I nostalgici della “strategia della tensione”

Chi ha avuto in sorte di vivere da adulto, e magari da studente, il periodo più buio della storia d’Italia, cioè quel decennio a cavallo tra gli Anni Sessanta e Settanta, non può che rabbrividire osservando come quella maledetta “nemesi”, orchestrata da tutta una serie di poteri forti e segreti, in cui lo Stato e la massoneria funzionarono da mosche cocchiere, si stia prepotentemente riaffacciando sulle nostre piazze da capo, con sfumature diverse, ma inequivocabili. Allora il sistema si opponeva al dilagare del “comunismo”, contro un modello occidentale che, pure, era granitico e sostenuto da un’etica di libertà e di spiritualità (anche religiosa), irripetibili; mentre dall’altra parte della “cortina di ferro” gli eredi dello stalinismo, abbarbicati alla folle politica imperialista in Ungheria, Cecoslovacchia e Afghanistan, facevano fronte comune, di guardia al lugubre e funereo muro di Berlino, e il Viet-Nam si preparava a diventare, come la crisi di Cuba, la prova generale per una nuova guerra mondiale.

In Italia, questa operazione sfociò prima in attentati sanguinosi, poi, nel rapimento Moro e nelle esecuzioni di magistrati, giornalisti e politici: e tutti i processi che ebbero luogo, e che durarono decine d’anni, dimostrarono, senza ombra di dubbio, che dietro i veri manovratori del terrorismo rosso e nero c’erano sempre i vari “servizi di intelligence”, che percorrevano la repubblica andreottiana, cossighiana, napolitaniana e scalfariana, in lungo e in largo, a volte ostacolando gli assassini, altre volte avallandoli, ma sempre in nome di quell’adagio “gattopardiano” che tutto dovesse cambiare purchè restasse come era prima.

In realtà entro le folle operaie e studentesche che si affrontavano, una contro l’altra, sulle piazze cosparse di decine di vittime, vigevano atteggiamenti di autentica, comune rivolta, contro un sistema che basava la sua sopravvivenza sulla corruzione e sulla mistificazione, e spesso questo sentimento di umana speranza nel cambiamento, veniva strumentalizzato, invece, proprio da chi stava preparando l’inserimento dei comunisti al potere, con mediazioni vergognose, che ”trasformasse gli ideali collettivisti e socialisti” in un approccio borghese e liberista. Lo si sarebbe compreso solo più tardi, nell’era dei grandi scandali finanziari e della P2, quando il “migliorismo” dei Napolitano osteggiò e sconfisse l’idealismo dei Berlinguer, e il compromesso storico passò di volata!

A destra, accadde quasi lo stesso, quando, in un memorabile congresso missino, la bandiera con la fiamma tricolore, emblema di lotta e di costruttiva rimembranza, fu sostituita dall’”arazzo” della Destra Nazionale, un sogno almirantiano che durò lo spazio di un mattino, prima che diabolici intrecci clerico-massonici, la sfibrassero e la disintegrassero, per far posto all’era dei Fini e dei Berlusconi…

Ebbene oggi nelle piazze italiane si recita da capo “a soggetto”. Ben oliati “centri sociali”, eredi dei black-block, a suo tempo organizzati dal Ministero degli Interni e dai capi della Polizia, per confondere le idee ad un popolo sempre più sfruttato e impoverito dall’alta finanza e dalle banche massoniche, inventano, sul gesto carnascialesco di un omuncolo sbandato di una cittadina di provincia, indottrinato ad arte, un “revanscismo fascista”, che sarebbe rappresentato da gruppi politici extraparlamentari, che nulla hanno a che vedere né con un vetusto ed irreale nostalgismo, né con un ardimentoso ribellismo rivoluzionario, che mai potrebbe instaurarsi nel Paese, senza l’avallo di potentati anti-europeisti e anti-americani. Né si può argomentare che ci sia Putin dietro questo bailamme, vista la scarsa credibilità di certi leader, e di certi simbolismi! Sulla scorta di questo “allarme” si inserisce, poi, la protesta ipocrita della Chiesa, indottrinata dal peggior modernismo papalino del XXI° secolo, della sinagoga, che cerca sempre, ancora e dappertutto (ma solo in Italia, chissà perché), carne fresca per le sue vendette perdute, e dei poteri forti, oggi inseriti in entrambe le compagini liberiste di destra e sinistra, per impedire in tutti i modi che i nuovi “comunisti” si approprino del potere: il M5S. E che questo movimento se ne appropri più per responsabilità delle classi dirigenti, decadute, corrotte, fattisi mafiose per far concorrenza alla malavita originale, che per merito suo; ma divenuto, grazie all’appoggio popolare, e dopo lo scatafascio berlusconiano e renziano, il punto di riferimento per un cambiamento radicale del Paese.

Quindi, ecco da capo, gli opposti estremismi (o strategia della tensione), così idioti, nei loro cortei e manifestazioni, da non comprendere che mai, come in questi mesi , l’opposizione, che dir si voglia, dovrebbe marciare compatta (dopo che riuscì addirittura a vincere perfino un referendum epocale!), contro il regime plutocratico-massonico che è stato imposto in Italia, ma soprattutto contro il tentativo tedesco di ridurci a livello di “colonia”, ricalcando le “eroiche giornate nazionalsocialiste dell’organizzazione Todt. Una “destra” che non capisce questo, anzi se ne adorna, e una “sinistra” che avalla addirittura l’europeismo cannibalesco delle consorterie di Bruxelles e Francoforte, comprovano entrambe che la repubblica è giunta sull’orlo dell’abisso.

Solo questi “nuovi comunisti”, che tuttavia assomigliano più ai modelli libertari e sociali dell’anarchismo, e che ormai tutti chiamano “grillini”, hanno in mano le leve per cambiare il corso della storia. Ma senza mai dimenticare, però, le dure lezioni del passato… (D.S.)

 

I nostalgici della “strategia della tensione”ultima modifica: 2018-02-24T11:05:42+01:00da r.capodimonte2009