Note su “Il posto delle fragole” di Ingmar Bergman

Nell’ultimo ciclo di incontri sul cinema di Ozu e dintorni abbiamo voluto accostare a due film di autori giapponesi (Rashomon di A. Kurosawa e Crepuscolo di Tokio di Y. Ozu) un film di I. Bergman del 1957 molto noto che ha consacrato la fama del regista svedese a livello mondiale. L’accostamento oltre che per la contemporaneità dell’uscita sugli schermi rispetto al film di Ozu è soprattutto per le tematiche che si sono scelte di affrontare nel corso del laboratorio, e cioè il complesso rapporto con la verità, la propria coscienza e la colpa. Riservandoci di considerare gli stessi temi, anche nell’opera di Ozu e alla luce del confronto vissuto nel corso delle serate in biblioteca, ci soffermiamo ora sull’opera di Bergman. Essi sono solo alcuni dei numerosi temi presenti ne “Il posto delle fragole” che non cessa di stupire e di far riflettere ogni volta che se ne affronta una nostra nuova visione.

Prima di analizzare attraverso alcune notazioni il racconto filmico ricordiamo che vi si ritrovano il rapporto con la verità come esplorazione inesausta e inappagata, che si lascia contaminare, interrogare e anche affascinare dai temi classici della teologia, come l’esistenza di Dio, il suo intervento provvidenziale nella vita degli umani, il giudizio ultimo dopo la morte, la clemenza… Bergman era figlio di un pastore luterano, lo seguiva fin dall’infanzia nei suoi spostamenti legati al ministero… seppur ponendo continui schermi e deviazioni che appariranno soprattutto nelle sue opere successive, non abbandonerà mai del tutto questa suo travagliato percorso di ricerca.

Il rapporto con la propria coscienza è sondato attraverso la presenza perturbante dei sogni e delle reminiscenze, quel fantasticare da svegli che attiva e anima il lavoro della memoria e del ricordare. E tutto ciò è legato al tema della colpa che viene in tal modo risvegliata e scongelata da quei depositi inerti e dimenticati in cui la coscienza l’aveva relegata. Ma è attraverso quel disagio ineludibile di un penoso crogiolo che nel film è rappresentato dal viaggio in macchina da Stoccolma a Lund che la coscienza del Dottor Isac Borg trova il coraggio di affrontare ciò che in altri termini è chiamato “egoismo”, “insensibilità”, “freddezza” e di mettersi in dialogo con i propri recessi nascosti.

Il viaggio sarà per lui l’occasione di passare da uno stato di vita apparente, puro sembiante di un “uomo già morto” che trova riflesso nelle parole ripetute dal figlio Ewald e riferite da Marianne, ad uno che esperimenta una sorta di risurrezione nei rapporti con i propri simili, le persone che gli vivono accanto. Persone che ora acquistano ai suoi occhi quel valore non funzionale ma “per sè stessi” che prima non era visto, valore che restituisce pregnanza e circolarità nel presente anche ai ricordi della vita passata. Anch’essi vengono illuminati da una luce tenue che li rischiara, ora che giunge la sera: “finito il dì…” E il cuore del vecchio, disibernato, è in grado di commuoversi di gratitudine per dei gesti semplici ma non scontati, di chi ancora gli vuol bene, nonostante tutto.

Rashomon

Venerdi 31 marzo presso la bibliteca Crescenzago di Milano inizierà un nuovo ciclo di incontri sul cinema di Ozu e dintorni. Si partirà dai “dintorni”, la serata sarà dedicata infatti ad un film di A. Kurosawa, Rashomon, del 1950. Si tratta del film che ha fatto conoscere il regista anche al pubblico occidentale decretandone un grande successo internazionale, ha vinto infatti oltre ad altri premi il Leone d’oro alla mostra di Venezia e l’Oscar per il miglior film straniero. E’ tratto da due brevi racconti dello scrittore giapponese Akutagawa: Rashomon e Nel bosco.

La trama, ambientata nel periodo medievale, si dipana intorno a tre luoghi: la porta di Rasho a Kioto, il posto di polizia dove si svolge l’interrogatorio, il bosco dove avviene il delitto. Sotto la porta di Rasho, maestosa ma in disfacimento, si svolge la discussione tra i tre personaggi: un boscaiolo, un monaco e un passante incuriosito. L’oggetto della discussione è l’assassinio di un samurai avvenuta mentre si addentrava nel bosco insieme alla moglie. Il boscaiolo e il monaco hanno testimoniato davanti al giudice ma non si danno pace per le differenti versioni emerse da parte degli imputati, anch’essi tre, che si smentiscono a vicenda, almeno per quanto riguarda la responsabilità dell’omicidio.la tentazione

Il racconto è coinvolgente, sapientemente ritmato, misterioso. La porta di Rasho pare essere simbolo di una socialità smarrita, disgregata, senza più punti di riferimento saldi, allo sbaraglio e alla mercè dei più furbi e dei più violenti. Il tema della verità che viene addomesticata in base agli interessi personali assume forti valenze etiche più che riguardare speculazioni filosofiche astratte. Non è un caso che il film sia uscito dopo pochissimi anni dalla fine del secondo conflitto mondiale che ha visto il Giappone subire una gravissima sconfitta e sta ancora subendo le sue conseguenze sociali e politiche (l’occupazione statunitense terminerà nel 1952). La narrazione è ricca di suspence e di colpi di scena ma anche di riferimenti simbolici. Si scava molto nell’animo dei personaggi che viene messo a nudo lì dove vuole celare anche a sè stesso una verità che gli risulta scomoda.
Si cercherà attraverso la conversazione guidata di addentrarci nei meandri delle motivazioni e delle dissimulazioni nell’intento di attraversare oltre un contesto culturale a noi piuttosto remoto anche zone del cuore umano che Kurosawa riesce in qualche modo ad illuminare e che in quanto tali trascendono i tempi e le culture.

Ciclo di incontri sul cinema di Y. Ozu e dintorni

Il 5° ciclo di incontri dedicati al cinema di Ozu (e dintorni) si svilupperà in quattro serate. Per la prima volta nei nostri laboratori accosteremo all’autore giapponese opere di altri importanti autori anche occidentali. La prima serata sarà dedicata ad Akira Kurosawa di cui affronteremo la visione di Rashomon (1950) mentre la seconda ad un’opera altrettanto famosa e pluripremiata di un autore occidentale: Il posto delle fragole (1957) di Ingmar Bergman. Nei due incontri di maggio ci dedicheremo invece ad un film di Ozu: Crepuscolo di Tokio (1957). Il tema che farà da trait-d’union è quello del rapporto con la propria coscienza, la verità e la colpa visto da varie sfaccettature.
Il film di Ozu si discosta un po’ da altre sue opere per l’intreccio tematico che lo avvicina al melodramma, tuttavia non tradisce lo stile inconfondibile del maestro che mantiene pur in un genere che non gli è del tutto congeniale la sua cifra caratteristica. Constatiamo anche qui come non sia Ozu ad adattarsi ai differenti generi o alle mode culturali del momento ma come siano essi a divenire funzionali al suo peculiare e inconfondibile rigore formale e al suo universo rappresentativo.

Prima data: venerdi 31 marzo
Introduzione e presentazione degli incontri. Visione di Rashomon (1950) di A. Kurosawa. Vi saranno alcune pause tra una sequenza e l’altra per dare spazio a suggerimenti di chiavi di lettura, accostamenti ad altri film dell’autore, riflessioni. Al termine spazio per gli interventi e la conversazione guidata.
Seconda data: venerdi 28 aprile
Visione di Il posto delle fragole (1957) di I. Bergman. Conduzione della serata come sopra.
Terza data: venerdi 5 maggio
Visione della prima parte di Crepuscolo di Tokio (1957) di Y. Ozu. Conduzione della serata come sopra.
Quarta data: venerdi 19 maggio
Visione della seconda parte di Crepuscolo di Tokio (1957) di Y. Ozu. Al termine spazio per gli interventi e la conversazione guidata. Feed-back dei partecipanti.