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27^ 2011-2012: Genoa - Juventus 0-0

Post n°871 pubblicato il 12 Marzo 2012 da resistenzabianconera
 

Due pali, una traversa, un gol regolare annullato, un rigore non concesso...

Genoa (4-4-2): Frey 7, Rossi 7, Carvalho 7, Kaladze 6.5, Moretti 7, Jankovic 6.5 (16' Constant 6), Kucka 6,5, Biondini 7 (43' st Belluschi sv), Sculli 6 (1' st Mesto 6.5), Palacio 6.5, Gilardino 6. (22 Lupatelli, 4 Veloso, 9 Zè Eduardo, 19 Jorquera). All.: Marino.
Juventus (4-3-3): Buffon 6.5, Lichtsteiner 6, Caceres 6,5, Vidal 6, De Ceglie 6, Marchisio 6,5, Pirlo 6, Giaccherini 6.5 (42' st Borriello sv), Pepe 6,5 (26' st Elia sv), Matri 6 (30' st Del Piero sv), Vucinic 6.5. (30 Storari, 18 Quagliarella, 20 Padoin, 34 Marrone). All. Alessio.
Arbitro: Rizzoli di Bologna 6.
Recupero: 1' e 4'.
Angoli: 16 a 4 per la Juventus
Ammoniti: Jankovic, Moretti, De Ceglie per gioco scorretto; Kucka per comportamento non regolamentare; Pepe per proteste.
Spettatori: 28.000



La lite continua. Tra la Juve e il mondo arbitrale c’è ormai il totale dissenso e lo 0-0 di Genova porta altra legna al fuoco delle proteste. Che poi sia sempre legna buona e soprattutto che serva a cambiare qualcosa, se non in peggio, è da vedere, ma intanto la situazione è questa: i bianconeri hanno lasciato Marassi in silenzio stampa e non perché avessero sprecato tutto il fiato in campo. La provocazione è evidente. La Juve si lamenta ancora una volta per un paio di episodi: un rigore non fischiato a Matri, strattonato nel primo tempo da Carvalho, e soprattutto la rete annullata a Pepe, al 26’ della ripresa, per un fuorigioco che le immagini smentiscono visto che lo juventino era in linea con Moretti e Kaladze. Tanto basta a scatenare l’indignazione cui i genoani rispondono protestando per la mancata espulsione di De Ceglie, cui è stata risparmiato il secondo «giallo», e per un contrasto di Pirlo su Marco Rossi nei minuti di recupero. Il Genoa sostiene che il rigore era netto, e così pareva anche a noi finché non abbiamo visionato un fermo immagine in cui il piede di Pirlo stoppa il pallone e in un secondo tempo impatta l’avversario. Insomma è un gran pasticcio che ha avvelenato tutti e ha portato la Juve a un’esasperazione comprensibile ma dannosa prima di tutto a se stessa: a sentirsi vittime non si guadagna mai, persino quando si ha ragione.

Siamo partiti dagli episodi contestati perché hanno tenuto banco più della partita e si finirà per parlarne più di ogni altro aspetto del match, la cui verità l’ha detta alla fine il presidente del Genoa, Preziosi: «Nel gioco la Juve ci ha surclassato». È l’aspetto sul quale i bianconeri devono recriminare di più. Hanno mantenuto il controllo del campo per almeno 70 minuti, hanno battuto 17 calci d’angolo (se è un metro con cui misurare la supremazia territoriale) e non è bastato a schiodare il quattordicesimo pareggio che alimenta sempre più la fuga del Milan. Questa volta, oltre ai torti veri o presunti, ci si è messa di mezzo la sfortuna con la traversa e il palo colpiti di testa da Vucinic e il palo centrato da Pepe da pochi passi, il tutto tra l’8’ e il 15’ del secondo tempo. Ma, comunque la si giri, vale la considerazione che neppure dominando una squadra malissimo in arnese, com’è il Genoa di questi tempi, la Juve è tornata a vincere.

Si sono rivisti per lunghi tratti il gioco e la veemenza del periodo migliore. È mancato ancora il gol, più una colpa che una giustificazione. Lo 0-0 tra la squadra più battuta della serie A e l’altra con la difesa raffazzonata per gli infortuni e le squalifiche, al punto da proporre al centro Vidal, è il risultato più inatteso. Il Genoa ha avuto il lampo per squarciare il pari dopo 22 secondi. Fuga di Palacio e conclusione su cui Buffon è andato altissimo a smanacciare, arcuandosi come un ramo di gelso. Era un fuoco fatuo. Fin quasi all’intervallo il Genoa spariva nella coltre di rinvii affannosi, con troppa gente anticipata dagli juventini oppure fuori posizione, segnali di una condizione fisica lacunosa. La Juve aveva in mano il gioco. Come in altre occasioni pareva sul punto di passare e non ce la faceva mai, per l’ultimo appoggio sbagliato, per i cross di Pepe che colpivano sistematicamente l’avversario davanti a lui, per gli errori di mira o per le parate di Frey, finalmente un portiere di cui il Genoa può fidarsi dopo anni di apprendisti stregoni.

La ripresa si muoveva sulla stessa falsariga, anche se la sostituzione immediata di Sculli e quella successiva di Jankovic portavano i liguri a giocare finalmente in undici. A parte un’occasione di Kaladze, sventata da Buffon, c’era ancora molta Juve nel dominio del centrocampo dove Marino non aveva predisposto la marcatura a dobermann su Pirlo, libero di costruire. Le palle gol contro i pali accrescevano nei bianconeri la sensazione che il vento fosse girato, il gol negato a Pepe (migliorato nella ripresa) accresceva il nervosismo. Conte mandava a dire ad Alessio di togliere Matri, piuttosto inutile, per Del Piero. Cresceva la qualità ma Alex sbagliava l’approccio, cercando colpi di fino in un match ormai da sfangare via. Il contrasto tra Pirlo e Marco Rossi era l’ultima emozione. Dopo, soltanto le polemiche.

Conte confinato in tribuna per
la squalifica tira pugni al tavolo

Ma l’avete vista la moviola?», ribatte il direttore della comunicazione juventina, Claudio Albanese, alle telecamere già spianate sull’uscio degli spogliatoi di Marassi, in attesa della polemica. Qualche metro indietro, e alcuni minuti prima, il club ha appena risolto il dilemma morettiano: mi si nota di più se faccio baccano o se sto zitto? Avendo già tentato la prima opzione, senza grandi effetti, anzi, a Genova si sceglie la seconda: «Non parla nessuno».

Il silenzio stampa ai tempi dei social network, qualche bit lo lascia filtrare, però. Così, alle sei della sera, il primo tweet evita di dover interpretare i malumori di Madama: «La Juventus lascerà lo stadio senza rilasciare dichiarazioni: le immagini parlano da sole». Nel frattempo, si riempie l’arena di facebook, con il commento apparso sul profilo bianconero: «1 gol regolare annullato, episodi dubbi, 1 traversa, 2 pali, 16 calci d’angolo, miracoli di Frey: si può solo essere orgogliosi di questa squadra». E, ripetuto: «le immagini parlano da sole». L’elettorato juventino approva: in neppure mezz’ora, oltre novemila adesioni.

Che la tempesta fosse in arrivo, s’era intuito anche senza cinguettii telematici: bastavano i cazzotti sul tavolino di Antonio Conte, che la squalifica aveva esiliato nel gabbiotto Rai, Beppe Marotta che scuoteva la testa, Pavel Nedved che l’abbassava unendo le mani: come dire, roba da matti. Prima che s’attacchi la sfida, il passatempo di mezza tribuna genoana è scovare dove s’è nascosto Conte. Per fede, passione e carica starebbe volentieri tra le tribù della curva, il mestiere gli imponela cabina Rai: sfrattati i telecronisti e tappezzate di improbabile carta blu le pareti di vetro. Al fianco dell’allenatore c’è Fabio Paratici, coordinatore dell’Area tecnica, con l’auricolare spesso all’orecchio. Lo stesso avvistato da chi lavorava a bordo campo all’orecchio di Cristian Stellini, assistente tecnico, seduto in panchina. Una telefonata non allunga la vita, ma può suggerire un cambio. Neppure trenta secondi per il primo commento del tecnico, sul posizionamento dell’inedita difesa all’assalto di Palacio. Ma non sarà quello lo scandalo. Minuto 17: Matri va giù in area, strattonato da Carvalho. Conte pianta un pugno sul tavolo che fa vibrare il monitor, Paratici s’alza e impreca. Ormai è come fosse una partita di tennis: c’è gente che guarda ciò che succede sul campo e poi sbircia la reazione dell’allenatore. Su una punizione presa da Vucinic, e contestata dall’arena, volano gli insulti, e mica verso il montenegrino o l’arbitro, ma all’indirizzo del gabbiotto: «Ladri».

Ripresa. Mani davanti agli occhi per il palo centrato da Pepe. Che poi, però, segnerebbe un gol valido, cancellato da Rizzoli per fuorigioco (inesistente). Marotta legge l’sms di un amico: «Era buono». Scuote la testa, riferendo al banchiere Camillo Venesio e a Pavel Nedved, componenti del cda bianconero che gli siedono a fianco. Da come s’infila nel tunnel, t’aspetti accuse pesanti. Arriverà il silenzio. Ma siccome la rete è terra franca, Eljero Elia lancia il suo tweet: «Sono contento per la mia prima partita nel 2012. Voglio ringraziare i miei tifosi, i miei amici e la mia famiglia». Poco dopo: «Scusate per il risultato di oggi». Avrà dato un’occhiata alla moviola.

 
 
 
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