Giorgia Meloni: non vaccino mia figlia (e Salvini le fa eco)

Non è l'Arena, l'intervista integrale a Giorgia Meloni

Per me Giorgia Meloni è da applausi, non foss’altro che per la coerenza che pure i suoi detrattori farebbero meglio a riconoscerle, a fronte di partiti e movimenti di cui non si capisce più nulla. E invece no, ogni sua esternazione finisce per essere stigmatizzata persino da chi non ha neppure la capacità di tenerle testa, ma in fondo, in questa pseudo-democrazia, è giusto che ciascuno esterni le sue idee. Sbaglio? Però, perché assalirla se in qualità di madre dice: io mia figlia, che ha cinque anni, non la vaccino? L’ha detto in diretta nella scorsa puntata di Non è l’arena, con un Giletti che per tutto il corso dell’intervista non ha fatto altro che interromperla, vanamente, dal momento che la signora è forte di una dialettica che non si lascia mettere all’angolo dal primo conduttore il quale, con altri ospiti, non ha fatto mistero d’avere a cuore il tema del caro bollette giacché direttamente coinvolto, avendo un’azienda di famiglia di cui tutelare gli interessi. Ma tornando a Meloni, va detto che quando ha dichiarato di non aver intenzione di vaccinare Ginevra, il tono era contenuto, non sfrontato né polemico. Ora, è mai possibile che in Italia sia diventato un tabù dire di non essere convinti dei benefici del vaccino? E in questo caso, fa più paura Meloni o la dittatura del politicamente corretto?

P.S. Di pochi minuti fa l’assist di Matteo Salvini che, ospite di ‘The Breakfast club’ su Radio Capital, alla domanda se sua figlia sia vaccinata contro il Covid, ha risposto di no, per poi aggiungere: “Sono scelte che spettano a mamma, papà e pediatri,  non sono certo di dibattito politico“.

Dall’intervista:

Meloni: “Mi spaventa molto come affrontiamo questo dibattito sui vaccini in Italia”.

Giletti: “Troppo ideologico?”.

Meloni: “Sì, no, ideologico sarebbe già qualcosa. Qui siamo proprio alla religione…”.

La salvezza di tutti passa per il vaccino forzoso agli aborigeni?

Sono gli aborigeni il popolo più antico della Terra, lo dice il Dna - la Repubblica

Nelle sale cinematografiche c’è un film che, benché riporti fatti di cronaca del passato, è di grande attualità: il titolo, oltremodo esplicativo, è Trafficante di virus, e affida a una narrazione rigorosa l’odissea giudiziaria di Ilaria Capua, la virologa che nel 2014 fu accusata, insieme ad altri scienziati, di essere una trafficante di virus e di arricchirsi grazie ad accordi con case farmaceutiche per la produzione di vaccini contro la malattia della lingua blu e dell’aviaria. La vicenda, alquanto controversa, si concluse il 5 luglio del 2016 con un “non luogo a procedere perché il fatto non sussiste”. Il film è tratto dal libro autobiografico della stessa Capua, che in merito all’attuale pandemia si è espressa così:

Questo virus purtroppo non ci abbandonerà, ma non siamo più a mani nude di fronte al mostro: abbiamo il vaccino, che è sicuro, e abbiamo le medicine. Non buttiamo il nostro tempo e spazio mentale sulle questioni di lana caprina. Guardiamo avanti. (…) L’hanno capito anche alcuni economisti che senza una salute circolare e globale non può esserci una crescita sostenibile. Se si perde la salute, si ferma tutto“.

In realtà la sensatezza di quel “senza una salute circolare e globale non può esserci una crescita sostenibile” è un’ovvietà che capirebbe anche un bambino delle elementari, ma il punto è un altro: affinché la salute sia circolare, è necessario vaccinare con la forza gli aborigeni australiani dello stato del Northern Territory? C’è un video su Facebook che testimonia che il governo di Michael Gunner sta obbligando le persone che vivono nelle piccole comunità di Binjari e Rockhole a vaccinarsi. Perché?

P.S. Per l’Oxford Dictionary la parola dell’anno è vax.

https://www.facebook.com/100652334681130/videos/607451793712843