l’implantologia a carico immediato consente di inserire gli impianti dentali e, nella stessa seduta, fissare la protesi, in molti casi si tratta di una protesi provvisoria.
Con questa tecnica implantare il paziente può lasciare lo studio dentistico con i nuovi denti in bocca o, al massimo, attendere le 24 ore successive per finire il lavoro.
Il carico immediato permette differenti tipi di riabilitazione, può essere utilizzato per un singolo dente, per un ponte dentale oppure per un’intera arcata od entrambe quando la persona richiedente è completamente senza denti, edentulia completa.
Come si effettua il carico immediato ?
Abbiamo pensato di descrivere nei minimi dettagli tutti i singoli passaggi che caratterizzano l’intervento di implantologia per ottenere i denti nella stessa seduta in cui si inseriscono i perni in titanio.
Consigliamo di approfondire l’argomento con i dentisti a cui chiederete il preventivo dei costi.
Fase 1: Verifica della quantità ossea
La condizione necessaria e sufficiente per poter eseguire il posizionamento della protesi sugli impianti nella stessa seduta è la giusta quantità di osso a disposizione dell’implantologo.
Se tale quantità manca è necessario ricrearla con interventi come il rialzo del seno mascellare oppure innesti di materiale osteoinduttivo (che favorisce la formazione di nuovo osso).
Per verificare lo stato dei mascellari, il dentista sottopone il candidato ad un esame volumetrico tridimensionale chiamato Tomografia Computerizzata 3D od anche Dentalscan Cone Beam 3D
Fase 2: estrazione dei denti residui
Dopo aver somministrato l’anestesia locale, l’intervento inizia subito con l’estrazione degli ultimi elementi dentali presenti nel cavo orale seguita dalla bonifica di tutta la bocca.
E’ necessario eliminare i residui di materiale infetto ad esempio se i denti naturali sono molto cariati oppure affetti da parodontite.
In quest’ultimo caso, il dentista provvede ad asportare anche parti di tessuto molle, gengiva, che potrebbe veicolare nuova infezione alle viti.
Fase 3: presa delle impronte
Una volta risanata tutta la bocca, è il momento della presa delle impronte dentali con particolare riferimento alle altezze per il calcolo della quantità di gengiva finta e della misura dei denti protesici.
Se i mascellari e le gengive sono in buone condizioni, la flangia finta rosa non è necessaria.
Con le impronte, l’odontotecnico può cominciare subito la costruzione della protesi fissa in modo che sia pronta una volta terminata la fase implantologica vera e propria.
Fase 4: inserimento degli impianti per il carico immediato
Questo è il momento più importante di tutta la procedura implantologica poiché l’odontoiatra comincia a perforare l’osso con frese via via di misura maggiore fino ad arrivare a quella propria della vite che si deve utilizzare.
Finita la preparazione dell’osso ricevente, inizia l’avvitamento dell’impianto che può essere fatto attraverso un avvitatore motorizzato e collegato ad un misuratore elettronico della forza oppure con uno strumento manuale con tacche chiamato cricchetto o torque.
Indipendentemente dalla modalità di inserimento scelta, il successo del carico immediato si realizza solo se il dentista può avvitare l’impianto con una forza pari o superiore a 35 Nm (Newton metri) a volte si utilizza la sigla Ncm (Newton per centimetro).
Sotto tale misura gli impianti non avrebbero la stabilità necessaria per supportare la protesi durante la masticazione e tutta la riabilitazione implanto-protesica fallirebbe.
L’alternativa è quella di adottare fin da subito il carico differito.
Una volta che gli impianti sono in sede, il medico e l’odontotecnico prendono nuovamente le impronte per trasferire sulla protesi la posizione degli impianti e creare i fori in cui andranno inserite le viti di fissaggio della protesi.
Fase 5: posizionamento della protesi
Tutto è pronto, il paziente può finalmente ricevere i nuovi denti che saranno avvitata agli impianti immediatamente.
L’ultimo step è quello di controllare il bilanciamento dell’occlusione.
Con una strisciolina di carta colorata tra le due arcate, il medico chiede di aprire e chiudere la bocca.
Se ci sono punti di precontatto, essi si colorano ed il dentista può smussarli con il trapano a turbina.
Quali sono i problemi più comuni dovuti all’inserimento di impianti dentali ?
Le malattie sistemiche come diabete, cardiopatie e osteoporosi sono un limite per l’implantologia ?
Come ogni intervento, anche quelli di chirurgia orale non sono esenti da possibili complicanze o rischi.
Vediamo insieme quali sono le situazioni in cui il paziente sottoposto ad implantologia può andare incontro a problemi e come si risolvono.
Con il termine protesi fissa si intende la protesi che non può essere rimossa dal paziente poiché cementata o avvitata ad elementi pilastro, si tratta dei denti naturali del paziente quando ancora in buono stato oppure impianti dentali osteointegrati.
La protesi fissa è chiamata di “ricostruzione” quando ha il compito di ricostruire la parte del dente asportato dal dentista durante le cure ed allo stesso tempo di proteggere la parte restante.
E’ detta di sostituzione, invece, quella protesi fissa che va a sostituire parte o tutti i denti mancanti che sono caduti naturalmente oppure sono stati estratti poiché ridotti in pessime condizioni e non più utilizzabili.
Tipi di protesi fissa:
Intarsio dentale
L’intarsio dentale è la protesi fissa più piccola che esiste poiché è destinato alla ricostruzione di una parte della corona del dente che è stata danneggiata dalla carie che ne ha corroso buona parte dello smalto oppure da una frattura a causa di un trauma (incidente stradale o sportivo).
In altre parole, quando il dentista decide che un’otturazione dentale non garantisce l’estetica, la tenuta e la giusta resistenza ma non si vuole arrivare alla capsula, allora l’intarsio è la protesi fissa ideale.
I materiali di costruzione prevedono sia la ceramica che lo zirconio (in alcuni casi anche il disilicato di litio). L’intarsio, a differenza dell’otturazione che è realizzata direttamente nella bocca del paziente, è costruito in laboratorio sulla base di un’impronta dentale ad alta precisione e cementato sul dente.
In alternativa è possibile procedere alla presa delle impronte con una lampada intraorale pere poi passare alla fabbricazione dell’intarsio attraverso la tecnologia CAD/CAM computerizzata.
Capsula dentale
La capsula dentale è una protesi fissa che serve per ricreare completamente la corona del dente ovvero la parte visibile, quella che vediamo durante il sorriso e che utilizziamo per masticare.
La capsula è posizionata sul dente naturale dopo che questo è stato curato a causa di carie profonda o pulpite e, all’occorrenza, è stata praticata anche la relativa devitalizzazione.
Per fare spazio alla capsula dentale, il dentista è costretto a monconizzare il dente o la parte che ne rimane ovvero a rendere la parte superiore del dente più piccola. In questo caso si dice che il dente è stato incapsulato.
In base alle cure apportate e quindi ai tempi di guarigione, l’odontoiatra potrebbe optare per una protesi fissa provvisoria o capsula provvisoria in attesa di quella definitiva.
Questo tipo di protesi fisso mono-dente (per un solo dente) è realizzata utilizzando differenti tipi di materiali. La scelta dell’uno o dell’altro è dettata dai risultati che si desiderano ottenere e dai costi che il paziente è in grado di affrontare.
L’odontoiatria protesica oggi offre i seguenti tipi di protesi fissa per un solo dente:
Corona in resina o composito
La corona in resina acrilica o composito è la protesi fissa che normalmente viene utilizzata come presidio provvisorio, in attesa della guarigione dei tessuti ed è anche la più economica.
Corona metallo ceramica
Il metallo o, meglio, la lega di metallo costituisce la struttura interna della capsula, quella a contatto con il dente ridotto a moncone o con il perno-moncone. La ceramica, invece, è utilizzata per la parte esterna ed estetica della protesi fissa.
Una delle caratteristiche che contraddistingue la corona in metallo ceramica è la particolare resistenza durante la masticazione. Nel panorama delle protesi fisse per un solo dente è quella che fino ad oggi è stata più largamente utilizzata dai dentisti di tutto il mondo.
Corona ceramica integrale
La corona in ceramica integrale è la protesi fissa singola che vanta l’estetica migliore poiché, data la mancanza del metallo sottostante, si lascia attraversare dalla luce proprio come i denti naturali.
E’ particolarmente adatta a sostituire o ricoprire i denti anteriori mentre per quelli posteriori è preferibile un materiale più resistente che possa resistere alle forze espresse durante la masticazione.
Corona zirconio ceramica
La zirconia o ossido di zirconio, negli ultimi tempi, è diventato il materiale di riferimento per restauri protesici molto resistenti e con un’estetica inarrivabile utilizzando altri materiali.
In combinazione con la tecnologia CAD/CAM, è possibile ricavare la protesi fissa attraverso la fresatura computerizzata di un blocchetto di ossido di zirconio ottenendo un dispositivo odontoiatrico di estrema precisione, leggerezza e biocompatibilità.
La corona in zirconia e ceramica unisce in se la resistenza dell’ossido di zirconio sintetizzato e la resa estetica della ceramica.
Faccette
L’odontoiatria estetica ricomprende le faccette dentali o veneers nella categoria delle protesi fisse poiché anch’esse, una volta cementate non possono essere rimosse dal paziente.
Le faccette dentali sono dei sottilissimi gusci di ceramica o zirconio che vengono applicate sopra ai denti naturali che, in alcuni casi devono essere limati per far posto allo spazio occupato dalle faccette ed in altri casi no.
Con questo tipo di protesi fissa è possibile risolvere differenti problemi estetici del paziente: eccessivo spazio tra i denti incisivi (diastema), cambiare colore agli elementi dentali, allungare i denti, coprire una pigmentazione indelebile etc.
Ponte dentale parziale
Il ponte dentale parziale è la protesi fissa che serve per sostituire uno o più denti adiacenti (solitamente fino a 4 o 5).
Il numero di capsule dentarie necessarie ed unite tra loro dipende dal numero di denti naturali che si desidera rimpiazzare.
Il ponte parziale può essere agganciato:
Su denti naturali
In questo caso le corone dei denti naturali del paziente che serviranno da pilastro devono essere ridotte a moncone ed incapsulate quindi, se gli elementi dentali sono sani, procedere alla monconizzazione risulta un vero delitto mentre, se non lo sono, è l’occasione buona per curarli e renderli utili al supporto del ponte.
Su impianti dentali
Se non si vogliono toccare i denti naturali e sani, l’unica alternativa è l’inserimento di impianti dentali in titanio che, una volta osteointegrati, saranno connessi al ponte e lo manterranno in posizione.
Protesi fissa Maryland Bridge
Quando è necessario porre rimedio alla mancanza di un singolo dente o più denti adiacenti, una delle soluzioni proposte dall’odontoiatria è la protesi fissa detta ponte Maryland Bridge.
Essa consiste in una protesi fissa parziale il cui numero di capsule è uguale al numero di elementi dentali da sostituire e l’ancoraggio in bocca è assicurato da alette laterali in metallo, ceramica o composito che aderiscono, attraverso uno speciale adesivo, allo smalto dei denti naturali che fanno da pilastri.
In alcuni casi la superficie linguale dei denti naturali che supportano il ponte Maryland Bridge, deve essere preventivamente limata per far spazio alle alette mentre in altri casi basta l’adesivo.
Protesi fissa su impianti dentali
Utilizzata per sostituire tutti i denti, spesso sia dell’arcata superiore che quella inferiore, è costituita da una parte in resina acrilica rosa che simula la gengiva e rappresenta la base su cui vengono montati i denti protesici.
La gengiva finta è utilizzata per colmare lo spazio lasciato libero dal riassorbimento osseo e da eventuale recessione gengivale altrimenti il dentista sarebbe costretto ad utilizzare denti molto lunghi ed antiestetici.
La ritenzione è garantita da impianti dentali in titanio (od anche in ceramica o in zirconio) osteointegrati.
Le tecniche per utilizzate per arrivare a realizzare una protesi fissa su impianti dentali sono molteplici: si va dal classico intervento di chirurgia orale a due fasi, all’implantologia a carico immediato ove l’implantologo, attraverso le opportune indagini radiografiche (panoramica o TC 3D DENTALSCAN), sia certo della presenza delle condizioni necessarie e sufficienti per il successo degli impianti.
Per coloro che si presentano già completamente edentuli (senza denti) è anche possibile porre in essere la tecnica transmucosa.
La caratteristica principale della protesi fissa su impianti dentali sta nel fatto che la protesi è estremamente fissa in bocca quindi non ha spostamenti o basculamenti durante la masticazione o la fonazione come invece accade con la protesi mobile o dentiera.
Ponte circolare completo su impianti dentali
Il ponte circolare completo è una protesi fissa molto simile a quella descritta nel paragrafo precedente ma non ha la gengiva finta quindi il paziente ed i suoi interlocutori avranno la netta sensazione che i denti protesici fuoriescano dalle gengive naturali.
A differenza della protesi fissa con flangia, il ponte circolare completo su impianti è più facile da tenere pulito poiché presenta meno punti difficile da raggiungere durante l’igiene orale quotidiana.
Protesi fissa completa su denti naturali
Quando il paziente si presenta in studio con ancora qualche dente in bocca, il dentista, previa anamnesi, può decidere che gli elementi dentali residui siano sufficienti a svolgere il lavoro che, altrimenti, andrebbe fatto dagli impianti dentali.
In questo caso quindi si procede con la cura delle radici ancora in buono stato ed all’estrazione dei denti che non possono essere di alcun aiuto.
Il passo successivo è quello di ridurre a moncone i denti curati e prepararli, con eventuale utilizzo di perni moncone, a fare da pilastri per il sostegno e la ritenzione della protesi che in questo caso si chiama appunto protesi fissa su denti naturali.
Protesi fissa temporanea o provvisoria
La protesi fissa temporanea è un dispositivo odontoiatrico molto importante sia per il paziente che per il dentista poiché permette all’uno di non rimanere senza denti durante il periodo di cura ed all’altro di rispettare i dovuti tempi biologici necessari ai tessuti molli e duri per guarire.
La protesi fissa temporanea può essere parziale quando supplisce temporaneamente alla mancanza di uno o più denti adiacenti (capsula dentale o ponte parziale), oppure totale quando a mancare sono tutti i denti di un’intera arcata (ponte circolare completo oppure protesi fissa su impianti Toronto Bridge).
Caratteristiche comuni
Ogni protesi fissa, pur essendo progettata e realizzata sulla base delle personali caratteristiche del paziente, deve essere costruita, dall’odontotecnico, con caratteristiche ben precise che accomuna tutte le protesi e che riassumiamo di seguito:
Modellazione anatomica:
se la protesi fissa è costituita da un intarsio o da una capsula, queste devono adattarsi, per forma e colore, ai denti già presenti nella bocca del paziente.
E’ molto importante che la protesi sia perfettamente adattata poiché, in caso contrario, può diventare la causa di infiammazione gengivale, gengivite e ristagno di particelle di cibo favorendo l’accumulo della placca batterica, carie e tartaro.
Corretto punto di contatto
Deve essere ricercato e raggiunto per distribuire uniformemente le forze espresse durante la masticazione
Occlusione ottimale
L’allineamento verticale della protesi fissa con gli omologhi naturali oppure tra le due arcate protesizzate, elimina il problema del “precontatto occlusale” che concentra lo stress masticatorio in punti ben precisi nei quali si formano vesciche e decubiti.
Rispetto delle proporzioni interdentali
Tra un dente e l’altro deve esserci il giusto spazio, ne di più ne di meno, altrimenti la papilla interdentale non avrebbe la giusta collocazione e si rischierebbero anche pericolosi ristagni di cibo.
Bombatura dei denti protesici (curvatura assiale)
Se la curvatura (assiale) della singola capsula o dei denti di una protesi fissa su impianti è poco accentuata il cibo urterà frequentemente la gengiva, provocando arrossamenti ed infiammazioni. Se invece la curvatura assiale è molto accentuata avremo ristagni di cibo, accumulo di placca e formazione di carie e tartaro.
Manutenzione ed igiene della protesi fissa
L’igiene orale e la pulizia dei denti deve essere sempre eseguita anche quando una persona non ha più in bocca i propri denti che sono stati sostituiti da una protesi dentale fissa anzi, soprattutto quando si ha in bocca una protesi.
Se il dispositivo protesico è parziale (supplisce alla mancanza di uno o più denti vicini), si consiglia la pulizia con uno spazzolino come normalmente si fa con i denti naturali per rimuovere residui di cibo che possono rimanere incastrati a livello interdentale (tra il dente vero e quello finto); oltre a ciò, è doveroso dotarsi ed utilizzare lo scovolino per andare a ripulire anche quei punti che sono difficilmente raggiungibili con lo spazzolino da denti.
Le la protesi dentale fissa è totale, come un ponte circolare completo od una protesi fissa su impianti dentali, l’igiene diventa ancora più importante poiché trascurandolo è possibile causare problemi agli impianti dentali.
Se non si rimuovono i batteri a mezzo scovolino o filo interdentale, questi possono provocare la perimplantite che è una delle cause del fallimento degli impianti.
Controllo periodici dal dentista
I controlli periodici dal dentista servono per la corretta manutenzione della protesi fissa poiché essa deve essere costantemente monitorata a scopo preventivo.
Per la protesi fissa Toronto Bridge, i controlli periodici, ogni 3 mesi, sono anche l’occasione per svitare la protesi e procedere alla sua pulizia poiché, come sappiamo, la flangia rosa che simula la gengiva limita enormemente le manovre atte all’eliminazione di tutti i detriti di cibo.
Durante i controlli, il dentista è in grado di accertare se è ora di effettuare la ribasatura della protesi oppure se questa risulta ancora idonea a svolgere in maniera ottimale il suo lavoro.
Conclusioni
La scelta della protesi fissa è un momento molto importante nella al vita di una persona poiché tale scelta va ad influenzare notevolmente la quotidianità del paziente, sia dal punto di vista estetico che da quello funzionale.
La comunicazione a due sensi tra il dentista ed il paziente deve essere la più esplicativa e semplice possibile in modo tale che l’uno possa rendersi conto a cosa sta andando in contro in termini di disagio, vantaggi e spesa economica mentre il medico può comprendere quali siano le effettive esigenze del paziente.
CIRCOLARI FISSI SENZA GENGIVA REALIZZATI A MANO E SU MISURA:
Il ponte circolare su impianti o full arch è una protesi dentale fissa costituita da 12 o 14 denti protesici per arcata uniti insieme (solidarizzati) e connessi ad impianti dentali oppure ai denti naturali ridotti a monconi
Quando una persona, per differenti ragioni, è affetto da edentulia completa (circa il 12,5% della popolazione oltre i 65 anni di età) oppure ha in bocca qualche dente residuo mal ridotto che deve essere estratto, la soluzione per ripristinare la funzione masticatoria, fonetica ed estetica è quella di costruire un ponte che sostituisca tutti gli elementi dentali.
Materiali di costruzione
L’odontoiatria protesica moderna offre un ampio ventaglio di scelta per quanto attiene ai materiali per la costruzione di un ponte circolare completo. I limiti sono dati solo dalle possibilità economiche del paziente (i costi).
Ponte circolare in metallo e ceramica
Fino a pochi anni fa, le corone del ponte circolare su impianti erano costituite da ceramica per la parte esterna, visibile e da una struttura interna in metallo che conferiva solidità e robustezza.
Con l’andare del tempo, alcuni studi avrebbero messo in luce il fatto che tale metallo fosse nocivo per la salute dei pazienti; altri studi, invece, avrebbero smentito i primi e comunque tale diatriba non è stata ancora risolta totalmente.
Se dal punto di vista economico il ponte circolare in metallo ceramica risulta a portata delle tasche di più persone, dal punto di vista estetico esso non ha quella resa che ci si aspetterebbe dalla ceramica proprio per la presenza del metallo sottostante che ne impedisce la translucenza.
Ponte circolare in ceramica e ossido di zirconio (zirconia)
I nuovi ponti circolari sono proposti con materiali di prim’ordine come ossido di zirconio (zirconia) e ceramica o addirittura, interamente in ossido di zirconio completamente realizzati adottando la tecnica computerizzata CAD/CAM dentale.
La zirconia è un metallo bianco in grado di conferire al ponte circolare su impianti incredibile resistenza biomeccanica, maggiore biocompatibilità ed impareggiabile estetica. Purtroppo i prezzi del ponte circolare in zirconia su impianti dentali non è proprio alla portata di tutti anche se è doveroso ammettere le relative caratteristiche e la complessità di lavorazione ne giustificano ampiamente i costi.
Ponte circolare in disilicato di litio
Meno costoso della porcellana integrale ma altrettanto resistente. La sua particolarità è che ha una singolare reazione alla luce artificiale come riflettori e luci utilizzate durante gli spettacoli quindi è molto gettonato dagli artisti del piccolo e grande schermo.
Inserimento impianti dentali per il ponte circolare
Finora abbiamo parlato della parte visibile del ponte circolare su impianti, è giunta l’ora di vedere insieme come esso viene stabilizzato in bocca al paziente.
Partendo dal presupposto che il paziente arrivi in studio dal dentista completamente senza denti o con qualche elemento dentale da estrarre, la base su cui la protesi sarò fissata è costituita da impianti dentali in titanio osteointegrati.
Il ponte circolare su impianti potrà essere cementato oppure avvitato agli impianti che lo sorreggono e supportano.
Se il paziente possiede i seguenti requisiti minimi:
Buona qualità e quantità di osso valutata oggettivamente attraverso l’utilizzo di indagini radiografiche (ortopantomografia o DENTALSCAN) e che garantisca la necessaria stabilità primaria degli impianti appena inseriti (ovvero essere immediatamente ben saldi nei mascellari da consentire il carico immediato);
Assenza di bruxismo (digrignamento dei denti) o grave malocclusione;
Assenza di malattie sistemiche non tenute debitamente sotto controllo (diabete);
Assenza di malattie parodontali particolarmente invalidante (parodontite);
allora il dentista può pensare anche alla tecnica che consente il carico immediato.
In caso contrario, in assenza di osso sufficiente, le soluzioni prospettabili riguardano l’innesto di osso, il rialzo del seno mascellare oppure passare direttamente all’implantologia a carico differito, in cui gli impianti vengono inseriti e lasciati sommersi sotto la gengiva per il tempo necessario alla loro completa osteointegrazione. Solo in un momento successivo, l’implantologo procederà a scoprire gli impianti già saldi ed a caricarli collocando il ponte circolare fisso.
Costo del ponte circolare su impianti
Prima di scrivere i prezzi medi che abbiamo trovato su Internet e chiedendo preventivi a differenti dentisti, alcune premesse sono d’obbligo:
stiamo parlando di un presidio protesico ad alto impatto estetico e che richiede una comprovata capacità del dentista e dell’odontotecnico;
il numero degli impianti da inserire è maggiore, (6, 8 o 10) quindi i costi aumentano;
i materiali di costruzione del ponte circolare sono più costosi rispetto a quelli della protesi fissa;
detto ciò passiamo ai prezzi:
I prezzi medi del ponte circolare su impianti vanno da 9000 fino a 18000 Euro per ogni arcata e la differenza è ben giustificabile se pensiamo al numero degli impianti che in alcuni casi è di 12 (due arcate) in altri 20 sempre per entrambe le arcate.
Conclusioni
Il ponte circolare su impianti rappresenta la scelta principale per tutti coloro che desiderano ottenere dalla protesizzazione un elevato risultato estetico senza che l’ingombro della flangia finta modifichi la sensazione di avere ancora i denti naturali. Infatti, la prima differenza tra protesi fissa su impianti e ponte circolare completo sta proprio nel tipo di presidio, molti pazienti, vedendo per la prima volta, una protesi fissa, l’hanno subito paragonata ad una dentiera.
Insensibilità del labbro o del mento (parestesia)
Uno dei problemi riscontrabili dopo l’intervento è l’insensibilità (parestesia) del labbro od anche del mento che può essere temporanea oppure permanente.
Volendo essere più precisi, l’insensibilità può essere dovuta a cause differenti e non tutte legate direttamente all’inserimento di un impianto dentale.
Vediamo alcune:
L’impianto comprime il nervo
Non c’è dubbio che l’errore sia totalmente ascrivibile al dentista che non ha valutato correttamente il posizionamento della vite in titanio all’interno dell’osso.
Il paziente avverte immediatamente un forte dolore che cessa nel momento in cui l’impianto viene rimosso.
Non sempre, però, l’insensibilità del labbro o del mento che ne consegue, si risolve con la stessa velocità.
Insensibilità da coagulo (grumo di sangue)
La parestesia può essere causata dal coagulo di sangue che si forma a causa del trauma subito dei tessuti e che comprime il nervo.
Di solito, l’insensibilità al labbro o parestesia si manifesta nell’immediato post operatorio (dopo 24 ore) oppure dopo due o tre giorni dall’intervento poiché è in questo lasso di tempo che l’edema (gonfiore) raggiunge la sua massima espansione.
Il coagulo si riassorbe spontaneamente in breve tempo e senza necessità di intervento del dentista.
Lesione del nervo causata dall’iniezione tronculare
Tra tutti i problemi che possono occorrere, la lesione del nervo causata dall’ago della siringa per l’anestesia locale è la meno ricorrente in assoluto anche se possibile.
Rottura dell’impianto
L’impianto dentale, come ogni altro presidio, non è totalmente infallibile od indistruttibile bensì, anch’esso può rompersi o piegarsi.
Di norma, i maggiori produttori di impianti dentali sia internazionali che nazionali danno una garanzia sul prodotto che va da 5 anni alla garanzia a vita.
Altri produttori, oltre a fornire gratuitamente un nuovo impianto, provvedono anche alle spese per il suo inserimento.
Praticamente il paziente non deve pagare nulla.
Torniamo a ripetere che la rottura di un impianto dentale è un problema che può accadere ma si tratta di casi molto molto rari.
Problemi di fibrointegrazione
Dopo l’inserimento di un impianto, può capitare che il nostro organismo metta in atto un’eccessiva difesa, ovvero che individui il corpo estraneo come potenzialmente pericoloso e, per precauzione, lo avvolge con una capsula fibrosa (sono i fibroblasti che creano una specie di bozzolo).
L’implantologia definisce tale situazione con il termine di “fibrointegrazione” che non causa veri e propri problemi.
Tecnicamente l’inserimento della vite in titanio è fallito.
Alcuni dentisti, però, sono del parere che sia comunque possibile sfruttare l’impianto fibrointegrato per supportare una capsula dentale od una protesi fissa.
Diabete scompensato
Il diabete è una malattia cronica, caratterizzata da elevata concentrazione di glucosio nel sangue, a sua volta causata da una carenza di insulina nell’organismo.
Il soggetto che ne soffre deve provvedere (compensare) tale mancanza.
Il diabete rappresenta un limite all’implantologia solo nel caso in cui la malattia non sia tenuta debitamente sotto controllo (si parla di diabete scompensato).
Non possiamo annoverare tale patologia nella lista dei problemi con impianti dentali bensì in quella delle controindicazioni purché ne sussistano i presupposti.
I pazienti diabetici che tengono sotto contro la patologia possono sottoporsi a riabilitazioni implantologiche ed apprezzare la qualità della vita offerta dalle nuove tecniche per la sostituzione dei denti persi.
Problemi di osteoporosi
L’osteoporosi è la malattia sistemica che aggredisce le ossa dello scheletro causandone la riduzione della massa complessiva e provocando il deterioramento di quella rimante.
La predisposizione alle fratture aumenta considerevolmente nei soggetti colpiti rispetto a quelli sani.
Poiché una delle condizioni necessarie affinché impianti dentali abbiano successo è la giusta quantità e qualità di osso mascellare si potrebbe pensare che le persone che soffrono di osteoporosi non possano sottoporsi ad interventi implantari.
Per fortuna le cose non stanno così, ma vediamolo nel dettaglio.
L’osteoporosi aggredisce le ossa dello scheletro ma non tutte nella stessa misura.
Le zone maggiormente colpite sono l’anca, il femore (specie nelle persone anziane) ed il polso.
Le ossa mascellari e mandibolari non sono colpite in maniera tale da pregiudicare l’inserimento di viti in titanio per il sostegno di protesi.
Oggi le moderne tecniche di odontoiatria permettono anche a coloro che soffrono di osteoporosi di sottoporsi a sedute implantologiche senza troppe limitazioni.
Il tasso di successo si avvicina molto a quello mediamente raggiungibile da soggetti sani.
In altre parole, l’osteoporosi non rappresenta un problema per l’implantologia sempre che il dentista venga messo al corrente della malattia e dei farmaci utilizzati per contrastarla (specialmente se si tratta di terapie a base di bifosfonati ed aminobifosfonati).
L’età del paziente non è un limite
In linea di massima, l’età avanzata del paziente non costituisce un problema in implantologia.
Dopo l’attenta anamnesi ed i dovuti esami radiologici, l’implantologo valuta la possibilità di inserire subito le viti metalliche oppure se non sia il caso di procedere prima con l’aumento artificiale della quantità di osso a disposizione con innesti o rialzi.
Per quanto riguarda i giovanissimi, invece, è necessario attendere il completo sviluppo dello scheletro e della dentizione permanente (18/20 anni).
La scarsa igiene orale è un grosso problema
Quando la propensioni all’igiene orale di un individuo è scarsa oppure insufficiente, ciò, di per se, è la causa principale di patologie che portano alla perdita prematura dei denti.
Erroneamente si pensa che, una volta eliminati i denti naturali, la bocca non possa più essere attaccata da placca, tartaro, infiammazione gengivale e riassorbimento dell’osso.
Niente di più sbagliato.
I principali problemi si hanno proprio a causa della scarsa pulizia della protesi e dalla mancata rimozione dei resti di cibo vicino alla connessione impianto-protesi.
Il cibo in decomposizione favorisce la formazione della placca batterica che innesca l’infezione ed dei tessuti gengivali da cui la mucosite.
Se non fermata, l’infiammazione si propaga fino ad aggredire anche l’osso mascellare, in questo caso siamo difronte a perimplantite.
Il sostegno agli impianti viene a mancare e tutta la struttura implanto-protesica crolla come un castello di carte.
Conclusioni
E’ dovere etico di ogni dentista informare preventivamente i pazienti dei possibili problemi e di tenere in considerazione particolari stati di salute di coloro che desiderano sottoporsi ad implantologia al fine di procedere con il protocollo (metodo) più adeguato al caso in esame.
Se si seguono tutte le procedure odontoiatriche in maniera corretta, sono veramente pochissimi i soggetti che non possono trarre vantaggio dalle nuove tecniche implantari ed ancora meno coloro che avranno problemi a causa di impianti nel lungo periodo (dopo 10 o 15 anni dall’intervento).
In implantologia il termine “osteointegrazione” indica il processo biologico attraverso il quale l’osso mascellare integra l’impianto dentale inserito in esso attraverso la produzione di nuovo tessuto osseo attorno ad esso in modo tale da imprigionarlo e formare un tutt’uno così come l’osso alveolare circonda i denti naturali.
Si dice che l’osteointegrazione è andata a buon fine quando tra la superficie dell’impianto e l’osso non è presente nessun tipo di tessuto connettivo e quando i movimenti “permessi” all’impianto dentale sono inferiori ai 100 micron (in pratica l’impianto è stabile e supportato dall’osso circostante).
Come avviene ?
Prima di poter inserire l’impianto dentale, il dentista deve provvedere a creare, nell’osso, lo spazio necessario e sufficiente ad ospitare la nuova radice artificiale.
Per tale procedura, il medico utilizza delle particolari frese dello stesso diametro dell’impianto in modo da asportare la minor quantità di osso possibile.
Creato lo spazio, si inserisce l’impianto ed inizia il processo di osteointegrazione.
La superficie dell’impianto viene immersa nel coagulo di sangue proveniente dai capillari dell’osso residuo.
Il sangue trasporta le piastrine che, a loro volta, trasportano delle proteine che hanno il compito di attirare gli osteoblasti ovvero cellule specializzate nella formazione di nuovo tessuto osseo.
Nelle prime fasi dell’osteointegrazione, si può assistere alla creazione di “fili” che vanno dall’osso mascellare alla superficie dell’impianto.
Mano a mano che il tempo passa e gli osteoblasti depositano materiale minerale (fosfato di calcio) sui fili descritti in precedenza, questi diventano sempre più spessi fino ad incontrarsi, intrecciarsi e fondersi insieme dando vita al nuovo tessuto osseo perfettamente vascolarizzato (ciò implica la presenza non solo di osteoblasti, per la creazione di nuovo tessuto osseo, ma anche di osteociti ovvero le cellule deputate alla sua disgregazione in base alle leggi biologiche che governano il ciclo di ricambio tissutale).
Terminata correttamente l’osteointegrazione, la superficie implantare è ricoperta da osso per l’80% e l’impianto è pronto per svolgere il suo lavoro di supporto di una capsula così come entrare a far parte di un struttura formata da più impianti ed una protesi fissa o mobile.
Quanto dura il processo di osteointegrazione ?
In base agli studi effettuati, la velocità di osteointegrazione dipende da diversi fattori ma, in linea generale è stato possibile verificare che l’osso dell’arcata inferiore impiega meno tempo per inglobare l’impianto dentale rispetto all’arcata superiore e ciò è dovuto alla qualità dell’osso stesso che è più denso.
Volendo esprimere il tempo medio di attesa, possiamo riportare i dati che solitamente si trovano sui testi di implantologia ovvero:
3 o 4 mesi per gli impianti mandibolari (arcata inferiore);
5 o 7 mesi per gli impianti mascellari (arcata superiore).
Come favorire l’osteointegrazione ?
La ricerca che è alla base della produzione di nuovi presidi implantologici ha fatto passi da gigante negli ultimi anni grazie anche alle nuove tecnologie applicate a questa branca dell’odontoiatria.
Gli sforzi più recenti hanno avuto come oggetto di ricerca la velocizzazione dell’osteointegrazione e tali sforzi hanno prodotto eccellenti risultati andando ad operare su diversi fronti:
Materiale di costruzione degli impianti
Quasi tutti i produttori di impianti dentali si sono uniformati nell’utilizzo del titanio per la costruzione degli impianti dentali poiché è altamente biocompatibile ed inerte (anche se non del tutto) e dette caratteristiche lo eleggono a materiale per eccellenza per favorire l’osteointegrazione.
Esistono comunque anche impianti dentali in ceramica ed in zirconio anche se, finora, sono stati meno utilizzati.
Forma della superficie dell’impianto
E’ stato dimostrato che rendendo “ruvida” o “spugnosa” la superficie dell’impianto, essa facilita e velocizza il lavoro delle cellule osteoblaste ma non solo, in tal modo il nuovo tessuto osseo trova sulla superficie implantare delle mini-insenature all’interno delle quali potersi insinuare e rendere, così, l’impianto più stabile e ritenuto (stiamo parlando comunque di anfratti dell’ordine di micron non di caverne !).
La “rugosità” della superficie implantare è ottenuta con differenti lavorazioni: mordenzatura (che prevede l’utilizzo di acidi) e la sabbiatura.
Se da un lato la nuova superficie di un impianto dentale avvantaggia l’osteointegrazione, dall’altra esiste anche il problema dato dal fatto che tali micro-insenatura offrono riparo alle colonie di batteri patogeni che portano alla perimplantite e, quindi, al riassorbimento dell’osso con conseguente fallimento dell’impianto.
Temperatura di perforazione dell’osso
Le frese utilizzate dall’implantologo per preparare l’osso e creare l’alloggiamento per l’impianto, una volta cominciato il loro lavoro di perforazione tendono a sviluppare calore e ad innalzare di molto la temperatura del sito operatorio.
La temperatura troppo alta dovuta alla fase di fresatura causa la morte (necrosi) delle cellule ossee. Per risolvere questo problema, durante la perforazione dei mascellari si usa un getto continuo di soluzione salina (o liquidi simili) per raffreddare il punto esatto in cui la fresa opera.
Ultimamente sono comparse sul mercato frese particolari che lavorano a pochi giri al minuto e che hanno la caratteristica di non sviluppare alte temperature durante la perforazione, rispettando la massimo i tessuti e velocizzando, così, il processo di guarigione e di osteointegrazione.
Quando un impianto dentale si considera pienamente osteointegrato ?
Dopo aver letto quanto scritto in questo articolo sul processo che vede l’osso mascellare inglobare l’impianto dentale, il lettore potrebbe essere portato a pensare che solo dopo la fine dell’osteointegrazione l’impianto dentale sia pronto e stabile a sufficienza per poter svolgere il suo lavoro senza il rischio di insuccesso.
Non è proprio così e la dimostrazione è data dalla tecnica di implantologia a carico immediato (quando la protesi viene fissata agli impianti molto prima che l’osteointegrazione abbia terminato il suo percorso).
L’implantologia definisce due tipi diversi di stabilità: quella immediata che un impianto dentale assume nel momento stesso in cui è inserito nell’osso mascellare (stabilità primaria) e quella, invece, che assume una volta completata l’osteointegrazione.
Se la stabilità immediata (primaria) è tale da consentire il carico immediato, allora il dentista può fissare la protesi agli impianti (caricare gli impianti) ed il paziente tornerà a casa con i suoi nuovi denti funzionanti anche se dovrà seguire alcune modifiche alla sua dieta evitando cibi duri almeno per il primo periodo.
Nel caso in cui, invece, il grado di stabilità primaria non consenta il carico degli impianti allora questi dovranno “riposare” per il tempo necessario all’osteointegrazione prima di poter servire come pilastri di sostegno della protesi.
Gli impianti dentali sono delle viti in titanio utilizzate per sostituire le radici dei denti mancanti.
Le viti hanno una forma conica o cilindrica con lunghezza e diametro variabili in base alle necessità.
Il dentista può inserire gli impianti sia nella mascella sia nella mandibola.
Lo scopo del loro utilizzo è quello di sostenere una singola capsula, un ponte di 3 o 4 elementi oppure un’intera arcata quando mancano tutti i denti (edentulia completa).
Altro beneficio attribuibile alle riabilitazioni implanto-protesiche è che, rallentando il riassorbimento del tessuto osseo, prevengono l’invecchiamento prematuro e contribuiscono a mantenere i tratti del viso.
Riabilitando la corretta masticazione, i muscoli facciali tornano tonici a tutto vantaggio della pelle che risulta più tesa, fresca e giovane.
Dal punto di vista pratico è bene affidarsi ad un implantologo specializzato cioè un laureato in odontoiatria che abbia anche frequentato con profitto la scuola di specializzazione in implantologia
Quanti impianti dentali servono ?
La risposta a questa domanda è strettamente legata al caso specifico che il dentista si trova ad affrontare.
Solo dopo un’attenta diagnosi il medico può prospettare al paziente diverse soluzioni implantologiche per la sostituzione dei denti mancanti.
Di seguito riportiamo i casi più frequenti in cui è possibile utilizzare impianti dentali in titanio in sostituzione dei denti persi prematuramente:
Sostituire un dente
In mancanza di un solo dente le soluzioni sono principalmente due: un ponte dentale in cui gli elementi dentali contigui sorreggono quello mancante
I denti sani che fanno da pilastro devono essere preparati (limati e ridotti a monconi) ed è un vero peccato.
La seconda soluzione prevede l’inserimento di un solo impianto dentale sormontato da un moncone o abutment a cui il dentista fissa la capsula o corona protesica personalizzata.
Per sostituire più denti adiacenti
Per sostituire 3 o 4 denti adiacenti si usa il ponte sorretto da impianti dentali che svolgono il compito di pilastri di sostegno.
E’ possibile aggiungere uno o più impianti nel mezzo per irrobustire la struttura che deve resistere alle forze esercitate durante la masticazione.
Per supportare un’arcata completa
In presenza di pochi denti mal ridotti oppure in totale assenza di elementi dentali, l’implantologia prevede la riabilitazione di tutta la bocca.
La soluzione più comune è il ponte circolare completo su 4, 6 o 8 viti (raramente si arriva a 10).
Il numero di impianti dentali necessari non è quasi mai in rapporto di 1:1, un dente un impianto.
Una sola vite ha la capacità di supportare più di un elemento dentale finto.
Se le gengive del ricevente sono ancora in buono stato, il ponte completo non ha la classica gengiva rosa (detta flangia).
I nuovi denti protesici escono direttamente dalle gengive del paziente senza la necessità di ricoprirle.
Per ancorare una protesi fissa
In caso di edentulia totale (mancanza di tutti i denti) ed in presenza di importante recessione gengivale ed ossea, la soluzione è la protesi fissa con flangia Toronto Bridge.
Bastano 4 o 6 impianti dentali per ogni arcata.
La flangia ha lo scopo di nascondere gli impianti e permette di utilizzare denti della giusta misura.
Mancando tessuto osseo, lo spazio vuoto risultante viene colmato dalla gengiva finta.
Se così non fosse, il dentista sarebbe costretto ad utilizzare denti più lunghi con grave compromissione estetica.
Per stabilizzare la dentiera
La vecchia dentiera, quella che i nostri nonni mettevano nel bicchiere sul comodino prima di andare a dormire, è ormai in disuso.
La protesi mobile, infatti, comporta notevoli problemi di masticazione ma anche di fonetica.
La mancanza di denti è la causa principale del riassorbimento dei mascellari che, assottigliandosi, provocano la profonda modificazione dei tratti del viso.
Una persona senza denti appare più vecchia di quella che è in realtà.
Oggi si preferisce fissare la dentiera con impianti dentali creati appositamente che lasciano al portatore la possibilità di rimuoverla per l’igiene quotidiana.
In questo caso si parla di overdenture su mini impianti dentali con barra o con testa sferica e di protesi totale removibile o semifissa.
Struttura di un impianto dentale
Com’è fatto un singolo impianto dentale ?
In base all’immagine pubblicata sopra, distinguiamo 4 parti fondamentali:
1 Impianto, vite o fixture
L’impianto dentale vero e proprio, detto anche fixture o vite, è la parte che il dentista inserisce all’interno dei mascellari ed ha forma cilindrica o conica del tutto simile alla radice di un dente naturale.
La superficie della vite non è liscia bensì caratterizzata da elementi che migliorano la ritenzione della fixture stessa.
Tali elementi variano da produttore a produttore ma, in generale, possiamo trovare caratteristiche comuni.
La filettatura e le scanalature offrono maggiore superficie di contatto al nuovo tessuto osseo che va ad imprigionare l’impianto rendendolo ben saldo nell’alveolo.
Alcuni trattamenti come: anodizzazione, mordenzatura con acidi e sabbiatura, rendono rugosa o porosa la superficie implantare.
L’irregolarità della superficie implantare è osteoinduttiva poiché favorisce e velocizza il processo di osteointegrazione a tutto vantaggio del paziente che vede diminuire i tempi di guarigione.
2 Abutment
L’abutment o moncone è chiamato componente trasmucoso poiché attraversa le gengive ed ha lo scopo di permettere la connessione con la corona singola, con il ponte oppure con la protesi completa.
Esistono abutment angolati a 45°, dritti, in ceramica, in zirconio ma i più utilizzati sono costruiti con il titanio.
Solitamente l’abutment è un componente a se, ma in alcuni casi può essere parte integrante dell’impianto e forma, con questo, un corpo unico.
3 vite di giuntura impianto-abutment
La piccola vite di giuntura tra impianto ed abutment serve solo nel caso in cui quest’ultimo non faccia parte integrante dell’impianto.
Notiamo la mancanza della vite di connessione nei presidi in ceramica ed anche nei mini-impianti.
4 Protesi dentale
La protesi dentale non fa parte dell’impianto ma abbiamo voluto ugualmente inserirla in questa breve descrizione poiché completa il lavoro del dentista.
In base alla riabilitazione da eseguire, l’implantologo può connettere all’abutment, fissato sull’impianto dentale:
una singola corona o capsula protesica;
un ponte su impianti;
un ponte circolare completo utilizzando viti di ritenzione o del cemento per assicurarla nel cavo orale del paziente
Quanto dura un impianto dentale ?
Tecnicamente l’impianto dentale dura tutta la vita nel senso che è difficilissimo che si verifichi un cedimento od una rottura.
In virtù della bassissima percentuale di rotture molte case produttrici possono permettersi di dare la garanzia a vita dei loro prodotti.
Bisogna, però, fare attenzione e capire bene cosa si intende per garanzia.
Alcuni produttori garantiscono l’integrità dell’impianto e non il fatto che esso rimanga saldamente ancorato al vostro osso per tutta la vita (dall’inserimento in avanti).
Esistono troppi fattori che influiscono sulla durata degli impianti dentali affinché si possa avere una garanzia a vita circa la buona riuscita dell’operazione nel lungo periodo (oltre 10 anni).
Statisticamente, un impianto dentale può durare anche 20 anni a patto di mantenere l’igiene dentale quotidiana, presentarsi alle visite di controllo ed effettuare la pulizia semestrale.
Quanto costano gli impianti dentali ?
In base ai listini pubblicati in rete da molti dentisti, abbiamo cercato di fare una media plausibile andando a ricercare anche le motivazioni di tali prezzi.
Diciamo subito che le nostre ricerche evidenziano una spesa minima di 1.500 Euro fino ad arrivare a 2.800 Euro per ogni vite in titanio.
I prezzi indicati comprendono, di norma, il costo del solo impianto e non il lavoro finito compreso di materiali accessori ed indispensabili.
Quali altri costi ci sono e come mai tanta differenza di prezzo ?
Alla prima domanda rispondiamo che non sempre (quasi mai) nei listini è compreso il costo del moncone dell’impianto dentale e la corona o protesi in caso di arcata completa o parziale.
La differenza di prezzo sta nel fatto che alcune case produttrici investono molto denaro nella ricerca e nei test, soprattutto quelli commissionati a ditte terze che ne certificano i risultati.
Anche il marketing per promuovere un nuovo prodotto fa aumentare il costo degli impianti dentali su cui è spalmato il ricarico per rientrare dalle spese effettuate.
I NOSTRI PREZZI – PREZZI IMPIANTI DENTALI – IMPLANTOLOGIA PREZZI
CONFRONTO PREZZI TRA ITALIA, CROAZIA E I NOSTRI PREZZI IN ROSSO
Confronto Prezzi Corona zirconia
In Italia (€700-1000)
In Croazia (€A Partire 284)
Noi Implantologia Network (A Partire €283)
Confronto Prezzi Faccetta ceramica
In Italia (€500-800)
In Croazia (€a partire 280)
Noi Implantologia Network (a partire €279)
Confronto Prezzi Impianto
In Italia (€1.200-1.800)
In Croazia (€a partire 700)
Noi Implantologia Network (a partire €599)
Confronto Prezzi Impianto Completo
In Italia (€1.800-2.400)
In Croazia (€a partire 890)
Noi Implantologia Network (a partire €600)
Confronto Prezzi All on 4
In Italia (€10.000-15.000)
In Croazia (€7.000-9.000)
Noi Implantologia Network (€7.800)
Confronto Prezzi All on 6
In Italia (€11.000-17.000)
In Croazia (€8.000-9.500)
Noi Implantologia Network (€7.800)
Confronto Prezzi All on 4 Totale
In Italia (€20.000-32.000)
In Croazia (€16.000-18.000)
Noi Implantologia Network (€14.000-16.000)
Confronto Prezzi Impianti Zigomatici
In Italia (€20.000-30.000)
In Croazia (€15.000-20.000)
Noi Implantologia Network (€14.900)
Confronto Prezzi Sedazione Cosciente
In Italia (€1.500-2.000)
In Croazia (€800-1.000)
Noi Implantologia Network (€400-500)
Titanio, zirconio e ceramica
Quali sono i principali materiali utilizzati oggi in implantologia ?
TITANIO
Il materiale in assoluto più utilizzato dai produttori di tutto il mondo è il titanio nella forma (CP4).
L’introduzione di questo metallo si deve alla scuola italiana di implantologia (Prof. Tramonte).
Il titanio è altamente biocompatibile con i tessuti con cui entra in contatto quindi non provoca allergie.
Un’altra caratteristica di questo metallo è la resistenza alle sollecitazioni bio-meccaniche (masticazione).
Da ultimo, ma non per importanza, il titanio favorisce l’osteointegrazione che è il processo di formazione di nuovo tessuto osseo, creato da cellule chiamate osteoblasti.
Il nuovo tessuto duro si posiziona attorno alla superficie dell’impianto per renderlo ben saldo, stabile e formare un tutt’uno con la mascella o la mandibola.
Dopo circa un mese dall’inserimento, è quasi impossibile estrarre la vite; questo a dimostrazione del fatto che le cellule che creanol nuovo tessuto lavorano correttamente.
Per velocizzare l’osteointegrazione e per aumentare il grado di ritenzione, la superficie delle viti non è più liscia come una volta bensì porosa (si parla di microporosità).
ZIRCONIO
Lo zirconio sembra essere una valida alternativa per la costruzione degli impianti dentali ma è ancora in fase di sperimentazione.
Finora non esiste una casistica di studio sufficientemente ampia ed approfondita da far ritenere lo zirconio migliore del titanio.
Le caratteristiche dello zirconio sono la maggiore biocompatibilità e la capacità di ritenere meno placca batterica.
Alcuni dentisti lo trovano più estetico poiché è un metallo bianco.
Bisogna però precisare che il colore dell’impianto non è una limitazione all’estetica poiché la vite deve essere inserita all’interno dell’osso e quindi risulta invisibile dall’esterno.
CERAMICA
Da qualche anno sono apparsi sul mercato anche gli impianti in ceramica compresi di abutment (monconi).
Le caratteristiche della ceramica sono simili a quelle dello zirconio ma, a differenza di quest’ultimo, il grado di resistenza alle sollecitazioni meccaniche è minore.
Il rischio di rotture, quindi, è elevato soprattutto quando il dentista deve lavorare il moncone in ceramica per adattarlo alle esigenze del paziente in cura.
Chi inserisce gli impianti ?
Prima del 1989, l’inserimento delle viti implantari era consentito, per legge, a tutti coloro che avevano conseguito la laurea in medicina e l’abilitazione alla professione medica.
Da quella data in poi, solo gli odontoiatri possono svolgere la professione di dentisti ovvero professionisti che hanno conseguito la laureati in odontoiatria e protesi dentaria.
OSTEOINTEGRAZIONE
In implantologia il termine “osteointegrazione” indica il processo biologico attraverso il quale l’osso mascellare integra l’impianto dentale inserito in esso attraverso la produzione di nuovo tessuto osseo attorno ad esso in modo tale da imprigionarlo e formare un tutt’uno così come l’osso alveolare circonda i denti naturali.
Si dice che l’osteointegrazione è andata a buon fine quando tra la superficie dell’impianto e l’osso non è presente nessun tipo di tessuto connettivo e quando i movimenti “permessi” all’impianto dentale sono inferiori ai 100 micron (in pratica l’impianto è stabile e supportato dall’osso circostante).
Come avviene ?
Prima di poter inserire l’impianto dentale, il dentista deve provvedere a creare, nell’osso, lo spazio necessario e sufficiente ad ospitare la nuova radice artificiale.
Per tale procedura, il medico utilizza delle particolari frese dello stesso diametro dell’impianto in modo da asportare la minor quantità di osso possibile.
Creato lo spazio, si inserisce l’impianto ed inizia il processo di osteointegrazione.
La superficie dell’impianto viene immersa nel coagulo di sangue proveniente dai capillari dell’osso residuo.
Il sangue trasporta le piastrine che, a loro volta, trasportano delle proteine che hanno il compito di attirare gli osteoblasti ovvero cellule specializzate nella formazione di nuovo tessuto osseo.
Nelle prime fasi dell’osteointegrazione, si può assistere alla creazione di “fili” che vanno dall’osso mascellare alla superficie dell’impianto.
Mano a mano che il tempo passa e gli osteoblasti depositano materiale minerale (fosfato di calcio) sui fili descritti in precedenza, questi diventano sempre più spessi fino ad incontrarsi, intrecciarsi e fondersi insieme dando vita al nuovo tessuto osseo perfettamente vascolarizzato (ciò implica la presenza non solo di osteoblasti, per la creazione di nuovo tessuto osseo, ma anche di osteociti ovvero le cellule deputate alla sua disgregazione in base alle leggi biologiche che governano il ciclo di ricambio tissutale).
Terminata correttamente l’osteointegrazione, la superficie implantare è ricoperta da osso per l’80% e l’impianto è pronto per svolgere il suo lavoro di supporto di una capsula così come entrare a far parte di un struttura formata da più impianti ed una protesi fissa o mobile.
Quanto dura il processo di osteointegrazione ?
In base agli studi effettuati, la velocità di osteointegrazione dipende da diversi fattori ma, in linea generale è stato possibile verificare che l’osso dell’arcata inferiore impiega meno tempo per inglobare l’impianto dentale rispetto all’arcata superiore e ciò è dovuto alla qualità dell’osso stesso che è più denso.
Volendo esprimere il tempo medio di attesa, possiamo riportare i dati che solitamente si trovano sui testi di implantologia ovvero:
3 o 4 mesi per gli impianti mandibolari (arcata inferiore);
5 o 7 mesi per gli impianti mascellari (arcata superiore).
Come favorire l’osteointegrazione ?
La ricerca che è alla base della produzione di nuovi presidi implantologici ha fatto passi da gigante negli ultimi anni grazie anche alle nuove tecnologie applicate a questa branca dell’odontoiatria.
Gli sforzi più recenti hanno avuto come oggetto di ricerca la velocizzazione dell’osteointegrazione e tali sforzi hanno prodotto eccellenti risultati andando ad operare su diversi fronti:
Materiale di costruzione degli impianti
Quasi tutti i produttori di impianti dentali si sono uniformati nell’utilizzo del titanio per la costruzione degli impianti dentali poiché è altamente biocompatibile ed inerte (anche se non del tutto) e dette caratteristiche lo eleggono a materiale per eccellenza per favorire l’osteointegrazione.
Esistono comunque anche impianti dentali in ceramica ed in zirconio anche se, finora, sono stati meno utilizzati.
Forma della superficie dell’impianto
E’ stato dimostrato che rendendo “ruvida” o “spugnosa” la superficie dell’impianto, essa facilita e velocizza il lavoro delle cellule osteoblaste ma non solo, in tal modo il nuovo tessuto osseo trova sulla superficie implantare delle mini-insenature all’interno delle quali potersi insinuare e rendere, così, l’impianto più stabile e ritenuto (stiamo parlando comunque di anfratti dell’ordine di micron non di caverne !).
La “rugosità” della superficie implantare è ottenuta con differenti lavorazioni: mordenzatura (che prevede l’utilizzo di acidi) e la sabbiatura.
Se da un lato la nuova superficie di un impianto dentale avvantaggia l’osteointegrazione, dall’altra esiste anche il problema dato dal fatto che tali micro-insenatura offrono riparo alle colonie di batteri patogeni che portano alla perimplantite e, quindi, al riassorbimento dell’osso con conseguente fallimento dell’impianto.
Temperatura di perforazione dell’osso
Le frese utilizzate dall’implantologo per preparare l’osso e creare l’alloggiamento per l’impianto, una volta cominciato il loro lavoro di perforazione tendono a sviluppare calore e ad innalzare di molto la temperatura del sito operatorio.
La temperatura troppo alta dovuta alla fase di fresatura causa la morte (necrosi) delle cellule ossee. Per risolvere questo problema, durante la perforazione dei mascellari si usa un getto continuo di soluzione salina (o liquidi simili) per raffreddare il punto esatto in cui la fresa opera.
Ultimamente sono comparse sul mercato frese particolari che lavorano a pochi giri al minuto e che hanno la caratteristica di non sviluppare alte temperature durante la perforazione, rispettando la massimo i tessuti e velocizzando, così, il processo di guarigione e di osteointegrazione.
Quando un impianto dentale si considera pienamente osteointegrato ?
Dopo aver letto quanto scritto in questo articolo sul processo che vede l’osso mascellare inglobare l’impianto dentale, il lettore potrebbe essere portato a pensare che solo dopo la fine dell’osteointegrazione l’impianto dentale sia pronto e stabile a sufficienza per poter svolgere il suo lavoro senza il rischio di insuccesso.
Non è proprio così e la dimostrazione è data dalla tecnica di implantologia a carico immediato (quando la protesi viene fissata agli impianti molto prima che l’osteointegrazione abbia terminato il suo percorso).
L’implantologia definisce due tipi diversi di stabilità: quella immediata che un impianto dentale assume nel momento stesso in cui è inserito nell’osso mascellare (stabilità primaria) e quella, invece, che assume una volta completata l’osteointegrazione.
Se la stabilità immediata (primaria) è tale da consentire il carico immediato, allora il dentista può fissare la protesi agli impianti (caricare gli impianti) ed il paziente tornerà a casa con i suoi nuovi denti funzionanti anche se dovrà seguire alcune modifiche alla sua dieta evitando cibi duri almeno per il primo periodo.
Nel caso in cui, invece, il grado di stabilità primaria non consenta il carico degli impianti allora questi dovranno “riposare” per il tempo necessario all’osteointegrazione prima di poter servire come pilastri di sostegno della protesi.
Problemi con gli impianti dentali
Quali sono i problemi più comuni dovuti all’inserimento di impianti dentali ?
Le malattie sistemiche come diabete, cardiopatie e osteoporosi sono un limite per l’implantologia ?
Come ogni intervento, anche quelli di chirurgia orale non sono esenti da possibili complicanze o rischi.
Vediamo insieme quali sono le situazioni in cui il paziente sottoposto ad implantologia può andare incontro a problemi e come si risolvono.
Insensibilità del labbro o del mento (parestesia)
Uno dei problemi riscontrabili dopo l’intervento è l’insensibilità (parestesia) del labbro od anche del mento che può essere temporanea oppure permanente.
Volendo essere più precisi, l’insensibilità può essere dovuta a cause differenti e non tutte legate direttamente all’inserimento di un impianto dentale.
Vediamo alcune:
L’impianto comprime il nervo
Non c’è dubbio che l’errore sia totalmente ascrivibile al dentista che non ha valutato correttamente il posizionamento della vite in titanio all’interno dell’osso.
Il paziente avverte immediatamente un forte dolore che cessa nel momento in cui l’impianto viene rimosso.
Non sempre, però, l’insensibilità del labbro o del mento che ne consegue, si risolve con la stessa velocità.
Insensibilità da coagulo (grumo di sangue)
La parestesia può essere causata dal coagulo di sangue che si forma a causa del trauma subito dei tessuti e che comprime il nervo.
Di solito, l’insensibilità al labbro o parestesia si manifesta nell’immediato post operatorio (dopo 24 ore) oppure dopo due o tre giorni dall’intervento poiché è in questo lasso di tempo che l’edema (gonfiore) raggiunge la sua massima espansione.
Il coagulo si riassorbe spontaneamente in breve tempo e senza necessità di intervento del dentista.
Lesione del nervo causata dall’iniezione tronculare
Tra tutti i problemi che possono occorrere, la lesione del nervo causata dall’ago della siringa per l’anestesia locale è la meno ricorrente in assoluto anche se possibile.
Rottura dell’impianto
L’impianto dentale, come ogni altro presidio, non è totalmente infallibile od indistruttibile bensì, anch’esso può rompersi o piegarsi.
Di norma, i maggiori produttori di impianti dentali sia internazionali che nazionali danno una garanzia sul prodotto che va da 5 anni alla garanzia a vita.
Altri produttori, oltre a fornire gratuitamente un nuovo impianto, provvedono anche alle spese per il suo inserimento.
Praticamente il paziente non deve pagare nulla.
Torniamo a ripetere che la rottura di un impianto dentale è un problema che può accadere ma si tratta di casi molto molto rari.
Problemi di fibrointegrazione
Dopo l’inserimento di un impianto, può capitare che il nostro organismo metta in atto un’eccessiva difesa, ovvero che individui il corpo estraneo come potenzialmente pericoloso e, per precauzione, lo avvolge con una capsula fibrosa (sono i fibroblasti che creano una specie di bozzolo).
L’implantologia definisce tale situazione con il termine di “fibrointegrazione” che non causa veri e propri problemi.
Tecnicamente l’inserimento della vite in titanio è fallito.
Alcuni dentisti, però, sono del parere che sia comunque possibile sfruttare l’impianto fibrointegrato per supportare una capsula dentale od una protesi fissa.
Diabete scompensato
Il diabete è una malattia cronica, caratterizzata da elevata concentrazione di glucosio nel sangue, a sua volta causata da una carenza di insulina nell’organismo.
Il soggetto che ne soffre deve provvedere (compensare) tale mancanza.
Il diabete rappresenta un limite all’implantologia solo nel caso in cui la malattia non sia tenuta debitamente sotto controllo (si parla di diabete scompensato).
Non possiamo annoverare tale patologia nella lista dei problemi con impianti dentali bensì in quella delle controindicazioni purché ne sussistano i presupposti.
I pazienti diabetici che tengono sotto contro la patologia possono sottoporsi a riabilitazioni implantologiche ed apprezzare la qualità della vita offerta dalle nuove tecniche per la sostituzione dei denti persi.
Problemi di osteoporosi
L’osteoporosi è la malattia sistemica che aggredisce le ossa dello scheletro causandone la riduzione della massa complessiva e provocando il deterioramento di quella rimante.
La predisposizione alle fratture aumenta considerevolmente nei soggetti colpiti rispetto a quelli sani.
Poiché una delle condizioni necessarie affinché impianti dentali abbiano successo è la giusta quantità e qualità di osso mascellare si potrebbe pensare che le persone che soffrono di osteoporosi non possano sottoporsi ad interventi implantari.
Per fortuna le cose non stanno così, ma vediamolo nel dettaglio.
L’osteoporosi aggredisce le ossa dello scheletro ma non tutte nella stessa misura.
Le zone maggiormente colpite sono l’anca, il femore (specie nelle persone anziane) ed il polso.
Le ossa mascellari e mandibolari non sono colpite in maniera tale da pregiudicare l’inserimento di viti in titanio per il sostegno di protesi.
Oggi le moderne tecniche di odontoiatria permettono anche a coloro che soffrono di osteoporosi di sottoporsi a sedute implantologiche senza troppe limitazioni.
Il tasso di successo si avvicina molto a quello mediamente raggiungibile da soggetti sani.
In altre parole, l’osteoporosi non rappresenta un problema per l’implantologia sempre che il dentista venga messo al corrente della malattia e dei farmaci utilizzati per contrastarla (specialmente se si tratta di terapie a base di bifosfonati ed aminobifosfonati).
L’età del paziente non è un limite
In linea di massima, l’età avanzata del paziente non costituisce un problema in implantologia.
Dopo l’attenta anamnesi ed i dovuti esami radiologici, l’implantologo valuta la possibilità di inserire subito le viti metalliche oppure se non sia il caso di procedere prima con l’aumento artificiale della quantità di osso a disposizione con innesti o rialzi.
Per quanto riguarda i giovanissimi, invece, è necessario attendere il completo sviluppo dello scheletro e della dentizione permanente (18/20 anni).
La scarsa igiene orale è un grosso problema
Quando la propensioni all’igiene orale di un individuo è scarsa oppure insufficiente, ciò, di per se, è la causa principale di patologie che portano alla perdita prematura dei denti.
Erroneamente si pensa che, una volta eliminati i denti naturali, la bocca non possa più essere attaccata da placca, tartaro, infiammazione gengivale e riassorbimento dell’osso.
Niente di più sbagliato.
I principali problemi si hanno proprio a causa della scarsa pulizia della protesi e dalla mancata rimozione dei resti di cibo vicino alla connessione impianto-protesi.
Il cibo in decomposizione favorisce la formazione della placca batterica che innesca l’infezione ed dei tessuti gengivali da cui la mucosite.
Se non fermata, l’infiammazione si propaga fino ad aggredire anche l’osso mascellare, in questo caso siamo difronte a perimplantite.
Il sostegno agli impianti viene a mancare e tutta la struttura implanto-protesica crolla come un castello di carte.
Conclusioni
E’ dovere etico di ogni dentista informare preventivamente i pazienti dei possibili problemi e di tenere in considerazione particolari stati di salute di coloro che desiderano sottoporsi ad implantologia al fine di procedere con il protocollo (metodo) più adeguato al caso in esame.
Se si seguono tutte le procedure odontoiatriche in maniera corretta, sono veramente pochissimi i soggetti che non possono trarre vantaggio dalle nuove tecniche implantari ed ancora meno coloro che avranno problemi a causa di impianti nel lungo periodo (dopo 10 o 15 anni dall’intervento).
Rigetto dell’impianto dentale
Esiste il rigetto dell’impianto dentale ? No, poiché oggi per tutte le riabilitazioni implantari si utilizzano solo materiali in titanio, un metallo estremamente compatibile dal punto di vista biologico.
Anche le protesi ortopediche ed i pacemaker sono costruiti a partire dal titanio proprio per le sue caratteristiche.
Per essere del tutto trasparenti con i nostri lettori dobbiamo però citare anche scuole di pensiero differenti.
Si sono verificati casi in cui, l’inserimento di un impianto dentale in titanio non ha portato al rigetto dello stesso bensì ha innescato problemi legati alla allergia al metallo utilizzato poiché il titanio non è completamente inerte:
La successiva rimozione delle viti dai mascellari del paziente ha determinato un notevole miglioramento dei sintomi.
Il problema del rigetto è la prima preoccupazione di chi desidera sottoporsi ad intervento di implantologia.
Andiamo per ordine e vediamo cosa intendiamo con il termine rigetto.
Che cosa si intende con “rigetto” ?
Il rigetto, in medicina, è definito come l’attacco portato dal sistema immunitario del paziente al nuovo organo trapiantato che è riconosciuto come potenzialmente pericolo per tutto l’organismo e come tale non viene accettato, da qui la parola rigetto.
In implantologia il rigetto, così come è stato definito, non esiste.
Ciò che comunemente chiamiamo rigetto della vite implantare, in realtà, si riferisce alla possibilità di fallimento che è una cosa ben diversa ed ancora diversi sono i potenziali problemi imputabili agli impianti dentali.
Rimandiamo agli articoli specifici per un approfondimento.
Allergia al titanio ? Scoprilo col MELISA test
Il test MELISA (Memory Lymphocyte Immuno Stimulation Assey) rileva la presenza di cellule del sistema immunitario che reagiscono in presenza di tracce di un determinato metallo e creano reazioni di ipersensibilità sia locali che sistemiche.
Il MELISA test può essere utilizzato prima di sottoporsi all’intervento implantologico per sapere in anticipo se si è allergici al titanio delle viti.
Lo stesso test rileva l’ipersensibilità individuale ai metalli protesici odontoiatrici ed ai componenti dell’amalgama.
In altre parole, ciò che viene comunemente chiamato rigetto, potrebbe essere una forma più o meno acuta di allergia o ipersensibilità ai materiali metallici utilizzati.
I sintomi, generalmente, sono:
Ipersensibilità e disfunzioni immunologiche;
problemi muscolari, articolari e dolore neuropatico;
sindrome da affaticamento cronico;
problemi neurologici;
depressione e infiammazione della pelle.
Consigli utili
Gli interventi di implantologia hanno raggiunto un tasso di successo molto elevato ed anche l’esborso economico non è più così gravoso come quello di una volta, a tutto vantaggio dei pazienti.
Esistono, tuttavia, rare eccezioni di mancato raggiungimento dei risultati voluti che portano a situazioni molto spiacevoli soprattutto per chi le vive in prima persona.
Con semplici precauzioni è possibile evitare tali insuccessi e godersi a pieno la nuova dentatura per tornare a masticare e sorridere in tutta tranquillità.
Ecco alcuni consigli che ci sentiamo di dare a nostri lettori:
effettuare tutti i test allergolocigi;
chiedere in famiglia se ci sono stati precedenti episodi di intolleranza ai metalli
informare il dentista della probabile allergia a cromo e nikel
Se gli esami danno tutti esito negativo, non c’è più ragione di continuare a mangiare cibi liquidi o mettere la mano davanti alla bocca poiché non ci sono denti nel cavo orale o, quelli che sono rimasti, sono talmente rovinati che è meglio non mostrarli.
Con questo articolo speriamo di aver chiarito l’argomento “rigetto” ai nostri visitatori e di aver dato loro uno stimolo in più per curare i loro denti.
Fallimento degli impianti dentali
Il tasso di fallimento degli impianti dentali è molto basso, intorno al 2, 3%.
Tra tutti coloro che pensano all’implantologia per sostituire i denti persi, solo 2 persone su 100 potrebbero andare incontro a problemi di cui, la maggior parte, imputabile più alla scarsa igiene dentale che ad altri motivi.
In ogni caso, il dentista potrà sempre rimediare inserendo una nuova vite in titanio.
Le principali cause dell’insuccesso della riabilitazione implantare sono le seguenti:
mancata osteointegrazione (la superficie dell’impianto non viene integrata nell’osso), infezione perimplantare (dovuta a scarsa igiene dentale domiciliare), scorretto carico degli impianti, carico prematuro e/o bruxismo (digrignamento dei denti).
Fallimento a causa di infezione perimplantare
Le persone che hanno sostituito i loro denti naturali con soluzioni implanto-protesiche non devono più preoccuparsi della carie ma devono comunque mantenere un’ottima igiene orale.
Le patologie che colpiscono le gengive ed il parodonto sono le stesse sia per chi ha i denti sia per chi li ha sostituiti con manufatti protesici.
Se l’igiene orale quotidiana non è mantenuta, la placca si deposita sulle gengive ed in prossimità delle emergenze delle viti in titanio.
A lungo andare, l’infiammazione provocata dalla placca non rimossa si propaga dalle gengive ai tessuti sottostanti.
Quando la patologia è arrivata all’osso, siamo in presenza di perimplantite che provoca il riassorbimento del tessuto duro che circonda l’impianto.
Mancando il giusto sostegno, la vite non può supportare la protesi durante le sollecitazioni meccaniche (masticazione) quindi l’impianto cade (fallisce).
Per scongiurare l’insuccesso della riabilitazione implantare è bene recarsi dal dentista per i normali controlli almeno una volta ogni 6 mesi.
Durante la visita, il dentista smonta la struttura protesica ed effettua la pulizia professionale appositamente studiata per chi si è sottoposto ad interventi di implantologia.
Fallimento per mancata osteointegrazione
L’osteointegrazione è il processo che inizia subito dopo l’inserimento delle viti in titanio nei mascellari (mandibola o mascella).
Le cellule chiamate osteoblasti cominciano a produrre nuovo tessuto osseo intorno alle spire o filettatura dell’impianto per imprigionarlo e renderlo stabile.
Per il completamento dell’osteointegrazione è necessario attendere circa 3 mesi per le viti inserite nell’arcata superiore (mascella) e 6 mesi per quella inferiore (mandibola).
In casi estremamente rari è possibile che tale processo non si inneschi oppure che non sia sufficiente e questo causa il fallimento dell’impianto dentale.
E’ sempre possibile ripetere l’inserimento di un nuovo impianto immediatamente oppure dopo la guarigione dei tessuti.
Scorretto carico degli impianti
In normali condizioni di salute, quando chiudiamo la bocca, tutti i denti combaciano con gli antagonisti nello stesso momento.
Quando, invece, alcuni denti arrivano a toccare gli omologhi in anticipo sugli altri, si verifica il precontatto occlusale che determina la malocclusione.
Durante la progettazione della protesi e dell’intervento per inserire gli impianti dentali, il dentista deve ricreare le condizioni per il corretto equilibrio occlusale.
In altre parole, con la protesi in sede nessun dente deve toccare il suo antagonista in anticipo.
Se ciò accade, il punto di precontatto determina delle forti sollecitazioni che provocano il riassorbimento dell’osso sottostante.
La diminuzione della quantità di osso destabilizza l’impianto che è destinato a cadere.
Fallimento per bruxismo
Il bruxismo consiste nel serrare e digrignare i denti durante il sonno e/o durante la veglia.
I ripetuti micromovimenti ostacolano il processo di integrazione tra la vite ed i tessuti circostanti.
Il risultato è un impianto dentale non perfettamente saldo in bocca quindi destinato, prima o poi, a cedere.
La soluzione al problema del bruxismo è quella di avviare la terapia per correggere il comportamento involontario del soggetto e, solo dopo, procedere con l’inserimento implantare e protesizzazione.
Carico prematuro
Caricare gli impianti senza che questi abbiano la stabilità necessaria a supportare la protesi durante la masticazione, porta inevitabilmente al fallimento degli impianti. Vediamo perché.
Negli ultimi anni si è fatta strada una nuova tecnica definita implantologia a carico immediato che comporta notevoli vantaggi.
Il paziente che può essere sottoposto al carico immediato non deve aspettare il periodo di osteointegrazione prima di poter riavere i denti in bocca e tornare a sorridere e mangiare con naturalezza.
Per poter procedere con il carico immediato, però, il ricevente deve avere la giusta quantità e qualità di osso mascellare che permetta la stabilità immediata dell’impianto.
Parliamo della stabilità primaria ovvero la stabilità che l’impianto possiede nel momento stesso in cui è inserito nell’osso, prima che inizi l’osteointegrazione.
Se tale stabilità non c’è e la protesi viene ugualmente ancorata agli impianti, si parla di carico prematuro ed il risultato è il fallimento di tutta la riabilitazione.
Il carico prematuro della protesi sulle viti non permette a queste di saldarsi ai mascellari a causa dello stress a cui sono costantemente sottoposte.
Fallimento estetico
Si verifica quando i tessuti gengivali non tornano a circondare il dente dopo che gli impianti sono stati inseriti.
Tale problematica si riscontra soprattutto con la riabilitazione implantare che utilizza un ponte circolare completo senza gengiva finta.
In questo caso, i denti protesici escono direttamente dalle gengive naturali del paziente.
Ovviamente, se i tessuti gengivali non tornano in posizione corretta dopo l’intervento, alcune parti metalliche od ossee potrebbero risultare visibili compromettendo notevolmente l’estetica e rivelando il ricorso all’implantologia.
Per evitare il fallimento estetico, il dentista deve preventivare il comportamento delle gengive e delle papille.
In alcuni casi la soluzione al problema si trova negli innesti gengivali.
Controindicazioni in implantologia
Anche l’implantologia ha le sue controindicazioni ovvero situazioni di salute temporanee o croniche che aumentano le probabilità di fallimento degli impianti dentali
E’ sconsigliato eseguire l’inserimento di impianti quando:
si assumono farmaci anticoagulanti o immunosoppressori;
è in corso un’anemia;
c’è un calo delle difese immunitarie dovuto a trattamenti terapeutici o a patologie (HIV);
il paziente è sottoposto a terapia radiante (chemio terapia);
il ricevente è portatore di protesi valvolari cardiache ed ha alle spalle esperienze di endocarditi batteriche;
Il paziente è un forte fumatore (il fumo di sigaretta riduce enormemente l’apporto di ossigeno quindi il processo di guarigione e/o osteointegrazione risulterebbe fortemente ostacolato).