Dalla guerra per procura allo scontro diretto tra superpotenze in Siria. Erdogan cala la maschera.

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raid aerei in siriaDi Dott. Avv. Andrea Atzori

Erdogan, presidente turco, non riesce proprio a mandare giù il rospo amaro della sconfitta militare nella guerra siriana e prima minaccia di intervenire contro l’esercito siriano che combatte ad Idlib contro i miliziani di hayat tahrir al-sham(ex al-nusra), dichiarati terroristi in Siria, Iran ed in Russia, in quanto sarebbero il ramo siriano di Al Qaeda, poi di fatto spedisce sia truppe che mezzi corazzati sul teatro di guerra, destinati, ovviamente, a scontrarsi con russi e siriani.

Alla fine, oltre a numerosi feriti i turchi contano almeno sei morti tra le loro fila. Erdogan tuona contro l’asse della resistenza (Russia, Iran e Siria) e promette di scatenare una battaglia epocale contro i suoi avversari. Spedisce da subito rinforzi in misura tale da provocare più di una trentina di morti tra i siriani. In realtà esiste una ben diversa versione dei fatti da parte del ministero della difesa russo. Infatti i russi affermano che nessun raid aereo è stato compiuto dai turchi sulle truppe siriane impegnate nella riconquista della città di Saraqib, crocevia delle due autostrade che collegano il territorio siriano, la M4 e la M5. I radar russi posizionati in Siria, non hanno rilevato alcun caccia turco nei cieli di quella zona. Inoltre nessuna vittima è stata rilevata, registrata tra le file dell’esercito siriano.

Le responsabilità dello scontro tra le due formazioni quella turca contro quella siriana, non sarebbero da addebitare alla parte siriana ma invece a quella turca, in quanto di proposito avrebbe omesso di segnalare al centro operativo dell’esercito russo, come dagli accordi di Sochi del 2018, il suo accesso sul campo di battaglia in Idlib tra le truppe siriane e i miliziani dell’ex Al Nusra, rimanendone coinvolta.

E’ risaputo che dopo la ritirata, in seguito alla disfatta subita ad opera delle forze alleate russe, siriane ed iraniane, i terroristi islamici combattenti per procura di Stati Uniti e Turchia, si siano annidati ad Idlib, nel nord della Siria, al confine con la Turchia. Da qui costoro hanno continuato le loro operazioni contro le basi militari dell’asse della resistenza, persino con nugoli di droni lanciati contro la base aerea russa di Hmemim, sempre abbattuti dalla contraerea russa ed in particolare imponendo un blocco alle autostrade che collegano tutto il territorio siriano.

Droni ed armi sofisticate anticarro e di precisione antiaerea, capaci di abbattere elicotteri da combattimento siriani, persino tre di seguito nell’ultima settimana, in possesso dei miliziani Jihadisti, sono finiti nei loro arsenale solo in quanto pervenuti dalle potenze che li sostengono nel loro sforzo bellico. Accade, pertanto, che Erdogan presidente della Turchia impegnato da un trattato in vigore di de-escalation in Idlib, usi, al contrario, i posti di osservazione assegnati a questo fine, esclusivamente, allo scopo di proteggere e sostenere, come sempre ha fatto, le attività aggressive dei gruppi di terroristi sopravvissuti all’inarrestabile avanzata delle forze militari lealiste siriane ancora fedeli al presidente Al-Assad.

Da qui la decisione di Mosca e Damasco di farla finita una volta per tutte, con questa farsa degli impegni internazionali mai rispettati dalla controparte turca. Le forze armate russo siriane hanno sferrato un duro attacco contro i gruppi di combattenti asserragliati presso la città di Saraqib, nell’intento di liberarla dalla morsa tenace dei terroristi islamici ed è proprio per evitare, scongiurare questo evento che l’esercito di Erdogan è entrato in azione sul campo di battaglia a sostegno dei suoi alleati, rimanendone coinvolto e lasciando sul terreno sei vittime.

Con il Trattato di Sochi, tra Russia, Turchia ed Iran, furono create tre zone di de-escalation affidate ciascuna ad una delle tre potenze firmatarie. Ma la Turchia, insisteva a lasciare mano libera ai miliziani da sempre suoi protetti, per condurre attacchi alle basi militari dell’asse della resistenza ed anche contro la popolazione civile, per cui venne deciso l’intervento militare per cacciarli via, definitivamente, anche da questa ultima enclave, in cui si erano riparati come in una roccaforte.

Ad Erdogan, però, che pure si atteggiava ad essere più vicino alla Russia di Putin, tanto da ventilare la sua candidatura a membro dello SCO, Shanghai Cooperation Organization, che non alla Nato di cui pure era membro, in particolare dopo la vendita degli S 400 da parte di Mosca e la nuova linfa vitale per la Turchish Stream 2, l’oleodotto russo che collegherà la Russia con l’Europa, proprio non va giù l’idea di rinunciare al suo progetto di dominio sul territorio siriano, in particolare per quanto riguarda le risorse petrolifere di cui questo abbonda e per le mire ultra imperialiste di cui gli ottomani sono sempre stati portatori nel corso della storia anche verso e contro l’occidente.

Di recente abbiamo potuto constatare l’intromissione di Ankara nella guerra in Libia, nonché la pretesa di monopolizzare le estrazioni petrolifere in tutto il mediterraneo non solo orientale, in piena rotta di collisione con la Grecia, che vanta diritti sull’isola di Cipro. All’improvviso, però, ecco che Erdogan getta la maschera e si dimostra per quello che, veramente, egli è, cioè un autentico membro della Nato ed alleato degli Stati Uniti che in Siria nutriva i suoi progetti di espansione territoriale alle spese del presidente siriano Assad.

I rapporti con Mosca tornano a diventare roventi come lo erano stati in seguito all’abbattimento del cacciabombardiere russo SU24. Il presidente Putin aveva forse, sempre creduto, sottovalutandolo, che Erdogan potesse essere addomesticato e che le sue scuse tardive per l’abbattimento del caccia russo fossero sincere. Ma anche dopo il fallito colpo di stato di cui fu vittima, da cui venne salvato dal servizio segreto russo, il suo cuore non ha mai cessato di battere per l’occidente, tanto che il primo ministro Cavusoglu, ha rinnovato anche di recente, le sue appassionate richieste alla EU di accettare la Turchia come Stato membro.

In effetti, Erdogan ha sempre agito con il proposito esplicito di occupare il territorio siriano, anche se con la scusa ad esempio, di cacciare i Curdi dai confini turchi. Sia Mosca che Damasco hanno consentito che le truppe turche invadessero una striscia del nord della Siria oltre i confini con la Turchia, ma solo al fine di estromettervi gli statunitensi, i quali a loro volta hanno lasciato fare, abbandonando i curdi al loro destino, solo in quanto si trattava pur sempre, di uno Stato membro Nato a tutti gli effetti, quindi un alleato in grado di ostacolare, contrastare con efficacia la reazione dell’asse della resistenza, qualora ve ne fosse stato bisogno.

Cosa che si sta, puntualmente, verificando. Ciò che appare chiaro e lampante è che Erdogan sia deciso ad alzare la posta in gioco in Siria, determinato com’è a non mollare l’osso ed insistere nel suo progetto originario di ricavarsi uno spazio nel profondo del territorio siriano per mira, esclusivamente, di carattere espansionistico. Solo a parole e per opportunismo, ha accettato da Putin la richiesta di riconoscere Assad come unico presidente della Siria. Parole di cui si è subito scordato.

La puntualità dell’intersecarsi di questa vicenda bellica tra Turchia e Siria con l’evolversi dell’impegno e coinvolgimento diretto statunitense in questo conflitto è desumibile dalla constatazione del fatto gravissimo del blocco imposto da una pattuglia militare americana ad un convoglio russo diretto alla frontiera con l’Iraq nel Nord Est della Siria.

Questi eventi non avvengono mai per caso e sono indizio certo del fatto che il momento della resa dei conti tra superpotenze in Siria si sta avvicinando. Prima o poi, questo doveva accadere ed accadrà, inevitabilmente. Finita la guerra per procura, ecco che inizia lo scontro diretto tra i veri contendenti che si giocano il loro ruolo di principali protagonisti e detentori delle sorti del pianeta Terra. Erdogan non cessa di minacciare, quotidianamente, Assad di scatenare un attacco contro tutto il suo territorio, se le sue forze armate non abbandoneranno per sempre la regione di Idlib. Ovviamente, si tratta  di una dichiarazione formale di guerra alla Siria, a cui Mosca non può considerarsi estranea e non interessata. Infatti, la liberazione del territorio siriano dai terroristi è, sopratutto, opera e merito dell’esercito russo. L’entrata in scena di un esercito regolare forte e ben equipaggiato come quello turco, il secondo dentro all’alleanza atlantica, dopo quello statunitense, in questa guerra terribile e catastrofica, che dura ormai da quasi dieci anni, ed ha mietuto oltre un milione di vittime, sarebbe un evento epocale, tale da produrre uno sconvolgimento a livello planetario. 

Nel corso di un colloquio telefonico recente tra Putin ed Erdogan con cui costui accusava le controparti del trattato di de-escalation di non averlo rispettato, gli è stato ribadito il fatto incontrovertibile che il primo ad avere infranto tali obblighi è stato proprio lui, non solo per non aver, minimamente, ostacolato e frenato lo slancio bellico dei gruppi combattenti, ma anche per avere, persino, progettato e messo in opera la costruzione di un’intera zona residenziale in questo territorio siriano occupato illecitamente, dalle sue truppe in seguito alla cacciata dei curdi, destinata ad ospitare le popolazioni siriane rifugiate in Turchia a causa della guerra.    

Non è solo la crisi nel golfo Persico tra Iran e USA a rendere esplosivo il Medio Oriente. Gli Stati Uniti hanno fronti aperti dappertutto, in Corea del Nord, In Cina (vedi Hong Kong), nel Mar Cinese Meridionale, in Europa Orientale alle frontiere russe, in Africa settentrionale, in Siria, in Iran, in Iraq, in Afghanistan ecc. Difficile credere che prima a poi non scoppi la scintilla che farà esplodere la conflagrazione mondiale. 

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Dalla guerra per procura allo scontro diretto tra superpotenze in Siria. Erdogan cala la maschera.ultima modifica: 2020-02-04T17:37:59+01:00da Artalek

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