Il gentile canto di Antonia Pozzi

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Il 13 febbraio 1912 nasceva Antonia Pozzi, grande sfortunata poetessa che non resse la “disperazione mortale” di una vita nulla, alla quale si sottrasse suicidandosi a 26 anni.
Il suo male di vivere dipendeva dal senso di vuoto e da un’educazione rigida e beghina che per un’anima sensibile come la sua rappresentava, oltre che il soffocamento della femminilità, un ostacolo alla sua evoluzione interiore.
L’amore per il suo Professore di Liceo di greco e latino, stroncato con vigore dal padre avvocato, sarà un ulteriore motivo di distacco da una vita che per lei non aveva più senso.
La passione per i viaggi, la montagna, la fotografia, diventarono motivo e oggetto della sua poesia dove la natura acquistò un significato di Assoluto, quell’assoluto che finalmente raggiunse con la morte.


…E un giorno nuda, sola, 
stesa supina sotto troppa terra, 
starò, quando la morte avrà chiamato.

Canto selvaggio

Ho gridato di gioia, nel tramonto.
Cercavo i ciclamini fra i rovai:
ero salita ai piedi di una roccia
gonfia e rugosa, rotta di cespugli.
Sul prato crivellato di macigni,
sul capo biondo delle margherite,
sui miei capelli, sul mio collo nudo,
dal cielo alto si sfaldava il vento.
Ho gridato di gioia, nel discendere.
Ho adorato la forza irta e selvaggia
che fa le mie ginocchia avide al balzo;
la forza ignota e vergine, che tende
me come un arco nella corsa certa.
Tutta la via sapeva di ciclami;
i prati illanguidivano nell’ombra,
frementi ancora di carezze d’oro.
Lontano, in un triangolo di verde,
il sole s’attardava. Avrei voluto
scattare, in uno slancio, a quella luce;
e sdraiarmi nel sole, e denudarmi,
perché il morente dio s’abbeverasse
del mio sangue. Poi restare, a notte,
stesa nel prato, con le vene vuote:
le stelle – a lapidare imbestialite
la mia carne disseccata, morta.
Antonia Pozzi

(Pasturo – 1929)

Il gentile canto di Antonia Pozziultima modifica: 2018-02-14T22:44:16+01:00da lorifu

1 commento


  1. //

    Che Dire se non che in questo post sfondi una porta non aperta ma spalancata, cara Loretta? Ho una raccolta di tutte le poesie di Antonia Pozzi (mi pare fosse anche molto gradita a “Eugenia”) e leggendole si respira un’aria di purezza di spirito elevatissima. La sua breve e travagliata esistenza – cui hai correttamente fatto cenno – purtroppo e a mio avviso ha lasciato un’impronta di malinconia infinita, oltre che possibili godimenti di altre sue ispirazioni nel mondo della poesia – ahinoi – sfumati. Spiace che non sia stata valutata positivamente fino a quando non fu lo stesso Montale a spendere giudizi lusinghieri nei suoi confronti. Molto bella la poesia che hai riportato, la mia preferita è “Ricongiungimento”. Forse perché in quest’ultima è contenuta qualche traccia della mia vita dopo divagazioni non cercate, non volute ma, in altro tempo accadute..
    Un abbraccio ^____^

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