Schwed RaccontaSu e giù per la tastiera |
C'ERA UNA VOLTA MONTALCINO
JIGA MELIK E IL SIG. SCHWED
Jiga Melik è l'alter ego intermittente dello scrittore Alessandro Schwed. Il signor Melik nasce nel 1978 nella prima e provvisoria redazione del Male, un ex odoroso caseificio in via dei Magazzini Generali a Roma. Essendo un falso sembiante di Alessandro Schwed, Jiga Melik si specializza con grande naturalezza nella produzione di falsi e scritti di fatti verosimili. A ciò vanno aggiunti happening con Donato Sannini, come la consegna dei 16 Comandamenti sul Monte dei Cocci; la fondazione dell'Spa, Socialista partito aristocratico o Società per azioni, e la formidabile trombatura dello Spa, felicemente non ammesso alle regionali Lazio 1981; alcuni spettacoli nel teatro Off romano, tra cui "Chi ha paura di Jiga Melik?", con Donato Sannini e "Cinque piccoli musical" con le musiche di Arturo Annecchino; la partecipazione autoriale a programmi radio e Tv, tra cui la serie satirica "Teste di Gomma" a Tmc. Dopo vari anni di collaborazione coi Quotidiani Locali del Gruppo Espresso, Jiga Melik finalmente torna a casa, al Male di Vauro e Vincino. Il signor Schwed non si ritiene in alcun modo responsabile delle particolari iniziative del signor Melik.
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LA RICCHEZZA NON MI TERRORIZZA - Paola Severino si confessa con mePer conoscere il lato umano della compagine governativa, iniziamo un ciclo di interviste con i ministri professori. Il primo incontro è con Paola Severino, ministro della giustizia. In una famosa intervista dove le facevano notare che nella denuncia dei redditi di 7 milioni di euro si è dimenticata della villa da 10 milioni sull'Appia, il ministro ha risposto serenamente "Essere ricca non mi imbarazza affatto". Diciamo subito che a noi non interessano le insinuazioni realistiche secondo cui avrebbe evaso pur essendo la più ricca del governo. Vogliamo solamente far aprire il ministro e tirarne fuori la donna che vi è sigillata. La incontriamo al prestigioso ristorante Doria Pallavicini, il nove forchette dove ci ha invitato. Paola è già a tavola. "Eccolo! - esclama, umettandosi la bocca col tovagliolo - Sono arrivata un minuto prima, così mi avvantaggio". Indossa un giro di mezzo chilo di perle. "...E' mio ospite naturalmente. Si serva pure dei miei avanzi". Mi inchino e spiluzzico, tanto paga la Micragnosa. Prendo posto al grande tavolo circolare. "Magari possiamo cominciare l'intervista..." "Faccio scarpetta e sono tutta sua". "Allora, ha dichiarato che essere ricca non la imbarazza affatto" "E' vero. Perché l'opulenza è segno di ricchezza e la ricchezza di opulenza. Per esempio tra me e lei c'è un baratro". Ride a garganella, mostrandomi la maionese coi capperi che copre la sua lingua come un tappeto. Fa stappare un Roederer Crystal Rose. ""Lo sente il fruscio?". "Si, le cose, le bollicine lì..." - sono brillo e a stomaco vuoto. "Lo vede il baratro?...". "Veramente, vedo doppio". "Appunto, tra noi c'è la Fossa delle Marianne. Se io dico 'fruscio', mi riferisco a come frusciano i bigliettoni che mi costerà questa bottiglia, lei invece sogna bollicine". Ora che è fradicia, lo chiedo: "Ministro, posso osare una domanda estremamente intima?". Il ministro ride. Getta la testa indietro, i capelli volano compatti nell'aria e si riposano sulla nuca con un sonoro clac "Osi!!", ride, mordendo la collana di perle a 45 giri. "Paoletta, abbiamo capito cosa non la imbarazza, invece che cosa è che la imbarazza?". "Oddio...ma mi vergogno!..." La incoraggio. Si schernisce. "Faccia conto di essere sola e spogliarsi di tutto". "Guardi - fa inghiottendo una raffica di bianchi - ho spesso un incubo, una cosa densa...sono a letto...". Ah ecco, ci siamo...a letto. Poi?". "Sto dormendo, sogno. Sono completamente alla mercè: come nuda. "Come 'come nuda'? Senza tutti i vestiti?" No, peggio...peggio...". "Senza pelle?". "Peggio". "Senza ossa?" "Magari!...Sono dal parrucchiere. Eraldo mi ha appena fatto il carré. Vado a pagare. Lui mi fa: 380 perché è lei. Apro il portafoglio, non ho le carte di credito. Ho solo gli spiccioli: 170 euro. Capisce??". "Certo - deglutisco - 170 euri! Che cialtronata". "....Lo può dire...La stanza mi gira intorno con tutto Eraldo. Devo ancora fare colazione con mia figlia al Passetto, ritirare una comodino del '500 e pagare i pioppi giganti. Che ci faccio con 170 euro, la zingara? Bisogna che torni subito a casa. Devo controllare al pc se sono ancora ricca o sono diventata una di voi altri. Capisce che schifo?". Faccio segno di sì. Il ministro tossisce e mi sputa in fronte un nocciolo di ciliegia. "Ahi", mi lamento. "Stia zitto...nel sogno sono costretta a prendere la metro. Entro a piazzale Flaminio, con tutti gli estranei. Il vagone è pieno, devo rimanere in piedi. Un bambino si attacca al mio soprabito. Vomito... vomito...Dalla bocca mi esce un gatto". Il ministro sbianca, barcolla. Si alza in fretta. Portano il conto: 870 euro. Il ministro fruga nella borsetta. "Non è possibile - cinguetta - ho lasciato il portafogli a casa. Ci pensa lei?". Esce. Un momento: questo è l'incubo del ministro. Che c'entro io? |
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