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Fiamme sull'Arizona(2)

Post n°2571 pubblicato il 31 Marzo 2020 da paperino61to

                                   

I soldati si nascosero a ridosso della chiesa con i fucili in mano. In quel momento si aggrappavano a qualsiasi preghiera pur di uscirne vivi.

“Attaccheranno?”.

 “Per ora manderanno qualcuno in avanscoperta. Sicuramente entreranno dentro per dare un’occhiata…dite ai vostri uomini di non fare rumore e di non sparare, è l’unica speranza che possiamo avere”.

Quattro apache varcarono il portone della missione, i loro occhi scrutavano ogni cosa. Uno di loro scese in terra e osservò eventuali tracce, poi risalì a cavallo incitando gli altri a tornare al gruppo e facendo elevare l’urlo di guerra.

Il cowboy prese la mira e sparò, tre di loro caddero sul terreno, il quarto se la cavò per il rotto della cuffia.

“Chiudete il portone!” urlò il sergente.

“Andate a quelle finestre e sparate solo quando sono vicini, cercate di non sprecare colpi”.

Due finestre con grate in ferro davano sul terreno innanzi alla missione. Davanti al portone i soldati misero un paio di carri trovati dentro un capanno.

Sul campanile della chiesa salirono altri tre soldati a dare man forte ai due già presenti.

L’urlo degli apache fece capire agli assediati che la battaglia avrebbe avuto inizio. Il cowboy vide in testa alla carica Delgado e Cane Rosso.

Arrivati a una cinquantina di metri dalla missione una salva di colpi investì gli indiani. Le loro urla gelavano il sangue e le pallottole dei fucili degli apache mietevano le prime vittime tra i soldati.

“La vedo dura sergente”.

“Non disperate capitano, i miracoli a volte esistono…eccone un altro che morde la polvere!”.

“Dentro la chiesa, presto!” urlò il capitano. Dal campanile ridiscese solo un soldato, gli altri erano tutti morti.

Gli uomini lo seguirono, chiudendo il portone della chiesa e sbarrandolo con le panche trovate all’interno.

Il cowboy che ricordava di come poche persone si salvarono, andò alla ricerca di una via di fuga. Sotto l’altare vide una botola coperta di ragnatele e una panca messa nel tentativo di nasconderla, l’aprì, notò una scala. Decise di scendere. Era buio, ma capiva che davanti a se aveva un corridoio, accese un fiammifero e proseguì per parecchi metri. Davanti ai suoi occhi il corridoio si allargava in un semi cerchio, ai lati del muro vi erano delle cripte. Una di queste aveva un’inferriata aperta, e la luce del giorno che intravedeva arrivava dall’alto.

“Arrampicarsi non sarà facile ma neanche impossibile”.

Dopo qualche tentativo andato a vuoto riuscì ad arrivare in cima, il foro da dove filtrava la luce era giusto della grandezza per poter passare un uomo.

Sbucò all’aria aperta, era sulla collina dietro la missione, poteva vedere la battaglia in corso tra indiani e soldati. Ridiscese di corsa dalla stessa strada.

“Dov’eravate finito?”.

“Forse abbiamo una speranza di cavarcela, ma bisogna abbandonare i cavalli”.

“Parlate!”.

“C’è un’uscita che porta all’esterno della missione. Si passa da una cripta, non vi sono apache da quella parte”.

“A piedi come faremmo a salvarci?” domandò un soldato.

“Ho sentito lo scorrere del Gila River, non credo sia lontanissimo da qui.  E’ l’unico modo che abbiamo per sperare di salvarci, altrimenti non abbiamo scampo”.

I proiettili mietevano altri morti tra le file già esigue dei soldati.

Gli apache ad ogni carica erano sempre più vicini per entrare nella chiesa.

“Fateci strada. Sergente, voi state qui con un paio di soldati”.

“Bueno capitano, andiamo, poi tornerò  indietro a recuperare il sergente e i suoi uomini”.

Il cowboy fece vedere a Murray dove era il passaggio, poi tornò di corsa dai soldati rimasti in chiesa, uno di loro era ferito gravemente.

“Forza ragazzi è ora di sloggiare se tenete ai vostri scalpi!”.

Gli indiani erano riusciti ad entrare nella missione e si stavano lanciando contro il portone della chiesa.

 “Di qua, forza… e tu che fai?”.

“Non c’è la faccio amico, lasciami qui…so che sto morendo”.

“Manco ci penso, tu verrai con noi”.

“No cowboy, la morte sta arrivando…lasciatemi una pistola…adios amigo, sei una persona per bene non un fuorilegge come dicono…vai ora…e saluta i miei compagni”.

Il cowboy scese dalla botola, la richiuse alle sue spalle. Corse verso la cripta e salì rapidamente verso l’uscita. I colpi dei fucili e le grida degli indiani fecero capire che erano entrati nella chiesa.

                                             

“Forza ragazzi voi state qui, io vedrò se i nostri amici apache ci prestano qualche cavallo”.

“Voi siete matto, volete ritornare nella missione?”.

“A piedi faremo poca strada capitano, se guardate da quella parte i cavalli non sono sorvegliati da nessuno”.

Dicendo questo il cowboy si allontanò di corsa, scese dal lato della collina, gli indiani erano intenti a cercare dove fossero i superstiti. Doveva fare in fretta, non ci avrebbero messo molto a capire da dov’era scappati.

Non vi era nessuna sentinella a guardia dei cavalli, ciò lo trovava strano. Strisciando si avvicinò a loro. Lentamente salì su un cavallo e mentre compiva questo gesto, un apache spuntò dal nulla urlando e puntandogli il fucile. Il cowboy sparò, colpendolo a morte, poi incitò con altri spari i cavalli a scappare verso la collina.

I cavalli spaventati dagli spari incominciarono a correre, alcuni indiani tentarono di fermarli ma vennero travolti. Non capirono cosa fosse successo, il cowboy cavalcava tenendosi sul fianco del quadrupede per non farsi vedere.

Solo una decina di cavalli seguirono la direzione che l’uomo voleva, la maggior parte si dispersero in tutte le direzioni.

“Eccomi qui capitano, forza tutti a cavallo. Dobbiamo fare a meno delle selle ma credo che vi adeguerete in fretta”.

I soldati montarono sui cavalli e li spronarono al galoppo verso il Gila River.

“Avete il diavolo dalla vostra parte!”.

“Sergente, ho fatto un patto con lui, se mi lascia su questa terra non vado a rompergli le scatole nel suo regno”.

“Ecco il fiume!” urlò un soldato.

“Forza ragazzi un ultimo sforzo”.

Alle loro spalle un nutrito gruppo di apache stava arrivando, non tutti i cavalli erano scappati via.

“La corrente sta diventando forte…viene difficile guadare il fiume”.

“Possiamo seguire la corrente o tentare di arrivare sull’altra sponda. Anche gli apache avranno difficoltà ad attraversarlo”.

Un paio di soldati caddero in mezzo al guado, gli indiani  erano di nuovo sulle loro tracce.

“Che facciamo capitano?” domandò un soldato.

Il cowboy rispose che la cosa migliore era farsi trascinare dalla corrente: “Non ci sono cascate per fortuna, e sicuramente il fiume non avrà questa corrente forte per tutto il suo proseguo”.

“Bene, soldati…” una pallottola lo prese in pieno petto, il fiume lo trascinò via come se fosse stato un fuscello.

“Capitano” urlò il sergente, sapendo bene che non poteva più fare nulla.

“Vamos sergente, pensate ai vostri uomini, adesso siete voi l’ufficiale, sono nelle vostre mani”.

“Avete ragione…ragazzi tenetevi al cavallo e lasciate che la corrente vi porti con sé”.

Pochi apache tentarono di emulare i soldati, ma le acque impetuose del fiume li trascinò con se facendoli annegare.

Parecchie miglia dopo i soldati riuscirono a risalire sulle riva, il fiume aveva perso la sua intensità.

“Saremmo lontani dal forte?”.

“Non credo, qualche miglia…vuole fare riposare i suoi uomini? Anche i cavalli ne hanno bisogno”.

“Ragazzi  riposiamoci,  una decina di minuti non di più”.

Poi si rivolse al cowboy chiedendo che fine hanno fatto i loro inseguitori.

“Non lo so sergente, posso solo ipotizzare che siano andati alla ricerca di altre persone da scalpare”.

“Se i musi rossi vanno ad ovest troveranno dei ranch…bisogna andare ad avvertire quella gente”.

“Non possiamo fare nulla, prima arriviamo al forte e poi si vedrà il da farsi”.

Ripresero la cavalcata a passo lento per non sfiancare troppo i cavalli, verso l’imbrunire arrivarono a Forte Hutaca.

Il silenzio fu rotto dal soldato di guardia che domanda chi erano.

“Apri il portone, siamo del terzo cavalleria, sono il sergente McGregory!”.

Gli uomini entrarono e lentamente, distrutti dalla fatica e dalla tensione accumulata, si lasciarono cadere a terra. Fu chiamato il comandante del forte e il medico.

“Sergente, cosa è successo?”.

Il soldato rispose di come fossero stati attaccati dagli apache e di come il cowboy li avesse portati in salvo.

Il comandante strinse la mano all’uomo e ringraziò per ciò che aveva fatto. Gli domandò come poteva sdebitarsi.

“Mi dia un cavallo, proverò ad avvertire la gente che è a ovest del Gila River, ho come impressione che sull’Arizona ci saranno venti di guerra indiana”.

“Non vuole riposarsi? “.

“Nel frattempo che mi diate un cavallo andrò a mangiare qualcosa poi ripartirò immediatamente”.

Il comandante lo vide allontanarsi verso il saloon del forte, poi chiese al sergente cosa ne pensasse di quell’uomo.

“Ne avessimo in cavalleria di gente di quello stampo”.

“Mi fido del suo giudizio sergente McGregory…ma stavo pensando, è consigliabile lasciarlo andare da solo? Gli apache sono sul sentiero di guerra, e se gli succede qualcosa chi avvertirà i coloni?”.

“Se lei mi concede il permesso potrei andare io con lui”.

Il comandante rifletté un attimo poi concesse il permesso :”Ora vada anche lei a mangiare, farò preparare i migliori cavalli  del forte e buona fortuna, ne avrete bisogno. Aspetti…vi farò avere una mappa di dove si trovino i ranch”.

Il sergente si sedette al tavolo del cowboy, ordinò da mangiare, ma prima: “Un bella bottiglia di whisky oste della malora!”.

(continua)

 
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