Un Papa filo-islamico ci mancava proprio…

Dolori di pancia, che rasentano, più che la colite, ulcere perforanti e attacchi di appendicite acuta! Queste sono le sensazioni “segrete” che rimescolano il basso ventre di vescovi e cardinali (eccetto quelli renziano-bergogliani), dopo il viaggio-lampo del pontefice prima nell’ex-Birmania, poi in Bangla-Desh (nel frattempo era avvenuta la defenestrazione misteriosa del Vice-Direttore generale dello IOR!).

Ma vediamo le cause di questi malori: ufficialmente Francesco, preso da pene inenarrabili (quasi quanto quelle che lo assalgono quando vengono sterminati i cristiani!), è corso laggiù per sollecitare l’accoglienza della comunità islamica dei Rohinga nello Stato a maggioranza mussulmana del delta del Gange, visto che i buddisti del Myanmar (dove attualmente è primo ministro l’ex-deportata San Suu Kyi, figlia prediletta del laicismo pragmatico, ma anche difensore delle grandi tradizioni religiose del suo popolo), se ne vogliono liberare, perché non si integrano per definizione (come non si integrano in Europa, e ci suona strano che Sua Santità non se ne sia accorto!), e soprattutto sono monoteisti, il che cozza contro la tradizione induista e buddista.

Voi direte: ma cosa c’entra il Papa in un conflitto religioso così lontano dal cattolicesimo, in un momento in cui il cattolicesimo stesso è oberato di problemi e di interpretazioni rasenti la blasfemia?

Un tempo un papa che si mettesse alla testa di una crociata filo-islamica, avrebbe fatto insorgere le truppe catto-conservatrici e codine che imperversano in Italia: oggi invece, tutti sono proni, anche gli acerrimi nemici dell’Islam e dello ius soli (quello islamico, in effetti, è il più rischioso!). In realtà Francesco è sceso in Estremo Oriente perché vorrebbe mettere zizzania, in religioni che per secoli hanno combattuto e combattono, proprio cattolicesimo, ebraismo e islamismo: tutte egualmente tossiche, per quanto riguarda la profonda spiritualità universal-panteista delle varie branche induiste e buddiste, che oggi se ne tengono distanti, appunto perché rappresentano un motivo di profondo dissidio, e non una ricerca pacificatrice che, questo papa finge di voler mantenere. E quei poveri Rohinga hanno fatto la parte del bluff, perché la provocazione era rivolta contro il gigante asiatico, che da mille anni combatte contro gesuitismo, torah e corano, senza mai smettere di farlo (famosi furono gli assassini dei gesuiti inviati in Giappone nel XVII secolo; ma anche le dure lotte tra mussulmani e indù, tra Pakistan ed India, che determinarono la morte dello stesso Gandhi). Un modo come un altro di portare avanti una “sottile” guerra di religione, ma senza neppure aver chiesto il permesso agli imam, che ormai considerano il suo “trono” uno dei più brutali strumenti di repressione dell’Occidente, quindi da abbattere!  (D.S.)

 

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