Un sussulto di dignità, nel mare magnum di una magistratura di regime

C’è un’icona “giudiziaria” da qualche parte, ignorata dai più (i giornalisti e i cronisti tv di regime, ovviamente), che ha avuto il coraggio di obiettare al decadimento della magistratura italiana (e come si poteva dubitare che in Italia decadesse tutto, meno il terzo e fondamentale potere dello Stato?), per altro già messo in luce da un’altra delle rare voci di dissenso, quel Piercamillo Davigo, uscito in fretta e furia dalla presidenza del ANM, dicendone di cotte e di crude di molti suoi colleghi, ormai arresisi ad un sistema che premia la criminalità e osteggia l’onestà, alla faccia dei principi costituzionali.

Questa caduta verticale ha origine dal più alto consesso giudiziario, quello della Corte Costituzionale, ormai ridotta ad un cortile in cui svolazzano solo foglie secche e pattume, e dove i principi di quella Costituzione che pure costò al paese lacrime e sangue, vengono interpretati soprattutto al contrario, obbedendo pedissequamente ai dettami del potere esecutivo e quindi politico. Subito dopo arriva il CSM, un’altra di quelle perle che i padri costituenti avevano individuato per controllare le malefatte e le storture dei magistrati, ma mistificato, in seguito, ancora una volta dalla politica trasformista, che ha visto Presidenti della Repubblica e Parlamento (i due soggetti che eleggono i 2/3 dell’organo) patteggiare per potentati oscuri e contrarissimi alla democrazia, come la massoneria e la mafia. Infine l’Alta Corte di Cassazione, il supremo organo giudiziario, che dovrebbe rianalizzare e ispezionare tutto quel che esce dai tre gradi di giudizio che i codici di questo sfortunato Paese (insieme alla “prescrizione”) stabiliscono per i delinquenti, che, così hanno anni e anni di liberi arbitrio, prima di essere condannati definitivamente: una moratoria scandalosa, che oltretutto discrimina i ricchi, che possono permettersela, dai poveri! E invece, cosa fa? Si adegua, salvo rarissimi casi (anche questi politici), al giudizio giù espresso dai giudici e dalle giurie.

Tralasciamo, per opportunità, quel che avviene ogni giorno nei tribunali, tra spese di cancelleria, caos, ritardi, ferie, imboscamenti, burocrazia, ma anche superstipendi e superpensioni, e una situazione di organici perennemente deficitaria. Voi vi chiederete: ma non esiste un dicastero ministeriale che dovrebbe tutelare “politicamente e socialmente” la giustizia? La risposta è: certamente, ma è uno schermo fatiscente e inutile, gravato dalla faziosità partitica! E sorvoliamo anche su quel che accade tra gli stessi magistrati, i quali, ormai, politicizzati all’80%, si giocano la loro carriera tra magistratura, Camera e Senato, e spesso dopo la “vacatio politica” rientrano tranquillamente in tribunale, a colpire, ovviamente, e con più durezza, tutti coloro che non la pensano come loro!

Ed ecco, quindi che, su Il Fatto di un mese fa (17 ottobre), compare un fantasma in toga, che decide di contestare il mondo di cartapesta in cui vive, con un gesto clamoroso, e critico: una “mosca bianca” nel mare magnum di una democrazia che si sta spegnendo giorno dopo giorno.

“Questa è la storia singolare di una “carriera alla rovescia” e di un magistrato che con dignità ribalta il tavolo delle convenzioni, delle regole non scritte e dell’imperante “tira a campare”. Andrea Mirenda, di professione giudice, al culmine del suo percorso professionale decide che così non va. Il sistema, dice, è “improntato oramai ad un carrierismo sfrenato, arbitrario e lottizzatorio, che premia i sodali, asserve i magistrati alle correnti, umilia la stragrande maggioranza degli esclusi e minaccia l’indipendenza dei magistrati con la lusinga della dirigenza o la mortificazione di una vita da travet”. Quindi il gesto eclatante: la rinuncia alla carriera. Dopo una trentina di anni con la toga sulle spalle, quattro da presidente di una sezione civile, e dall’anno scorso presidente della sezione fallimentare del Tribunale di Verona, la richiesta di “tornare giudice, ultimo tra gli ultimi, al Tribunale di sorveglianza per occuparmi dei problemi dei detenuti”. La convince questa ricostruzione, dottor Mirenda? Non sono d’accordo quando lei giudica eclatante la mia scelta. Il mio è un gesto socratico, un sacrificio che serve a far riflettere l’opinione pubblica. Rinuncio a tutto, alla carriera e agli allori, ma voi parlatene. Un membro del Consiglio superiore, il “laico” Pierantonio Zanettin, ha giudicato la sua polemica “fuori luogo”, bollandola come “venata da populismo giudiziario”. Ho rinunciato alla prospettiva di diventare presidente di un importante Tribunale civile, con un solo obiettivo: indicare all’opinione pubblica un problema che non è quello della distribuzione dei posti in magistratura, ma quello dello stimolo che i magistrati stanno avendo a mettersi in luce per avere degli incarichi direttivi, posponendo gli interessi dei cittadini. Il modello costituzionale vuole un giudice che non abbia né timori, né speranze. Il giudice si deve occupare di fare il suo mestiere. L’autogoverno della magistratura si realizza se c’è rotazione, la ricerca del più bravo fa sì che fin dagli inizi della carriera il magistrato pensi solo a mettersi in mostra. Consigli giudiziari, sindacalismo giudiziario, correnti etc., il giudice farà di tutto tranne quello che è il suo mestiere quotidiano. I cittadini da noi attendono decisioni, non che scriviamo trattati. Noi dobbiamo amministrare la giustizia in un tempo ragionevole, con prudenza e saggezza e dedizione. La scelta del nostro sistema legislativo di estendere il Testo Unico sulla dirigenza anche ai magistrati ci ha messo tutti ai blocchi di partenza, ma per fare altro. Quindi lei rinuncia alla sua carriera e… Il mio gesto è un unicum nella storia della magistratura. La mia è una carriera alla rovescia, perché voglio mettere in luce la dignità profonda del lavorare come semplice giudice, senza questa ansia di prestazione di fare altro e recuperando la massima attenzione alle istanze del cittadino. Questo meccanismo carrieristico creerà un giudice sempre meno disponibile a prestare attenzione alle esigenze della società civile. Lei attacca il Csm e il sistema delle correnti. Il meccanismo carrieristico lascia mani libere al sistema delle correnti che hanno in mano il Consiglio superiore, e lo hanno asservito. Ma queste correnti cosa sono se non le cinghie di trasmissione dei partiti politici? In seno al Csm membri laici e togati realizzano pacchetti di accordi per la distribuzione degli incarichi direttivi, attraverso questo controllo si realizza un etero-governo della magistratura, è questa la partita. Ecco perché dico che la rotazione degli incarichi direttivi garantisce la pari dignità dei giudici. Lei ha posto queste questioni, oltre agli attacchi ricevuti, c’è qualcuno che ha tentato di dissuaderla dal fare una scelta così radicale, o che ha dato risposte alle sue proteste? La sottosezione della Anm di Verona, di cui non faccio parte perché sono uscito da tutti gli organismi nel 2008, all’unanimità ha ritenuto di farsi portatrice del principio della rotazione degli incarichi semi-direttivi, presidenti di sezione, procuratori aggiunti. Così si assicurano autogoverno, pari dignità delle funzioni e soprattutto la creazione di un clima affettuoso alle attività dell’ufficio. Il meccanismo escludente genera disaffezione. Quindi tra poche settimane lei prenderà possesso del suo nuovo ufficio e si occuperà di carceri. Di detenuti, delle loro condizioni e del loro recupero. Ultimo tra gli ultimi, e lo farò con onore ed entusiasmo.” (D.S.)

 

 

 

Fake-news, fake-men…

Un’inchiesta mistificata dai media dei vari regimi, in testa quello dello Zio Sam, espertissimi, come il NYT e Buzzfeed di creare, a suo tempo, un’intera campagna elettorale-fake contro Donald Trump (per altro fallita clamorosamente, visto il soggetto!), appoggiata da settori politici della Gran Loggia di Washington, a favore di Hilary Clinton, soggetto caduto da tempo nelle simpatie perfino democratiche, coinvolgendo perfino la Russia di Putin, che ancora se la ride di gusto!

Ecco a voi le c.d. “fake-news”, che, guarda caso arrivano in Europa, trascinate per i capelli dal giornale più menzognero del mondo, dove militano personaggetti italiani, mandati là a sbugiardare i grillini di fronte al pubblico americano.

Ovviamente si tratta di una creatura di cartapesta, creata dai giornali e dalle TV, per colpire soprattutto Lega e M5S (i due nemici-opposti, ma temibili del no-globalismo), e dare un’ultima boccata di ossigeno al vecchio tycoon di Arcore e al suo “figlioccio” di Rignano. Chi non se n’è accorto è proprio un ebete, visto che, e non ci sono dubbi nè prove in merito, i veri “maestri” della falsità e delle bufale sono proprio loro, le redazioni giornalistiche asservite ai poteri forti, rappresentati dai loro editori (Berlusconi, Cairo, Angelucci e De Benedetti), gli stessi che si ripartiscono il potere mediatico italiano, assieme al Governo che occupa abusivamente la Rai, e senza uno straccio di legge sul conflitto d’interessi, in grado di proteggere il popolo dai cialtroni!

L’altra faccia della medaglia sono i social, mai attaccati così duramente in quanto tali, e accuratamente analizzati, alla ricerca di accordi fantasma, contro il regime “democratico”: ormai nella padella ci sono finiti Grillo, Salvini, Bersani, ma anche il Manifesto, Casapound, Mr. Mignogna (?), l’Isis, le ONG,  e ovviamente l’ex-KGB, in una poltiglia che, a sua volta, è la più grande delle fake-new, al servizio dei beoni!

Se ci pensate non poteva essere altrimenti: in un’Europa che sta ormai strangolando gli ultimi barlumi di libertà e di sovranità nazionale; e in un’Italia dove da anni sono in corso “colpi di mano”, meglio definibili come “colpi di Stato” di tipo politico e finanziario, e un Parlamento trasformista, eletto col trucco, non conserva più le sue prerogative istituzionali; con uno Stato asservito alle lobby e alle caste, che si spartiscono il reddito nazionale, il nemico da battere è diventata LA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE. Che, badate bene, non è più rappresentata, appunto, dalle “grandi testate” o dai “grandi network”, tutti al servizio di quei potentati che stanno dividendo il mondo tra ricchi e poveri, nella percentuale di 10 a 90, ma dai social (blog, facebook, twitter, ecc.) dove ancora è possibile sfuggire alla normalizzazione del “grande fratello”, come se una nuova, grande e globale “ epopea di Resistenza” nazional-popolare si fosse accesa contro i mistificatori della verità, terrorizzati che qualcuno metta in dubbio il loro potere.

E non è neppure un caso che questi social abbiano avuto origine negli USA, dove la libertà è una merce preziosa, e nessuno può provare a insidiarla, perché, poi, sbroda se stesso, come, appunto, certa stampa asservita (Washington Post, NYT), o addirittura network finanziati dai capi indiscussi della globalizzazione più criminale (Murdoch, Rockefeller, Soros, ecc.).

Qui da noi, vecchi gallinacci come Berlusconi o giovani galastroni come Renzi sparano una salva di proiettili di gomma, accusando altri di essere più bravi di loro a mentire. Ma la gente si ricorda ancora di quel che il “pregiudicato” aveva garantito e poi invece ha commesso, o che “l’ex-sindaco” aveva promesso, dopo le inevitabili sconfitte, ma poi ha disdetto. Entrambi inaffidabili, sfiduciati e bugiardi. Fake-men, solo fake-men… (D.S.)

Il razzismo di censo

La parola “razzismo”, purtroppo, fa parte ormai del lessico umano, ma non a causa dell’Olocausto: essa in realtà, deriva il suo significato più nefasto, probabilmente dai tempi remoti in cui, in una terrificante “pulizia etnica”, l’uomo di Cro-Magnon (che probabilmente era convinto di essere “superiore”, e invece poi arrivò l’Homo Sapiens, e toccò a lui il verdetto finale!), eliminò in breve tempo l’uomo di Neanderthal, il quale, oggi è dimostrato, a parte l’aspetto più simile ad un “sasquatch”, era evoluto tanto quanto il primo!

I razzismi si sono così susseguiti nei millenni, e poi nei secoli, e poi nei lustri, uno più sanguinario dell’altro, grazie anche alle religioni, di cui quella cristiana fu l’esempio più temibile: non è un mistero che l’Inquisizione fu inaugurata con la “caccia” agli Ebrei, poi ai Catari, poi ai “templari”, poi ai “protestanti” e ai “giansenisti”. Ma lo stesso accadde all’Islam (sciiti contro sunniti, e non solo), e agli induisti (buddisti contro taoisti, brahmani contro zen), ecc.

Oggi la situazione è quasi assestata, con il fatto incontrovertibile che l’Occidente che si liberò dello scomodo e autoreferenziante nazismo, non ci mise molto a reimpostare nuovi razzismi, tra cui, è innegabile, quello pragmatico e paradossale degli israeliani contro i palestinesi.

E così abbiamo il razzismo ideologico che tuttora divide i neo-nazisti tra chi considera inferiore l’ebreo e chi lo considera razza dominante (il più diffuso); il razzismo di colore, che reputa il negro alla stregua dell’uomo primitivo (e che nella storia americana si è accompagnato a quello contro il popolo pellerossa!); il razzismo “idiota” che se la prende addirittura con gli islamici, dimenticando quante batoste l’Occidente ha ricevuto da costoro nella storia; e in genere è ormai puntato contro gli immigrati di ogni razza o religione (perfino, come negli Usa, contro i cattolicissimi messicani!).

Ma c’è all’orizzonte un nuovo “razzismo”, il più brutale e cialtronesco, animato dalle dottrine economiche più estremiste, quelle del neo-liberismo: le quali sono ancora convinte, dentro alcune scatole craniche “cro-magnon”, che il nemico “diverso”, “letale”, ma nettamente “inferiore”, sia politico, o meglio sia uno “zombie-politico” chiamato “comunismo”.

Rammentando, e spesso distorcendo la tremenda realtà che questa dottrina, applicata alla rovescia dai russi sovietici “imbastarditi” dalla loro appartenenza ad una borghesia fallita, ha rappresentato nella storia, teorizzano una impossibile revanche, da posizioni se non uguali, molti simili. Ma questa volta è il “padrone” a picchiare duro contro il “debole”, cioè contro chi vuole emergere, per imporre una giustizia sociale, che tali convinzioni, attraverso l’alta finanza, la corruzione e l’usura, perfino la netta emarginazione della piccola impresa nei confronti della grande, vorrebbero negare! Il nome di questo “razzismo” battezzato dal filosofo marxista Engels, è “razzismo di censo”!

Questo razzismo, che va a pescare sulle qualità reddittuali e intellettuali dell’avversario, è il più moderno di tutti, perché crea un apartheid tra chi ha e chi non ha, in tutti i sensi: chi ha denaro e chi non ce l’ha, chi ha una laurea o istruzione adeguata e chi non ha potuto magari permettersela, chi ha il lavoro (magari ottenuto con le spinte), e chi è disoccupato; perfino chi parla “forbito” e chi commette “svarioni”; si arriva a distinguere chi gode di privilegi, come i vitalizi o le pensioni d’oro, e chi vive in mezzo all’immondizia per mangiare.

Nulla per carità, nei confronti degli altri tipi di “razzismo”, ma che sfocia, inevitabilmente, in questi, una volta che i popoli siano ridotti all’emarginazione per censo: il censo, così, prende il posto del rito religioso professato, o del colore della pelle, o della posizione di migrante. E il gioco è fatto: ludibrio, male parole, offese, disprezzo, violenza psichica (all’inizio), per chi non è neppure in grado, ancora, per esempio, di dimostrare che tutto questo livore è ingiusto, perchè non ha ragion d’essere.

IL RAZZISMO DI CENSO DOMINA IN QUESTO MOMENTO LA SITUAZIONE POLITICA ITALIANA.

La maggior parte della stampa, i partiti che hanno governato questo Paese per cinquant’anni prima o poi per altri venti (cambiando solo gli abiti dismessi!), immiserendolo e predandolo; i guru dell’economia e della finanza “crativa”, i massoni (razzisti per definizione), le varie mafie, stanno applicando questo virulento razzismo nei confronti del Movimento Cinquestelle.

Non possiamo sapere dove potrà sfociare tutta questa malevolenza e insensatezza, ma sappiamo leggere la storia: dove abbiamo veduto che i “razzismi”, alla fine hanno ingenerato follie, conflitti e guerre terrificanti; e a cadere ignominiosamente, alla fine, sono stati i “razzisti”, che in fondo se lo meritavano, ma anche, ahimè, chi fu oggetto dell’aggressione e della persecuzione.

Perciò qualcuno, dalle parti della cosiddetta “destra” si ricordi che la politica, quella che mette tutti gli uomini a gestire la loro “polis” senza barriere, filo spinato, ricchezze o miserie, in un modo o nell’altro, alla fine vince sempre… (D.S.)

La violenza sulle donne ha bisogno di verità

Grandi manifestazioni, ieri, contro la violenza alle donne, in una prova “mascolina” del femminismo, per riprendersi un ruolo perduto da tempo. Ma abbiamo l’impressione che non basterà questo 25 novembre, per non continuare a perderlo. E’ sì, perché, aldilà degli slogan e delle proposte, per lo più confuse e dispersive, che, al contrario, dovevano essere chiare e sintetiche, in realtà si è fatta solo propaganda e politica spicciola, evitando di andare a colpire i veri noccioli del problema: come se improvvisamente, aldilà della natura dell’uomo, del maschio, cioè, o dell’immigrato violento, o del marito geloso, o del padre maniaco, o del prete pedofilo, arrivassero tra noi degli “alieni”, esseri di un altro pianeta, dediti allo sport di violentare la donna nei modi più turpi. Costoro erano già qui, tra noi, ci sono sempre stati: forse se ne parlava di meno, come nel caso degli stupri, si preferiva tacere, non denunciarli: le cronache nere erano più sottili, meno invasive, e le TV dominate dal falso moralismo cattolico… E allora? Accidenti se c’è stata una sola osservatrice solonica del problema, una sola esperta psicologa o un avvocato o magistrato-donna, che abbiano messo in luce, che la violenza contro la donna, ma soprattutto la violenza in genere, si incrementa quando la società cambia repentinamente, e nel modo più drammatico e letale! Nessuno, quindi, si è accorto com’è cambiata qui da noi, e in generale nel mondo occidentale? Certo fa molto più comodo andare dentro casa degli islamici, a contestare le loro tradizioni muliebri, la loro concezione della donna, della famiglia; è una consolazione, la più ipocrita, quella di sperare di leggere, dopo ogni notizia di crudeltà, aggressività, sopraffazione un nome straniero appiccicato lì! Tutto per salvaguardare il “bonton”, il monticello di sabbia dove infilare la testa, come quando si evita di andare alle urne, o la conservazione reazionaria di un ruolo, quello reddituale, di chi teme di perdere posizioni. In realtà l’Occidente è in una crisi nera, molto più nera di quel che si voglia credere o far credere: e la donna, l’unica forse che cerca di far buon viso a cattivo gioco, affrontando la vita di relazione ogni santo giorno, o con il lavoro (precario) o con la famiglia (con mariti e padri troppo distratti), o con i sentimenti (che continuano ad essere i soli che dannò solidità ad un ménage), alla fine paga per tutti. Questa donna è la prima che subisce il costo di un’educazione alla deriva, che la scuola ormai non è più in grado di garantire: è lei che resta accanto ai propri figli, a fare l’insegnante fuori-ruolo, sperando che questi non prendano troppo da un padre che sta a casa solo quando ha esaurito la serie dei suoi egoismi! Ma c’è soprattutto la donna che è povera, e magari ha visto decurtarsi il bilancio familiare, e deve moltiplicare gli sforzi, sia che lavori essa pure, o faccia la casalinga con ormai poche pretese, se non ciò che resta del minimo tenore di vita: e di fronte ha un uomo a pezzi, che ha perduto il lavoro, che ha paura di perdere anche la famiglia, e giorno dopo giorno, diventa più nervoso, disperato, ma anche ossessivo, che lei possa lasciarlo, e i figli divengano una merce di scambio. A volte la spossatezza, l’incomprensione, la scarsa delicatezza nei rapporti, anche intimi, porta al dramma. E’ ovvio che non c’è giustificazione, ma colpevolizzare nel mare magnum è sbagliato!

E che dire delle giovani ragazze che escono da queste situazioni? Se sono benestanti, hanno l’unico problema di identificarsi con la società che le appaga: le mode, gli eccessi, la quasi totale assenza paterna, i compagni maschi, anche loro ricchi, annoiati e in cerca di emozioni forti. Non esiste più il senso dell’educazione, dell’onore, della dignità: si vive di SMS, di facebook e twitter, si fa sesso automaticamente, si approda all’alcool e alle droghe per uscire dal quotidianismo sociale.

Se sono povere, vengono inesorabilmente attratte dai modelli alternativi che in modo così sadico i messa-media offrono a chi ha scarse potenzialità, ma magari ha un bel corpo: la scalata al successo, che sia la canzonetta, o la cucina o il concorso di bellezza, o, peggio, l’avventura, anche di quel breve interludio, che le faccia sentire diverse, lontane dall’uggìa giornaliera delle difficoltà.

Sono solo esempi, ma per comprendere che cosa stia combinando il modello di sviluppo occidentale, contro la donna: e finchè questo modello sarà gestito dalle lobby emergenti, un terzo della società, e quindi un terzo delle donne, saranno schiacciate in questa tenaglia, e molte subiranno violenza. Quindi, ecco la perdita di posizioni sociali (una classe borghese sempre più impoverita, spesso in tempi ristrettissimi –pensate solo alle catastrofi bancarie!-), il richiamo consumistico; la scarsa intelligenza creativa dell’uomo, s’intende sempre il maschio, ormai privato da quelli che erano i capisaldi del suo comportamento e delle sua psicologia: il coraggio e la perseveranza, il senso dell’onore, la critica e, quindi, la politica sana, il sesso non inquinato, il carattere, la ricerca di un ruolo fondativo con la femmina; l’abbandono costante, da parte dello Stato, del dovere di protezione e di sicurezza nei confronti dei più deboli, donne, bambini ed anziani, con un capovolgimento letale dei valori, per cui un vecchio politico ha più diritti alla salvaguardia di una giovane mamma, o di bambine deflorate da bruti; infine, la confusione definitiva dei rapporti interpersonali, con la perdita dei dialoghi, dei rapporti familiari (perfino attorno alla tavola), della riduzione stessa del contatto fisico, quindi la perdita dei punti di riferimento tipici della donna tradizionale, “padrona” di casa, “consigliera” e “moderatrice” in famiglia, spesso perfino “amministratrice” del reddito familiare. Tutto questo, insomma, si trasforma in “violenza”, che non è sempre detto che sfoci nell’aggressione fisica, ma determini semplicemente uno stato di prostrazione e di inferiorità.

Disgraziata sia la società che riduce la donna in questo stato: ma anche sciagurate quelle donne che vogliano nasconderne le vere cause a loro stesse! (D.S.)

La crisi della Lega apre nuove prospettive post-elettorali

Secondo la media degli ultimi sondaggi, a parte la notizia, scontata, che il M5S è ormai saldamente assestato a primo partito d’Italia, e il Pd è ormai definitivamente sceso a terzo incomodo, l’altra faccia della medaglia, l’accozzaglia di centro destra, mostra evidenti segni di rimescolamento: da quando Salvini ha accettato di servire da scendiletto a Berlusconi, la Lega ha perduto qualcosa come 3 punti, dal 16% al 13; mentre F.I. aumenta anche se di poco. La catastrofe, in casa leghista, è solo all’inizio, e in essa pesano tre fattori: il primo è l’appoggio incondizionato offerto alla “legge truffa” il “rosatellum”, che è suonato come un grosso favore fatto all’ex-cavaliere, in cambio del suo mutuo-soccorso finanziario (la copertura dei 40 milioni sequestrati a Salvini dalla magistratura!); il secondo è l’accordo contro-natura che Salvini ha fatto in Sicilia con la Meloni, nei confronti della lista degli impresentabili di Musumeci, che ha fatto dare di stomaco a molti vecchi iscritti, che ormai veleggiano verso i grillini, senza se e senza ma. Ormai è chiaro come la luce del sole, lo ribadisce oggi in un’intervista Alessandro Di Battista, che le elezioni in Sicilia sono state “falsate” a bella posta, innanzi tutto dalla inazione della commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi, e poi dalla stessa ANAC del sempre più assente “giudice” Cantone, per favorire tutto il lerciume possibile, ad eccezione del candidato Cancelleri. La dimostrazione, ma la vergogna è ormai senza limiti, è che i giudici stanno smontando gli eletti del consapevolissimo camerata Musumeci (con le tasche piene delle mazzette dei Genovese!), uno ad uno, sotto lo sguardo esterrefatto dei media internazionali! Il terzo “gnocco” che Salvini vorrebbe far digerire agli uomini del carroccio, è l’addio al gruppo della destra europea, per far entrare lui e i suoi papocchi, nel gruppo del PPE, dove vegeta Berlusconi, con ben poca considerazione, tuttavia, anche perché è di stamani la notizia dell’ennesimo suo rinvio a giudizio per gli scandali del processo Ruby, ormai suddiviso in dieci diversi capitoli (in base alle dieci diverse escort finanziate dal sultano di Arcore, dopo aver prestato falsa testimonianza in tribunale): questo sarebbe l’uomo che a Strasburgo si è presentato per aver restituiti i diritti umanitari, gli stessi che detiene un negriero lenone di infima provenienza, e che i due compari Salvini e Meloni ambiscono come alleato!

E’ ormai inoppugnabile che la campagna elettorale vedrà una lotta bipolare tra il M5S, candidato a cambiare l’Italia nel modo più radicale, e l’accozzaglia, candidata a infettare ancora di più questa povera Italia, ormai ad un passo dalle voraci mandibole della Troika, come già era accaduto alla fine del 2011, quando a Berlusconi subentrò il “commissario prefettizio” di Bruxelles, Mario Monti: in un certo senso non l’ha mandato a dire Eugenio Scalfari, con la sua battuta “incresciosa” a favore del pregiudicato di Arcore. I grillini continuano a dire che loro non parteciperanno a nessuna coalizione, perché, e siamo convinti anche noi, nessuna forza politica, coalizzata o no, avrà la maggioranza assoluta, e si dovrà ricorrere, necessariamente, ad accordi post-elettorali. E QUI CASCA L’ASINO!

Con un Pd che veleggia al 23% (8 punti in meno delle europee!), è logico che la “sinistra” unita possa sperare su un 10%, da qui a marzo. Ammesso e non concesso che i Cinquestelle giungessero al 30-32% (4 punti in più di adesso –sempre che non ci siano già, specie in Sicilia!-), si creerebbero le condizioni per un accordo post-elettorale “a sinistra”, cui potrebbe rispondere un altro accordo “a destra” (PD+F.I.). A quel punto le carte sarebbero sparigliate, e il Quirinale sarebbe costretto a rimandare il Paese alle urne. E’ fin troppo chiaro che Mattarella tenterebbe l’impossibile per impedirlo (assisteremmo magari a tentativi “milazziani” per far fuori Di Maio, ma sarebbero del tutto inutili), ma alla fine il voto renderebbe giustizia ai pentastellati, che, a quel punto, potrebbero anche governare da soli.

Bruxelles, comunque, farebbe di tutto per scompaginare questo panorama: ad esempio scatenando da capo spread o altre diavolerie, e creare da capo un clima emergenziale da “grande coalizione”, che, tuttavia, con un partito cinquestelle al 30% questa volta non reggerebbe.

Tutto questo ambaradan è partito dal più grande errore politico che la Lega di Salvini abbia mai fatto da quando è nata, e che la condurrà, da capo, a quel 7-10% che aveva dopo la terrificante vicenda della corruzione bossiana.

Ma ognuno è padrone del proprio destino… (D.S.)

Lo scandalo degli scandali: che Strasburgo dia ragione a Berlusconi!

Lo scandalo degli scandali: la più nefasta delle mistificazioni da quando in Italia è sbocciata la democrazia, in nome di una Costituzione che avrebbe dovuto garantirla e difenderla! Ci riferiamo alla sentenza che il Tribunale dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo dovrà pronunciare a favore o contro Silvio Berlusconi, a suo tempo condannato dal Parlamento all’arresto per tutta una serie di reati, dalla truffa alla evasione fiscale (poi ridicolmente consumato in un paio di mesi di lavori “socialmente utili”!), e privato perciò di tutti i suoi diritti politici. Da notare che i famosi magistrati che, a suo dire, l’avevano “tormentato” per anni con decine di processi, alla fine non chiesero altro che questa inezia (a parte le lungaggini a bella posta architettate per prescriverli!), non facendogli sborsare neppure un centesimo, non pignorandogli alcun bene, non costringendolo a dimettersi dalle sue numerose cariche aziendali. Certo, lo esclusero dalla carica senatoria, ma non certo dalla sua autonomia politica, che ha potuto continuare ad esercitare sfacciatamente fino a oggi.

Quindi un vero e proprio ballon d’essai, che gli ha permesso di contestare la pur bonaria “legge Severino” (messa su riga dopo riga dalla massoneria!), adducendo una “persecuzione” da parte della parte più “cannibalesca” del Parlamento (ovviamente il M5S compreso!).

Ebbene da stamane, tutti i giornali di regime e tutte le TV asservite ai poteri forti, fanno il tifo per il pregiudicato di Arcore: qualcuno, come la banda di giornalisti che imperversa dagli schermi di Sky TG 24, addirittura consiglia il Tribunale Europeo di moderazione, tenendo conto che l’Italia si sta avviando alle elezioni, e privare la campagna elettorale di un pezzo forte come Berlusconi, favorirebbe le minoranze (leggi grillini). Perfino Repubblica, che ieri ha inaugurato la sua nuova veste editoriale (che non servirà a nulla, perché di menzogne quotidiane il giornale fondato dall’ex-fascista Eugenio Scalfari (oggi anch’egli sponsor dell’ex-cavaliere!) sta morendo, con perdite abissali di copie vendute!), lancia segnali di bonomia verso i padre-padrone del centro-destra. Unica eccezione, Il Fatto Quotidiano che, giustamente, esce con un fondo di Travaglio, che ci ricorda tutti i fattacci che Berlusconi ha commesso, compresi quelli che riguardano i suoi stretti rapporti con la mafia, a mezzo del suo avatar Dell’Utri, agnello sacrificale delle sue sconsiderate attività malavitose. Di fronte ai giudici di Strasburgo, due degli avvocati più validi, al servizio delle logge massoniche, Coppi e Ghedini, i quali dovranno inventarsi che le libere decisioni di un Parlamento (che era ancora indipendente dalla banda renziana) hanno coercito un povero innocentino di 81 anni, membro primario della Loggia P2, assolutamente colpevole di aver governato in pieno conflitto d’interessi per venti anni, aver scandalizzato mezza Europa con le sue manie sessuali, e di aver portato l’Italia ad un passo dalla distruzione, se non altro consegnandola a personaggi che forse un Tribunale di Norimberga si sarebbe rifiutato di processare, tanto pesanti sono le loro imprese criminali.

A leggere bene la sentenza, che non sappiamo quale sarà, in ogni caso resta chiaro e lampante che gli unici diritti dell’uomo in gioco sono stati proprio quelli che Silvio Berlusconi ha spupazzato, nei confronti del popolo italiano! (D.S.)

 

 

Ma che bella giornata!

Tre bellissime notizie in apertura di giornata: la prima è ovvio, la nettissima vittoria del M5S, e quindi di Virginia Raggi, alle elezioni del municipio di Ostia, anche se l’astensione dal voto è stata di 2 punti sotto la precedente, ma sempre a circa il 60%. Segno che gli “ostiensi” si affidano a qualche loro dio, piuttosto che al movimento che sta dimostrando in tutta Italia la sua composizione ostentatamente “pulita”. Di questa notizia, però, c’è da sottolineare un fatto paradossale: è sparita dalla prima pagina di due dei più famosi e mendaci fogliacci della carta stampata: Repubblica e La Stampa (figliastra della prima), e al suo posto si parla della scomparsa del povero sommergibile argentino, perché giustamente anche gli argentini hanno diritto di pubblicazione! E’ ovvio che si tratta di una battuta d’arresto per Berlusconi, dopo la sua vittoria “malavitosa” in Sicilia, dove la magistratura ha ordinato di “rianalizzare” ben 360.000 schede elettorali, che puzzano di brogli come una carogna! Ma soprattutto per l’ala “destrorsa” della Meloni, la quale aveva “vinto” in Sicilia, come il suo avatar Salvini, con il 3%, e adesso perde, unita all’abbraccio mortale di F.I., con il 40% contro il 60 della Di Pillo!

La seconda è legata alla “storia infinita”: non al romanzo di M. Ende, ovviamente, ma alla cialtronesca vicenda della sinistra, che, ancora una volta, si spacca in minuscoli arcipelaghi, ma al centro della scena resta il pericoloso isolotto vulcanico, il Kracatoa PD, che ormai esiste solo nella fantasia malata di Matteo Renzi, e delle sue truppe kamikaze, che prima hanno voluto creare una legge elettorale anti-grillina, e adesso rischiano che questa legge li cancelli dalla faccia della terra. Nessuno si strapperebbe i capelli, nessuno, certo, degli scogli che si sono staccati dall’isola-madre, a cominciare da Art.Uno, proseguendo dai Civatiani, fino a SI, ma dentro occorre mettere quelli che da qui a tre (o sei mesi, vedremo se Mattarella vorrà favorire Renzi ancora una volta, o meno!) se ne andranno dal “cerchio magico”, perché saranno tenuti fuori dalle liste. Insomma una questione di “bene del Paese”, non di poltrone! E lo si capisce bene dai contorcimenti massonici di Pisapia, e dal ritorno del vecchio dinosauro Prodi, che più che una mortadella, ricorda un pomodoro! E in mezzo alla terrificante nube piroclastica che si leva dalle rovine del vulcano esploso, spuntano i visi angelici di Pietro Grasso e di Carlo Calenda, i due personaggi che potrebbero dare al Presidente della Repubblica la chiave di un nuovo Governo di larghe intese con Berlusconi, sempre che i Cinquestelle non conquistino il 40% dei voti, o superino, anche di mezzo punto, la coalizione di centro-destra!

La terza notizia è come una folata di aria fresca nell’afa di agosto: fraulein Merkel è con il suo “sederone” per terra: i liberali, una delle poche anime del neo-liberismo europeo in aria di euro-scetticismo, hanno detto di no, anche perché AFD, il nuovo partito “populista” che ha ottenuto 100 seggi al Bunderstag, praticamente è in linea con loro: i socialisti, usciti da una batosta storica, si rendono conto che abbracciarla in questo momento, sarebbe l’ennesimo suicidio: l’unica alternativa sarebbe un governo di minoranza (a cui non crede nessuno), o nuove elezioni a primavera, che consegnerebbero la Germania all’AFD, con conseguenze tragiche per l’U.E, una volta che il M5S vincesse in Italia. In ogni caso la signora Merkel è finita, e così i suoi sogni di imprigionare l’Europa in una nuova sovietizzazione, tanto cara a questo vecchio arnese in gonnella della DDR!  (D.S.)

C’è chi lo tira di qui, c’è chi lo tira di là: ma di duce ce n’è stato uno solo, ed è morto e sepolto

Quando oggi, nel XXI° Secolo, “si tenta di far scorrere a ritroso la storia dell’umanità, allora significa che l’umanità e alle soglie di una caduta.” Questa frase la pronunciò Nietzsche, non immaginando neppure che da lì a 23 anni dalla sua morte, un oscuro caporale tedesco sarebbe partito dalle sue tesi per far rientrare la storia nella barbarie, mai tanto a ritroso! E’ ovvio che affrontare la tematica fascista, rientra, appunto, in questa dimensione.

In Italia, forse, il personaggio cui si deve maggiormente lo sviluppo di una profonda conoscenza con il fenomeno fascista, fu lo storico Renzo De Felice: convinto comunista in età giovanile, cosa che lo connotò sempre come uomo “inattaccabile”, ma anche onesto democratico, dopo essere uscito dal PCI (assieme ad altri 100 intellettuali), esacerbato per l’appoggio dato da questo all’invasione dell’Ungheria, amava dire: “Oggi nulla, salvo che l’essere stato marxista e comunista mi ha immunizzato dal fare del moralismo sugli avvenimenti storici. I discorsi in chiave morale applicati alla storia, da qualunque parte vengano e comunque siano motivati, provocano in me un senso di noia, suscitano il mio sospetto nei confronti di chi li pronuncia e mi inducono a pensare a mancanza di idee chiare, se non addirittura ad un’ennesima forma di ricatto intellettuale o ad un espediente per contrabbandare idee e interessi che si vuol evitare di esporre in forma diretta.”.

Ovviamente tutto questo lo portò ad essere accusato di “revisionismo storico”, proprio da parte di quella intelligentia marxista, ma anche profondamente fanatica, che ancora adesso sbugiarda la ricerca approfondita su un fenomeno politico irripetibile, come fu il fascismo. A De Felice, infatti si deve, l’affermazione più pragmatica, rivolta proprio a tutti coloro che, dall’altra parte della barricata, e nati nel Dopoguerra, sostenevano, e sostengono, di essere fascisti o di comportarsi come tali. “Il fascismo, e Benito Mussolini, sono scomparsi nel 1945. Entrambi sono protagonisti irripetibili della storia: chi sostiene il contrario fa solo imitazione.”

Sarebbe interessante scoprire, perciò, chi abbia letto, tra questi cosiddetti “neo-fascisti”, l’intera opera monumentale di De Felice (6.000 pagine dedicate a Benito Mussolini e al fascismo), o che abbia discusso la propria tesi di laura sull’economia fascista, magari avendo come relatore quel Sergio Bertelli, compagno di vita e di scelte, di questi (prima comunista poi liberale), in tempi difficili e rischiosi come il 1970: come accadde al sottoscritto! Eppure, come purtroppo testimonia la realtà, costoro continuano pedissequamente ad imitare un fenomeno e un’ideologia, senza sapere neppure cosa fanno.

O meglio, e forse è il discredito maggiore, cadendo come topi nella trappola degli avversari di sempre, che, allora, nel Sessantotto, diedero vita a quella “battaglia delle parole” che avrebbe trasformato la cultura italiana e mondiale, imbastardendola di preconcetti, false argomentazioni, nefaste interpretazioni ideologiche, che portò il minculpop borghese e progressista, a tacciare di “fascismo” ogni forma antagonista; e che, pure, di esso non conteneva che singoli aspetti, per lo più, capovolti. In una perfetta e consapevole operazione trasformistica, che servì e serve, attraverso i mass-media, a connotare tutto ciò che è contrario al modernismo, all’egualitarismo di massa, alla globalizzazione, e, infine, al multiculturalismo, importato dalle correnti migratorie, partito dagli Stati Uniti, e poi diffusosi nell’Europa del Dopoguerra.

In Italia la trappola scattò, quando la sinistra definì la destra: un’accozzaglia di bruti, ignoranti, violenti e mistificatori, sfruttatori del popolo, nostalgici del razzismo e delle tematiche guerrafondaie, privi di ogni afflato sociale. Paradossalmente, la destra, che allora era raggruppata nel MSI e in rari gruppi extra-parlamentari, tentò di arginare il fenomeno, e ci riuscì, finche i “veri” fascisti restarono in vita: i quali, nonostante i gravi e turpi errori di Mussolini, poterono testimoniare che il fascismo era stato anche altro, molto altro: il mezzo poteva essere solo la cultura, e quindi la conoscenza approfondita del fenomeno, evitando ovviamente di fare di tutta l’erba un fascio, proprio come i libri di De Felice, ma anche quelli delle Edizioni Volpe, delle Edizioni Europa, e di riviste importanti, come l’Italiano o l‘Orologio.

Scomparse le generazioni dell’Anteguerra, però, tutto precipitò: una febbre di rinnovamento liberale travolse la “destra”, dando immediata ragione a chi se ne era servito per metterla all’angolo, e nello stesso tempo causò un rigurgito ideologico, ormai soltanto pragmatico, fatto di estremismi e formalismi nostalgici, che fu fin troppo facile, per una società immiserita dai consumi, dall’usura, dall’etica del successo, ma soprattutto dalla necessità dell’evasione, attraverso costumi sessuali alternativi, alcool e droghe, definire “neo-fascismo”.

In questo ambaradan hanno finito per galleggiare, convinti, apologeti della più turpe condizione borghese, i ricchi, ma anche reietti abitatori delle periferie più disagiate, i poveri; onesti propugnatori dell’ordine e dell’etica, ma anche mafiosi, decisi a intellettualizzare i loro reati; e tutti costoro non si rendono neppure più conto di essere stati strumentalizzati (anche dalle foto, in cui si scambiavano favori con la malavita romana), ed essere stati messi alla stregua di un Berlusconi, di un Trump, ma anche del peggior negriero del Mediterraneo. O di un poliziotto dal manganello facile. Eccola “tutta l’erba del fascio”, che è diventata, per reazione, camicia nera, nazionalismo, saluti romani, revanscismo imperialista: ma sempre per imitazione, per emulazione, per scelta pragmatica. Si è arrivati a credersi “fascisti”, perché sono gli altri che ti ci chiamano: si dimenticano i presupposti stessi del fascismo mussoliniano, quello delle origini e quello dell’epilogo, quando i potentati massonici, non presenziarono più, perché la guerra, da loro tramata e ispirata, nel primo casa si era loro ritorta contro, nel secondo caso l’avevano vinta. E in questi due momenti il fascismo, così come appare dalle pagine della storia più obiettiva, produsse quella rivoluzione che si guardò bene dal definire ideologicamente, perché superava entrambi gli ambiti della destra e della sinistra. Due momenti magici, durati in tutto una decina d’anni, in cui la “rivoluzione fascista” diede prova di grandi conquiste legislative, culturali, economiche, sociali, ma che, oggi, non sembrano interessano più nessuno; ed il paradosso è che i nostri padri costituenti, che pure gestivano da presso le pagine della Resistenza antifascista, avevano capito quanto grandi erano state le intuizioni di Mussolini, nel dare risalto al lavoro, al risparmio, ai valori nazional-popolari: un’equa distribuzione della ricchezza, un’assistenza sanitaria globale, un’istruzione capillare per i giovani, un’assistenza senza remore per gli anziani! E ne ricavarono non pochi articoli costituzionali!

E cosa fanno questi supposti fascisti di oggi? Si comportano esattamente come i loro “avversari” (complici, come loro, della distruzione della patria): prediligono il militarismo, il nostalgismo, se ne sbattono del popolo indigente, loro viaggiano in Porsche, vivono in villa, ignorano i ghetti dove tanti italiani fanno la fame, dove un bambino su otto è povero in canna, non sanno che cos’è la disoccupazione o una pensione da 800 €. Ma non solidarizzano neppure con i loro coetanei, perché, dicono, sono “comunisti”, e non vogliono capire che i regime che ci sovrasta gode nel vedere i giovani su barricate diverse!

C’è quella camicia nera che copre le brutture, c’è quel braccio teso che si raccomanda sempre alla Provvidenza, mentre i veri problemi stanno là, irrisolti, esattamente allo stesso modo, degli “antifascisti”!

Insomma trionfa quello “spirito borghese” che aveva già fagocitato il fascismo, è accecato, per un verso, lo stesso Mussolini (che era un maestro di scuola, non un imprenditore o un figlio di papà!), ma di cui egli si rese conto, anche se troppo tardi, lasciandoci certi ritagli testamentari: ““I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari, le nostre idee appartengono a quelle che in regime democratico si chiamerebbero “di sinistra”, le nostre istituzioni sono conseguenza diretta dei nostri programmi, il nostro ideale è lo Stato del Lavoro. Su ciò non può esserci dubbio: noi siamo i proletari in lotta, per la vita e per la morte, contro il capitalismo. Siano i rivoluzionari alla ricerca di un ordine nuovo. Se questo è vero, rivolgersi alla borghesia agitando il pericolo rosso è un assurdo. Lo spauracchio vero, il pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza sosta viene da destra. A noi non interessa quindi nulla di avere alleata, contro la minaccia del pericolo rosso, la borghesia capitalista: anche nella migliore delle ipotesi non sarebbe che un’alleata infida, che tenterebbe di farci servire i suoi scopi, come ha già fatto più di una volta, con un certo successo. Sprecare parole per essa è perfettamente superfluo. Anzi è dannoso, in quanto ci fa confondere, dagli autentici rivoluzionari di qualsiasi tinta, con gli uomini della reazione, di cui usiamo talvolta il linguaggio.” (Benito Mussolini – su La Repubblica Fascista, 22 aprile 1945).

Se la battaglia anti-islamica dei “neo-fascisti” è talmente insulsa da far dimenticare che il duce fu “la spada dell’Islam”, la battaglia monotematica contro l’immigrazione, gestita dal Governo nel modo più tragico, sbugiarda troppo facilmente quello che fu l’emblema più decoroso del fascismo.: lo scambio tra etnie per ragioni di civiltà: Di cosa altro vogliamo parlare: dei soldati italiani morti in Afghanistan, non si sa bene per quale patria, non certo l’Italia, ma piuttosto quella dello Zio Sam? O della difesa ad oltranza delle forze dell’ordine, che, come diceva Pasolini (un intellettuale deriso perché gay, ma che fu l’unico ad accompagnare Ezra Pound, dal ritorno dal carcere-manicomiale americano), sanno solo istigare una guerra di poveri? O magari allietarsi perché in Sicilia o ad Orte la “destra” compie i suoi misfatti irripetibili?

Che fine ha fatto Mussolini, il duce? E’ morto di sicuro: ma almeno siate capaci di onorare la sua memoria, se ancora credete che abbia compiuto molte cose positive! Sbandieratele sulla faccia di chi lo sbugiarda, ma sappiate anche essere critici con le sue gravi negligenze. Riagguantate le sue idee positive e quelle dei suoi collaboratori, e discutetene, ragionateci sopra. Ripristinatele, adeguandole al XXI° secolo, perché sono eterne, irreprensibili!

Non rovinate quel poco di memoria storica ancora attiva, che resta al Paese, con le orrende immagini della guerra civile, delle “reciproche” stragi che insozzarono la coscienza degli uni e degli altri, i quali, altro non rappresentarono che marionette di Hitler e di Eisenhower!

E rammentate che il fascismo è morto, e voi siete solo imitatori di qualcosa che non esiste più, ma che ha lasciato un’eredità ancora da approfondire, che rischiate di compromettere, in ogni momento, obbedendo al letale gioco degli avversari! (D.S.)

 

Chi di coalizione ferisce, di coalizione perisce

Coalizioni, coalizioni, coalizioni! Lo sapevamo già dal giorno in cui il PD, con una scusa balzana, e d’accordo con Berlusconi, rompeva le “larghe intese” sulla legge elettorale “alla tedesca”, dopo aver constatato che il M5S non si riusciva a smontarlo neanche con le cannonate, e sarebbe andato sicuro verso la vittoria elettorale!

Da qui il nefasto accordo tra “pregiudicati e trasformisti” per arrivare al voto di fiducia sul “rosatellum”, per strappare dalle mani del popolo la democrazia e restituirla alle lobby di partito!

Ma di coalizione si può anche morire. Perchè questa legge insulsa, dettata e costruita da persone insulse, e avallata da un Presidente della Repubblica insulso, ha i suoi bravi punti deboli: è vero che non esiste voto disgiunto e la soglia è al 3% (ovviamente per i coalizzati!), e che non esiste premio di maggioranza; ma è anche vero che i collegi sono distinti tra proporzionali e maggioritari, anche se chi vota l’uno vota automaticamente anche l’altro (ecco la truffa, che schiaffeggia la Costituzione!). E qui casca l’asino, perché il caos e le pugnalate nasceranno proprio al momento di formare le liste: già Matteo Salvini, stretto dai sibillini sondaggi che, come al solito avvelenano la realtà, sobillati con lo scopo di confondere quel che resta dell’elettorato (poco più del 50%), vede un rischio nel nuovo rapporto morganatico tra lui e l’ex-cavaliere, con la Meloni a fare da tappezzeria, tuttavia ingrassata per quel po’ che serve ad isolarlo ancora di più. Salvini capisce che è in trappola e che Berlusconi pretende i collegi più importanti per F.I., proprio a scapito della Lega: lui ne ha da infilare dentro di “impresentabili”, a cominciare dalla pattuglia degli ex-A.N., tutti affamati di poltrone, come Matteoli e Gasparri, gente a cui le inchieste della magistratura fa il solletico, protetta com’è dalla massoneria o da altri “corpi dello Stato”.

Non parliamo del PD, il quale, nei sondaggi, sarà dato sempre più perdente, parallelamente al M5S, perché ormai è chiaro che i poteri forti, non solo nazionali, intendono coprire il c.d. centro-destra con la maggioranza assoluta. La quale, oggi come oggi, risulta irrealizzabile.

Infatti è falso che il M5S perda consensi, mentre è possibile che Renzi cali ancora, visto che per lui ogni tipo di coalizione (se si esclude quella con gli alfaniani e con altri “desperados” dello zerovirgola) è preclusa. Teoricamente, a sinistra (e anche qui i sondaggisti di regime rintuzzeranno per bene i numeri!), esiste un potenziale 10% in libertà, che veleggia come un rottame di sughero in una tempesta, ma converge sempre più verso i grillini, il porto più sicuro. E il terrore degli “impresentabili” di ogni colore, e che questi si mettano sulla direttiva comune, che non è detto diventi coalizione, e quindi, vada a sostenere un Governo post-elettorale. Che potrebbe fare la differenza se i “picciotti” di Arcore non raggiungessero la maggioranza, così come quelli del PD.

Allora, o il “sultano” si vedrebbe costretto ad accoppiarsi con Renzi, ma questo significherebbe mettere in circolazione non un sughero, ma una mina formata dalla Lega a caccia di intese (FdI, crediamo, saranno attratti invece più verso le poltroncine offerte dal padrone delle ferriere!), che porterebbe a Grillo un 15% di parlamentari, in appoggio anch’essi ad un Governo nazionale.

Attenzione perciò alle coalizioni. Perché c’è qualcuno, che ha fatto già i suoi conti, ma sono del tutto sbagliati, e in quattro mesi ne vedremo ancora delle belle! (D.S).

Il M5S di fronte alla responsabilità concreta del potere

Il grande dilemma grillino non è più quello di autoreferenziarsi come “partito” nazionale, cosa ormai acquisita specie dopo le elezioni siciliane (dove ha dimostrato la sua integrità e la sua forza, contro le accozzaglie malavitose); ma quello di porsi in prospettiva come capo di una coalizione.

Ammesso e non concesso che alle prossime politiche “rosatelliane”, il M5S non ottenesse il 40,5% dei voti, è probabile che non avrebbe una maggioranza tale da poter governare. Sarà quindi necessario che, fin d’ora, cominci a pensare con quali forze, anche tra quelle che considera “meno peggio, si possa accompagnare per il lungo e complicato percorso politico e governativo.

La risposta della senatrice Taverna a Cacciari che la provocava, dalla Gruber –Possibile che nel grande casino del PD voi non possiate attirare nemmeno un cane?-, la sua reazione intelligente e pronta: “Ma qual è il cane da attrarre?”, dimostra che andare a pescare da qualche parte “compagni di strada” sarà veramente un’avventura, che potrebbe rivelarsi letale.

A proposito di “sinistra”, proprio oggi abbiamo assistito alla compagine ex-Pd, ormai tutta concentrata nelle liste, caricarle di vecchie cariatidi fallite, né più né meno dei renziani (qui si tratta di cariatidi ancora giovani, ma sempre ammuffite di poltronismo e mistificazione!), mentre l’estrema “sinistra” quella che più si avvicina con le sue tesi ai proponimenti sociali grillini, non raccoglie percentuali sufficienti, né credibilità da parte dei più moderati, e resta isolata.

A proposito di “destra”, caduta clamorosamente quella che era sembrava una “filiera” di comuni propositi (specie a livello europeista!) con la Lega, dopo il suo incorporamento vergognoso nel più scontato berlusconismo, non sembra esistere più traccia di un futuro approccio; a meno che, altrettanto clamorosamente, Salvini, il giorno dopo le elezioni (ma anche prima, chissà!), mandi a quel paese l’ex-cavaliere (il quale ha tutta l’intenzione di abbracciare un Pd ridotto ai minimi termini, ma certo più affidabile del carroccio!), ricucia lo strappo, e vada a unire i suoi parlamentari a quelli dei Cinque Stelle per aprire ad un Governo autenticamente “inedito”.

A questo punto, tutto sembrerebbe perduto, anche se l’ipocrisia comune di farcela da soli (diffusa specialmente tra gli “integralisti” del movimento!), dovrà vedersela con i sondaggi di quattro lunghi mesi di campagna elettorale, dominata, al solito, da una magistratura che farà il bello e cattivo tempo, a seconda delle sue scelte politiche. Affonderà il coltello ancora sulla Raggi e sull’Appendino, o sceglierà di fare a fette l’ARS? Preferirà riaprire le dolenti note sugli scandali bancari o sugli appalti truccati o sulle vicende della famiglia Renzi? O magari troverà qualche appiglio da appiccicare ancora a Berlusconi, dopo averlo di fatto “assolto” da tutte le sue infinite colpe (e questa è la sua più grave correità)?

In realtà qualcosa si muove sotto la superficie: sia a “sinistra” che a “destra”.

Con l’uscita di Pietro Grasso dal PD, l’accozzaglia inaffidabile che si è creata al di fuori del “renzismo” potrebbe trovare un punto di forte aggregazione. In realtà quest’uomo, che è stato compartecipe della distruzione del Paese, dopo aver avallato tutti i vergognosi trasformismi che hanno portato un Governo senza maggioranza, a cambiarla, e poi a trasformarla in totalitarismo extra-parlamentare, grazie al ricorso delle varie “tagliole” e voti a fiducia, oggi si difende (specie dagli attacchi di Grillo!), affermando che lui è un ex-magistrato, un uomo integerrimo, un difensore della Costituzione: e la Costituzione dice che la seconda carica dello Stato deve “difendere” quel che lo stesso Quirinale ha sempre fatto, con ancor più gravi mancanze di tattiche istituzionali! Oggi, tuttavia, egli si sente “libero”, e quindi “più obiettivo” nei confronti delle regole democratiche. Le quali, dicono, che il primo partito in Italia, è il M5S!

Se Grasso costituisse attorno a sé una iniziativa forte, basata su un tipo di “giustizialismo” pragmatico, che sta tanto a cuore ai grillini, soprattutto dal punto di vista sociale (reddito di cittadinanza), fiscale (riallineamento delle tasse secondo il censo, abolizione dei privilegi e vitalizi, ecc.), e finanziario (nuova legge bancaria, e perseguimento dei banchieri corrotti), non avendo un partito di “riferimento” che lo allontani dalle idiosincrasie pentastellate, potrebbe fornire un serio punto d’appoggio al partito di maggioranza relativa.

D’altra parte, l’accozzaglia di centro-destra, è inutile negarlo, aldilà delle bandiere e dei peana di vittoria, ha già individuato il senso che il meccanismo berlusconiano intende, per riacquisire il potere: quello precedente il 2011, aumentato del 50% dei buchi di bilancio occorsi alle sue aziende, che abbisognano di nuove leggi di soccorso. Per far questo, l’uomo, non è cambiato: deve far ricorso alle peggio compagnie; naturalmente, in termini di voti, questa regola lo tiene saldamente in testa, e i due “coinquilini” rimangono a fare i “portieri di notte”. Passi per FdI, che tutte le briciole che arraffa sono vitali per la sua sussistenza, ma la Lega, se continua su questa strada, rischia una scissione. Non è un caso che le prime scintille siano scoppiate in tema di “autonomia”, dopo i due referendum, dove il Veneto di Zaia ha dimostrato di voler percorrere, con i voti grillini, strade ben diverse da quelle lombarde e quindi salviniane.

E’ anche indubbio che all’ex-cavaliere non converrà di certo rispettare la proporzionalità dei voti per infilare i suoi “ceffi” nelle liste delle politiche, facendo la parte del leone, e lasciando agli altri i premi di consolazione. Se a Salvini venisse in mente di fare lo gnorri, ma poi, a risultati acquisiti (al M5S, al 34% spetterebbero 200 seggi, e Salvini, al 16% almeno 100), si tirasse fuori alla coalizione, lo scompaginamento politico creatosi, darebbe il via ad un nuovo Governo grillino, con un forte appoggio esterno della Lega.

Queste sono le inevitabili eventualità che si potrebbero presentare al movimento che restasse sotto il 40%: altre strade non esistono. Se non quelle che lo stesso Cacciari ha voluto sbattere in faccia alla Taverna: “Allora siete voi che non volete governare!”. (D.S.)