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LA CHIESA DEL PARTIGIANO
L’Ape, il più glorioso triciclo da combattimento della storia nazionale, va, ansima, tira di prima, s'infila tra faggi tenebrosi, arriva col fiatone a quasi a quota mille, poi giù in una discesa acrobatica, visto che Aulo abita dall’altra parte della valle, sotto il Vettore, a Borgo di Arquata. Borgo appoggiato in cima ad un colle come la schiuma del mare sulla sommità di un frangente. E in mare, in effetti, ho davvero l'impressione di viaggiare. Il trabiccolo ogni tanto emerge sulla vetta di una gigantesca onda anomala e per un attimo, prima di sprofondare nuovamente, si può guardare lontano. Nessuna pianura può darti un brivido simile. Gran vista. A nord il Vettore e i Monti Sibillini, ad ovest le piramidi della Laga, a Sud il corno del Gran Sasso, ad est le gole del Tronto solcate dalla via Salaria. La strada s'impenna, devia,” s'intorcica” su se stessa e non capisci mai bene verso dove. Sauro deve vedermi preoccupato perche ad un certo punto mi fa: tranquillo ci protegge Santa Liggia! E chi è Santa Liggia! La protettrice dei ciucci, degli asini, e l’Ape e un somaro un po’ più veloce. Oltre alle buche, la strada ha improvvisi cedimenti, l’ Ape smotta come un aereo nelle turbolenze, lasciandoti in bocca una nausea leggera. Ma Sauro non deve essersi raccomandato molto bene alla santa equina, l'Ape ad certo punto non va, tossisce, fatica a ripartire. Ha le batterie scariche, dice Sauro mentre si tuffa in quel motore arcano, armeggia e mi spiega che la dinamo non ricarica e si rischia di restare col culo per terra. Diavolo! chi si ricordava della dinamo. E' un marchingegno estinto, oggi c'è l'alternatore. Dinamo! Un altro nome di una volta. Contiene un mondo perduto, muscolare, privo microchip. Evoca antiche squadre di calcio ex comuniste, di Kiev e di Zagabria. Evoca la meccanica del ferro, la corazzata Potemkin, Marinetti, CCCP, le acciaierie di Nowa Huta e il sol dell'avvenir. Alla fine mi sono arreso agli eventi, ho capito che quest'incertezza è un lusso raro, la madre di tutti gli imprevisti, il sale del viaggio. Che noia sigillarsi in una scatola climatizzata, un involucro che non sente le stagioni, i profumi e le voci degli uomini. Aulo è del ’24, penultimo di cinque fratelli tutti nati di marzo, da bravi figli di transumanti, uomini che rientravano a casa in giugno, pronti a ingravidare le mogli dopo aver svernato sul Agro Romano. Da qualche anno Aulo ha lasciato San Martino e vive con la sorella più piccola nella vecchia casa di famiglia. Tuo padre arrivò qui giovanissimo nell’inverno del ’42. Portava uno zaino pieno di libri. Ma lo sai qual era il più bel regalo per un montanaro? Un libro. Era istruito e con quell’occhio solo ci sembrava proprio che Annibale fosse tornato per farci vincere in battaglia. La nostra azione più importante fu l’assalto alla prigione di Visso, liberammo diversi compagni prigionieri, anche ebrei e slavi. Da allora ci diedero la caccia, pagammo quell’attacco con cinquanta morti. Aulo, dopo pranzo, mi porta sotto una tettoia davanti a una pesante slitta da erba o da neve. Con questa tregghia ho portato le pietre per fare la chiesa. E indica, poco lontano, una cappella di dieci metri con tanto di campanile e una finestrella rotonda sopra l'ingresso. Le pietre hanno mille anni, vengono da una chiesa medievale crollata. Ti piace? L'ho costruita per sposarmi. Nel 1942. Un momento. Aulo s'è costruito una chiesa da sé. Ha scelto il posto e vi ha portato una per una le vecchie pietre. Sono senza parole. Qui mi volevo sposare con Rosalba, ma i fascisti me l’hanno ammazzata in un rastrellamento. Gli chiedo chi l'ha disegnata questa chiesa. Lui mi guarda strano, come se gli avessi fatto una domanda trabocchetto: Li muratori! Chiedo anche a che santo è dedicata. A Marone! risponde e smette di sorridere, come se nominasse qualcosa di molto importante. La chiesa antica era dedicata a San Marone e io non ho cambiato nome al santo. Marone? Il libanese fondatore della chiesa maronita? Si, Marone proprio lui. Ma li preti non vollero consacrarla perché sono partigiano e comunista. Colgo l'occasione al volo. Che ne pensi dei preti, Aulo? Io mi fido solo dei santi, fa lui scansando la polemica. San Marone, conta solo lui. I preti passano, le cose sacre rimangono. Il sacro segna da migliaia di anni la topografia di questa terra di picchi e sorgenti. Fin che c'è Aulo mangiapreti, Dio abiterà a Borgo di Arquata
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