e dell’annessione della Sicilia al Regno Sabaudo, gli agenti Inglesi, gli agitatori ed i propagandisti locali, presentabili e no, della invasione garibaldina avevano (fin da prima dello sbarco) incoraggiato bande, banditi, sbandati e picciotti di mafia a compiere qualsiasi tipo di nefandezze, purché i rispettivi reati apparissero come atti rivoluzionari. Il che era molto facile, perché le truppe Duosiciliane erano state fatte ritirare dagli alti ufficiali Borbonici traditori.
I 16 trucidati dai rivoltosi
  1. Mastro Carmelo Luca (detto Curchiarella, di anni 36, guardia rurale);
  2. Dott. don Ignazio Cannata (di anni 70, notaio del­la Ducea Nelson);
  3. Don Antonino Cannata (di anni 34, figlio del no­taio Ignazio);
  4. Don Giacomo Mariano Zappia (di anni 36) figlio di Don Giuseppe;
  5. Dott. Don Mariano Mauro (di anni 22, avvocato, cugino di Mariano Zappia) figlio di Don Salvatore;
  6. I fratelli Don Nunzio Battaglia (di anni 38) e Don Giacomo Battaglia (di anni 33) figli di don Giu­seppe;
  7. Don Francesco Aidala (di anni 48, cassiere co­munale);
  8. Don Vito Margaglio di don Ferdinando (di anni 22);
  9. Don Vincenzo Lo Turco (di anni 40, impiegato del Catasto) figlio di Don Illuminato;
  10. I fratelli mastro Nunzio Lupo (di anni 40, falegna­me) e mastro Antonino Lupo (di anni 54), figli di mastro Nunzio;
  11. Don Giovanni Spitaleri (di anni 40, impiegato del Catasto) figlio di Don Gaetano;
  12. Don Rosario Leotta (di anni 45, segretario della Ducea Nelson);
  13. Don Giuseppe Martinez (di anni 43, usciere);
  14. Don Vincenzo Saitta (Mò, di anni 18, chierico) fi­glio di Don Vincenzo.

 
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Il prezzo dell'unità d'Italia, Meridionali uccisi ed esposti come trofei. La loro colpa ... non riconoscere i Savoia.

Post n°517 pubblicato il 02 Febbraio 2021 da AngeloQuaranta
 

 «Traditi egualmente, egualmente spogliati, risorgeremo allo stesso tempo dalle nostre sventure; ché mai ha durato lungamente l'opera della iniquità, né sono eterne le usurpazioni.» così Francesco II re delle Due Sicilie, parente dei Savoia commentò con amarezza l'occupazione di Garibaldi al servizio dei Savoia e fu costretto ad abbandonare il suo regno. Regno, che può essere paragonato alla Germania di oggi, in quanto stato all'avanguardia sotto tutti i punti di vista e non solo per la sua florida economia.

Il Movimento 24 agosto Equità Territoriale (M 24A ET) i guidato da Pino Aprile intende promuovere il giorno del 13 Febbraio, per ricordare i meridionali trucidati, perché fedeli al Re e non vollero riconoscere i Savoia. Le foto allegate riguardano un centro di raccolta dei patrioti meridionali che per la loro fedeltà furono spacciati per briganti .

 

 
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