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Messaggi di Settembre 2021

 

Al di là di ogni sospetto (10 capitolo)

Post n°2813 pubblicato il 19 Settembre 2021 da paperino61to

Riassunto: Le indagini sulle morti dei due agenti segreti hanno portato ad individuare il maggiore Carasso, ufficiale della caserma Amione. Sicuramente, quest’ultimo ha come complice il titolare della ditta Salza. Berardi grazie anche alla soffiata fatta dalla segretaria di quest’ultimo, viene a sapere che vi sono fatture gonfiate e materiale pagato ma mai spedito all’esercito. Quando il commissario ritorna in ditta per avere informazioni maggiori dalla Terazzi scopre che la signorina è partita, capisce all’istante che la donna è stata rapita ed è in pericolo. Inoltre rimane sempre da scoprire chi è la donna misteriosa vista uscire dalla pensione dove l’agente Priero sotto falso nome alloggiava.

 

 

                      

 

Lascio la ditta con l’amaro in bocca, la giovine donna è in pericolo ne sono sicuro. Riprovo a passare dall’alloggio ma come sospettavo non c’è nessuno al suo interno. Ritorno in questura e chiedo a Tirdi di rintracciare i genitori della Terazzi.

“Ecco il numero di telefono, abitano in via Lucento numero 12, la via si trova al confine con Madonna di Campagna.

Compongo il numero e una voce maschile mi risponde.

“Buongiono chiamo dalla questura, vorrei parlare con la signorina Laura Terazzi per favore”.

“Qui non esiste nessuna Laura, buongiorno!”.

Non faccio in tempo a rispondere che l’uomo riattacca.

“Tirdi, prendiamo la macchina e rechiamoci immediatamente all’indirizzo che mi hai dato”.

La casa è isolata, la prima fattoria si trova a circa un chilometro.

“Eccoci arrivati, quindi secondo lei dentro la casa qualcuno tiene in ostaggio la ragazza?”.

“Forse. Avviciniamoci senza farci vedere”.

Prendiamo la strada per la fattoria e poi tagliamo per i campi alle spalle della casa.

Le finestre sono chiuse, si nota che vive qualcuno solo per il fumo che esce dal comignolo e lentamente arriviamo alla porta. La casa non ha piani, dall’interno ci giungono delle voci: “Se fate come vi dico nessuno di voi si farà del male…!”.

Entrare non sarà facile, l’unica è tentare un bluff sperando che Dio me la mandi buona.

Decido di bussare alla porta ed esclamo a voce alta: “Apri! Mi manda il capo, è urgente!”.

Sento dei passi dietro alla porta, l’uomo non sa se crederci oppure no.

“Apri santo cielo, siamo nei guai… hanno arrestato Salza e ha vuotato il sacco, dobbiamo scappare!”.

Sento la chiave della porta girare, con una spallata entro seguito a ruota da Tirdi.

“Polizia! In alto le mani e non tentare scherzi!”.

Sento le imprecazioni uscire dalla bocca dell’uomo mentre Tirdi lo ammanetta.

Seduti al tavolo ci sono due persone anziane, sicuramente sono i genitori della Terazzi.

“E’ finita signori, siete liberi”.

La donna si alza e mi abbraccia piangendo mentre l’uomo claudicante mi viene incontro.

“Grazie signore, ma come avete fatto a sapere che eravamo in ostaggio?”.

“Ha sbagliato risposta al telefono” e indico il malvivente.

“Come possiamo sdebitarci con voi? Volete un bicchiere di vino buono?”.

“Quello non si rifiuta mai, vero Tirdi? Lo accettiamo molto volentieri mentre ci raccontate cosa è successo e del perché quest’uomo vi teneva in ostaggio”.

Dal loro discorso capisco che la figlia è passata a trovarli in compagnia di un paio di persone, gli ha detto che per qualche giorno si allontanava da Torino e che uno di questi uomini sarebbe rimasto qui con noi.

“Non capivamo cosa fosse successo, vedevo sul volto di Laura la paura”.

“A voi non ha detto dove andava?”.

“No, l’unica cosa che ha lasciato è un libro, vado a prenderlo!”.

E’ un libro di poesie dentro c’è una cartolina che ritrae il lago di Viverone, sul retro ci sono dei segni scritti a penna che non riesco a decifrare. Saranno delle indicazioni di dove l’hanno portata?

Potrebbe essere un’ipotesi non campata in aria. Domando al padre se la figlia sia mai stata da quelle parti e la risposta è negativa.

“Ho capito dove hanno portato vostra figlia! State tranquilli, ve la riporto a casa sana e salva, ve lo prometto. Andiamo Tirdi, torniamo in questura a far cantare questo fringuello!”.

“Commissario ma davvero ha capito dove si trova la ragazza?”.

“Si! E’ stata molto furba, ha fatto in modo di dirci che si trova sul lago di Viverone, sapeva che saremmo andati a cercarla dai genitori, è l’unico modo per farcelo sapere era comprare qualcosa che riguardasse il lago, come appunto una cartolina.

“Come faceva a sapere che l’avrebbero portata da quelle parti?”.

“Evidentemente glielo hanno detto, lei ha avuto la prontezza di farcelo sapere in questa maniera. Ora bisogna scoprire il luogo esatto dove è nascosta”.

Arrivati in questura porto con noi il malvivente e nonostante non voglia aprire bocca alla fine cede. Gli faccio credere che Salza e soci abbiano confessato il rapimento.

“Io non voglio pagare anche per loro, la ragazza si trova sul lago di Viverone, ma non conosco la pensione in cui alloggia. Con lei ci sono un paio dei nostri, la tengono d’occhio notte e giorno”.

“Perché l’hanno rapita e portata via da Torino? Salza ci ha raccontano che si sentivano in pericolo per colpa della donna”.

Tirdi a fatica si contiene dal ridere alla bugia appena detta.

“Lei ha visto e sa cose che non avrebbe dovuto ne vedere o sentire, Salza lo sapeva e per questo ha deciso di farla sparire. Qualcuno gli aveva consigliato di ucciderla, ma lui si è rifiutato, non se la sentiva, era come una figlia per lui, almeno così ha detto, secondo me era innamorato. Per questo ha deciso di portarla via da Torino in attesa di un ultimo colpo, sapeva che gli stavate sul collo”.

“Perché proprio a Viverone?”.

“Ha dei contatti in quella zona, gente fidata ha detto”.

“Tu perché stavi dai genitori?”.

“Per controllarli, potevano venire da voi a denunciare il rapimento. Ogni sera alle 22 arriva una telefonata, io rispondo che va tutto bene”.

“Una sola al giorno?”.

“Si!”.

“Ora dimmi i nomi di della banda, se collabori parlerò con il giudice che ne terrà conto”.

Dopo una decina di minuti abbiamo in mano i nomi dei complici, manca solo quello del capo, l’uomo ha ribadito che non conosce chi fosse, non l’aveva mai visto, ma sempre sentito solo nominare da Salza e un militare: “Lo chiamavano il capo”.

La mia convinzione va a farsi benedire, ovvero che Salza o Carasso fosse il capo dell’intera banda.

Faccio il finto tonto, e domando chi sia il militare, l’uomo risponde che è un ufficiale dell’esercito ma non sa come si chiama. Gli porgo la fotografia per il riconoscimento:” Si è lui, ne sono sicuro!”.

“Bene, qui abbiamo finito, chiama un paio dei nostri e portalo alle Nuove, io chiamo il direttore del carcere, lo facciamo mettere in isolamento per la sua sicurezza credimi”.  

 ( Continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Hit Italia 1964

Post n°2812 pubblicato il 18 Settembre 2021 da paperino61to

Buon sabato a tutti dal rockcafè, stasera musica italiana con le hit del 1964...come ero piccino :-)

 

 

 

 

 

 

 

 

         

 

 

 

 

         

 

 

 

 

          

 

 

 

 

          

 

 

 

 

     

 
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Al di là di ogni sospetto (9 capitolo)

Post n°2811 pubblicato il 17 Settembre 2021 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indagano su degli omicidi scopre che le vittime facevano parte dei servizi segreti del SIM. Costoro stavano indagando sulla ditta Salza rifornitrice di materiali per il regio esercito. La segretaria del titolare, confida al commissario di essere venuta in possesso di fatture gonfiate e non esclude anche che l’esercito abbia pagato materiale mai ricevuto. La donna però non conclude la chiacchierata perché spaventata da due uomini e scappa via. Alla sera Berardi riceve una telefonata da lei che gli intima di non importunarla più. Il commissario capisce che è stata minacciata. L’indomani con Tirdi vedono la segretaria salire su un auto e la pedinano, Berardi nota la targa dell’auto e confida al collega di avere trovato l’auto che ha investito e ucciso Sibona, il secondo agente segreto. La donna viene portata al cospetto di un uomo. Al ritorno Berardi decide di seguire il misterioso uomo. L’auto si ferma davanti a una caserma e il misterioso personaggio entra nell’edificio. Berardi decide con Tirdi un piano per fotografare questa persona. Con la fotografia decidono di andare nella locanda davanti alla caserma, ma un attimo prima di entrare vedono il garzone arrivare. Dalle risposte del ragazzo capiscono che è il covo della banda, inoltre riconosce l’uomo che ha parlato con la segretaria e che è entrato nella caserma, è un militare. In questura Berardi conosce l’ex colonello amico del questore, tale Osvaldo Riboni, il quale dopo avere visto la fotografia fa nome e cognome del misterioso uomo: il maggiore Luca Carasso.

 

 

 

 

 

 

 

“Cosa intende fare Berardi? E’ fuori discussione un intervento in quella locanda, possono benissimo essere delle riunioni tra amici”.

“Non lo so, pedinare il maggiore è l’unica soluzione…forse abbiamo un’altra opzione…risalire al proprietario dell’auto che ha investito Sibona”.

“Commissario, che io sappia Carasso non aveva auto e neanche sua moglie, si appoggiavano sempre alle auto di servizio presenti in caserma”.

“Questo spiegherebbe l’automobile con lo stemma visto dal testimone della pensione di via Amedeo”.

“Bene Berardi, cerchi di risalire al proprietario di quell’auto”.

Ritorno in ufficio e vengo a conoscenza di una denuncia per furto di un automobile lo stesso giorno in cui è stato ritrovato morto Priero. La denuncia è stata presentata dalla signora Annalisa Feroglio via Lancia numero 16.

“Tirdi vieni con me, siamo risaliti al proprietario dell’auto dove abbiamo trovato il cadavere di Priero”.

Il condominio è situato in zona San Paolo, non c’è portineria e la donna abita al piano terra.

“Buongiorno, chi siete, cosa volete?”.

“Siamo della polizia, commissario Berardi, lei è la signora Feroglio?”.

La donna ci guarda e risponde di si.

“Prego entrate!”.

Veniamo fatti accomodare in tinello.

“Signora lei ha fatto denuncia di un furto di auto?”.

“Si certo “e indica il giorno della denuncia.

“Al mattino scendo per andare al lavoro e non la trovo più, capisco subito che me l’hanno rubata”.

“Lei che lavora svolge?”.

“Sono impiegata alla banca ad Alpignano, una piccola banca, ma perché l’avete ritrovata?”.

 

 “Credo proprio si, dovrebbe venire di persona a confermare se è la sua auto, hanno cancellato ogni riferimento in modo che non potessimo risalire a lei”.

“Assurdo…ma un ladro non si prende la briga di fare questo o sbaglio?”.

“No signora, ma purtroppo per motivi di indagine non posso dirle a cosa è servita la sua auto, ma certamente chi gliela rubata non era un semplice ladro mi creda”.

“Mio dio…vuol dire che io andrò nei guai?” domanda con voce tremante.

“No, stia tranquilla, lei venga solo al nostro magazzino e se la riconosce lo dica all’agente di turno, arrivederci”. Uscendo dall’alloggio Tirdi mi domanda se sono sicuro che sia la stessa auto del delitto di Priero.

“Si Tirdi ne sono sicuro e ora andiamo a riferire al questore ciò che abbiamo scoperto”.

“Bene Berardi lei continui l’indagine, se riesce a trovare una prova concreta me la porti e le firmo l’avviso di arresto per il maggiore”.

Già la prova, l’unica persona che poteva fornirmela ha ritrattato dopo esser stata minacciata. Decido lo stesso di riprovarci e vado allo stabilimento dove lavora la Terazzi. Sicuramente nell’ora di pausa la vedrò uscire, senza sapere che una delusione mi stava aspettando.

Sono le due del pomeriggio e della ragazza manco l’ombra, decido di entrare e mi reco nel suo ufficio. Grande è lo stupore quando vedo un’altra donna.

“Buongiorno, desidera?”.

Rimango un attimo in silenzio e poi domando della Terazzi.

“Scusi, ma lei chi è?”.

“Commissario Berardi, dovrei porre alcune domande alla signorina”.

“Posso solo dirle che la Terazzi non lavora più qui”.

Tutto il mio stupore compare sul mio volto.

“Come mai?”.

“Non so dirle nulla di preciso non so se si è licenziata oppure no, qui avevano bisogno di una nuova impiegata e mi sono presentata”.

“Capisco, e immagino non conosca dove sia andata?”.

 

 

 

La risposta come presumo è negativa: “Potrebbe domandare al dottore, sta arrivando in questo momento”.

Vedo Salza in compagnia di un uomo, a prima vista mi sembra quello che guidava l’auto che avevamo seguito a Rivoli, ci fosse Tirdi sicuramente lo riconoscerebbe. Decido di andargli incontro.

“Buongiorno dottor Salza”.

“Ancora lei commissario? Cosa vuole ancora da me?”.

L’uomo accanto si defila senza perdermi mai di vista.

“La Terazzi, ho saputo che si è licenziata!”.

“No affatto! Mi ha detto che aveva dei problemi famigliari e gli ho concesso delle ferie”.

“Capisco, sa dove è andata?”.

 “Mi spiace ma non lo ha detto…sembrava molto agitata. Se vuole le faccio vedere il foglio di domanda firmato dalla signorina”.

Non è il caso, se dovesse sentirla mi chiami nel mio ufficio…a proposito il nome di Giacomo Priero le dice nulla?”.

L’uomo scuote la testa in segno di diniego, ma i suoi occhi guardano per terra.

“Un ultima domanda, sa dove abitano i genitori della signorina Terazzi?”.

 

“Non ho la più pallida idea e ora mi scusi, devo mandare avanti un’azienda, arrivederci!”.

(Continua)

 

 

 
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Al di là di ogni sospetto (8 capitolo)

Post n°2810 pubblicato il 16 Settembre 2021 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indaga sulla morte di un uomo, ucciso dentro un auto. Alcuni testimoni lo riconosco e fanno il nome di Luciano Feriolo. Costui è stato visto diverse volte nella ditta Salza , una ditta che rifornisce l’esercito. L’impiegata, Laura Terazzi confida al commissario che Feriolo alloggiava in una pensione di Corso Duca degli Abruzzi, inoltre chiede al commissario di dargli un appuntamento al di fuori della ditta perché deve parlargli. Berardi rimane stupido della frase sulla pensione, e con Tirdi riescono risalire dove Feriolo alloggiava. La sorpresa è grande quando vengono a sapere che si era registrato sotto il suo nome vero: Giacomo Priero. Nella pensione vi è anche un certo Sibona, anche lui rappresentate per fornitura militare. Berardi non crede alle coincidenze e alla sera si reca a parlare con Sibona. Quest’ultimo viene investito da un auto che poi scappa. Il commissario scopre che la vittima è un agente dei servizi segreti, ed è sicuro che anche Priero/Feriolo lo sia. La Terazzi riferisce a Berardi di certe fatture gonfiate e materiale pagato dall’esercito ma mai spedito. La donna scappa via spaventata e alla sera dice al commissario di non cercarla più. Lui capisce che qualcuno la minaccia, il suo alloggio è stato visitato da ladri che cercavano qualcosa. L’indomani mattina con Tirdi seguono la donna, che nel frattempo è stata prelevata da un auto e portata a Rivoli. Qui la donna incontra un uomo. Nel tornare indietro Berardi decide di seguire l’auto misteriosa. Questa arriva alla Caserma Amione del genio militare, dall’auto scende una persona che entra nel portone. Berardi riferisce al questore che secondo lui c’è un militare dietro alla morte dei due agenti segreti. Il questore intanto chiama un suo amico un ex colonello ora in pensione.

 

                              

 

Nel pomeriggio arriva trafelato Tirdi, tutto entusiasta, capisco che ha fotografato il personaggio misterioso.

“Commissario, ecco le fotografie”.

Bravo Tirdi, ha già fatto sviluppare gli scatti.

“Bene, ora vado dal questore, vieni anche tu!”.

“Buongiorno signor questore, abbiamo le fotografie del personaggio entrato nella caserma”.

“Bravo commissario e bravo anche lei Tirdi. Chiamo subito il mio amico e farò vedere a lui queste foto, chissà che non riconosca questo militare”.

“Dalle stellette non credo di sbagliare che è un maggiore”.

“Non sbaglia commissario, è un maggiore. Ora vada, le farò sapere al più presto se vi sono novità in merito”.

Usciamo dall’ufficio con una parvenza di ottimismo. Tirdi mi guarda e sottovoce mi dice che ha fatto fare delle copie in più delle fotografie: “Potremmo andare nella zona della caserma e domandare se conoscono questo colonello”.

“Ci avevo pensato, ma il questore ha posto il divieto, con le nostre domande potremmo metterlo in allarme…però…però possiamo tentare…andiamo!”.

La locanda davanti alla caserma è piena di militari, evidentemente sono in libera uscita. Entrare e domandare chi è questo ufficiale viene complicato. Dietro al bancone vedo un uomo, presumo sia il proprietario.

Tirdi mi fa segno che un ragazzino sta portando un carretto, gli andiamo incontro.

“Ciao, posso farti una domanda? Non aver paura”.

Il ragazzo ci guarda con aria impaurita, avrà al massimo dieci anni.

“Stai tranquillo siamo della polizia” mostro il tesserino.

“Dite pure signore, ma fate in fretta altrimenti il padrone si arrabbia se arrivo in ritardo”.

“Lavori nella locanda?”

La risposta è affermativa.

“Ti va di guadagnare quindici lire?”.

Il volto del ragazzo si illumina: “Cosa devo fare?”.

“Il mio collega ti farà vedere una fotografia, devi solo dire se hai già visto questa persona”.

Tirdi mostra la fotografia e il ragazzo risponde che lo ha visto diverse volte nella locanda, ma non sa come si chiama: “Il padrone gli dà la stanzetta nel retro, di solito questo signore è sempre in compagnia di altre persone”.

“Le conosci queste persone?”.

“No signore, però sono sempre le stesse con cui parla”.

“Ne sei sicuro?”.

“Si! Sicurissimo”.

Domando se per caso sentiva di cosa parlassero queste persone.

“Non ne ho idea, quando arrivano io devo sparire, il padrone mi manda sempre a fare commissioni, a volte mi dice di tornare pure a casa”.

“Solo quando ci sono queste persone o capita anche altre volte che ti manda via?”.

“No, solo quando ci sono quelle persone. Non so perché mi manda via, io esco e vado a giocare con i miei amici”.

“Un’ultima cosa, il tuo padrone ti sembra amico di quel militare?”.

Il ragazzo ci pensa su e poi risponde di sì.

“Bene, è tutto, eccoti come promesso le quindici lire…mi raccomando non dire nulla al padrone della locanda”.

“Stia tranquillo signore non dirò nulla glielo prometto, ma lei me ne faccia una a me di promessa”.

“Dimmi”.

“Se il padrone è amico di gente poco onesta, mi prometta che lo manda in galera? E’ un bruto, a volte mi picchia se non obbedisco subito. Non posso dirlo ai miei genitori, altrimenti non porto più soldi a casa, e noi ne abbiamo tanto bisogno”.

Gli accarezzo i capelli: “Promesso…e anche se non fosse coinvolto vedrai che non ti alzerà più le mani, fidati!”.

Il ragazzo si allontana, mentre sta prendendo piede un’ipotesi, la locanda serve da base, il colonello e Salza assieme ad altre persone concordano come truffare l’esercito.

 

“Che facciamo ora commissario?”.

“Torniamo in questura e speriamo che il colonello abbia parlato con quel suo amico”.

La fortuna mi assiste, il questore mi chiama per andare nel suo ufficio.

“Berardi, le presento il mio amico Osvaldo Riboni, ex colonello ora in pensione…ma si segga commissario”.

Saluto il maggiore e spiego cosa ho scoperto alla locanda.

“Immaginavo che ci andasse, la conosco troppo bene” mi dice il questore e prosegue:

“Quindi secondo lei quel ragazzino ha detto la verità, il colonello e i suoi amici si vedono nella locanda?”.

“Si! Nessun dubbio da parte mia che abbia detto la verità”.

“Bisognerebbe esserne sicuro, ma pensiamo al suo misterioso personaggio, prego Osvaldo parla tu ora”.

“Bene, commissario Berardi, questo ufficiale, si chiama Luca Carasso, è stato promosso maggiore subito dopo che ero andato in pensione, era un mio ufficiale, un ottimo ufficiale, ma cosa ha fatto per interessarle?”.

“Cos’altro sa dirmi? Ha mai notato qualcosa di sospetto nei suoi confronti?”.

“Giravano voci che se la intendesse con certe persone losche della città…ma erano voci, un’indagine segreta ordinata da me non ha portato a nulla”.

“Come mai è stato trasferito alla caserma Amione?”.

“Io ero già in pensione e quando l’ho saputo sono rimasto stupito, ho provato a domandare ai miei ex colleghi, ma non lo sapevano neanche loro. Qualcuno diceva che Carasso abbia smosso le acque facendo intervenire alti locati da Roma”.

“Ammetiamo che la cosa sia vera, dovrà aver avuto un motivo più che valido per farsi trasferire in quella caserma, non trovi Osvaldo?”.

“Si amico mio e se è vero ciò che il tuo commissario dice su questa indagine, si capisce il motivo del voler essere trasferito in quella caserma”.

“Senta signor Riboni, sa se il maggiore è sposato?”.

“Certamente, è sposato, ma perché me lo domanda?”.

“Perché in questa faccenda vi è anche una misteriosa donna dai capelli rossi vista salire su un’auto del regio esercito, Si è vista con un agente segreto che indagava su Carasso”.

(Continua)

 

 

 

 
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Al di là di ogni sospetto (7 capitolo)

Post n°2809 pubblicato il 15 Settembre 2021 da paperino61to

 

Riassunto: Il commissario Berardi riesce a scoprire che la vittima uccisa in un auto non si chiamava Feriolo Luciano ma bensì Giacomo Priero. Nella pensione di corso Duca degli Abruzzi dove alloggiava solo di sera, un altro cliente Felice Sibona rappresentate di forniture militari come il primo, viene investito da un automobile che scappa a tutta velocità mentre il commissario aspettava quest’ultimo. Viene a scoprire che il Sibona era un agente dei servizi segreti del SIM. Da alcuni fogli ritrovati nella camera di costui vi è il nome segnato con P. come Priero. La prima vittima è stata vista diversa volta nella Ditta Salza, anch’essa fornitrice di materiale per l’esercito. Dalla segretaria Laura Terazzi il commissario viene a sapere che la signorina ha nascosto dei documenti dove vi sono fatture gonfiate e sospette vendite di materiale mai spedito all’esercito. La donna non finisce di rispondere alle domande che scappa via spaventata. Tornato in ditta, gli rispondono che ne Salza ne la segretaria è tornata al lavoro. Va all’indirizzo di dove abita la donna e l’alloggio è a soqquadro. Torando di nuovo in ditta incontra il titolare che gli risponde che la donna ha dovuto andare via prima. Una telefonata della Terazzi invita Berardi a non importunarla più. Egli capisce che sta mentendo per paura. Nell’indagine compare anche una misteriosa donna vista uscire dalla pensione dove alloggiava Feriolo alias Priero e salire su un auto del Regio Esercito, e l’uomo è stato ucciso da un’arma appartenente all’esercito. Un filo lega tutti questi avvenimenti e morti.

 

                                           

 

L’indomani mattina aspetto che la signorina esca di casa, con Tirdi siamo appostati un paio di portoni prima del suo. Notiamo un auto che si ferma, un uomo scende e la fa salire.

“Seguila!”.

L’auto svolta a sinistra per Corso Francia e si dirige verso Rivoli.

“Dove staranno andando?”.

“Non ne ho la minima idea, sicuramente ad incontrare qualcuno…e non credo sia un incontro di cortesia per la Terazzi”.

La macchina si ferma a ridosso di un giardinetto.

“Ferma qui! Andiamo a piedi”.

L’uomo e la ragazza attraversano il giardinetto fino alla panchina in fondo ad esso. Un altro uomo li sta aspettando.

“Si potesse sentire cosa dicono”.

“Tirdi vai tu, la ragazza non ti conosce, prova a far finta di nulla e avvicinati a quella panchina non lontana da loro”.

Il terzetto vede arrivare il mio collega ma non si scompone. Dal mio punto di osservazione la ragazza mi sembra spaventata a morte. Si siede e si mette la testa tra le mani.

Tirdi si siede sulla panchina, dalla tasca tira fuori un libricino, in modo da non insospettire.

Dopo una ventina di minuti, il terzetto se ne va.

“Che facciamo commissario? Chi seguiamo?”.

“Segui il misterioso uomo, hai potuto sentire quello che si dicevano?”.

“No commissario, sentivo solo la ragazza che balbettava qualcosa, ma non ho capito”.

L’uomo lo vediamo percorrere a piedi un centinaio di metri, si avvicina a un auto che lo attende.

“Seguila e non perderla di vista. Io prendo il numero della targa: To6812”.

“Abbiamo trovato l’auto che ha investito Sibona!”.

“Ne è sicuro commissario? Allora dobbiamo fermarla”.

“Per quanto ne possa essere sicuro, non ho in mano la prova certa. Io sono solo riuscito a vedere gli ultimi due numeri e a riconoscere che era un auto di colore grigia come quella, meglio seguirli e cercare di capire dove vanno”.

Ripercorriamo Corso Francia, l’auto che ci precede svolta sulla sinistra e si ferma davanti alla caserma Amione del genio militare, l’uomo del parco scende ed entra nel portone.

“Ma non apparteneva alla Fiat?”.

“No, è stata messa in liquidazione anni fa e l’esercito ha requisito lo stabilimento”.

“Bene, ora sappiamo qualcosa in più sui due omicidi, perché sono convinto che il nostro misterioso amico sia un militare, ma c’entra anche con la morte di Priero?”.

“La ragazza non gli ha mentito dicendo che c’erano fatture gonfiate e che l’esercito senza batter ciglio ha pagato e questo vorrebbe dire che all’interno della caserma c’è un complice di Salza”.

“Esatto Tirdi, dobbiamo scoprire chi è questo misterioso amico. Ora torna in questura”.

Mi reco dal questore e spiego gli ultimi avvenimenti. Rimane perplesso in merito alla pista che sto seguendo.

“Cosa intende fare Berardi?”.

“Scoprire chi è questa persona, sicuramente appartiene all’esercito, non si entra in una caserma facendo il saluto militare alla sentinella se sei un civile”.

“Mettiamo che lei abbia ragione, come farà a scoprire chi sia questa persona?”.

“Sia io che Tirdi l’abbiamo visto, pensavo di appostarci davanti alla caserma e fotografarlo quando esce, poi con la foto del militare, domandare nella locanda che si trova innanzi alla caserma se lo conoscono”.

Il questore è dubbioso in merito a questa iniziativa.

“Se il proprietario è amico di questo personaggio, chi ci dice che non lo avverta che qualcuno lo sta cercando?”.

“Capisco cosa voglia dire signor questore, ma altrimenti che possiamo fare? Ci sono due strade da intraprendere: tornare in ditta e far vedere la foto ai dipendenti, ma così facendo metto in allarme Salza e peggio ancora coinvolgo di più la Terazzi…oppure mandare la fotografia dell’uomo direttamente al comando provinciale, ove non è detto che ci diano informazioni senza un motivo valido”.

Il questore ci riflette poi concede l’autorizzazione a fotografarlo: “Ma si limiti solo a questo Beradi, io intanto sento un mio amico che è un ex colonello”.

 

 “Tirdi, io e te faremo a turno davanti alla caserma Amione, ci portiamo una bella macchina fotografica e appena esce il nostro amico lo fotografiamo”.

“Va bene commissario, quando iniziamo l’appostamento?”.

“Subito, tu vai a casa dai tuoi cari, ci vediamo domani mattina”.

La notte passa lentamente senza nessuno con cui scambiare quattro chiacchere. La zona è deserta, dal portone sono usciti solo un paio di mezzi militari che hanno fatto rientro verso mezzanotte. Del misterioso uomo neanche l’ombra, evidentemente alloggia in caserma, non so perché ma mi sono fatto l’idea che non sia un semplice soldato, ma un graduato e anche di peso.

L’indomani mattina vedo arrivare Tirdi, povero diavolo mi spiace averlo fatto alzare così’ presto.

“Buongiorno commissario, come è andata la nottata?”.

“Ciao Tirdi, potevi arrivare anche più tardi non c’era nessun problema. Notte tranquilla, il nostro amico non si è mosso, speriamo che tu sia più fortunato”.

Non torno in questura ma vado a casa, ho bisogno di un paio di ore di sonno, in auto non si dorme bene per nulla.
Maria mi ha aspettato, sul suo volto la preoccupazione.

“Marco, meno male, ero in pensiero. Vuoi che ti metta su il caffè?”.

“Si Maria, grazie ne ho bisogno, non ho chiuso occhio stanotte. Mi cambio e poi vado a dormire, spero di riposare un paio di ore”.

“Se vuoi non vado al lavoro, telefono alla signora…”.

“No vai pure, Tirdi mi ha dato il cambio e se il nostro amico si fa vedere, lo fotografa e poi torna in questura, altrimenti per l’una vado a dargli il cambio”.

Bevuto il caffè, mi metto a letto e in un attimo sprofondo tra le braccia di Morfeo, faccio solo in tempo a sentire il bacio di Maria.

(Continua)

 

 
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