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La riga

Post n°2 pubblicato il 11 Dicembre 2012 da alias.ego9

Capitolo 2

 

La pioggia battente era davvero una seccatura soprattutto, quanto ferma al ciglio della strada avrebbe dovuto ascoltare il suo interlocutore al telefono, tuttavia, la pioggia non accennava a cessare. Invano cercò di chiudere la conversazione senza ottenere l'esito positivo che aveva sperato ormai senza speranza fece finta di non sentirlo più e chiuse l'apparecchio senza pentimento spegnendolo definitivamente.

La pioggia invernale era sempre uno degli elementi naturali che la sconcertavano maggiormente, rimase a lungo seduta in auto senza pensare chiudendo gli occhi erano trascorse le 23 aveva ancora numerose ore di viaggio per arrivare a destinazione ma non aveva voglia di guidare. Richiuse gli occhi e lo pensò con una certa intensità e si rese conto che anche il suo ricordo si era sbiadito come tante altre cose della sua vita.

Una riga liscia le scivolò sulla guancia quasi senza accorgersene e solo al suo arrivo sul collo la ridestò, il pensiero corse a se stessa senza appello, "sto piangendo!" ma un' altra riga liscia le segnò il viso e si rese conto che non era lei a piangere ma semplicemente era la piaggia che entrava dal finestrino bagnandole impercettibilmente la guancia. Pensò sono talmente cretina che non mi rendo conto neppure se sto piangendo oppure no!

***

Il cuore gli batteva forte non era la prima volta che iniziava una nuova storia da narrare ma questa non era il suo solito romanzo era qualcosa di differente e iniziare quella riga per lui era come tornare al tema della quarta elementare che aveva scritto per la prima volta. Era lì, fermo davanti al suo quaderno scritto con la grafia in stampatello sempre più tremolante e sempre meno incisiva. Si guardò attorno era passato qualche anno e il bar era stato trasferito in periferia a qualche isolato dalla sua casa però era quasi meglio del precedente.

Aveva tutto, il boccale di birra, il sigaro, un altro bicchiere vuoto e la sua penna preferita ma il tutto era il niente di quella riga bianca da iniziare perché quella era l'unica storia vera che avrebbe raccontato in tutta la sua carriera e davvero questa volta si sarebbe giocato tutto. Gli sudava la mano, gli sudava anche la testa e con un gesto lento lontano dagli occhi indiscreti di Marlene la vecchia amica barista si sistemò il capello senza lasciare la penna. Se lascio la penna non scriverò mai la prima riga. Pensò, sospirando osservando le linee sottili de quaderno.

Un rumore improvviso di vetri rotti, per poco non gli fece cadere la penna che teneva stretta tra l'indice e il pollice tuttavia, fu felice di essere riuscito a tenerla ben salda e maledì urlando quello scellerato del nuovo ragazzo che faceva cadere qualsiasi cosa e urlò in direzione di Marlene "Mandalo via! Quel bastardo!"

Quell'urlo fu liberatorio e scrisse la sua prima riga in una frazione di secondo e mise il punto.

Adesso sì che posso bere e fumare, sarà un successo! Pensò, alzando la testa e chinandosi in avanti, rileggendo tra la gioia e la soddisfazione prese il capello e lo fece volare al centro della stanza che portava il suo nome. Lesto si mise in piedi e a passi di danza si avvicinò alla vecchia Marlene e la prese sottobraccio, "Balla con me Marlene!" e in men che no si dica aveva spostato un tavolino e prendendo per mano la Marlene sorpresa, la fece piroettare nel bar.

"Sei felice" le disse Marlene, volteggiando tra le sue braccia, "Oddio, ma sei davvero felice! Sono anni che non ti vedevo così! Dio, Alfi se mi fai girare così, non riuscirò a chiudere questa sera!"

Bastardo! Festeggia anche tu! Urlò Alfi con trent’anni in meno. Bastardo festeggia anche tu! Il giovane baristello era incredulo erano appena tre giorni che lavora lì e quel pazzo dello scrittore e quella vecchia megera erano lì a ballare al centro del locale con i clienti increduli e lui ancor di più, non riusciva a capacitarsi di cosa diavolo aveva reso felice quello stronzo del vecchio.

Il baristello non poté che scoppiare in una fragorosa risata quando i due in un volteggio caddero l'uno sopra l'altra rendendosi ridicoli agli occhi di tutti, ma dovette soffocarla e correre a rialzarli... Il vecchio scrittore era ancora più contento aveva un sorriso esagerato e puzzava di sigaro e alcol e le vecchia era lì sotto di lui, come una cretina che rideva a crepa pelle e tra un singhiozzo e una lacrima, gridando disse: "Alfi, sei matto! Sei matto da legare ma tutto questo c'est pour elle, puoi dirlo vecchio marpione! Fermandosi e irrigidendo i tratti sottili che caratterizzavano il suo viso non giovane guardò il vecchio scrittore socchiudendo gli occhi e indagando in quelli di lui. Marlene cercava quella luce che credeva si fosse spenta per sempre, eppure no, era lì presente nello sguardo del vecchi amico.

"Mon Dieu tu es... Dieu de la France non ci posso credere..." Intanto, il baristello smilzo e magro con i pantaloni che gli scendevano dalla vita privi di qual si voglia cintura e con un lembo delle mutande che gli scopriva il culetto cercava con un grande sforzo prendendo per un braccio il vecchio di rialzarlo ma senza alcun esito.

E lo scrittore a ogni strattone senza distogliere lo sguardo da quello di Marlene, urlava "Bastardo lasciami stare! Non mi toccare! e al ripetersi di questa frase corrispondeva una fragorosa risata, ma il piccolo bastardo era davvero insopportabile al ché allo strattone più forte del baristello coincise il gesto liberatorio involontario dello scrittore, che fece volare il giovane dritto verso l'ingresso del bar e in quel preciso istante entrò Mistik il cane di Marlene che nel trambusto generale aveva spinto più che poteva la pesante porta a vetri del locale con la forza di una belva si avventò contro il baristello mordendolo dritto dritto sull'unico lembo rosso del giovane le mutande.

Mistik! Mistik! Laisse Antonio! Trascinandosi senza riuscire a rialzarsi e cercando di riafferrare il cane al fine di salvare il baristello! Ma Alfi era stato davvero molto svelto ed era riuscito con un calcio sul muso di Mistik a distoglierlo dal piccolo bastardo.

Urlando adesso lui, come una belva contro in cane, si prese il ragazzo proteggendolo con il suo corpo e urlando "Bastardo d'un cane! Hai morso questo inutile bastardo!" e ancora gridando a squarcia gola e proteggendo il ragazzino che piangeva per il dolore, lo spavento e per le urla, ma il vecchio scrittore imperterrito urlava: adesso a rivolgendosi a Marlene che cercava di calmare il cane che ringhiava ancora: "Marlene! Ti ho detto manda via Questo bastardo! Licenzialo!" e poi rivolgendosi al cane: Bastardo! Hai morso il bastardo! Bastardo ma non si morde Mistik perché altrimenti sei davvero un bastardo d'un cane! Sempre con più affanno ma parando il giovane. Marlene! Tu quel bastardo devi metterlo in riga! Marlene! E il bastardo mandalo via! Marlene devi metterli tutti e due in riga sono due bastardi!

I due bastardi, tra le urla del vecchio scrittore erano doloranti, l'uno per il posteriore morsicato e l'altro per il calcio ricevuto sul muso. Si guardarono diritti nelle pupille mentre gli animi si acchetavano e le righe segnavano il volto di uno e il muso dell'altro; erano righe di profonda comprensione e d'intesa. Da quel momento avrebbero odiato l'unico bastardo della situazione: il vecchio scrittore e quell'odio del silenzio che va oltre l'essere uomo e cane, li avrebbe accomunati per una vita intera in un sodalizio strano e recondito. Antonio e Mistik stesero una sottile linea che divenne nel tempo la prima riga della loro storia un amicizia profonda.

***

Una riga lunga che percorreva tutto lo schermo dell'ipad acquistato fresco fresco di fabbrica. Una riga fatta di pixcel punti di uno schermo, quasi non voleva crederci il giudice, quando all'accensione la vide, rimase a lungo con il tablet fermo tra le mani,  lo prese lo fece roteare per un istante e lo osservò con attenzione.

Sì, una riga di pixcel nella suo nuovissimo tablet era scioccato.

Il giudice non si scioccava mai di nulla era abituato a quanto di più assurdo per tutto il genere umano doveva essere tremendo e disorientante ma lui aveva scelto il suo mestiere perché lui era tagliato solo per quello decidere della vita delle persone in pochi minuti.

Dentro o Fuori!

Era il suo motto e con una lucidità estrema decideva da sempre se un uomo aveva sbagliato o se non aveva sbagliato, se aveva un debito oppure no, con la società.

Ma la riga era qualcosa di davvero inaspettato, spense e riaccese l'apparecchio per tre, quattro volte.

Assurdo! Pensò.

Quella riga lo infastidiva, quella riga fatta di tanti puntini lo infastidiva tremmendamente, tuttavia, ne avrebbe ricomprato immediatamente un altro, infondo era garantito.

***

Era un adolescente come tante altre con i capelli lunghi rossi tinti di quel colore come lo chiamano, pensò l'ingegnere Ah Sì, Mogano! La osservava tutte le mattine nel suo tragitto sulla corriera che in continente si chiama autobus era piccola minuta con un enorme zaino sulle spalle aveva compreso dai dialoghi con le amiche che frequentava la seconda media era sempre molto carina con le amiche e gentile, si era stupito di quella ragazzina dai modi aggraziati e la osservava da dietro i suo occhiali di bottiglia, provava simpatia genuina per quella fanciulla, nulla di ché, ma quella mattina era piuttosto silenziosa rispetto al gruppo e aveva destato la curiosità di tutti gli altri ragazzi perché in mano aveva una riga di legno di quelle che l'ingegnere conosceva bene anch'egli da ragazzo l'usava spesso a scuola.

Quella riga era divenuta oggetto di curiosità di tutti i giovani nell'autobus avevano passato il tempo a guardarla e ammirarla, poi qualcuno aveva tentato di usarla per rompere la testa al vicino, invece altri l'avevano strofinata chi sui jeans, chi nei capelli dell'amico ed in fine era divenuta oggetto di battute oscene.

La riga era passata di mano in mano fino a tornare nelle mani della minuta ragazzina che trionfante aveva spiegato che quella riga in legno era un cimelio di famiglia era appartenuta a suo nonno, un geometra, armeggiava con lo zaino prima di scendere stringendola con le dita bianchissime laccate dai mille colori.

L'ingegnere pensò che aveva solo trentatre anni come Gesù Cristo e tuttavia, anche lui aveva avuto fino a poco tempo fa una riga come quella e che non si sentiva un vecchio. La riga come altre cose l'aveva lasciata nella sua casa nel centro della Sardegna, pensò che la vita di quella ragazza non sarebbe stata crudele come per la maggior parte delle sue amiche che vivevano nel suo paese, niente lavoro, niente casa, niente soldi, niente di niente solo il nulla. Quella ragazza era come loro, minuta e piccola però era nata al nord e che voleva dire una sola parola lavoro.

 

L'ingegnere scese dalla corriera e a tratti osservò la ragazzina ancora una volta con quella riga della lunghezza di un metro che gli ricordava un tempo che non c'era più il tempo dell'attesa di realizzare il suo sogno, perché lui che aveva accarezzato il sogno di un lavoro, di una casa e dell'amore: l'aveva e infondo anche se quella riga era rimasta oltre mare, non si rammaricava perché adesso lui stava vivendo davvero il suo unico semplice sogno: vivere dignitosamente.

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