Creato da wolfangie il 24/12/2005
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DARE SENSO ALLA VITA

Post n°211 pubblicato il 07 Dicembre 2009 da wolfangie
Foto di wolfangie

Tira un'aria cattiva sul nostro Paese. Nei palazzi della politica, ma anche tra gli automobilisti sulle strade. Sembra ci sia sempre bisogno d'un nemico Comunque e dovunque. S'incattivisce lo sport, anzi il calcio, che ogni tanto piange un morto, ma poi ricomincia daccapo a costruire le premesse del morto successivo. Come il mondo dello spettacolo e della televisione, dove la competizione esasperata genera mostri. Ma anche i normali rapporti umani, nelle famiglie e tra vicini di casa, hanno subito un'involuzione pericolosa. Per non dire della violenza insensata che accompagna ormai anche ogni piccolo gesto quotidiano: ci si insulta, ci si mette le mani addosso mentre si è in coda al supermercato o si prende un caffè al bar o ci si sorpassa in auto o ci si contende un parcheggio. Salvo lamentarsi delle guerre altrui, delle bombe, delle stragi che avvengono lontano dalle nostre civilissime città.

Che cos'è questa violenza, questa voglia di far male, questa ricerca di un nemico da abbattere? Gli psicologi avrebbero molte risposte: la competitività, l'aggressività, la difficoltà dei rapporti umani in una società schiava di tivù‑telefonini‑computer, sete di potere e di successo. C'è tutto questo, certo. Ma c'è, prima e sopra tutto, la perdita del senso e del valore della vita umana. E se le persone non hanno senso e valore, perché rispettarle, amarle, capirle e perdonarle? Non sono fratelli nell'umanità, ma avversari, concorrenti, ingombri nella lotta per la sopravvivenza. Sono di troppo, d'inciampo al nostri piccoli piani e grandi progetti. Dunque vanno schiacciati, cancellati, abbattuti. La vita è una lotta, uno scontro animalesco dove vince il più forte, e il più debole è sempre sconfitto ed umiliato. Lo dicevano già i latini: mors tua, vita mea. La tua morte, la mia vita.

Come si fa a ritrovare il senso e il valore della vita? Forse dovranno passare generazioni. Ma sarebbe indispensabile cominciare adesso, da qualche parte. A guardare di nuovo gli altri pensando che anch'essi sono esseri umani a immagine di Dio che ci ha “affidato” questa Terra. Condividono lo stesso nostro destino di dolore e di splendore. Non possiamo fare a meno di loro, senza costringerci ad una solitudine, ad una povertà senza redenzione. Proviamo a guardarci così, a pensarci così. C'è ancora tempo. Ma poco.

 
 
 
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